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venerdì 22 dicembre 2023

"reato previsto e punito dagli artt. 81 cpv, 337 c.p perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, usava violenza e minaccia nei confronti dell'App.sc. OMISSIS, del Vice Brig. OMISSIS e del C.re OMISSIS - pubblici ufficiali in servizio presso il Nucleo Radiomobile Carabinieri di OMISSIS intenti a compiere un atto ufficio e/o di servizio. "

 



Uff. indagini preliminari OMISSIS, Sent., 19/11/2023 

Fatto - Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

TRIBUNALE DI OMISSIS 

Sezione dei Giudici per le indagini preliminari 

Il Giudice, Stefano Sala, all'udienza del 12 ottobre 2023, ha pronunciato e pubblicato mediante 

lettura del dispositivo la seguente 

SENTENZA 

nei confronti di: 

OMISSIS, nato in R. il (...), attualmente sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per i capi 1) e 2), dichiaratamente domiciliato ex art. 161 c.p.p. a T., via B. n.12, 

PRESENTE 

Difeso d'ufficio dall'avv. Alessandro Praticò del foro di OMISSIS, presente, 

IMPUTATO 

1. reato previsto e punito dagli artt. 81 cpv, 337 c.p perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, usava violenza e minaccia nei confronti dell'App.sc. OMISSIS, del Vice Brig. OMISSIS e del C.re OMISSIS - pubblici ufficiali in servizio presso il Nucleo Radiomobile Carabinieri di OMISSIS intenti a compiere un atto ufficio e/o di servizio. 

In particolare colpiva con una bottiglia di vino spumante la coscia della gamba destra dell'App. sc. B., colpiva l'autovettura di servizio, respingeva gli operanti con gomitate e sbracciate, e, ancora, proferiva nei confronti del B. la frase "una volta che esco da qui ti vengo a cercare", condotte tutte poste in essere nei confronti di pubblici ufficiali che stavano procedendo ad un controllo a seguito di una segnalazione di una lite e alla sua identificazione. 

Fatto commesso il 5 aprile 2023 in OMISSIS 

2. reato previsto e punito dagli artt. 582 585 in relazione all'art. 576 n. 1 e 5 bis c.p., perché, cagionava, con la condotta di cui al capo 1 ), all' App.sc. OMISSIS lesioni personali (consistenti in una contusione alla coscia destra) giudicate guaribili in giorni 2 s.c. 

Con l'aggravante di aver commesso il fatto contro un pubblico ufficiale nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni del servizio. 

Fatto commesso il 5 aprile 2023 in OMISSIS 

3. reato previsto e punito dall'art. 635 comma 2 n. 3 in relazione all'art. 625 n. 7 c.p. perché, deteriorava beni di proprietà dello STATO (segnatamente l'autovettura di servizio Alfa Romeo Giulia targata (...) del Nucleo Radiomobile Carabinieri di OMISSIS) danneggiando la portiera e la carrozzeria. 

In particolare il danneggiamento di cui sopra veniva compiuto colpendo con un pugno il montante superiore della portiera posteriore sinistra e strisciando le cerniere dello zaino sulla carrozzeria della portiera anteriore sinistra e sul parafango passaruota anteriore sinistro. 

Con l'aggravante di aver commesso il fatto su bene destinato a pubblico servizio. 

Fatto commesso il 5 aprile 2023 in OMISSIS 

Recidivo. 

Persone Offese: 

- OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, operanti di pg tutti incardinati presso il Nucleo Radiomobile Carabinieri di OMISSIS, non presente 

- Arma dei Carabinieri - Ministero della Difesa - Presidenza del Consiglio dei ministri presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato, non presente 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di OMISSIS ha esercitato l'azione penale nei confronti di OMISSIS richiedendo l'emissione del decreto di giudizio immediato per i reati a quest'ultimo ascritti, come meglio enucleati nei capi di imputazione riprodotti in epigrafe. 

Emesso il decreto di giudizio immediato, l'imputato ha avanzato rituale e tempestiva istanza, a mezzo di procuratore speciale, perché il processo fosse definito secondo il rito abbreviato. 

Il Giudice, accertati i presupposti prescritti dall'art. 438, comma primo, c.p.p., ha pertanto ammesso l'imputato alla trattazione del procedimento secondo le forme del rito alternativo prescelto. 

Indi, si è dato corso alla discussione e le parti hanno rassegnato le loro conclusioni come esposte in rubrica. 

All'esito della camera di consiglio, il Giudice ha pronunciato sentenza mediante lettura del dispositivo riservandosi il termine di trenta giorni per la stesura delle motivazioni. 

Dalla disamina degli atti riversati nel fascicolo delle indagini preliminari si evince chiaramente che OMISSIS ha materialmente commesso i reati lui ascritti in premessa. 

In estrema sintesi, si è accertato in corso di indagine che l'imputato, in palese stato di ebbrezza alcolica, ha aggredito i Carabinieri del nucleo radiomobile accorsi in sito perfezionando gli agiti violenti di seguito meglio enucleati, ha minacciato il suddetto personale e danneggiato la vettura di servizio, il tutto con il proposito di impedire alle forze dell'ordine di portare a termine i compiti e le funzioni loro assegnati. 

Occorre, infatti, considerare che la vicenda trae origine da una richiesta di intervento avanzata al numero unico di emergenza in relazione ad una presunta lite in appartamento. Giunti sul posto, i militari si erano imbattuti nell'odierno imputato, che, barcollante ed in evidente stato di ubriachezza, stava percorrendo l'asse stradale prospiciente lo stabile ove si era verificato il diverbio. L'uomo si era avvicinato all'auto di servizio brandendo una bottiglia di vetro fra le mani; perdeva sangue dal naso e in quel frangente aveva cercato di aprire la portiera posteriore sinistra dell'anzidetto veicolo, inducendo in tale modo il personale di pg a sollecitare l'intervento di un altro equipaggio in ausilio. L'imputato continuava a manifestare inquietudine ed agitazione; ad un certo punto aveva laconicamente spiegato di essere stato percosso in un appartamento. Alcuni militari si erano, pertanto, recati nello stabile appurando che effettivamente si doveva essere verificata una discussione fra conoscenti per futili motivi, diverbio che era presto degenerato in quanto i soggetti coinvolti avevano ingerito in eccesso bevande alcoliche. Malgrado ciò, nessuno degli occupanti dello stabile aveva riferito agli inquirenti il coinvolgimento di terze persone, tanto meno dell'odierno imputato, nel litigio in questione. Nel frattempo, il prevenuto aveva recuperato dal suo zaino una bottiglia di spumante e, brandendo tale oggetto, aveva assestato un violento colpo alla gamba destra dell'appuntato scelto R.B.. L'urto era così forte, da provocare l'apertura della bottiglia con la fuoriuscita del liquido ivi contenuto. L'imputato veniva così bloccato e privato della bottiglia per evitare che potesse nuovamente recare nocumento ai presenti. Malgrado ciò, D. aveva continuato a pronunciare frasi sconnesse e, liberatosi dalla presa dei militari, aveva sferrato un pugno al montante superiore della portiera sinistra della vettura di servizio, una Alfa Romeo Giulia targata (...), introflettendo la carrozzeria. L'imputato aveva nel prosieguo continuato a manifestare segni di irrequietezza e, muovendosi scompostamente, aveva asportato la vernice in alcuni punti della carrozzeria, probabilmente accostandosi alle portiere con la cerniera dello zainetto indossato. A questo punto si era reso nuovamente necessario l'intervento dei militari, che di fronte alle intemperanze motorie del soggetto, avevano cercato di immobilizzarlo. Questi aveva reagito assestando gomitate e proiettando le braccia contro i presenti. Ammanettato, veniva condotto negli uffici di pg, dove veniva portata a termine la perquisizione con qualche difficolta. L'incombente aveva consentito di rinvenire nello zainetto detenuto dal reo un coltellino e lame di ricambio. Durante lo svolgimento delle suddette operazioni, l'imputato aveva minacciato l'app. B. rivolgendo al predetto le seguenti affermazioni di intrinseco ed indiscusso valore intimidatorio: "Una volta che esco da qui ti vengo a cercare". Negli istanti successivi, l'imputato veniva, pertanto, accompagnato nelle camere di sicurezza, ma neppure in questo frangente si era acquietato e aveva continuato a compiere gesti inconsulti, accanendosi con calci e pugni contro la porta della cella, cercando di compiere gesti di natura anticonservativa per richiamare l'attenzione dei presenti (cfr. verbale di arresto, annotazione di pg, corredo fotografico). 

In esito all'aggressione subita, l'app. scelto B. si era recato in nosocomio per ricevere le necessarie cure, ove gli veniva diagnosticato un trauma contusivo alla coscia destra per una prognosi di giorni due. 

In sede di convalida dell'arresto, l'imputato ha negato ogni responsabilità, affermando che i Carabinieri, avendolo visto uscire da un esercizio pubblico deputato alla somministrazione di bevande, gli avevano intimato di consegnare la bottiglia che aveva con sé. Lui aveva opposto un netto rifiuto alla richiesta e per questo era stato scaraventato a terra, manovra che gli aveva procurato la rottura del setto nasale. Ha poi negato di aver colpito la vettura di servizio con un pugno e di aver danneggiato il predetto mezzo di servizio. 

Tutto ciò esposto, non possono avanzarsi ragionevolu dubbi circa la responsabilità penale di OMISSIS con riferimento a ciascuno degli addebiti lui elevati. 

Converge ad una siffatta conclusione un materiale probatorio certamente appagante, di segno univoco, composto dalle annotazioni di pg, dal verbale di arresto e dal corredo fotografico che ha immortalato le conseguenze degli effetti lesivi derivati dagli accadimenti di interesse, oltre al referto medico in atti. 

Appare, d'altronde, dirimente constatare che i militari hanno assistito a tutti gli avvenimenti occorsi e, in particolare, hanno osservato l'imputato accanirsi contro uno di essi con una bottiglia e contro il veicolo di servizio a mani nude, per poi riprodursi in agiti scomposti e violenti che si sono ripetuti negli istanti successivi, finanche negli uffici di pg. 

A conferma della ricostruzione offerta dai Carabinieri interviene il materiale fotografico raccolto in occasione dell'arresto, che attesta il danno indiscutibilmente infetto alla vettura di servizio, il cui montante risulta introflesso quale esito di una condotta violenta compatibile soltanto con la ricostruzione degli eventi prospettata in accusa, avendo in proposito l'imputato narrato il falso, quando in sede di convalida ha affermato che nessun danno era stato prodotto nelle circostanze appena descritte. È chiaro, di contro, che le fotografie realizzate dal personale di pg sono sufficienti a dimostrare l'evento lesivo in effetti occorso, confutando la narrazione fornita dal prevenuto, che di tale fatto non ha saputo fornire una spiegazione alternativa, malgrado la sua indubbia verificazione. 

In aggiunta, deve ancora constatarsi che i sequestri operati depongono all'unisono nel senso dell'accusa, avendo i militari recuperato la bottiglia di spumante impiegata per assalite uno di essi, nonché rinvenuto un coltello cutter, oltre a diverse lame affilate pronte all'impiego, a dimostrazione di un'indole violenta pregressa che il reo non ha, patimenti, saputo giustificare. 

Come si può constatare dalle fotografie raccolte in sede di arresto, in prossimità dei fatti, la bottiglia di spumante in quel frangente sequestrata era priva di tappo, altra emergenza che corrobora il resoconto dei Carabinieri, attestando come la stessa sia stata impiegata per il perfezionamento dell'agito violento sopra descritto, che aveva provocato la dispersione del turacciolo e la fuoriuscita del liquido ivi contenuto. 

Il referto medico che riporta una diagnosi di contusione traumatica confluisce, in maniera dirimente, ad avvalorare l'impostazione accusatoria, rendendo palese come l'azione si sia sviluppata secondo una progressione di eventi che solo è compatibile con la versione del verbale di arresto, non avendo il reo saputo narrare fatti o vicende che potrebbero in qualche modo giustificare la lesione inferta all'appuntato scelto. 

Il complessivo stato di agitazione psicomotoria palesato in quegli istanti dal reo rende, poi, evidente come le sue capacità intellettive fossero offuscate per una eccesiva ingestione di bevande alcoliche, altra emergenza che il soggetto non ha saputo, né voluto minimamente lumeggiate nel corso del pro cedimento, limitandosi nel complesso a fornire una versione dei fatti del tutto disancorata dalle evidenze compiutamente raccolte in corso di indagine. 

La fragilità narrativa del resoconto difensivo può essere, parimenti, osservata soffermandosi a considerare gli accadimenti che avrebbero preceduto l'arrivo dei Carabinieri, in relazione ai quali il prevenuto non ha saputo egualmente fornire una esposizione minimamente circostanziata e dettagliata, limitandosi ad affermazioni generiche e stereotipate in merito allo svolgimento di una diatriba che sarebbe intercorsa con un soggetto che non sapeva minimamente identificare, non riuscendo a fornire il benché minimo apporto cognitivo utile al prosieguo delle indagini. 

La valutazione della prova deve, pertanto, allinearsi alle conclusioni propugnate dalla Pubblica Accusa, apparendo il propalato veicolato dai Carabinieri assolutamente sincero e genuino, privo di contraddizioni, coerente con il referto medico riversato in atti e le altre emergenze raccolte. 

Il materiale probatorio acquisito in corso di indagine si rivela, pertanto, ampio, convergente, univoco ed assolutamente appagante, tanto da rendere convincente la postulazione accusatoria oltre ogni ragionevole dubbio con riferimento ai delitti contestati. 

Deve, d'altronde, considerarsi che in costanza di giudizio abbreviato l'imputato si è scusato per la condotta posta in essere, di fatto ammettendo le proprie responsabilità per quanto occorso. 

Può ora procedersi all'esame dei profili che ineriscono la corretta qualificazione giuridica entro cui sussumere gli avvenimenti in concreto occorsi analizzando il primo capo di imputazione. 

Deve, innanzitutto, condividersi l'asserto accusatorio che ascrive all'imputato il delitto previsto dall'art. 337 c.p. 

La ricostruzione fattuale operata ha portato alla luce la condotta del prevenuto, che, per sottrarsi al controllo, all'identificazione e alle operazioni di pg, ha scagliato una bottiglia contro la gamba dell'appuntato scelto B. e ha rivolto nei sui confronti minacce di indiscutibile valenza intimidatoria, cercando in tale modo di indurre i militari a disattendere i loro doveri. La condotta perpetrata dall'imputato per le sue caratteristiche oggettive può essere inserita fra quelle forme di violenza e minaccia che vengono esercitate al fine di opporsi ad un pubblico ufficiale mentre costui compie un atto del proprio ufficio che sono accuratamente descritte nell'art. 337 c.p. In argomento, il giudice di legittimità ha già avuto modo di chiarire, con ragionamento logico e argomentazioni che questo decidente ritiene assolutamente condivisibili, che "ai fini dell'integrazione del delitto di resistenza a pubblico ufficiale non è necessaria una minaccia diretta o personale, essendo invece sufficiente l'uso di qualsiasi coazione, anche morale, ovvero una minaccia anche indiretta, purché sussista la idoneità a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale" (Cass. 2104/2021). Non è necessario, ai fini dell'integrazione del delitto, che sia concretamente impedita la libertà di azione del pubblico ufficiale, essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell'ufficio o del servizio, indipendentemente dall'esito, positivo o negativo, di tale azione e dall'effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicati (in tal senso Cass. 5459/2020; Cass. 464743/2013). È, dunque, richiesto che la coartazione sia in qualche modo percepibile dal destinatario della stessa e che contribuisca turbare, anche solo parzialmente e temporaneamente, la regolarità dell'atto di ufficio, quand'anche si verifichi il suo complessivo espletamento. 

Facendo applicazione dei suddetti principi nel caso di specie, deve, innanzitutto, constatarsi che la minaccia profferita dall'imputato, che aveva prospettato ad un militate pregiudizievoli ripercussioni fisiche in caso di espletamento della mansioni di ufficio, era sicuramente credibile per le circostanze in cui veniva pronunciata, tanto da destare una giustificata preoccupazione nei pubblici ufficiali chiamati a gestite la situazione, dal momento che il prevenuto avrebbe potuto con facilità attuare i propositi offensivi propalati in quegli istanti. Il rinvenimento da parte dei Carabinieri di diverse lame affilate e di un coltello cutter occultati nello zaino che l'imputato conduceva con sé rendeva in quel frangente la minaccia ancora più consistente, segnalando come il prevenuto vantasse una certa dimestichezza con le armi improprie, in guisa tale da rendere immediato il pericolo cui era esposta l'altrui incolumità (vd. verbale di arresto). 

A ciò si aggiunga che l'appuntato scelto B. è stato direttamente attinto da una bottiglia di spumante ad opera dello stesso imputato, altro contegno che ha di certo esercitato una notevole pressione psicologica sulla libera determinazione dei militari, che sono stati costretti a patire in prima persona gli agiti inconsulti e violenti in quel frangente sferrati dal prevenuto, che li aveva persino attinti con plurime "gomitate" (vd. verbale di arresto). 

Concreto intralcio e turbamento è stato così opposto all'espletamento delle mansioni assegnate ai Carabinieri, avendo costoro patito una effettiva limitazione alla propria facoltà di determinarsi liberamente in merito agli atti di ufficio da espletate, venendo esposti ad una indebita ed ingiustificata pressione con il rischio di dover fronteggiare un accresciuto pericolo per la propria incolumità. 

Il normale processo decisionale che ha orientato l'intervento di pg ha subito, pertanto, una concreta alterazione per effetto del contegno minatorio e violento adottato dal reo nelle circostanze appena descritte. 

Corretta è la contestazione del delitto di resistenza, in quanto l'esecuzione dell'atto di ufficio era già principiata e con tale azione violenta ed intimidatoria il prevenuto si proponeva di costringere il personale di pg ad interrompere il suo operato e a non portare a termine l'incarico ricevuto, che consisteva nel sottoporre a controllo il prevenuto in relazione ad una presunta discussione fra conoscenti, degenerata per effetto di un eccessivo consumo di bevande alcoliche (in ordine ai criteri distintivi che consentono di configurate alternativamente il delitto di cui all'art. 336 c.p. ovvero di cui all'art. 337 c.p. si legga, da ultimo, Cass. 51961/2018). 

Sotto il profilo volitivo, l'azione era diretta ad impedire l'atto di ufficio e a costringere il personale di pg ad allontanarsi dal sito senza procedere al controllo e all'identificazione compiuta dell'imputato, cosi configurando il dolo specifico richiesto, essendo l'intenzione del reo tesa ad ostacolare l'attività pertinente il pubblico ufficio in atto, come richiesto dalla fattispecie incriminatrice (si leggano in argomento: Cass. 35277/2020; Cass. 36367/2013). 

Per il resto, il connotato volitivo doloso è ampiamente dimostrato alla stregua delle argomentazioni già enucleate nella parte motiva che precede, cui si rinvia per semplicità espositiva. 

Non sono state elevate contestazioni in relazione ad ipotetiche circostanze aggravanti ravvisabili nel caso di specie e, pertanto, è inibita in proposito ogni valutazione del decidente. 

In parallelo devono essere valutate le lesioni infette in danno dell'appuntato scelto B.. 

L'integrazione del delitto in parola (capo di imputazione rubricato al n. 2) risulta, per vero, corroborata dal verbale di arresto e dal referto medico raccolto in atti, di contenuto inequivoco (vd. supra). Nel certificato è documentano puntualmente il tenore e l'intensità della malattia fisica arrecata alla vittima con le condotte già ampiamente descritte e i giorni di inabilità fisica così imposti (contusione alla coscia della gamba destra per due giorni di prognosi). 

Occorre, d'altronde, rammentare che in argomento la giurisprudenza di legittimità insegna che la nozione di malattia comprende tutte quelle situazioni che comportano una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l'aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa (vd., da ultimo, Cass. 33492/2019), con la conseguenza che gli edemi, le contusioni, le ecchimosi, necessitando di trattamento, cure e tempo per la loro completa guarigione, integrano certamente il delitto contestato, impedendo alla vittima di attendere alle comuni attività ovvero imponendo alla stessa di alterare per un certo tempo le proprie abitudini di vita per favorire la guarigione, determinandosi una concreta limitazione funzionale (evento ben riscontrato in atti, trattandosi di contusioni che hanno limitato la deambulazione e la prestazione lavorativa, seppure per un periodo di tempo limitato). 

L'elemento soggettivo che sorregge il delitto va motivato alla luce delle circostanze di fatto già tutte esposte, che evidenziano come il soggetto abbia volutamente inflitto le lesioni suddette in un impeto offensivo di più ampia consistenza. 

Trova applicazione nel contesto in esame l'aggravante contestata di cui agli artt. 585, 576 n. 5bis, c.p., atteso che l'azione si è sviluppata in danno di un agente/ufficiale di pg a causa e nel corso del servizio espletato. 

Deve, parimenti, riconoscersi l'aggravante di cui all'art. 576 n. 1 c.p., avendo il reo agito con il fine di opporre resistenza ai pubblici ufficiali intervenuti sul posto (cd. aggravante teleologica). 

In ragione delle aggravanti riscontrate le lesioni sono procedibili di ufficio. 

Residua, in ultimo, il delitto di danneggiamento aggravato commesso in danno della vettura di servizio (artt. 635, comma 2, n. 3 in relaziona all'art. 625 n. 7 c.p.). 

Come acclarato dal verbale di arresto ed attestato dal corredo fotografico riversato in atti, l'imputato ha scagliato un pugno contro il montante della vettura, provocando alla carrozzeria una introflessione che ha richiesto un intervento manutentivo per riportare il bene al suo stato originario. 

Il contegno in esame è stato adottato in relazione ad una vettura di servizio delle forze dell'ordine, con la conseguenza che il fatto rimane attratto alla sfera della rilevanza penale, non ricadendo nell'intervento di parziale depenalizzazione operato alcuni anni orsono, ed è perseguibile d'ufficio. 

L'elemento soggettivo che sorregge il delitto va motivato alla luce delle circostanze di fatto già tutte esposte, che evidenziano come il soggetto abbia volutamente provocato il danno in questione con il proposito di opporsi all'intervento contenitivo delle forze dell'otdine. 

Alla stregua delle emergenze processuali ora riferite va dichiarata la responsabilità penale di OMISSIS con riferimento ai delitti lui ascritti, essendo raggiunta in proposito una prova piena ed appagante oltre ogni ragionevole dubbio. 

È ora possibile trattare il profilo sanzionatorio. 

Possono riconoscersi in favore dell'imputato le circostanze attenuanti generiche per meglio ponderare la pena in rapporto alle complessive emergenze raccolte (cd. infra in punto di proporzionalità), prendendo atto della confessione, seppur tardivamente ed implicitamente, prestata dal reo in sede di giudizio abbreviato, che di fatto si è espresso in merito agli accadimenti occorsi ricorrendo ad espressioni stereotipate, scarsamente rappresentative di un radicato ed affidabile mutamento d'indole. 

Con riferimento alla recidiva contestata, ogni statuizione adottata deve ispirarsi ai principi di rieducazione e di proporzionalità della pena imposti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE (art. 49) e dalla Costituzione (artt. 3 e 27). Come insegna la constante giurisprudenza della Corte costituzionale (si leggano, trade molte, le sentenze nn. 185/2015, 143/2021, 55/2021) e della Corte di Giustizia (NE, causa C-205/20), la risposta sanzionatoria deve essere principalmente calibrata sul dato oggettivo (diritto penale del fatto), in maniera quanto più possibile aderente alla concreta portata offensiva delle condotte realizzate dall'agente e alla reale gravità del reato effettivamente perfezionato, prediligendo questo aspetto rispetto alla colpevolezza ed alla pericolosità del soggetto. Il trattamento punitivo non può, dunque, esorbitare dalla consistenza offensiva del fatto commesso per valorizzare in maniera preponderante le caratteristiche soggettive e personologiche dell'autore del reato ovvero privilegiare quale parametro valutativo la sua precedente condotta di vita, perché in tale modo si espongono ad irreparabile pregiudizio gli approdi del più moderno diritto penale spostando l'equilibrio della valutazione dal fatto in concreto posto in essere all'apprezzamento esclusivo ovvero preponderante del suo autore. Secondo le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza citata, il Giudice è persino autorizzato a disapplicare la norma nazionale che conduce ad un trattamento inutilmente afflittivo, in quanto non proporzionalmente ancorato alla consistenza del fatto commesso, effetto che nel caso di specie può essere parimenti scongiurato prediligendo una interpretazione conforme al dettato costituzionale interno ed europeo della norma sanzionatoria di interesse. Occorre, infatti, ripercorre il solco giurisprudenziale più recentemente elaborato dal giudice di legittimità per comprendere che l'applicazione della recidiva non consegue in via automatica in ragione della semplice constatazione che ricorrono una sequenza di precedenti cronologicamente ravvicinati. È, di contro necessario che si pervenga ad un preventivo accertamento che consenta di appurare se il fatto sia espressione di una immutata indifferenza verso le regole del vivere comune in guisa tale da delineare non solo una maggiore capacità a delinquere, ma anche una più intensa pericolosità sociale in capo al reo (Cass. 21523/2009; Cass. 34670/2016; Cass. 30591/2022). Solo una volta che si è acclarato che i precedenti attestato una peculiare propensione del soggetto agente e soprattutto un accresciuto rischio per la collettività che viene ad essere esposta in maniera più accentuata ad una minaccia per l'integrità dei beni giuridici tutelati dalla normativa penale, è possibile ritenere che il prevenuto sia meritevole di subire un incremento punitivo in chiave specialpreventiva e complessivamente rieducativa. 

Facendo applicazione dei canoni di interpretazione appena esposti, deve constatarsi che nel caso di specie il fatto occorso si pone in correlazione con la precedente condotta di vita del reo tesa alla prevaricazione altrui ricorrendo alla perpetrazione di condotte violente ovvero minatorie. Il prevenuto ha subito, infatti, una condanna passata in giudicato per minacce ed una ulteriore condanna definitiva per lesioni, porto d'armi e ancora minacce continuate, condotte (tutto sommato) recenti che palesano il suo animo facinoroso, poco propenso alla pacificazione, che facilmente lo conduce a trascendere in agiti violenti con elevato pericolo per l'incolumità altrui. La difficoltà -in ultimo evidenziata- di contenere gli immancabili effetti di un eccesivo consumo alcolico accentua il connotato aggressivo che certamente pervade la sua personalità, rendendo evidente che ci troviamo di fronte ad un soggetto che è meritevole di subire un trattamento sanzionatorio più rigoroso, essendo le emergenze appena esposte sintomatiche di una maggiore capacità a delinquere e di una accresciuta pericolosità sociale in grado di esporre per tali ragioni ad un rischio più elevato l'integrità fisica e morale dei singoli. Ne deriva che nella vicenda in esame è possibile ancorate la contestazione della recidiva ad un parametro oggettivo sicuramente affidabile, con la conseguenza che è possibile escludere che i delitti in ultimo commessi siano il precipitato di spinte criminogene nuove ovvero occasionali, tali da non giustificare il riconoscimento della recidiva contestata. 

Tale conclusione appare del tutto coerente con il principio di proporzionalità e di rieducazione della pena, favorendo una dosimetria della sanzione del tutto coerente con la consistenza del fatto materiale commesso dal prevenuto, tenuto conto che l'assetto complessivo del trattamento prescelto risulta positivamente inciso dall'intervenuta concessione delle circostanze attenuanti generiche. 

Con riferimento al bilanciamento delle circostanze riconosciute e della recidiva, deve propendersi per il regime dell'equivalenza in ragione del contegno complessivamente assunto dal reo, della consistenza effettiva delle lesioni e del danno arrecati alle persone e alle cose, tenuto fra l'altro conto del fatto che la resistenza è stata realizzata ricorrendo all'utilizzo di un corpo contundente quale è la bottiglia di vetro che non ha arrecato lesioni più gravi solo per un caso fortuito, in guisa tale che non appare francamente prospettabile un trattamento di maggiore favore. 

I fatti sono avvinti da un unitario disegno criminoso, come già si è avuto modo di argomentare, e, pertanto, deve riconoscersi la continuazione. 

Reato più grave va considerato il delitto di cui al primo capo di imputazione a fronte delle pene edittali comminate e del bilanciamento delle circostanze praticato (il bilanciamento delle circostanze rende meno grave il capo sub (...)). 

In conformità alle conclusioni raggiunte dal Supremo Consesso nella sua massima composizione, deve parimenti riconoscersi il concorso formale interno in relazione al delitto sub (...)), in ragione della pluralità di pubblici ufficiali offesi nel medesimo contesto operativo (Cass., S.U., 40981/2018). 

Tenuto conto dei criteri oggettivi e soggettivi di commisurazione della pena prescritti dall'art. 133 c.p., considerato il pericolo per l'incolumità personale cui il reo ha esposto i militari, la minaccia profferita, l'offesa arrecata alle funzioni di pg svolte dalle forze dell'ordine, l'intensità e consistenza delle lesioni infette, il danno arrecato alla vettura di servizio, la pluralità di assalti sferrati alle forze dell'ordine, l'utilizzo a scopo lesivo di un corpo contundente, i beni giuridici violati, ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle circostanze aggravanti (capo 2) e alla recidiva, ritenuta la continuazione fica i reati e il concorso formale interno al capo 1), pare congruo condannare l'imputato OMISSIS alla pena finale di mesi sei di reclusione, pena già ridotta per il rito (pena base di mesi sei di reclusione in relazione al delitto sub (...)), aumentata per il concorso formale interno a mesi otto di reclusione, aumentata per il capo 2) a mesi otto giorni 15 di reclusione, aumentata per il capo 3) a mesi nove di reclusione, ridotta per il rito a mesi sei di reclusione). 

Alla dichiarazione della penale responsabilità consegue, ope legis, la condanna dell'imputato al pagamento delle spese del procedimento e di mantenimento in carcere. 

Non devono applicarsi pene accessorie. Va, infatti, rammentato che in relazione all'applicazione delle pene accessorie la sussistenza del presupposto costituito dal "quantum" di reclusione irrogata a titolo di pena principale deve essere valutata tenendo conto anche delle eventuali diminuzioni processuali, secondo un orientamento giurisprudenziale maggioritario anche di recente ribadito (cfr., da ultimo, Cass. 18149/2014, Cass. 46340/2008); mentre nel caso di condanna per reato continuato, nel commisurare la durata della pena accessoria deve farsi riferimento alla pena base inflitta per la violazione più grave, come determinata tenendo conto del bilanciamento tra circostanze, e non a quella complessiva, comprensiva cioè dell'aumento per la continuazione (Cass. 8126/2017; Cass. 3633/2016; Cass. 7346/2013). 

I plurimi precedenti di medesimo tenore di cui è gravato il reo, la personalità propensa all'eccessiva ingestione di bevande etiliche, la tendenza al compimento di condotte facinorose sono tutti elementi che non depongono per una prognosi favorevole circa il futuro comportamento del reo, soggetto che facilmente si sperimenta nell'esecuzione di condotte facinorose e che ha dimostrato di non saper contenere i propri istinti più violenti. Ne deriva che il prevenuto non è meritevole di godere del beneficio della sospensione condizionale della pena. 

I parametri dell'art. 133 c.p. non depongono per il riconoscimento dell'istituto della non menzione, avendo il prevenuto minacciato e assalito più volte il personale di pg, che ha persino colpito con corpi contundenti, senza maturare una piena comprensione dell'occorso nelle fasi successive al suo arresto (in sede di giudizio abbreviato si è limitato a porgere delle semplici scuse alquanto stereotipate, che non paiono sintomatiche di un effettivo ed affidabile pentimento). In questo contesto il reo non può ritenersi meritevole di godere del richiamato beneficio, che, tra l'altro, sarebbe privo di qualsivoglia efficacia risocializzante in un contesto come quello considerato, in cui il prevenuto ha già manifestato indifferenza per i plurimi interventi operati a suo carico dall'autorità. 

Tutte le circostanze summenzionate, complessivamente considerate portano il decidente a propendere per la conversione della pena detentiva nella pena pecuniaria sostitutiva, come prescritto dagli artt. 53, 56 quater D.Lgs. n. 689 del 1981. E', infatti, credibile che una sanzione cosi modulata possa facilitare la rieducazione e risocializzazione del reo, costituendo al contempo un adeguato monito per il suo comportamento futuro ed un argine alla riproduzione di simili condotte. 

Il parametro di conversione è stato elaborato considerando le condizioni patrimoniali in cui versa OMISSIS, facendo applicazione dei principi di proporzionalità sopra richiamati. L'imputato ha dichiarato in sede di giudizio abbreviato di prestare attività lavorativa in maniera stabile e di percepire mensilmente all'incirca 1500 euro a tìtolo di compenso. Quanto agli oneri di cui è gravato, il reo ha specificato di contribuire al mantenimento di un figlio, che vive in Sicilia e che ha compiuto sette anni. Per il resto, D. corrisponde mensilmente a titolo di canone di affitto un importo pari ad Euro 200. 

Sulla scorta di tali emergenze il criterio di conversione può essere quantificato nella misura di Euro 15,00, valore giomaliero che appare coerente con le effettive disponibilità del soggetto e con gli oneri di cui si deve fare quotidianamente carico in rapporto alla gravità e consistenza dei fatti commessi (art. 56 quater D.Lgs. n. 689 del 1981). 

Il computo della sanzione pecuniaria sostitutiva è stato di conseguenza perfezionato prendendo in considerazione i giorni complessivi di condanna e il parametro di conversione prescelto (mesi sei - giorni 180 x Euro 15,00 = Euro 2700,00). 

La suddetta pena pecuniaria sostitutiva potrà essere corrisposta in un numero di rate mensili pari a venti (Euro 135 per ciascuna rata mensile) in considerazione delle complessive disponibilità economiche del soggetto, così come previsto dal combinato disposto degli artt. 133 ter c.p.p. e 56 quater L. n. 689 del 1981. 

Trattandosi di attrezzi utilizzati per la commissione dei delitti contestati, i beni in sequestro vanno confiscati e distrutti, dal momento che integrano la nozione di corpo di reato, sussistendo tra gli stessi e i reati commessi un nesso immediato di funzionale strumentalità. La loro restituzione è inibita per la loto pericolosità intrinseca, trattandosi di strumenti che possono essere facilmente impiegati per le medesime finalità oggetto di contestazione ovvero per finalità equivalenti, che vantano una strumentale connessione. 

Considerata infine la complessità del presente procedimento ed il carico di lavoro di questo Giudice si è imposta la fissazione di un termine di giorni trenta per il deposito della motivazione della sentenza. 

P.Q.M. 

Visti gli artt. 438 e segg., 533, 535 c.p.p., 

DICHIARA 

OMISSIS responsabile dei reati lui ascritti e, ritenute le circostanze aggravanti contestate, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti rispetto alla recidiva e alle circostanze aggravanti del capo 2), riuniti i fatti nel vincolo della continuazione, lo condanna alla pena complessiva di mesi sei di reclusione, già applicata la riduzione per il rito prescelto, con condanna al pagamento delle spese di procedimento e di mantenimento in carcere. 

Visti gli artt. 545bis c.p.p., 53 e ss., 56 quater L. n. 689 del 1981, 

SOSTITUISCE 

la pena detentiva sopra indicata di mesi sei di reclusione, pari a giorni 180, nella pena pecuniaria sostitutiva della multa pari ad Euro 2700,00; 

Visti gli artt. 56 quater c. 2 L. n. 689 del 1981 e 133 ter c.p.p. 

DISPONE 

che il pagamento avvenga in numero di 20 tate ciascuna di Euro 135. 

AVVERTE 

il condannato alla pena pecuniaria sostitutiva che, in caso di mancato pagamento anche di una sola rata, la pena sostitutiva potrà essere revocata con conversione del residuo in altra pena sostitutiva, ai sensi dell'art. 71 L. n. 689 del 1981. 

Visto l'art. 240 c.p., 

ORDINA 

la confisca e distruzione di quanto in sequestro. 

Visto l'art. 544, comma terzo, c.p.p. indica in giorni 30 il termine per il deposito della motivazione. 

Così deciso in OMISSIS, il 12 ottobre 2023. 

Depositata in Cancelleria il 19 novembre 2023. 


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