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venerdì 22 dicembre 2023

Corte di giustizia tributaria 2023- Il contenzioso ha ad oggetto il diniego parziale di rimborso di quanto versato a titolo di addizionali provinciali sulle accise energia elettrica per gli anni 2010 e 2011, a fronte di istanza presentata dal fornitore di Energia (attuale ricorrente) e ceduta da questi al cliente R.T. snc (il rimborso totale richiesto era di Euro 34.690,42). L'imposta è stata soppressa a partire dal 01.01.2012 in conformità alla Direttiva CE 2008/118. L'ufficio aveva negato la restituzione dei rati maturati sino al 31.03.2010.





Corte di giustizia tributaria di secondo grado Lombardia Milano Sez. V, Sent., (ud. 04/12/2023) 13-12-2023 


Rimborso dell'imposta



Fatto - Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DI LOMBARDIA 

QUINTA SEZIONE 

riunita con l'intervento dei Signori: 

DE RUGGIERO LUIGI - Presidente 

MONFREDI MARIANTONIETTA - Relatore 

PIOMBO DOMENICO - Giudice 

ha emesso la seguente 

SENTENZA 

- sull'appello n. 1140/2023 

depositato il 11/04/2023 

- avverso la pronuncia sentenza n. 48/2023 Sez:1 emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di PRIMO GRADO di COMO 

contro: 

AG. DOGANE E MONOPOLI UFFICIO DELLE DOGANE DI COMO 

proposto dagli apppellanti: 

 

rappresentato da: 

 

 

rappresentante difeso da: 

 

rappresentante difeso da: 

 

difeso da: 

 

difeso da: 

 

Atti impugnati: 

DINIEGO RIMBORSO n. (...) ACCISE-ENERG.EL 2010 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

Il contenzioso ha ad oggetto il diniego parziale di rimborso di quanto versato a titolo di addizionali provinciali sulle accise energia elettrica per gli anni 2010 e 2011, a fronte di istanza presentata dal fornitore di Energia (attuale ricorrente) e ceduta da questi al cliente R.T. snc (il rimborso totale richiesto era di Euro 34.690,42). L'imposta è stata soppressa a partire dal 01.01.2012 in conformità alla Direttiva CE 2008/118. L'ufficio aveva negato la restituzione dei rati maturati sino al 31.03.2010. 

Premesso che la E. era stata a sua volta condannata alla restituzione dell'indebito importo ricevuto a favore del suo cliente con ordinanza del Tribunale di Como del 09.12.2021, la Corte ha ritenuto: che tale ordinanza non sia opponibile all'Amministrazione con riferimento al quantum debeatur perché emessa fra parti processuali diverse e perché l'Amministrazione non era parte di quel contenzioso; che l'incompatibilità dell'addizionale con il diritto unionale vale solo dal 01.04.2010 ossia dal momento del recepimento della direttiva CE 2008/118 con D.Lgs. n. 48 del 2010 (entrato in vigore appunto il 01.04.2010, come da Cass. 2998/2019, n. 15198/2019); che non rileva la direttiva CE 92/12 (da recepirsi entro il 31.12.2003) che vietava l'introduzione di ulteriori imposte indirette non aventi finalità specifiche in aggiunta ai tributi armonizzati, perché la addizionale in questione era stata istituita in epoca anteriore (D.L. n. 511 del 1988, art. 6 comma 4). Spese compensate. 

Propone appello la contribuente e chiede la riforma della sentenza gravata. 

Si è costituito l'Ufficio che replica ai motivi di appello e chiede la conferma della decisione di primo grado. 

Ha depositato una successiva memoria la parte privata per rappresentare come molti giudici di merito abbiano riconosciuto il diritto al rimborso anche per annualità precedenti al 2010 (e sin dal 2004), ritenendo sussistente una sostanziale continuità normativa fra la direttiva CE 92/12 e i successivi interventi sovranazionali, poi recepiti anche formalmente dal legislatore. 

L'appello della parte privata è fondato e, pertanto, merita accoglimento, con conseguente doverosa riforma della sentenza di primo grado. 

Anzitutto occorre ricordare che, per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, il giudice, nel motivare "concisamente" la sentenza secondo i dettami di cui all'art. 118 disp. att. c.p.c., non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate dalle parti, ben potendosi limitare alla trattazione delle sole questioni, di fatto e di diritto, considerate rilevanti ai fini della decisione concretamente adottata. Ne consegue che quelle residue, non trattate in modo esplicito, non devono necessariamente essere ritenute come "omesse", per effetto di "error in procedendo", ben potendo esse risultare semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato. Alla luce di quanto appena ricordato, si deve quindi precisare che la trattazione sarà in questa sede limitata all'approfondimento delle sole questioni rilevanti e dirimenti ai fini del decidere; ritenendosi quindi assorbite tutte le altre eccezioni e questioni. E ciò in applicazione del principio della cosiddetta 'ragione più liquida' desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., ulteriormente valorizzato e confermato dalla Suprema Corte (Cass. Civ., ord. n. 26214/2022; Cass. Civ., ord. n. 9309/2020; Cass. Civ., ord. n. 363/2019; Cass. Civ., ord. n. 11458/2018; Cass. Civ. SSUU sentenza n. 24883/2008; Cass. Civ. n. 26242/2014 e Cass. Civ. n. 9936/2014). 

Richiamato il contesto normativo e la norma istitutiva della addizionale in esame di cui al D.L. n. 511 del 1988, nonché la sua definitiva soppressione per legge a decorrere dal 01.01.2012, l'Ufficio in sintesi sostiene che siccome il contenuto della direttiva 2008/118/CE prevedeva che gli Stati membri dovessero conformarsi a partire dal 01.04.2010, il contrasto della normativa nazionale con il diritto unionale non può farsi risalire ad un momento precedente la data di attuazione della direttiva 118/2008. Nell'interpretazione offerta da parte pubblica quindi, è del tutto irrilevante la direttiva 92/12/CE sia perché si sarebbe dovuta recepire entro la fine del 2003 ed è comunque stata soppressa e abrogata dalla successiva 2008/118/CE sia perché la addizionale in questione era stata inserita in epoca anteriore (D.L. n. 511 del 1988). Errata, sempre a dire dell'Ufficio, è anche la tesi sulla opponibilità della definitività del provvedimento del Giudice ordinario all'ufficio, che non è stato parte di quel contenzioso sicché non può parlarsi e ammettersi alcuna efficacia riflessa del giudicato potendo al più, gli accertamenti di fatto ivi contenuti, essere valutati come elementi di prova. 

Sennonché. 

Occorre anzitutto partire dal punto di fatto, pacifico, che secondo unanime giurisprudenza sovranazionale (CGUE) la norma che aveva istituito quella addizionale è in contrasto con la Direttiva 118/2008 e dunque doveva essere disapplicata e gli importi corrisposti a quel titolo (e definitivamente incamerati dall'Ufficio) dovevano essere restituiti perché trattavasi a quel punto di indebito oggettivo. Nel caso in esame la cliente/consumatrice aveva agito in giudizio ex art. 702 bis c.p.c. nei confronti del suo fornitore (attuale appellante) chiedendo la restituzione di tutti gli importi a quel titolo versati al fornitore nei 10 anni antecedenti al 06.02.2020 (data di notifica della prima diffida) e il Tribunale di Como ha condannato il fornitore alla restituzione dell'importo di Euro34.690,42 (importo peraltro effettivamente restituito in data 13.12.2021). Da qui la istanza di rimborso di cui si discute in questa sede, a cui l'ufficio ha risposto dicendo che avrebbe restituito Euro 29.675,62 (importi corrisposti con riguardo al periodo da aprile 2010 a dicembre 2011), ma anche che non avrebbe restituito gli altri Euro 5.014,78; ciò proprio in considerazione del fatto che il termine ultimo per il recepimento della direttiva del 2008 era fissato al 01.04.2010. 

Tuttavia non può ignorarsi il fatto che anche prima della Direttiva 118/2008 e del relativo termine ultimo di adeguamento fissato per gli Stati membri (01.04.2010), esisteva ed era in vigore una ulteriore precedente (92/12/CEE) che, a ben vedere, prevedeva esattamente il medesimo divieto di introduzione di imposte indirette oltre a IVA e accise salvo che aventi specifiche finalità, che esattamente la disposizione trasfusa poi nella successiva Direttiva del 2008 nonché disposizione in ragione della quale l'addizionale provinciale sulle accise energia elettrica è stata ritenuta incompatibile con il diritto unionale. Dovendosi privilegiare una prospettiva sostanzialistica ad uno sterile formalismo, anche tenuto conto dei principi generali del diritto unionale fra i quali si inserisce anche quello della effettività della tutela, deve necessariamente prendersi atto del fatto che, sul punto del divieto di introduzione di imposte indirette in assenza di specifica finalità, c'è sempre stata continuità normativa a livello sovranazionale; ciò in quanto, nonostante il formale susseguirsi di diverse direttive, la disposizione sostanziale qui di interesse è sempre rimasta vigente ed è di volta in volta stata trasfusa nel nuovo testo normativo. Tanto è vero che la Cassazione (sez. V civ., n. 12142 e 12143 del 25.01.2022) ha finanche ritenuto "non applicabile la disciplina in esame (art. 6 D.L. 28 novembre 1988, n. 511, n.d.r.) relativamente alle annualità 2004, 2005 e 2006 (n. 12143/2022) ed alla annualità 2007 (n. 12142/2022) poiché successive alla data di entrata in vigore delle disposizioni contenute nella Direttiva 2003/96/Ce del 27 ottobre 2003, tenuto conto del fatto che secondo l'art. 28, par. 2, della suddetta Direttiva, gli Stati membri applicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative a partire dal 1 gennaio 2004". 

Ne consegue che l'addizionale in esame è da ritenersi incompatibile con il diritto unionale anche a far data da prima rispetto al 01.04.2010 (ex multis Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 26/03/2019) 23/10/2019, n. 27101, Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 09/05/2019) 05/06/2020, n. 10690, Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 09/05/2019) 05/06/2020, n. 10691, Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 11/06/2019) 28/07/2020, n. 16142, Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 28/05/2019) 15/10/2020, n. 22343). 

La stessa Corte di Giustizia ha più volte affermato che il contenuto delle due direttive sul punto non è sostanzialmente diverso (sentenza del 5 marzo 2015, S.F.R., C-553/13, EU:C:2015:149, punto 34)" (Ordinanza, Settima Sezione, 09/11/2021 nella Causa C-255/20). 

Molte sono poi le Corti tributarie di merito che hanno già affermato i medesimi principi riconoscendo che l'imposta vada rimborsata dal 01.01.2010 (fra le altre, Corte primo grado Vicenza, 19.10.2022 n. 378; Corte primo grado Pavia, 28.06.2022 n. 157; Corte primo grado Brindisi, n. 493/1/2022). 

Anche altri uffici territoriali delle Dogane hanno aderito a tale ricostruzioni adottando prassi conseguenti: A.D.L., P. e V.A.A.M. (come da provvedimenti richiamati testualmente in atti dalla contribuente). 

Per esigenze di completezza, deve aggiungersi che la sentenza del Giudice Ordinario di Como che ha condannato alla restituzione dell'indebito non è solo presupposto formale ma anche statuizione con efficacia sostanziale nei confronti della A D&M, dal momento che, dal punto di vista giuridico, a seguito di quella condanna, il fornitore esercita un diritto di rivalsa nei confronti della Amministrazione, espressamente previsto dall'art. 56 comma 1 del TUA (Così anche Corte primo grado Milano n. 3371/8/2022 e Corte primo grado Vicenza n. 378/3/2022). 

Quanto alle numerose sentenze di merito delle varie Corti territoriali che si sono espresse a favore dei contribuenti sul tema, vedasi: C.G.T. di I grado di Milano, n. 3371/8/2022; 2. C.G.T. di I grado di Bergamo, n. 249/1/2023; 3. C.G.T. di I grado di Brindisi, n. 493/1/2022; 4. C.G.T. di I grado di Venezia, n. 390/1/2022; 5. C.G.T. di I grado di Campobasso, n. 151/1/2023; 6. C.G.T. di I grado di Bergamo n. 277/1/2023; 7. C.G.T. di I grado di Pescara, n. 521/1/2023; 8. C.G.T. di I grado di Pavia, n. 241/1/2023; 9. C.G.T. di I grado di Torino, n. 847/2/2023; 10. C.G.T. di I grado di Cuneo, n. 186/1/2023. 

La condanna al pagamento delle spese di lite segue la soccombenza e le stesse si liquidano, tenuto conto della natura e del valore della controversia, nonché dei parametri tabellari di riferimento, con riguardo ad entrambi i gradi di giudizio, rispettivamente in complessivi Euro 1.000 e Euro 1.500, oltre in entrambi i casi al 15% a titolo di rimborso spese generali, e accessori di legge ove dovuti. 

P.Q.M. 

La Corte di Giustizia Tributaria di II per la Lombardia 

ACCOGLIE 

L'appello della parte privata e, in riforma della sentenza di primo grado; 

ACCOGLIE 

L'originario ricorso e annulla il parziale diniego di rimborso. 

CONDANNA 

L'ufficio soccombente alla rifusione delle spese di lite che liquida, con riferimento ad entrambi i gradi di giudizio, rispettivamente in complessivi Euro 1.000 ed Euro 1.500, oltre in entrambi i casi al 15% a titolo di rimborso spese generali, e accessori di legge ove dovuti. 

Milano, il 4 dicembre 2023. 




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