Riceviamo e pubblichiamo
La riforma del condominio appena approvata e in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale ha cambiato in senso più stringente le regole per il caso di condòmini morosi, in ritardo nel pagamento delle quote condominiali.
Innanzitutto, ai sensi del rinnovato art. 1130 c.c. l’amministratore ha l’obbligo di attivarsi per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli
obbligati entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso. A tal fine, il novellato art. 63 disp. att. c.c., ampliato nei suoi contenuti dall’art. 18 della legge di riforma, ribadendo in capo all’amministratore il potere di promuovere la procedura d’ingiunzione contro i condòmini morosi, lo sgancia da qualsiasi preventiva autorizzazione dell’assemblea; il decreto giuntivo, anche se l’intimato vi si oppone, è immediatamente esecutivo.
I creditori, i quali non abbiano ancora ottenuto soddisfazione, qualora intendano agire direttamente per il recupero delle somme vantate nei confronti del condominio, hanno, dal canto loro, il diritto di conoscere i dati dei condòmini morosi che l’amministratore, se interpellato, è tenuto a comunicare. In tale evenienza, infatti, i creditori dovranno prima rivalersi nei confronti dei condòmini morosi e poi nei confronti degli altri condomini in regola con le quote condominiali, secondo il criterio del «beneficio della preventiva escussione». Solo se le azioni esecutive nei confronti dei condòmini morosi si rileveranno infruttuose, i «virtuosi» dovranno rispondere delle obbligazioni condominiali.
Quanto all’obbligo per l’amministratore, se richiesto, di fornire ai creditori i dati del condòmino non in regola con il pagamento della somma dovuta, il Garante della privacy cita come dati suscettibili di tale trattamento quelli che consentono di identificare i condòmini obbligati al pagamento del corrispettivo per l’esecuzione dei contratti di fornitura di beni e servizi, le rispettive quote millesimali e, se del caso, le ulteriori informazioni necessarie a determinare le somme individualmente dovute. Ciò proprio al fine di consentire ai creditori di agire nei confronti dei singoli condòmini per recuperare quanto dovuto da ognuno, escludendo, per il momento, il vincolo di solidarietà giuridica, destinato a riespandersi solo in ipotesi di insuccesso della preventiva escussione del patrimonio dei morosi.
Si tratta di una piccola rivoluzione per il mondo della giurisprudenza condominiale, improntata per lungo tempo alla regola della solidarietà, per cui, sostanzialmente, i debiti del condominio dovevano considerarsi debiti di tutti, a prescindere da chi fosse o meno in regola con le quote.
In verità il tema della natura solidale della responsabilità dei singoli condòmini per le obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi è da tempo oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale. L’opinione prevalente ha ravvisato il fondamento della solidarietà condominiale nel principio generale affermato dall’art. 1294 c.c. con riguardo all’ipotesi in cui più soggetti siano obbligati per la medesima prestazione. In base a detta impostazione il creditore del condominio potrebbe agire contro uno qualsiasi dei condòmini per l’intero ammontare del credito, indipendentemente dalla quota che quel condòmino deve in proporzione al valore della sua proprietà desunto dalla tabella millesimale.
Minoritario, invece, è rimasto l’indirizzo secondo il quale la responsabilità dei condòmini deve considerarsi retta dal criterio della parziarietà, in base al quale, in proporzione delle rispettive quote, ai singoli partecipanti dovrebbero imputarsi le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio, relativamente alle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.
La nuova formulazione della norma, pur non giungendo ad affermare la parziarietà delle obbligazioni condominiali secondo le ultime indicazioni fornite dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione (Cass., sez. un. sent. 9148/20008), introduce, attraverso il meccanismo della preventiva escussione uno strumento che vale ad attenuare il vincolo della solidarietà passiva, alleggerendo la responsabilità dei condòmini in regola con i pagamenti. Pertanto, solo nel caso di infruttuosa escussione dei condòmini morosi, i condòmini in regola con i pagamenti saranno chiamati a rispondere in virtù della solidarietà passiva.
Il nuovo art. 63 disp. att. c.c., riprendendo la previsione già risultante dal precedente testo della norma, stabilisce poi che, in caso di mora nel pagamento dei contributi protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condòmino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. Tuttavia, a differenza che nella precedente normativa, l’amministratore può in tal caso procedere in via autonoma, essendo svincolato dalla preventiva autorizzazione in tal senso contenuta nel regolamento di condominio.
a cura di
Anna Costagliola Diritto.it
La riforma del condominio appena approvata e in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale ha cambiato in senso più stringente le regole per il caso di condòmini morosi, in ritardo nel pagamento delle quote condominiali.
Innanzitutto, ai sensi del rinnovato art. 1130 c.c. l’amministratore ha l’obbligo di attivarsi per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli
obbligati entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso. A tal fine, il novellato art. 63 disp. att. c.c., ampliato nei suoi contenuti dall’art. 18 della legge di riforma, ribadendo in capo all’amministratore il potere di promuovere la procedura d’ingiunzione contro i condòmini morosi, lo sgancia da qualsiasi preventiva autorizzazione dell’assemblea; il decreto giuntivo, anche se l’intimato vi si oppone, è immediatamente esecutivo.
I creditori, i quali non abbiano ancora ottenuto soddisfazione, qualora intendano agire direttamente per il recupero delle somme vantate nei confronti del condominio, hanno, dal canto loro, il diritto di conoscere i dati dei condòmini morosi che l’amministratore, se interpellato, è tenuto a comunicare. In tale evenienza, infatti, i creditori dovranno prima rivalersi nei confronti dei condòmini morosi e poi nei confronti degli altri condomini in regola con le quote condominiali, secondo il criterio del «beneficio della preventiva escussione». Solo se le azioni esecutive nei confronti dei condòmini morosi si rileveranno infruttuose, i «virtuosi» dovranno rispondere delle obbligazioni condominiali.
Quanto all’obbligo per l’amministratore, se richiesto, di fornire ai creditori i dati del condòmino non in regola con il pagamento della somma dovuta, il Garante della privacy cita come dati suscettibili di tale trattamento quelli che consentono di identificare i condòmini obbligati al pagamento del corrispettivo per l’esecuzione dei contratti di fornitura di beni e servizi, le rispettive quote millesimali e, se del caso, le ulteriori informazioni necessarie a determinare le somme individualmente dovute. Ciò proprio al fine di consentire ai creditori di agire nei confronti dei singoli condòmini per recuperare quanto dovuto da ognuno, escludendo, per il momento, il vincolo di solidarietà giuridica, destinato a riespandersi solo in ipotesi di insuccesso della preventiva escussione del patrimonio dei morosi.
Si tratta di una piccola rivoluzione per il mondo della giurisprudenza condominiale, improntata per lungo tempo alla regola della solidarietà, per cui, sostanzialmente, i debiti del condominio dovevano considerarsi debiti di tutti, a prescindere da chi fosse o meno in regola con le quote.
In verità il tema della natura solidale della responsabilità dei singoli condòmini per le obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi è da tempo oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale. L’opinione prevalente ha ravvisato il fondamento della solidarietà condominiale nel principio generale affermato dall’art. 1294 c.c. con riguardo all’ipotesi in cui più soggetti siano obbligati per la medesima prestazione. In base a detta impostazione il creditore del condominio potrebbe agire contro uno qualsiasi dei condòmini per l’intero ammontare del credito, indipendentemente dalla quota che quel condòmino deve in proporzione al valore della sua proprietà desunto dalla tabella millesimale.
Minoritario, invece, è rimasto l’indirizzo secondo il quale la responsabilità dei condòmini deve considerarsi retta dal criterio della parziarietà, in base al quale, in proporzione delle rispettive quote, ai singoli partecipanti dovrebbero imputarsi le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio, relativamente alle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.
La nuova formulazione della norma, pur non giungendo ad affermare la parziarietà delle obbligazioni condominiali secondo le ultime indicazioni fornite dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione (Cass., sez. un. sent. 9148/20008), introduce, attraverso il meccanismo della preventiva escussione uno strumento che vale ad attenuare il vincolo della solidarietà passiva, alleggerendo la responsabilità dei condòmini in regola con i pagamenti. Pertanto, solo nel caso di infruttuosa escussione dei condòmini morosi, i condòmini in regola con i pagamenti saranno chiamati a rispondere in virtù della solidarietà passiva.
Il nuovo art. 63 disp. att. c.c., riprendendo la previsione già risultante dal precedente testo della norma, stabilisce poi che, in caso di mora nel pagamento dei contributi protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condòmino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. Tuttavia, a differenza che nella precedente normativa, l’amministratore può in tal caso procedere in via autonoma, essendo svincolato dalla preventiva autorizzazione in tal senso contenuta nel regolamento di condominio.
a cura di
Anna Costagliola Diritto.it
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