Tfr, elementi retributivi fuori dal calcolo solo se il contratto collettivo lo dice in modo chiaro e univoco |
La deroga al criterio dell'onnicomprensività della retribuzione ai fini del trattamento di fine rapporto rappresenta una limitazione di un diritto dei lavoratori altrimenti previsto dalla legge: non può essere, quindi, introdotta in modo indiretto |
(Sezione lavoro, sentenza n. 6204/10; depositata il 15 marzo) |
LAVORO (CONTRATTO COLLETTIVO DI)
Cass. civ. Sez. lavoro, 15-03-2010, n. 6204 |
Svolgimento del processo
G.E., gia’ dipendente della Cassa di Risparmio di Torino dal 12 maggio 1970 al 31 dicembre 2001 ha convenuto dinanzi al Tribunale di Torino la Unicredito Italiano s.p.a quale incorporante la Cassa di Risparmio di Torino chiedendo per quanto ancora interessa la condanna della convenuta a riliquidargli il trattamento di fine rapporto in relazione ai compensi per il lavoro straordinario ricevuti nel periodo dal 1 giugno 1982 al 31 dicembre 1992, nonche’ in relazione al premio aziendale di anzianita’ percepito nel maggio 1995 ed all’importo per ferie non godute, erogatogli al momento della cessazione del rapporto.
Una domanda di contenuto analogo e’ stata proposta contro la stessa societa’ da M.M., in relazione al lavoro subordinato da essa prestato sino al 31 luglio 2002. In entrambe le cause la convenuta ha resistito chiedendo il rigetto delle domande. Il Tribunale, riuniti i ricorsi e ritenuta necessaria una pronunzia interpretativa delle pertinenti clausole contrattuali, ha emesso sentenza a norma dell’art. 420 bis c.p.c. ed ha dichiarato: che l’art. 40 del CCNL per il personale impiegatizio, subalterno ed ausiliario delle Casse di Risparmio (ACRI) del 9 marzo 1983, l’art. 40 del CCNL per i quadri, gli impiegati, i subalterni e gli ausiliari delle Casse di Risparmio (ACRI) del 19 marzo 1987 e l’art. 44 del CCNL per i quadri, gli impiegati, i subalterni e gli ausiliari delle Casse di Risparmio (ACRI) del 16 gennaio 1991, devono essere interpretati nel senso di non escludere dalla retribuzione annua utile ai fini del calcolo del T.F.R. le somme percepite a titolo non occasionale per lavoro straordinario; che l’art. 87 del CCNL per il personale direttivo (dirigenti e funzionari) delle Casse di Risparmio (ACRI) dell’11 aprile 1991 e l’art. 65 del CCNL Credito ABI per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti delle aziende del credito, finanziarie e strumentali, dell’11 luglio 1999 - relativamente ai quadri direttivi di 3 e di 4 livello - devono essere interpretati nel senso di non escludere dalla retribuzione annua utile ai fini del calcolo del T.F.R., le somme percepite per premio di anzianita’ alla scadenza del 25 anno di servizio e per ferie non godute. Il Tribunale ha anzitutto individuato le norme collettive di riferimento nel CCNL per il personale impiegatizio subalterno ed ausiliario delle casse di risparmio (ACRI) del 9 marzo 1983, nel ccnl per i quadri gli impiegati, i subalterni e gli ausiliari delle casse di risparmio (ACRI) del 19 marzo 1987 e nel CCNL per i quadri, gli impiegati e i subalterni e gli ausiliari delle casse di risparmio ACRI del 16 maggio 1991 ed ha ricordato, riportandone il testo, che l’art. 117 del primo dei contratti citati prevede il trattamento di quiescenza e di previdenza in favore del lavoratore che cessa dal servizio, secondo le norme in vigore presso ciascun istituto mentre il successivo art. 119 stabilisce che tale trattamento non potra’ esser inferiore al trattamento di fine rapporto di cui alla L. 29 maggio 1982, n. 297.
Il Tribunale, messe in luce le diversita’ fra il meccanismo di calcolo di tale trattamento rispetto all’indennita’ di anzianita’, ha poi osservato che il canone generale stabilito dal nuovo testo dell’art. 2120 c.c. e’ quello della onnicomprensivita’ della retribuzione, derogabile dalla contrattazione collettiva in senso peggiorativo ossia escludendo dalla base di calcolo elementi che posseggano il carattere della non occasionalita’, a condizione tuttavia che si tratti di deroga espressa o comunque chiaramente ed univocamente desumibile dalla clausole contrattuali.
Il Tribunale ha ricordato quindi che, salva diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione annua da considerare e’ connotata dalla sua dipendenza dal rapporto di lavoro e dalla non occasionalita’, salva l’esclusione delle somme erogate a titolo di rimborso spese, osservando in proposito che la non occasionalita’ e’ nozione piu’ ampia di continuita’ - utilizzata invece per l’indennita’ di anzianita’- e che, pertanto, in base ad essa rientra nella base di computo anche un compenso, per lavoro straordinario, esiguo, variabile, non predeterminato o predeterminabile, salvo che l’erogazione sia del tutto sporadica o eccezionale, situazione nella specie non ricorrente visto che le buste paga dei due lavoratori fornivano prova di una significativa prestazione di lavoro straordinario per tutto il periodo controverso.
Cio’ premesso, il Tribunale ha messo in rilievo che tutte le norme pattizie applicabili al caso di specie (art. 117 ccnl 1983, art. 119 del ccnl 1987. art. 125 ccnl) rinviavano alla L. n. 297 del 1982 per le modalita’ di calcolo del t.f.r. vietando l’erogazione di importi inferiori a quelli risultanti dall’applicazione dei criteri legali.
Quindi esse, lungi dal derogare in pejus alla legge, facevano riferimento ad essa sia per la nozione di retribuzione che per le modalita’ di calcolo. Secondo il Tribunale, per contro, non poteva esser seguita la tesi della convenuta secondo la quale l’art. 40 del CCNL del 1983, specificando le diverse voci della retribuzione ne forniva la nozione unitaria, utile quindi anche ai fini del t.f.r.
Infatti tale norma contrattuale si limitava meramente a riprodurre quella dell’art. 39 del precedente contratto collettivo del 1980, quando le parti sociali non avevano il potere di intervenire in materia di individuazione delle voci utili ai fini dell’indennita’ di anzianita’. Inoltre, la circostanza che il contratto collettivo avesse fissato la nozione di retribuzione non poteva esser considerata come deroga implicita al canone della onnicomprensivita’, occorrendo a tale scopo una esclusione espressa o la finalizzazione esplicita della nozione cosi’ dettata alla regolazione del t.f.r..
Del pari non condivisibili, ad avviso del Tribunale, erano gli argomenti che la convenuta riteneva doversi trarre dal costante comportamento delle parti sociali, o dall’assenza di rivendicazioni e di contenzioso nella materia. La presenza di una sentenza resa dal Tribunale di Palermo nel 1999 dimostrava infatti l’esistenza di una controversia. Quanto all’offerta di informazioni sindacali, la loro provenienza da una sola della parti contraenti le rendeva non significative.
In conclusione, ad avviso del Tribunale, il piu’ volte cit. art. 40 del contratto collettivo per il personale impiegatizio, subalterno ed ausiliario delle Casse di Risparmio (ACRI) del 9 marzo 1983 non escludeva dalla retribuzione annua utile ai fini del calcolo del TFR i compensi percepiti per il lavoro straordinario prestato a titolo non occasionale. Tale interpretazione doveva ritenersi valida anche per le successive norme collettive di contenuto del tutto analogo, quali l’art. 40 del CCNL per i quadri, gli impiegati, i subalterni e gli ausiliari delle Casse di Risparmio (ACRI) del 19 marzo 1987 e l’art. 44 del CCNL e per i quadri, gli impiegati, i subalterni e gli ausiliari delle Casse di Risparmio (ACRI) del 16 gennaio 1991.
Questi ultimi contratti, avevano aggiunto al contenuto dell’art. 40 del contratto del 1983 una clausola di specifica esclusione dal computo del t.f.r. della c.d. indennita’ estero ossia di "quei particolari trattamenti che risultassero aziendalmente stabiliti per il personale in servizio presso sedi, filiali o uffici situati all’estero", clausola contrastante con il divieto, ripetuto in entrambi i detti contratti (all’art. 119 in quello del 1987, all’art. 125 in quello del 1991) di trattamenti inferiori a quello previsto dalla L. n. 297 del 1982. Era quindi da escludere che la contrattazione collettiva contenesse deroghe espresse ed univoche rispetto alla definizione legale di retribuzione utile ai fini del t.f.r., contenuta nell’art. 2120 c.c..
Circa il premio aziendale di anzianita’, il Tribunale, richiamato il contenuto delle delibere aziendali in materia ha osservato che in base ad esse a partire dal 1969 il premio era stato corrisposto a tutti i dipendenti con l’anzianita’ prevista, a cadenze determinate.
Si trattava quindi di un emolumento corrisposto in costanza e in dipendenza dal rapporto di lavoro e quindi di natura retributiva, indipendentemente dal numero di volte in cui esso veniva percepito.
D’altra parte la non occasionalita’ dell’emolumento era da intendere anche come ordinarieta’ del titolo dell’erogazione. Cio’ premesso, quanto al G., che aveva percepito il premio per il 25 anno di servizio nel maggio 1995, la norma collettiva allora vigente art. 87 del CCNL per il personale direttivo (dirigenti e funzionari) delle Casse di Risparmio (ACRI) dell’11 aprile 1991 rinviava espressamente, nel comma 1, alle disposizioni di legge e quindi alla nozione onnicomprensiva di retribuzione e, nei due commi successivi, aveva un contenuto analogo a quello dell’art. 2120 c.c. includendo tutte le somme percepite con carattere continuativo, anche se con corresponsione periodica, ed indicando gli emolumenti esclusi.
Quanto alla M., che aveva percepito il premio per il 25 anno di servizio nell’agosto 1999, il contratto allora vigente CCNL Credito ABI per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti delle aziende del credito, finanziarie e strumentali dell’11 luglio 1999 considerava utili tutti gli emolumenti costitutivi del trattamento economico aventi - come il premio in questione - carattere continuativo.
Quanto infine alle ferie maturate e non godute, il Tribunale, premesso il duplice carattere, risarcitorio e retributivo, della relativa indennita’, costituente corrispettivo di una attivita’ resa in un periodo gia’ retribuito senza prestazione, ha osservato che la natura parzialmente retributiva dell’emolumento, l’assenza di discrezionalita’ nella sua erogazione, e quindi l’esclusione di ogni profilo di occasionalita’, inducevano a ritenerlo compreso nella base di calcolo del t.f.r..
Unicredit s.p.a - gia’ Unicredito Italiano s.p.a chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso per quattro motivi, tutti corredati da quesiti di diritto.
Gli intimati resistono con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso e’ denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 40 del contratto collettivo nazionale per il personale delle Casse di Risparmio del 9 marzo 1983, dell’art. 40 dello stesso contratto nazionale del 19 marzo 1987, dell’art. 44 dello stesso contratto collettivo del 16 gennaio 1991, dell’art. 45 dello stesso contratto collettivo del 19 dicembre 1994, dell’art. 87 del contratto collettivo ACRI del personale direttivo (dirigenti e funzionari) dell’11 aprile 1991 e dell’art. 65 del contratto collettivo ABI dell’11 luglio 1999 in relazione e in conseguenza della violazione del primo e dell’art. 1362 c.c., comma 2 e dell’art. 1363 c.c., e dell’art. 2120 c.c., comma 2. Violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Secondo la ricorrente la sentenza nell’affermare che la disciplina collettiva non conterrebbe una espressa esclusione dei compensi per lavoro straordinario, per il premio aziendale e per l’indennita’ sostitutiva delle ferie e che le parti sindacali non avrebbero esercitato la facolta’ di deroga prevista dal dall’art. 2120 c.c., comma 2 si sarebbe contraddetta perche’ il non aver previsto esplicite esclusioni implica l’esercizio della facolta’, negato dalla sentenza.
In ogni caso la sentenza avrebbe violato la disciplina dei contratti collettivi e dei criteri di legge sulla loro interpretazione argomentando circa il presunto mancato esercizio da parte delle parti collettive della facolta’ di derogare ai criteri legali in tema di t.f.r. solo in base alla constatazione che l’elenco delle voci della retribuzione utili ai fini del t.f.r. sarebbe rimasto immutato, in quanto le previsioni collettive avevano ad oggetto voci gia’ considerate nella contrattazione collettiva anteriore alla L. n. 297 del 1982, riguarderebbero voci di natura certamente retributiva anche se non connotate da occasionalita’, nonche’ voci relative a spettanze "contraddittorie", come i trattamenti esteri.
Per contro, dal tenore letterale delle disposizioni collettive pertinenti (art. 40 ccnl del 1983; art. 40 del ccnl del 1987; artt. 44 del ccnl del 1991 e art. 45 del ccnl del 1994, riproduttivi dell’art. 40 del 1983) nonche’ dal richiamo dell’art. 45 del ccnl del 1994 e dell’art. 65 del ccnl ABI del 1999, come pure dall’art. 87 del ccnl personale direttivo (dirigenti e funzionari) ACRI dell’11 aprile 1991, emergerebbe che la parti sindacali hanno considerato la problematica delle voci da considerare utili ai fini del t.f.r., nessun altro senso potendo rivestire l’esplicita inclusione o esclusione di alcune voci ai fini di quel calcolo.
D’altra parte, il criterio di interpretazione complessiva delle clausole avrebbe dovuto condurre a dare significato alla ripetizione, nei vari contratti via via succedutisi, dell’elenco dell’art. 40, comma 1 del contratto 1983, letto in relazione agli altri commi contenenti esplicite inclusioni o esclusioni.
Inoltre, contrariamente alla tesi accolta dalla sentenza, non si deve ritenere che l’art. 2120 c.c. nel far salva una diversa previsione dei contratti collettivi, abbia inteso solo contemplare la possibilita’ di escludere positivamente talune voci dalla base di calcolo del tfr, dovendo considerarsi attribuita alle parti sociali, per effetto di tale disposizione codicistica, la facolta’ di derogare al principio di onnicomprensivita’ nel modo ritenuto piu’ idoneo, e percio’ "con scelta lessicale... sia inclusiva, sia esclusiva, sia, infine, integrata". Quindi la ripetizione di clausole di precedenti contratti va considerata espressione di volonta’ e, proprio perche’ accompagnata da nuove disposizioni, sta a significare la valutazione di adeguatezza dei precedenti criteri, in esercizio della facolta’ di cui al cit. art. 2120 c.c..
Per di piu’, con riferimento alla voce relativa al lavoro straordinario l’art. 65 del contratto collettivo ABI del 1999, che disciplina la retribuzione annua di riferimento per il trattamento di fine rapporto, prevede in modo esplicito al comma 5 che per alcuni dei dipendenti delle Casse di Risparmio, come i due dipendenti cui si riferisce la sentenza del Tribunale, continua ad applicarsi in sua vece l’art. 45 del contratto collettivo del 19 dicembre 1994, il che sta a significare che, secondo lo stesso presupposto da cui i contraenti collettivi hanno preso le mosse, il contratto del 1994 regolava il t.f.r. e percio’ individuava le voci utili per calcolarlo.
In definitiva, la sentenza ha violato le disposizioni dei contratti collettivi con le quali le parti hanno disciplinato il tfr ed ha frainteso, in violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. la volonta’ collettiva risultante dal tenore letterale delle disposizioni contrattuali succedutesi nel tempo.
Con il secondo motivo di ricorso e’ denunziata violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 40 del contratto collettivo nazionale per il personale delle Casse di Risparmio del 9 marzo 1983, degli artt. 117 e 119 dello stesso contratto collettivo del 1983, dell’art. 40 dello stesso contratto nazionale del 19 marzo 1987 e dell’art. 44 dello stesso contratto collettivo del 16 gennaio 1991, dell’art. 87 del contratto collettivo ACRI del personale direttivo (dirigenti e funzionari) dell’11 aprile 1991, dell’art. 45 del contratto collettivo del 19 dicembre 1994, e dell’art. 65 del contratto collettivo ABI dell’11 luglio 1999 in relazione e in conseguenza della violazione dell’art. 1362 c.c., commi 1 e 2 e degli art. 1363 e 1367 c.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Secondo la ricorrente, la sentenza, violando l’art. 1362 c.c., comma 2, che impone implicitamente di valutare anche il comportamento delle parti precedente alla stipulazione del contratto, non avrebbe tenuto conto delle disposizioni collettive anteriori al 1983, la considerazioni delle quali avrebbe condotto a concludere nel senso del carattere costantemente tassativo attribuito dalle parti all’elencazione delle voci retributive utili ai fini del trattamento di fine rapporto.
La sentenza, premesso che la nozione di retribuzione contenuta nell’art. 40 del ccnl 1983 e’ identica a quella di cui alle lettere da a) ad f) dell’art. 39 del ccnl 1980, ne ha desunto che tale nozione non poteva esser stata voluta dalle parti con riferimento al t.f.r. Ha inoltre ritenuto che l’espressa esclusione della c.d. indennita’ estero dal novero delle voci utili per il t.f.r, entrerebbe in contraddizione con il divieto contrattuale - ripetuto poi nei ccnl del 1987 e del 1991 - di trattamenti inferiori a quelli previsti dalla L. n. 297 del 1982.
In base a questi rilievi ha escluso la presenza di deroghe contrattuali alla definizione legale di retribuzione utile ai fini del tfr dettata dall’art. 2120 c.c..
Ma - contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza- il carattere tassativo dell’elencazione dell’art. 39 del ccnl 1983 risulta dal tenore della clausola laddove essa introduce l’elenco con le parole "per retribuzione si intende etc" e laddove, alla lett. f), diversamente dalle altre voci che riguardano erogazioni per determinati titoli, contiene una clausola di chiusura includendo nella retribuzione ogni erogazione "di carattere continuativo e di ammontare determinato".
Inoltre, le disposizioni collettive sulle inclusioni e le esclusioni contengono deroghe ed eccezioni, segno che per considerare utile una voce non ricompresa o escludere una voce che avrebbe potuto esserlo le parti hanno sempre fatto ricorso a disposizioni apposite.
La tassativita’ dell’elenco contenuto nell’art 40 del ccnl 1983 emerge anche dal confronto con analoghe disposizioni dei contratti collettivi anteriori e successivi. Cosi’ l’art. 28 del ccnl 1976 e l’art. 30 del ccnl 1980 includevano ai soli fini del calcolo dell’indennita’ di anzianita’ le spese tranviarie, le indennita’ di rischio e il contributo spese per il pasto meridiano e queste voci, ad eccezione dell’ultima, sono state confermate anche nell’art. 40 del ccnl 1983 come pure nell’art. 40 del ccnl ACRI 1987, il quale pero’ ha escluso i trattamenti estero.
Orbene,solo la prospettiva della tassativita’ consente di comprendere l’inclusione o l’esclusione di specifiche voci, rese inutili invece dalla possibilita’ di interpretazione estensiva o analogica connessa al carattere esemplificativo.
Contro la tassativita’ non vale opporre la presunta contraddittorieta’ fra l’esclusione dal computo del t.f.r. dell’indennita’ estero nel ccnl 1983 e gli artt. 117 e 119 dello stesso contratto che, attribuendo il trattamento di quiescenza secondo le norme in vigore presso ciascun istituto, stabiliscono pero’ che esso non potra’ essere inferiore a quello previsto dalla L. n. 297 del 1982, cosi’ introducendo, nell’interpretazione del Tribunale, una sostanziale immodificabilita’ della disciplina del tfr contenuta nel nuovo art. 2120 c.c..
Infatti, se le parti avessero voluto comunque richiamare senz’altro il criterio di computo previsto da tale articolo non avrebbero avuto bisogno di far riferimento alla legge nel suo complesso, potendo limitarsi a ripetere la sola formulazione del codice (come aveva fatto con riferimento al precedente art. 2120 c.c. l’art. 116 del ccnl 1980). Il richiamo generico alla legge vale quindi come richiamo anche degli interventi derogatori della disciplina collettiva da essa consentiti, sicche’ non vi e’ la contraddittorieta’ rilevata dalla sentenza.
Su tali premesse la sostanziale permanenza dell’elenco ad ogni rinnovo contrattuale sta a significare riconferma della volonta’ delle parti, orientata nel senso della tassativita’, come mostrato anche dalla regola specifica riguardante le aree professionali e i quadri direttivi di 1 e 2 livello, dove si e’ sempre adottata la tecnica dell’elencazione, espressione della volonta’ di escludere tutte le voci non comprese.
Ulteriore conferma della tassativita’ viene poi dall’art. 65 del CCNL ABI 1999, che esplicitamente prevede la retribuzione annua di riferimento " costituita" da determinati emolumenti e nel comma 5 dispone che in luogo dell’elenco da esso stabilito si applichi nei confronti del personale gia’ destinatario del contratto collettivo ACRI 1994 appartenente alle aree professionali e al 1 e 2 livello dei quadri direttivi l’art. 45 del ccnl ACRI 1994, il cui contenuto e’ identico a quello dei ccnl successivi alla L. del 1982.
Poiche’ l’elenco di cui al cit. ccnl 1999 e’ certamente tassativo, e poiche’ non e’ logico che un elenco tassativo sia sostituito con un elenco esemplificativo, e’ necessario ritenere la tassativita’ dell’elenco del 1994 e di tutti quelli precedenti dal contenuto analogo.
Tale sostituzione, inoltre, avrebbe dovuto esser valutata alla luce del canone del comportamento successivo delle parti ex art. 1362 c.c., il che non era avvenuto.
I due motivi, fra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente.
La giurisprudenza di questa Corte e’ costantemente orientata nel senso che in materia di trattamento di fine rapporto l’art. 2120 c.c., nel testo novellato dalla L. n. 297 del 1982, adotta al comma 2 il principio della omnicomprensivita’ della retribuzione, e che tale principio, benche’ derogabile, comporta che se la prestazione di lavoro non e’ occasionale, la relativa retribuzione debba essere compresa nel trattamento di fine rapporto, salvo che la contrattazione collettiva apporti una eccezione a tale regola in modo chiaro e univoco (Cass. 4251/2001; 96/2003; 16618/2003) e non indiretto (Cass. 2781/2008).
Il criterio dell’onnicomprensivita’ della retribuzione costituisce in altri termini canone generale, mentre eccezioni allo stesso possono essere contemplate dalla contrattazione collettiva che e’ autorizzata anche a prevedere una diversa nozione di retribuzione ai fini del calcolo del t.f.r., ma, sull’esatto rilievo che la disposizione di cui all’art. 2120 c.c." non parla soltanto di "retribuzione" rimettendone la definizione alla contrattazione collettiva e prevedendo un canone legale solo come residuale, ma detta essa stessa la nozione legale di retribuzione ai fini del t.f.r. (quella onnicomprensiva) facoltizzando nello stesso tempo la contrattazione collettiva ad introdurre delle eccezioni" si e’ ritenuto che quest’ultima possa "derogare al criterio legale dell’onnicomprensivita’ della retribuzione ai fini del t.f.r.:
a) vuoi prevedendo che alcuni emolumenti non entrano nel calcolo specificamente del t.f.r. ovvero di tutti gli istituti indiretti;
b) vuoi piu’ in generale dettando un autonoma e diversa nozione di retribuzione ai fini del t.f.r. "mentre se, non facendo nessuna di queste due cose" si limita a prevedere in generale - non specificamente ai fini del t.f.r. - una nozione contrattuale di retribuzione, non esercita quella facolta’ di deroga consentita dall’art. 2120 c.c., comma 2 (nell’inciso: "Salvo diversa previsione dei contratti collettivi...)". Si e’ inoltre puntualmente rimarcato "che anche le relazioni sindacali, come i rapporti negoziali, devono ispirarsi al rispetto del principio di correttezza e buona fede" sicche’ posto che "la deroga al criterio dell’onnicomprensivita’ della retribuzione ai fini del t.f.r., sancito dall’art. 2120 c.c., deroga che la contrattazione collettiva e’ facoltizzata ad introdurre, rappresenta una limitazione di un diritto dei lavoratori altrimenti previsto dalla legge" una siffatta limitazione non puo’ essere introdotta in modo indiretto e quasi surrettizio, ma richiede....che la deroga sia dichiarata espressamente o sia comunque desumibile "in modo chiaro ed univoco.”( v., in motivazione, Cass. 2007/19695). Quindi, le scelte lessicali in argomento, ovviamente rimesse alle parti collettive, devono tuttavia esprimersi con proposizioni tali da manifestare volonta’ derogatoria nei sensi appena precisati, in difetto delle quali si dovrebbe ricavare tale volonta’ da indici indiretti, contrariamente a quanto da questa Corte costantemente finora ritenuto. Pertanto, diversamente da quanto afferma la parte ricorrente, non e’ affatto contraddittorio rilevare, come ha fatto la sentenza impugnata, che la mancanza nella disciplina collettiva di una espressa esclusione dalla base di calcolo del t.f.r. dei compensi per lavoro straordinario, per il premio aziendale e per l’indennita’ sostitutiva delle ferie implica il mancato esercizio della facolta’ di deroga prevista dall’art. 2120 c.c., comma 2.. E’ vero che se si e’ autorizzati (e non obbligati) ad esprimersi su una determinata questione, restare silenti implica esercizio della facolta’ attribuita. Ma, nel caso di specie, al silenzio delle parti si sostituisce il discorso della legge, come da questa espressamente previsto, sicche’ l’esercizio negativo del potere di regolare in modo diverso da essa provoca le conseguenze esattamente individuate dal Tribunale.
Cio’ premesso, per quel che riguarda la computabilita’ ai fini del t.f.r. del compenso per il lavoro straordinario, i testi collettivi ora sottoposti ad interpretazione hanno il seguente tenore.
Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale impiegatizio, subalterno ed ausiliario delle Casse di Risparmio (ACRI) del 9 marzo 1983:
"Art. 40.
Per retribuzione si intende:
a) la paga base (stipendio o salario) e gli scatti di anzianita’ (aumenti periodici);
b) l’indennita’ di carica;
c) i compensi percentuali;
d) la gratifica natalizia;
e) la quattordicesima mensilita’;
f) ogni altra indennita’ di carattere continuativo di ammontare determinato che non abbia natura di rimborso spese, esclusi le indennita’ di rischio, il concorso spese tranviarie e gli assegni familiari. La retribuzione e’ pagata in via mensile posticipata non oltre l’ultimo giorno di ciascun mese, a mezzo di ruoli o buste paga o documenti equipollenti dai quali devono chiaramente risultare gli elementi che la costituiscono nonche’ le trattenute di legge contrattuali e il titolo per il quale esse sono state effettuate.
Ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto di cui alla L. 29 maggio 1982, n. 297 sono considerati utili l’eventuale concorso spese tranviarie e le indennita’ di rischio. "Contratto collettivo nazionale di lavoro per i quadri, gli impiegati, i subalterni e gli ausiliari delle Casse di Risparmio (ACRI) 19 marzo 1987:
Art. 40.
I primi tre commi corrispondono integralmente al contenuto degli stessi commi dell’art. 40 del contratto collettivo 1983.
Vi e’ poi un comma 4 dal seguente testuale tenore:
"Restano invece esclusi dal computo del trattamento di fine rapporto quei particolari trattamenti che risultassero aziendalmente stabiliti per il personale in servizio presso sedi, filiali o uffici situati all’estero".
Contratto collettivo nazionale di lavoro per i quadri, gli impiegati, i subalterni e gli ausiliari delle Casse di Risparmio (ACRI) 16 gennaio 1991; art. 44 Riproduce integralmente il contenuto dell’art. 40 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1987.
Riguardo poi alla computabilita’ delle somme percepite per premio di anzianita’ e per ferie non godute, le disposizioni oggetto di interpretazione sono le seguenti.
Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale direttivo (dirigenti e funzionari) delle Casse di Risparmio (ACRI) dell’11 aprile 1991:
"Articolo 87.
Trattamento di fine rapporto - determinazione.
Il trattamento di fine rapporto e’ determinato secondo le norme di legge che regolano la materia, a tal fine, la retribuzione annua di riferimento e’ comprensiva, oltre che dello stipendio, di tutti gli emolumenti costitutivi del trattamento economico aventi carattere continuativo anche se con corresponsione periodica, compresa, ove spettante, l’indennita’ di rischio.
Da tale computo restano esclusi soltanto gli emolumenti a carattere eccezionale, quanto corrisposto a titolo di effettivo rimborso anche parziale, di spese sostenute, nonche’ i trattamenti dovuti in caso di missione o trasferimento e i contributi di studio per i funzionari studenti e per i figli studenti. Restano inoltre esclusi dal computo in parola quei particolari trattamenti che risultassero aziendalmente stabiliti per i funzionari in servizio presso sedi, filiali o uffici situati all’estero. Resta fermo quanto in materia previsto da eventuali accordi aziendali in vigore alla data di stipula del presente contratto".
Contratto collettivo nazionale di lavoro Credito Abi per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti delle aziende del credito, finanziarie e strumentali dell’11 luglio 1999: "art. 65.
Trattamento di fine rapporto (TFR).
La retribuzione annua di riferimento per il calcolo del TFR e’ costituita dai seguenti emolumenti. Omissis Per i quadri direttivi di 3 e 4 livello:
- stipendio;
- tutti i emolumenti costitutivi del trattamento economico aventi carattere continuativo anche se con corresponsione periodica, compresa, ove spetti, l’indennita’ di rischio.
Da tale computo restano esclusi soltanto i emolumenti di carattere eccezionale, quanto corrisposto a titolo di effettivo rimborso, anche parziale, di spese sostenute e i trattamenti corrisposti ai sensi degli artt. 52 e 72 del presente contratto o, comunque, corrisposti con finalita’ similari al Quadro direttivo di 3 e 4 livello retributivo trasferito o in missione.
Nei confronti del personale gia’ destinatario del contratto collettivo ACRI del 19 dicembre 1994 appartenente alle aree professionali ed al 1 e al 2 livello retributivo dei quadri direttivi in servizio alla data del 1 novembre 1999, continua ad applicarsi, in luogo del presente articolo, l’art. 45 del predetto c.c.n.l.".
Nel quadro delle norme rilevanti ai fini della interpretazione della disposizioni appena riprodotte vanno altresi’ ricordati gli artt. 117 del 119 del contratto collettivo nazionale 1983, il primo dei quali prevede il trattamento di quiescenza e previdenza "stabilito dalle norme in vigore presso ciascun Istituto" mentre il secondo prescrive che tale trattamento "non potra’ essere inferiore al trattamento di fine rapporto di cui alla L. 29 maggio 1982, n. 297", con disposizione poi ripetuta negli artt. 119 del contratto nazionale 1987 e 125 del contratto collettivo nazionale 1991.
In tale contesto, caratterizzato dalla presenza di una norma contrattuale che in materia di t.f.r. rinvia specificamente alla legge, puo’ essere valutato il significato della nozione di retribuzione fissata nell’art. 40 del contratto nazionale 1983.
La prima parte di tale norma (commi 1 e 2 dell’articolo in questione) riguarda la disciplina della retribuzione sotto un triplice aspetto:
la precisa determinazione degli elementi che la compongono, le modalita’ con cui ne deve avvenire il pagamento, le forme della relativa documentazione.
Per contro, il terzo e, nei contratti del 1987 e del 1991, il comma 4, riguardano specificamente il trattamento di fine rapporto.
Questi ultimi due commi dell’intenzione delle parti sono tra loro connessi, come mostrato dall’avverbio "invece", che nel comma 4 introduce l’opposizione tra gli elementi da esso esclusi ai fini del t.f.r. e quelli utili, indicati nel comma precedente.
Non e’ ravvisabile per contro alcuna specifica connessione fra la lista delle voci costituenti la retribuzione, contenuta nel comma 1 e gli ultimi due commi dell’art. in esame. Non vi e’ infatti alcun indice lessicale che consenta di leggere il comma 1 alla luce degli ultimi due, quasi che esso intendesse elencare le sole voci utili ai fini del t.f.r. con le precisazioni, nel senso della inclusione e della esclusione, recate poi nei commi 3 e 4.
Inoltre, come esattamente notato nella sentenza impugnata, quest’ultimo comma entra in contraddizione col divieto fissato nell’art. 119 del contratto collettivo nazionale 1987, e questa contraddizione assume rilievo come indice di assenza di chiare indicazioni su esclusioni espresse ed univoche.
Ne’, in proposito, persuade l’osservazione secondo cui generico richiamo alla legge varrebbe come richiamo anche degli interventi derogatori della disciplina collettiva da essa consentiti, sicche’ non vi sarebbe alcuna contraddittorieta’ fra le due disposizioni.
Cio’ equivale infatti a dire che la norma collettiva mentre richiama la legge per fissare un limite minimo garantito intende al tempo stesso richiamare la possibilita’ di superamento di tale limite. Ma al riguardo puo’ osservarsi che mentre il riferimento alla legge in funzione di garanzia ha una specifica valenza regolativa, nel senso che in tal modo le parti collettive manifestano la volonta’ di non derogare alle norme di fonte legale, il richiamo della legge come richiamo anche della possibilita’ di derogarvi non avrebbe alcun rilievo normativo perche’ la derogabilita’ e’ gia’ garantita alle parti sociali direttamente dalla legge ed a prescindere dal fatto che esse la abbiano richiamata o no.
Si deve quindi constatare che le norme di riferimento non contengono sul piano testuale indicazioni chiare ed univoche circa deroghe al principio di onnicomprensivita’, come ritenuto gia’ da questa Corte in una vicenda parzialmente simile a quella ora in esame (v. Cass. 5569 e 5707 del 2009). Ne’ puo’ giungersi ad una conclusione diversa considerando, in applicazione del criterio interpretativo di cui al secondo comma dell’articolo 1362 codice civile, le previsioni dei contratti collettivi stipulati anteriormente alla modifica dell’articolo 2120 dello stesso codice. Come esattamente osservato nella sentenza del Tribunale, le norme allora concordate dalle parti sociali, in assenza di poteri di deroga, sono state oggetto di mera riproduzione nei contratti collettivi successivi alla modifica, onde la vicenda non assume alcuna specifica valenza negoziale, ai fini del problema in esame.
Quanto poi agli argomenti che, in favore della tassativita’ delle voci di retribuzione contenute nell’art. 40 del ccnl del 1983 e in quelli successivi, sarebbero forniti dall’art. 65 del contratto collettivo nazionale di lavoro Credito Abi 11 luglio 1999, e’ appena da osservare che il suggestivo ragionamento svolto nel ricorso (secondo il quale, in sintesi, se nel contesto di una elencazione certamente tassativa viene fatto richiamo ad una regola precedente, essendo contraddittorio un elenco in parte tassativo in parte no, dovrebbe predicarsi la tassativita’ anche della regola richiamata) non vale certo a superare l’obiezione fondamentale secondo cui, come ribadito dalla giurisprudenza cit, la valenza di principio della onnicomprensivita’ non tollera deroghe desumibili solo da indici indiretti.
In conclusione, i primi due motivi di ricorso devono esser rigettati.
Con il terzo motivo di ricorso e’ denunziata violazione e falsa applicazione, sotto un ulteriore e diverso profilo, dell’art. 40 del contratto collettivo nazionale per il personale delle Casse di Risparmio del 9 marzo 1983, dell’art. 40 dello stesso contratto nazionale del 19 marzo 1987, dell’art. 44 dello stesso contratto collettivo del 16 gennaio 1991, dell’art. 87 del contratto collettivo ACRI del personale direttivo (dirigenti e funzionari) dell’11 aprile 1991, dell’art. 45 del contratto collettivo del 19 novembre 1994 e dell’art. 65 del contratto collettivo ABI dell’11 luglio 1999 in relazione alla, e in conseguenza della, violazione dell’art. 1362 c.c., comma 1 e dell’art. 2120 c.c., comma 2 nonche’ degli artt. 115 e 116 c.p.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Secondo la parte ricorrente la sentenza impugnata ha violato la legge omettendo di considerare che ai sensi della disciplina sindacale collettiva nel calcolo del tfr si deve tener conto esclusivamente delle erogazioni di carattere continuativo e di ammontare determinato. Infatti la sentenza, accertato il carattere non occasionale del compenso per lavoro straordinario, il carattere continuativo e non occasionale del premio di anzianita’ e la natura quantomeno parzialmente retributiva dell’indennita’ per le ferie non godute, la sua obbligatorieta’ e l’esclusione di qualsiasi occasionalita’, ha affermato che di tutte queste voci dovrebbe tenersi conto ai fini del tfr cosi’ applicando la disciplina dell’art. 2120 c.c., che ha invece carattere residuale potendo farsi ricorso ad essa solo quando in materia non abbia provveduto l’autonomia sindacale. Poiche’, invece, quest’ultima aveva provveduto, fissando in modo tassativo le voci utili ai fini del t.f.r. con il contratto collettivo del 1983, la sentenza male interpretando tale disciplina aveva finito per violare la legge.
In ogni caso, posto che la norma collettiva art. 40 primo comma lett. f) del contratto collettivo ACRI 1983 e successivi aveva stabilito la computabilita’ ai fini in discorso di ogni altra indennita’ di carattere continuativo e di ammontare determinato, la sentenza era incorsa nella sua violazione non avendo verificato la continuita’ e la determinatezza dei compensi da essa ritenuti computabili, qualita’ che peraltro essi certamente non possedevano, mancando la continuati vita nel premio di anzianita’ e la determinatezza dell’ammontare nel compenso per lo straordinario e nell’indennita’ sostitutiva delle ferie. Il motivo in esame e’ infondato.
Esso muove infatti dalla premessa di un intervento derogatorio della fonte collettiva, che alla stregua di quanto detto con riferimento ai primi due motivi si e’ dimostrata erronea e non considera che, in assenza di tale intervento, la sentenza ha esattamente fatto riferimento non alle previsioni del contratto collettivo ma a quelle della legge, valutando la natura dei compensi in esame alla stregua del criterio di dipendenza dal rapporto e di non occasionalita’ stabiliti dall’art. 2120 c.c., comma 2.
Con il quarto motivo di ricorso e’ denunziata violazione e falsa applicazione, sotto un ulteriore e diverso profilo, dell’art. 40 del contratto collettivo nazionale per il personale delle Casse di Risparmio del 9 marzo 1983, dell’art. 40 dello stesso contratto nazionale del 19 marzo 1987, dell’art. 44 del collettivo del 16 gennaio 1991, dell’art. 87 del contratto collettivo ACRI dell’11 aprile 1991, dell’art. 45 del contratto collettivo del 19 novembre 1994 e dell’art. 65 del contratto collettivo ABI dell’11 luglio 1999 in relazione alla, e in conseguenza della, violazione dell’art. 1362 c.c., comma 2 Violazione e falsa applicazione del primo e dell’art. 1362 c.c., comma 2 in relazione alle dichiarazioni ABI dell’11 luglio 1999. Violazione degli artt. 115, 116 e 425 c.p.c. e dell’art. 2120 c.c., comma 2. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
La ricorrente sostiene che la sentenza impugnata avrebbe trascurato di considerare, senza adeguata motivazione, il canone interpretativo del comportamento delle parti successivo alla conclusione del contratto, ignorando quanto emerso dalle informazioni sindacali fornite dall’ABI alla Corte d’Appello di Palermo in data 3 marzo 2006 e al Tribunale di Torino in data 14 maggio 2007, queste ultime in particolare su questione del tutto analoga a quelle decisa.
Da dette informazioni emergeva, per contro, che per oltre un quarto di secolo nel settore ACRI i compensi per lo straordinario, continuativo o no, il premio di anzianita’ e l’indennita’ per ferie non godute non erano mai stati presi in considerazione ai fini del t.f.r. e che tale prassi non era stata mai contestata dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori, neppure in occasione dei rinnovi contrattuali.
Sul rilievo particolare da assegnare a tale situazione la parte ricorrente insiste poi, in modo specifico, nella memoria illustrativa, dove, sul presupposto dell’esistenza della prassi risultante dalle informazioni anzidette, si sostiene fra l’altro l’esistenza di un uso aziendale idoneo a prevalere sul contratto nazionale.
La giurisprudenza di questa Corte e’ orientata nel senso che le informazioni e osservazioni che, ai sensi dell’art. 425 c.p.c., possono essere fornite in giudizio dall’associazione sindacale indicata dalla parte, sono inidonee, anche in considerazione del loro carattere unilaterale, ad identificare la comune intenzione delle parti stipulanti il contratto collettivo, rilevante ai sensi dell’art. 1362 c.c. (Cass. 7103/1994; conf. 3081/2002; 9758/2002).
Esse, salva l’ipotesi in cui siano suffragate da elementi aventi un’intrinseca valenza probatoria, hanno la funzione di fornire chiarimenti ed elementi di valutazione riguardo agli elementi di prova gia’ disponibili, rientrando, in tali limiti, nella nozione di materiale istruttorio valutabile, con la motivazione richiesta dalle circostanze, dal giudice. (Cass. 11464/2004; conf. 3004/2005;
7115/2005).
Cio’ premesso, deve aggiungersi che l’esistenza della sopraindicata pacifica prassi aziendale e’ stata esclusa dal giudice di merito con una motivazione non illogica.
Infine, deve esser rilevata la novita’ e, percio’, l’inammissibilita’ della questione dell’uso aziendale, prevalente sulle regole contrattuali, prospettata nella memoria.
In conclusione, il ricorso va rigettato e, nel confermare la sentenza impugnata vanno stabiliti i seguenti principio di diritto:
"L’art. 40 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale impiegatizio, subalterno ed ausiliario delle Casse di Risparmio (ACRI) del 9 marzo 1983, l’art. 40 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per i quadri, gli impiegati, i subalterni e gli ausiliari delle Casse di Risparmio (ACRI) 19 marzo 1987 e l’art. 44 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per i quadri, gli impiegati, i subalterni e gli ausiliari delle Casse di Risparmio (ACRI) 16 gennaio 1991 devono essere interpretati nel senso che essi non contengono alcuna deroga al principio stabilito dall’art. 2120 c.c., comma 2, quanto al compenso per lavoro straordinario svolto in modo non occasionale, ed ai fini della sua inclusione nella base di computo del trattamento di fine rapporto". "L’art. 87 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale direttivo (dirigenti e funzionari) delle Casse di Risparmio (ACRI) dell’11 aprile 1991 e l’art, 65 del Contratto collettivo nazionale di lavoro Credito ABI per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti delle aziende del credito, finanziarie e strumentali, dell’11 luglio 1999, nella parte concernente i quadri direttivi di 3 e di 4 livello devono essere interpretati nel senso di non escludere dalla retribuzione annua utile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto le somme percepite per premio di anzianita’ alla scadenza del 25 anno di servizio e per ferie non godute".
Le spese del giudizio di cassazione possono esser compensate, data la oggettiva complessita’ della questione.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e conferma l’interpretazione della sentenza impugnata; compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2010
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