Polizia di Stato - Quantizzazione dell'equo indennizzo
T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 21-04-2010, n. 2072
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1- La controversia in esame oppone il sig. @@@@@@@., dipendente della Polizia di Stato, all'amministrazione dell'Interno che, a mezzo di decreto n. 261 del 27 febbraio 2001, ha dapprima riconosciuto che le due patologie: "n. 1) artrosi dorso lombare con pregressa sofferenza discale L5 -S1; n. 2) esiti xgrafici di sinusopatia frontale", denunciate con atto del M. del 19 gennaio 1993, dipendevano da causa di servizio e di seguito, in adesione al parere formulato dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (d'ora in avanti, C.P.P.O.) in data 8 ottobre 1999, per quanto attiene all'equo indennizzo ha concluso nel senso della loro ascrivibiltà: "la n. 1, alla tabella B nella misura massima anzichè alla 8^ categoria trattandosi di forma artrosica interessante un tratto limitato della colonna senza limitazioni funzionali; la n. 2 a nessuna categoria".
Da qui la quantizzazione dell'equo indennizzo per un importo complessivo da liquidare di Lire 3.088.480 (Euro 1595,07) e da qui, ovvero in relazione alla misura parziale del riconoscimento rispetto alle conclusioni più favorevoli (categoria 8^) cui era pervenuta, nella precedente data del 1.12.1997, la Commissione Medico Ospedaliera (C.M.O., d'ora in avanti) di Caserta, il gravame in esame, affidato a tre motivi di ricorso volti a denunciare difetto di motivazione, di istruttoria ed erroneità nei presupposti.
2- L'Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio a sostegno dell'operato dell'amministrazione intimata ed ha depositato la documentazione relativa alla vicenda. Di poi, in data 24 marzo 2010 ha depositato articolata memoria di replica alle denunce attoree.
3- Alla pubblica udienza del 7 aprile 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4- Venendo alla fase valutativa/decisionale, va in primo luogo dato atto che il ricorso è pervenuto all'odierno esame del Collegio a seguito di istanza di fissazione di udienza ex art. 9, comma 2, della l. n. 205 del 2000, quale ritualmente proposta in data 16 ottobre 2009 a seguito dell'avviso notificato dalla segreteria in data 1 luglio 2009 in esecuzione a detta norma.
5- Ciò chiarito, il ricorso è infondato non potendo trovare ingresso le denunce proposte dalla parte ricorrente volte a sostenere l'illegittimità del decreto perché si sarebbe limitato acriticamente a riportare le conclusioni del C.P.P.O. (primo mezzo di impugnazione), senza giustificare la scelta di aderire alle conclusioni di quest'ultimo e non invece a quelle, più favorevoli, della C.M.O. (secondo mezzo) e senza tener conto dell'aggravamento verificatosi, come da sua richiesta rimasta inattesa (terzo ed ultimo mezzo).
5aEd invero, quanto al primo mezzo, l'orientamento della giurisprudenza può dirsi consolidato nel ritenere che "In sede di liquidazione dell'equo indennizzo l'Amministrazione è tenuta a recepire e a far proprio il parere del C.P.P.O., unico organo consultivo al quale, nel procedimento preordinato alla verifica dei presupposti per la liquidazione dell'equo indennizzo, spetta il compito di esprimere il giudizio finale sul nesso eziologico (professionale o non) dell'infermità sofferta dal pubblico dipendente. Conseguenza della particolare efficacia del parere -obbligatorioespresso da tale organo è la sua idoneità, ove non vi siano elementi comprovanti la sua inattendibilità, a fungere da unica motivazione per il provvedimento finale, mentre solo nel caso in cui l'Amministrazione ritenga di non potervi aderire sorge un obbligo specifico di motivazione in capo alla stessa" (Cons. Stato, sezione sesta, 29 gennaio 2010, n. 378; Tar Campania Napoli, sezione quinta, 12 gennaio 2010, n.
76; sezione terza, 15 dicembre 2009, n. 8768; Tar Lazio, Roma, sezione prima, 13 gennaio 2010, n. 192; Tar Puglia, Lecce, sezione seconda, 29 gennaio 2010, n. 359).
5bQuanto al secondo mezzo, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 5 bis, d.l. n. 287 del 1987, convertito con modificazioni dalla l. n. 472 del 1987, non è più posto in discussione che "con riguardo al procedimento di concessione dell'equo indennizzo l'ordinamento non mette a disposizione dell'Amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza, ma affida al C.P.P.O. il compito di esprimere un giudizio conclusivo, anche sulla base di quello reso dalla C.M.O. Pertanto, il parere del C.P.P.O., in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi, si impone all'Amministrazione" (Cons. Stato, sezione quinta, 5 marzo 2010, n. 1293; sezione sesta, 23 settembre 2009, n. 5664).
Tanto nella precisazione che parte ricorrente non estende espressamente la denuncia di difetto di motivazione al parere del C.P.P.O. in sé considerato, né, in ogni caso, per quanto la denuncia avesse a potersi trarre dal coacervo della prospettazione attorea, replica nel merito alla giustificazione sulla quale il ripetuto C.P.P.O. fonda le diverse conclusioni rispetto a quelle della C.M.O., ovvero sull'assenza di "limitazione funzionali", di cui sopra.
5cQuanto al terzo ed ultimo mezzo che residua all'esame, la giurisprudenza è ferma nel ritenere che "l'aggravamento della menomazione dell'integrazione fisica possa essere riconosciuto solo al dipendente cui sia già stato concesso l'equo indennizzo per infermità; pertanto, in mancanza di concessione dell'equo indennizzo per una infermità pure riconosciuta dipendente da causa di servizio, l'interessato non può chiedere, in assenza di specifica previsione normativa a riguardo, il riconoscimento dell'aggravamento di detta infermità" (Cons. Stato, sezione sesta, 17 aprile 2007, n. 1733).
Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non poteva essere fatto valere nel corso del procedimento non ancora definito con il decreto dell'amministrazione che esso riconosce la dipendenza dalla causa di servizio e concede l'equo indennizzo e, peraltro, già resi i pareri sia della C.M.O. che del C.P.P.O., un aggravamento delle patologie, quale asseritamente avutosi nel corso dell'anno 2000 con ricovero in ospedale e sottoposizione ad un intervento operatorio di erniectomia su diagnosi di entrata "Lombosciatalgia destra da ernia discale L5 -S1".
6- In definitiva, come condivisibilmente argomentato dalla difesa erariale nella memoria conclusionale, l'iter procedurale si è dipanato nel rispetto della legge, delle attribuzioni da essa assegnate a ciascun organo e nel corretto esercizio della discrezionalità tecnica riconosciuta sempre dalla legge, ovvero senza che vengano in rilievo evidenti e macroscopici vizi logici sindacabili dal giudice amministrativo (Cons. Stato, sezione sesta, 23 settembre 2009, n. 5664 e Tar Lazio, Roma, sezione seconda, 6 ottobre 2009, n. 9767).
7- Alla stregua di quanto fin qui argomentato il ricorso va respinto.
Le spese di giudizio devono seguire, come di regola, la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione settima, respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna la parte ricorrente e soccombente alle spese di giudizio, che liquida in Euro 1500.00 (millecinquecento/00) a favore della resistente amministrazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2010 con l'intervento dei Signori:
Renzo Conti, Presidente
Angelo Scafuri, Consigliere
Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, Estensore
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1- La controversia in esame oppone il sig. @@@@@@@., dipendente della Polizia di Stato, all'amministrazione dell'Interno che, a mezzo di decreto n. 261 del 27 febbraio 2001, ha dapprima riconosciuto che le due patologie: "n. 1) artrosi dorso lombare con pregressa sofferenza discale L5 -S1; n. 2) esiti xgrafici di sinusopatia frontale", denunciate con atto del M. del 19 gennaio 1993, dipendevano da causa di servizio e di seguito, in adesione al parere formulato dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (d'ora in avanti, C.P.P.O.) in data 8 ottobre 1999, per quanto attiene all'equo indennizzo ha concluso nel senso della loro ascrivibiltà: "la n. 1, alla tabella B nella misura massima anzichè alla 8^ categoria trattandosi di forma artrosica interessante un tratto limitato della colonna senza limitazioni funzionali; la n. 2 a nessuna categoria".
Da qui la quantizzazione dell'equo indennizzo per un importo complessivo da liquidare di Lire 3.088.480 (Euro 1595,07) e da qui, ovvero in relazione alla misura parziale del riconoscimento rispetto alle conclusioni più favorevoli (categoria 8^) cui era pervenuta, nella precedente data del 1.12.1997, la Commissione Medico Ospedaliera (C.M.O., d'ora in avanti) di Caserta, il gravame in esame, affidato a tre motivi di ricorso volti a denunciare difetto di motivazione, di istruttoria ed erroneità nei presupposti.
2- L'Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio a sostegno dell'operato dell'amministrazione intimata ed ha depositato la documentazione relativa alla vicenda. Di poi, in data 24 marzo 2010 ha depositato articolata memoria di replica alle denunce attoree.
3- Alla pubblica udienza del 7 aprile 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4- Venendo alla fase valutativa/decisionale, va in primo luogo dato atto che il ricorso è pervenuto all'odierno esame del Collegio a seguito di istanza di fissazione di udienza ex art. 9, comma 2, della l. n. 205 del 2000, quale ritualmente proposta in data 16 ottobre 2009 a seguito dell'avviso notificato dalla segreteria in data 1 luglio 2009 in esecuzione a detta norma.
5- Ciò chiarito, il ricorso è infondato non potendo trovare ingresso le denunce proposte dalla parte ricorrente volte a sostenere l'illegittimità del decreto perché si sarebbe limitato acriticamente a riportare le conclusioni del C.P.P.O. (primo mezzo di impugnazione), senza giustificare la scelta di aderire alle conclusioni di quest'ultimo e non invece a quelle, più favorevoli, della C.M.O. (secondo mezzo) e senza tener conto dell'aggravamento verificatosi, come da sua richiesta rimasta inattesa (terzo ed ultimo mezzo).
5aEd invero, quanto al primo mezzo, l'orientamento della giurisprudenza può dirsi consolidato nel ritenere che "In sede di liquidazione dell'equo indennizzo l'Amministrazione è tenuta a recepire e a far proprio il parere del C.P.P.O., unico organo consultivo al quale, nel procedimento preordinato alla verifica dei presupposti per la liquidazione dell'equo indennizzo, spetta il compito di esprimere il giudizio finale sul nesso eziologico (professionale o non) dell'infermità sofferta dal pubblico dipendente. Conseguenza della particolare efficacia del parere -obbligatorioespresso da tale organo è la sua idoneità, ove non vi siano elementi comprovanti la sua inattendibilità, a fungere da unica motivazione per il provvedimento finale, mentre solo nel caso in cui l'Amministrazione ritenga di non potervi aderire sorge un obbligo specifico di motivazione in capo alla stessa" (Cons. Stato, sezione sesta, 29 gennaio 2010, n. 378; Tar Campania Napoli, sezione quinta, 12 gennaio 2010, n.
76; sezione terza, 15 dicembre 2009, n. 8768; Tar Lazio, Roma, sezione prima, 13 gennaio 2010, n. 192; Tar Puglia, Lecce, sezione seconda, 29 gennaio 2010, n. 359).
5bQuanto al secondo mezzo, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 5 bis, d.l. n. 287 del 1987, convertito con modificazioni dalla l. n. 472 del 1987, non è più posto in discussione che "con riguardo al procedimento di concessione dell'equo indennizzo l'ordinamento non mette a disposizione dell'Amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza, ma affida al C.P.P.O. il compito di esprimere un giudizio conclusivo, anche sulla base di quello reso dalla C.M.O. Pertanto, il parere del C.P.P.O., in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi, si impone all'Amministrazione" (Cons. Stato, sezione quinta, 5 marzo 2010, n. 1293; sezione sesta, 23 settembre 2009, n. 5664).
Tanto nella precisazione che parte ricorrente non estende espressamente la denuncia di difetto di motivazione al parere del C.P.P.O. in sé considerato, né, in ogni caso, per quanto la denuncia avesse a potersi trarre dal coacervo della prospettazione attorea, replica nel merito alla giustificazione sulla quale il ripetuto C.P.P.O. fonda le diverse conclusioni rispetto a quelle della C.M.O., ovvero sull'assenza di "limitazione funzionali", di cui sopra.
5cQuanto al terzo ed ultimo mezzo che residua all'esame, la giurisprudenza è ferma nel ritenere che "l'aggravamento della menomazione dell'integrazione fisica possa essere riconosciuto solo al dipendente cui sia già stato concesso l'equo indennizzo per infermità; pertanto, in mancanza di concessione dell'equo indennizzo per una infermità pure riconosciuta dipendente da causa di servizio, l'interessato non può chiedere, in assenza di specifica previsione normativa a riguardo, il riconoscimento dell'aggravamento di detta infermità" (Cons. Stato, sezione sesta, 17 aprile 2007, n. 1733).
Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non poteva essere fatto valere nel corso del procedimento non ancora definito con il decreto dell'amministrazione che esso riconosce la dipendenza dalla causa di servizio e concede l'equo indennizzo e, peraltro, già resi i pareri sia della C.M.O. che del C.P.P.O., un aggravamento delle patologie, quale asseritamente avutosi nel corso dell'anno 2000 con ricovero in ospedale e sottoposizione ad un intervento operatorio di erniectomia su diagnosi di entrata "Lombosciatalgia destra da ernia discale L5 -S1".
6- In definitiva, come condivisibilmente argomentato dalla difesa erariale nella memoria conclusionale, l'iter procedurale si è dipanato nel rispetto della legge, delle attribuzioni da essa assegnate a ciascun organo e nel corretto esercizio della discrezionalità tecnica riconosciuta sempre dalla legge, ovvero senza che vengano in rilievo evidenti e macroscopici vizi logici sindacabili dal giudice amministrativo (Cons. Stato, sezione sesta, 23 settembre 2009, n. 5664 e Tar Lazio, Roma, sezione seconda, 6 ottobre 2009, n. 9767).
7- Alla stregua di quanto fin qui argomentato il ricorso va respinto.
Le spese di giudizio devono seguire, come di regola, la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione settima, respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna la parte ricorrente e soccombente alle spese di giudizio, che liquida in Euro 1500.00 (millecinquecento/00) a favore della resistente amministrazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2010 con l'intervento dei Signori:
Renzo Conti, Presidente
Angelo Scafuri, Consigliere
Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, Estensore
Nessun commento:
Posta un commento