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sabato 10 febbraio 2024

Corte dei Conti 2024- Si deve premettere che certamente la ricorrente aveva la possibilità di richiedere il riscatto del periodo di aspettativa non retribuita concesso dall'amministrazione di appartenenza

 




Corte dei Conti Veneto Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 25/01/2024) 30-01-2024, n. 9 

Fatto Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE DEI CONTI 

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL VENETO 

in composizione monocratica nella persona del Consigliere Roberto Angioni, ai sensi dell'art. 151 del codice della giustizia contabile, di cui al D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174, in esito all'udienza in data 25 gennaio 2024, ha pronunciato la seguente 

SENTENZA 

nel giudizio iscritto al n. 31930 del registro di Segreteria promosso da: 

x

RICORRENTE 

avverso 

INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, - c.f.: (...)), con Sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Guadagnino (c.f. (...); pec avv.angelo.guadagnino@postacert.inps.gov), per procura alle liti a rogito del notaio R.F. del (...), con domicilio eletto nel proprio ufficio di Avvocatura Regionale di Venezia, Santa Croce 929. 

RESISTENTE 

LETTO il ricorso introduttivo; 

ESAMINATI gli atti e i documenti di causa; 

UDITI all'odierna udienza, tenutasi con l'assistenza della Sig.ra D.T., l'Avv. Francesca Leurini per la ricorrente e l'Avv. Angelo Guadagnino nell'interesse dell'INPS; 

Premesso in 

Svolgimento del processo 

I. Con ricorso del 28/31 luglio 2023, ritualmente notificato, la Sig.ra OMISSISpremetteva di aver lavorato per 41 anni, tra il 1978 e il 2019, presso diverse amministrazioni pubbliche e di esser andata in pensione a far data dal 1 agosto 2019, dopo aver comunicato le proprie dimissioni al Comune di Marano Vicentino, ultimo datore di lavoro, in data 23 gennaio 2019. 

L'Amministrazione aveva preso atto delle dimissioni dal lavoro con delibera n. OMISSIS, asseritamente conosciuta solo nel 2021 a seguito di richiesta di accesso agli atti e la stessa ricorrente aveva ricevuto immediatamente dopo l'atto in data 2 agosto 2019 al quale era allegato il prospetto pensionistico. 

Avvedutasi da tale provvedimento che il periodo dal 21 aprile 1991 al 20 luglio 1991, nel quale aveva usufruito di un periodo di aspettativa per gravi motivi familiari, era stato erroneamente computato e ricompreso nel calcolo ai fini pensionistici, dopo aver segnalato l'errore, riceveva dall'INPS una nuova determina, datata 4 ottobre 2019, con la quale il suo trattamento pensionistico risultava ricalcolato in termini notevolmente deteriori dopo l'estrapolazione del predetto periodo di aspettativa, incidendo tale breve lasso di tempo in modo inaspettatamente gravoso dal punto di vista economico. 

Presentata istanza di riscatto del periodo di aspettativa in data 8 novembre 2019 - rigettata dall'INPS con provvedimento del 7 luglio 2020 per violazione del termine perentorio di 90 giorni di cui all'art. 7, co. 1, L. n. 274 del 1991 - la ricorrente proponeva ricorso amministrativo, anch'esso rigettato, per i medesimi motivi, con disposizione del 27 novembre 2020. 

In data 11 novembre 2021 veniva richiesta copia integrale della documentazione relativa al calcolo pensionistico, ottenuta il 16 dicembre 2021. 

II. Avverso i predetti provvedimenti di rigetto insorge oggi la ricorrente, chiedendo: a) in via principale, di essere restituita in termini per quanto attiene alla domanda di riscatto, e, per conseguenza, dichiarare il diritto al riscatto ai fini pensionistici, ai sensi dell'art. 4, comma 2, della L. n. 53 del 2000 e dell'art. 1, comma 789, della L. n. 296 del 2006, del periodo di aspettativa usufruito dal 21 aprile 1991 e il 20 luglio 1991, ove occorra condannando l'INPS al riconoscimento di tale facoltà; b) in subordine, che venga disposta condanna dell'INPS al risarcimento del danno cagionato dalla sua condotta. 

III. A tal fine deduce la Sig.ra F. che l'iniziale errore di conteggio è addebitabile esclusivamente all'INPS e che esso costituisce fonte di responsabilità dell'Istituto, dovendo l'Ente sobbarcarsi le conseguenze negative derivanti dalla trasmissione del conteggio errato, come da giurisprudenza citata nel ricorso introiduttivo. 

Tale errore, secondo gli assunti della ricorrente, rendeva impossibile e non esigibile, secondo la normale diligenza, la proposizione dell'istanza di ricatto entro il termine di cui all'art. 7, co. 1, L. n. 274 del 1991, poiché prima della comunicazione trasmessa in data 2 agosto 2019 ella non aveva né poteva avere contezza dell'errore dell'INPS, mentre certamente sussisteva il suo diritto di riscattare il periodo di aspettativa per gravi motivi familiari (cura della figlia, nata prematuramente e operata per una grave malformazione), secondo le previsioni dell'art. 4, comma 2, della L. 8 marzo 2000, n. 53, e dell'art. 1, comma 789, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, i cui contenuti operativi venivano espressamente richiamati. 

In ogni caso, in subordine, deduce la ricorrente che deve disporsi la condanna dell'INPS al risarcimento del danno avendo l'Istituto, a causa del suo errore, messo l'odierna ricorrente nella condizione di non poter scegliere consapevolmente e di consumare la quasi totalità dei 90 giorni messi a disposizione dalla legge per orientarsi nella direzione del riscatto, così impedendole di fatto ogni scelta sul punto. 

Quanto alla tempestività della proposizione del ricorso, la ricorrente osserva che le previsioni dell'art. 71, r.D.L. 3 marzo 1938, n. 680 non risultano applicabili alla presente fattispecie in quanto disciplinano esclusivamente le ipotesi di cui al medesimo testo normativo senza che se ne possa fare applicazione in via di analogia, trattandosi di norme di stretta applicazione. Né potrebbe operare il termine decadenziale di cui all'art. 6, comma 7, L. 15 febbraio 1958, n. 46, relativo al riscatto "di servizi" e non operante per il di periodi di congedo per gravi motivi familiari, come sarebbe confermato anche dai richiamati pronunciamenti in materia. 

IV. Con memoria dell'11 dicembre 2023 si costituiva in giudizio l'INPS il quale eccepiva l'infondatezza della domanda di rimessione in termini ai fini della proposizione della domanda di riscatto, stante la piena legittimità dell'operato dell'Istituto nell'applicazione del termine perentorio di cui all'art.7, comma 1, della L. n. 274 del 1991. Infatti, assume l'Istituto che la ricorrente già al momento di cessazione dal servizio, era in grado di rilevare che i tre mesi di aspettativa non erano stati computati ai fini dell' anzianità lavorativa, atteso che la delibera del Comune di Marano del 23.5.2019 aveva omesso di conteggiarli. 

Eccepisce inoltre l'Istituto l'inapplicabilità dell'art. 4, comma 2, della L. n. 53 del 2000, che presupporrebbe la permanenza in essere del rapporto lavorativo - come dimostrerebbe l'uso del termine "lavoratore" di cui alla predetta norma - così come pure l'inapplicabilità dell'art.1, comma 789, della L. n. 296 del 2006, disposizione che opera rinvio al già citato ed inapplicabile art. 4, comma 2, L. n. 53 del 2000. 

Non troverebbero poi applicazione le disposizioni di cui agli artt. 67, 69 e 71 del R.D.L. n. 680 del 1938: peraltro, quest'ultima norma prescrive che il ricorso alla Corte dei conti possa essere presentato solo entro novanta giorni dalla comunicazione della deliberazione dell'ente previdenziale che abbia rigettato la domanda di riscatto, con la conseguenza che ove tale previsione dovesse operare, si dovrebbe senz'altro dichiarare l'inammissibilità della domanda anche per tale motivo. 

Quanto, infine, alla domanda subordinata di risarcimento del danno, la stessa è da ritenersi inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice contabile. 

V. La causa, istruita con produzioni documentali, giungeva per la decisione all'udienza del 25 gennaio 2024, nel corso della quale il Giudice tentava la conciliazione, che esperiva esito negativo, ed invitava le parti a concludere. 

All'odierna udienza l'Avv. Francesca Leurini nell'interesse della ricorrente ribadiva la situazione di ignoranza incolpevole della propria assistita, venuta a conoscenza degli effetti del mancato riscatto del periodo di aspettativa solo all'esito della comunicazione di rettifica della sua posizione in data 4 ottobre 2019, richiamando le deduzioni di cui al ricorso introduttivo ed insistendo per le conclusioni ivi formulate. 

L'Avv. Guadagnino, nel richiamare le deduzioni di cui alla memoria di costituzione depositata nell'interesse dell'INPS insisteva nel rilevare che la ricorrente aveva avuto conoscenza del mancato conteggio del periodo di aspettativa già con la determinazione del Comune di Marano Vicentino del 23 maggio 2019 e che, comunque, all'atto della presentazione della domanda di riscatto del ridetto periodo di aspettativa, era oramai decorso il termine perentorio di novanta giorni previsto dalla legge per la presentazione della richiesta. 

La causa veniva quindi posta in decisione. 

Considerato in 

Motivi della decisione 

1. La domanda di rimessione in termini - sia essa da intendersi in termini di rimessione in termini in senso tecnico che come domanda di accertamento dell'illegittimità della considerazione del terimine a quo a far data dall'1 settembre 2019 - non può essere accolta. 

Si deve premettere che certamente la ricorrente aveva la possibilità di richiedere il riscatto del periodo di aspettativa non retribuita concesso dall'amministrazione di appartenenza dal 21 aprile 1991 al 20 luglio 1991 per gravi motivi familiari, non essendo peraltro contestata in giudizio la ricorrenza dei relativi presupposti, concretizzati a pieno dalle motivazioni di salute connesse alla patologia della propria figlia (sul rilievo di tali motivazioni si veda, ex ceteris, Corte dei conti, Sezione Liguria n.179/2021). 

Al contempo non si può concordare con la tesi difensiva dell'INPS, secondo la quale il riscatto potrebbe essere richiesto solo dal dipendente ancora in servizio, desumendosi tale conclusione per ragioni semantiche dall'utilizzo della parola "lavoratore" riportata nella previsione dell'art. 4, comma 2, L. n. 53 del 2000, posto che è agevole considerare che nemmeno lo stesso Istituto dubita dell'applicabilità alla fattispecie dell'art. 7, comma 1, della L. n. 274 del 1991, il quale, per la presenteazione della domanda di riscatto, prevede un termine decadenziale di novanta giorni successivi alla cessazione dal rapporto di lavoro, rispetto al quale è oggi è infatti formulata dalla ricorrente richiesta di rimessione in termini. 

Né, ancora, ritiene il Giudice che a fini preclusivi possa trarsi alcun concreto ed effettivo argomento di prova dalla determinazione del Comune di Marano Vicentino del 23 maggio 2019 - nell'ambito della quale il periodo lavorativo era in effetti conteggiato con decurtazione del periodo di aspettativa fruito dalla ricorrente nell'anno 1991 - essendo contestata dalla ricorrente la conoscenza di tale atto quanto meno sino all'ottobre 2019, mentre non è stata fornita in giudizio prova contraria da parte dell'Istituto, pur a fronte di tale specifica deduzione del ricorso introduttivo. 

2. Ciò premesso, le tesi difensive dell'INPS devono però essere accolte nella parte in cui viene dedotta l'esistenza di un termine perentorio di legge - quello appunto di cui all'art.7, comma 1, della L. n. 274 del 1991 - spirato il quale per ragioni di certezza giuridica l'ordinamento non consente la presentazione di richieste di riscatto ("la domanda di riscatto deve essere presentata, alle Casse pensioni degli istituti di previdenza, in costanza del rapporto di impiego ovvero entro il limite perentorio di novanta giorni dalla data della cessazione definitiva dal servizio"). 

Nel caso di specie, a seguito di dimissioni volontarie, il rapporto di lavoro ebbe a cessare il 31 agosto 2019 mentre la domanda di riscatto vene presentata solo in data 8 novembre 2019. 

Non può essere condivisa, per assumersi valenza contraria, l'affermazione di parte ricorrente secondo la quale il termine di legge sarebbe iniziato a decorrere solo con la ricezione, a fine ottobre 2019, della comunicazione di rettifica dell'INPS, datata 4 ottobre 2019, da lei stessa stimolata di certo con massima buona fede e diligenza, e cioè a partire da quando aveva potuto avere contezza, secondo presupposti corretti, dell'incidenza del mancato computo del periodo di aspettativa e quindi anche dell'opportunità di presentare domanda per il suo riscatto. 

L'ordinamento, infatti, non riconnette il decorso del termine di 90 giorni alla conoscenza da parte del lavoratore cessato degli effetti economici del mancato riscatto al fine di consentire una sua successiva valutazione ed, eventualmente la proposizione dell'istanza di riscatto, bensì, asetticamente, alla mera conclusione del rapporto lavorativo, come pure deve evincersi dal fatto che, anche ben prima di conoscerne gli effetti, lo stesso lavoratore, ancora in costanza del rapporto lavorativo, ha pieno diritto potestativo di presentare la domanda di riscatto. 

Era, cioè, onere della ricorrente, in quanto destinataria di una disciplina posta a tutela non di suoi specifici interessi, ma di un più generale interesse alla certezza del rapporto pensionistico, proporre la domanda di riscatto al più tardi al termine dei 90 giorni dalla cessazione del suo rapporto di lavoro, rimanendo del tutto indifferente ai fini di legge la sua personale conoscenza dell'incidenza del periodo di riscatto sul proprio trattamento pensionistico o la sua personale valutazione sull'opportunità del riscatto. 

Sotto altro profilo si deve considerare che l'esatta posizione pensionistica della ricorrente ben poteva essere oggetto di domanda preventiva agli uffici preposti, trattandosi di profili informativi non certo preclusi al dipendente pubblico che può rivolgersi all'INPS per ottenere anticipatamente apposita simulazione della propria posizione pensionistica, ciò che vale anche ad escludere la dedotta impossibilità o inesigibilità della domanda anche secondo le stesse ragioni addotte dalla ricorrente. 

Pertanto, se è pur vero che l'Isituto avesse inzialmente effettuato un errore del conteggio degli importi considerando il periodo di aspettativa, e che solo all'esito del ricalcolo la ricorrente ebbe la personale percezione della convenienza e dell'opportunità del riscatto, tali circostanze sono da ritenersi del tutto estranee rispetto all'autonomo potere-dovere del dipendente di richiedere il riscatto del periodo di congedo di cui all'art.4, comma 2, della L. n. 53 del 2000 entro i termini previsti dalla legge. 

3. La domanda di risarcimento del danno, che in quanto subordinata, non costituisce tecnicamente domanda connessa a quella principale come indicato nel corso della discussione della causa, non può essere scrutinata dal Giudice contabile secondo consolidati principi che devono essere qui ribaditi: "Infatti, gli artt. 12, 13 e 62 del R.D. n. 1214 del 1934 limitano il perimetro della giurisdizione di questa Corte alle questioni attinenti il sorgere, il modificarsi e l'estinguersi del diritto a pensione a carico totale o parziale dello Stato. Pur estendendosi la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia pensionistica a tutte le questioni relative al sorgere e al modificarsi del diritto al trattamento di quiescenza e alla quantificazione di esso, comprensive delle problematiche connesse, quali il riscatto di periodi di servizio e la ricongiunzione di periodi assicurativi (Corte dei conti, Sez. I App., sent. n. 32/2007), il criterio di collegamento costituito dalla materia implica che il rapporto pensionistico deve costituire elemento identificativo del petitum sostanziale (Cass, SS.UU, sent. n. 152/1999)." (ex plurimis, Corte dei conti, Sez. Toscana n.264/2023). 

4. Quanto al regime delle spese processuali, sussistono validi motivi per disporsene l'integrale compensazione tra le parti, stante la tendenziale gratuità delle controversie in materia pensionistica nonché la peculiarità della fattispecie esaminata. 

P.Q.M. 

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale regionale per il Veneto, in composizione monocratica ai sensi dell'art. 151 c.g.c., definitivamente pronunciando: 

- Rigetta il ricorso 

- Dichiara il proprio difetto di giurisdizione in favore del Giudice Ordinario in merito alla domanda subordinata di risarcimento del danno. 

Spese compensate. 

Manda alla Segreteria per le comunicazioni di rito. 

Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 25 gennaio 2024. 

Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2024. 


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