Tar 2024- la Polizia Locale di OMISSIS inviava all'Autorità giudiziaria notizia di reato per violazione dell'art. 186, commi 2 - 9, D.Lgs. n. 285 del 1992, da parte dell'istante (per guida in stato di ebbrezza alcolica accertato mediante etilometro)
T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., (ud. 24/01/2024) 05-02-2024, n. 294
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2031 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati
contro
Questura di OMISSIS, non costituito in giudizio; Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;
per l'annullamento
del decreto Cat. 6-F/Div.PASI/Uff.Armi/n. -OMISSIS- datato 4.08.2021 emesso dal Questore di OMISSIS, notificato in data 6.08.2021 avente ad oggetto il diniego della domanda presentata dal sig. -OMISSIS- in data 5.11.2020 per il rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia, nonché di ogni altro atto preordinato, connesso e/o conseguenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2024 il dott. Luca Iera e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Il signor -OMISSIS- con istanza del 5.11.2020 ha chiesto presso alla Questura di OMISSIS il rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia.
La Questura, con decreto Cat. 6-F/Div.PASI/Uff.Armi/n. -OMISSIS- datato 4.8.2021, ha respinto la domanda ritenendo che l'istante "non possiede i requisiti soggettivi richiesti" dagli artt. 11 e 43 del R.D. n. 773 del 1931 e dall'art. 1, n. 5, del decreto del Ministero della Sanità del 28.4.1998.
Il rigetto della domanda si fonda sulle seguenti circostanze: i) in data 15.09.2002 questi era stato segnalato dal Comando Compagnia Carabinieri di -OMISSIS-ai sensi dell'art. 75 D.P.R. n. 309 del 2090; ii) in data 18.06.2003 il Comando Stazione Carabinieri di -OMISSIS-comunicava all'istante il ritiro della patente ex art. 186, comma 2, D.Lgs. n. 285 del 1992, per guida in stato di ebbrezza e successivamente il Prefetto di OMISSIS, con decreto in data 30.6.2003, sospendeva provvisoriamente tale titolo per 15 giorni; iii) in data 24.7.2011 la Polizia Locale di OMISSIS inviava all'Autorità giudiziaria notizia di reato per violazione dell'art. 186, commi 2 - 9, D.Lgs. n. 285 del 1992, da parte dell'istante (per guida in stato di ebbrezza alcolica accertato mediante etilometro) e il Prefetto di OMISSIS emetteva nei suoi confronti il decreto del 10.8.2011 concernente la sospensione della patente di guida sempre in via provvisoria e cautelare per un periodo di 730 gg.; iv) essendosi poi concluso il processo penale nei confronti del ricorrente con decreto del GIP del Tribunale di OMISSIS in data 2.11.2012 (decreto di estinzione), la Prefettura, richiamato il suo provvedimento precedente, disponeva di nuovo, in data 18.11.2013, l'inibizione alla guida del -OMISSIS-(limitatamente al territorio italiano) per un periodo di tre anni (fino al 22.7.2016).
Inoltre nel provvedimento di rigetto del 2021 si dà atto della reiezione del ricorso gerarchico da parte della Questura di OMISSIS, avvenuto in data 24.10.2017, in relazione ad un precedente rigetto dell'istanza di rilascio della licenza di porto di fucile sportivo.
Il signor -OMISSIS- ha impugnato il decreto n. -OMISSIS- della Questura di OMISSIS affidando il gravame a due motivi.
Con il primo motivo lamenta la violazione degli artt. 11 e 43 del R.D. n. 773 del 1931 in quanto non sussisterebbero i presupposti per negare il rilascio del porto d'armi. Il ricorrente infatti "non ha riportato condanne ostative al rilascio del porto d'armi ex artt. 11 -43 T.U.L.P.S. Vi è di più: non ha riportato alcuna condanna penale"; non vi sarebbe nel provvedimento alcun riferimento concreto "alla persona direttamente interessata ai fini di dimostrarne l'inaffidabilità all'uso delle armi per uso sportivo (caccia)", né sarebbe stato dedotto alcun fatto/elemento idoneo a dimostrare, in concreto e all'attualità, "la pericolosità sociale e l'inidoneità del ricorrente al corretto uso e detenzione delle armi".
Con il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 1, n. 5, del D.M. 28 aprile 1998 ("Requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell'autorizzazione al porto di fucile per uso di caccia e al porto d'armi per uso difesa personale") avendo il ricorrente comprovato la sussistenza dei requisiti di idoneità psico-fisica, allegando alla domanda la documentazione medica, sottoscritta da medico specialista, attestante il possesso dei requisiti di cui all'art. 1 del predetto decreto. Anche in tal caso, il giudizio di inidoneità psico-fisica non sarebbe stato attualizzato con riferimento alla condotta o a fatti specifici idonei a superare il giudizio di idoneità psico-fisica rilasciato nella certificazione medica allegata alla domanda del 2020.
Il Ministero dell'interno si è costituito in giudizio replicando alle censure avversarie.
All'udienza del 24.1.2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
L'art. 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, prevede che "Oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:
a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;
c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.
La licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi".
L'art. 11 R.D. n. 773 del 1931 cit. prevede che "le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:
1 a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;
2 a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.
Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione".
La Corte costituzionale, con sentenza 2-16 dicembre 1993, n. 440, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle due disposizioni in esame nella parte in cui pone a carico dell'interessato l'onere di provare la sua buona condotta.
Dal tenore delle due disposizione, che fondano il potere amministrativo di rilasciare il porto d'armi, emerge che il rilascio del titolo è subordinato, tra gli altri presupposti, alla sussistenza della "buona condotta" dell'istante o dell'"affidamento di non abusare delle armi", circostanze la cui prova è posta a carico dell'amministrazione.
La sussistenza di questi due presupposti è frutto di una valutazione discrezionale dell'amministrazione in ordine al profilo del quomodo, dovendosi effettuare una compiuta e attenta valutazione e ponderazione degli interessi in gioco, rappresentati dalla tutela della pubblica incolumità (interesse pubblico primario) e dall'interesse materiale sotteso al rilascio del permesso (interesse privato), al fine di evitare che le armi possano essere usate da persone ritenute capaci di abusarne (cfr. i precedenti della Sezione 17.7.2023, n. 1834, 23.10.2023, n. 2423 e 13.11.2023, n. 2673).
Non vi è dubbio che il porto d'armi possa essere negato anche in mancanza di una sentenza penale di condanna per i reati contemplati negli artt. 11 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, laddove emergano fatti o circostanze (anche attinenti a procedimenti penali in corso) da cui dedurre la pericolosità sociale dell'istante e quindi il pericolo che può derivare alla collettività dal consentire a questi l'uso (o l'abuso) di armi.
Le censure formulate dal ricorrente sono idonee ad inficiare il giudizio di inaffidabilità espresso dalla Questura in ordine al possibile abuso dell'uso delle armi.
Come correttamente rileva il ricorrente, in realtà gli episodi che fondano il giudizio di inaffidabilità, perché si siano ripetuti nel passato, sono costituiti da fatti risalenti che si collocano nel periodo temporale dal 2002 al 2011.
Va osservato come successivamente al 2011 il ricorrente non ha posto in essere condotte da cui inferire la sua inaffidabilità all'uso delle armi. Né la Questura ha ravvisato la sussistenza, in considerazione del tempo trascorso rispetto ai fatti indici di un possibile abuso nell'uso delle armi che in passato (2017) avevano condotto al rigetto del ricorso gerarchico, un pericolo attuale nell'abuso delle armi da parte del ricorrente.
Ad avviso del Collegio, il provvedimento impugnato si basa quindi su circostanze risalenti nel tempo che non sono idonee, proprio in virtù del trascorrere del tempo e del contegno complessivamente tenuto dal ricorrente successivamente a quei fatti, a costituire validi elementi per fondare il giudizio di inaffidabilità del ricorrente.
Il provvedimento gravato su fonda quindi su circostanze la cui idoneità a negare il titolo richiesto non è stata adeguatamente ponderata in relazione all'attualità del pericolo derivante dal rilascio del porto d'armi richiesto, sicchè, allo stato, non emerge una pericolosità sociale del ricorrente tale da fondare il giudizio di inaffidabilità.
Ciò comporta che la stessa valutazione in ordine al mancato possesso dei requisiti psicofisici previsti dall'art. 1, n. 5, del D.M. 28 aprile 1998, recante la disciplina sui "Requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell'autorizzazione al porto di fucile per uso di caccia e al porto d'armi per uso difesa personale", non risulta fondata su di una esauriente istruttoria, anche tenendo presente che il ricorrente ha comprovato, anche in sede di gravame, la sussistenza dei requisiti di idoneità psico-fisica allegando la documentazione medica del medico specialista attestante il possesso dei requisiti di cui all'art. 1 del D.M. 28 aprile 1998.
In altri termini, la Questura ha fondato il diniego unicamente sui fatti risalenti nel tempo senza tenere ponderare il contegno complessivamente tenuto dal ricorrente dopo tali episodi e l'attuale stato di idoneità psico-fisica dell'istante.
Tale agire della Questura è sintomatico di un'illegittima valutazione di non affidabilità del ricorrente, affidabilità che va intesa principalmente "come autocontrollo e senso di responsabilità, cioè come capacità di governare le proprie azioni e di prevederne ogni possibile conseguenza" (Consiglio di Stato, Sez. III, 13.4.2023, n. 3738).
In conclusione, il ricorso è fondato e va pertanto accolto; per l'effetto, va annullato il decreto Cat. 6-F/Div.PASI/Uff.Armi/n. -OMISSIS- datato 4.8.2021 della Questura di OMISSIS.
In considerazione delle questioni trattate sussistono ad avviso del Collegio gli estremi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2024 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Vinciguerra, Presidente
Mauro Gatti, Consigliere
Luca Iera, Referendario, Estensore
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