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Cass. pen. Sez. III, (ud. 20-09-2007) 08-11-2007, n. 41067
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido - Presidente
Dott. PETTI Ciro - Consigliere
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere
Dott. FIALE Aldo - Consigliere
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINORI DI ANCONA;
nei confronti di:
S.D., nato ad (OMISSIS);
avverso
la sentenza di non luogo a procedere pronunciata dal collegio
dell'udienza preliminare presso il tribunale per i minori di Ancona del
19 dicembre del 2006;
udita la relazione svolta del Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Angelo Di Popolo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata.
Osserva quanto segue:
Svolgimento del processo
Con
sentenza del 19 dicembre del 2006, il collegio dell'udienza preliminare
presso il tribunale per i minori di Ancona dichiarava non luogo a
procedere nei confronti di S.D., in ordine ai delitti ascrittigli,
perchè i fatti non costituivano reato.
Al
predetto si era contestato il reato di cui all'art. 600 ter c.p., comma
3, per avere posto in condivisione n. 8 files contenenti immagini
pedopornografiche (capo A) nonchè quello di cui all'art. 600 quater
c.p., perchè disponeva di materiale pedopornografico costituito da 11
foto prodotte mediante lo sfruttamento sessuale di minori.
Fatti commessi in Fossombrone fino al 14 aprile del 2005.
A
fondamento della decisione il tribunale osservava che nella fattispecie
non si poteva escludere che le immagini pedopornografiche fossero
finite nel computer del prevenuto ad insaputa dello stesso e quindi era
legittimo il dubbio sulla sussistenza dell'elemento psicologico del
reato, tanto più che, relativamente al reato di cui al capo b), quattro
delle otto immagini e precisamente quelle contenute nella cartella
denominata "My downloads" erano state cancellate e siffatta circostanza
evidenziava la mancanza di volontà del minore di detenerle.
Ricorre
per cassazione il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i
minori di Ancona relativamente al reato di cui al capo b), denunciando,
a norma dell'art. 606 c.p., comma 1, lett. e), mancanza,
contraddittorietà ed illogicità della motivazione risultante dal testo
del provvedimento nonchè travisamento della prova risultante dagli atti
allegati. Il ricorrente, dopo avere premesso che degli undici files
detenuti sette erano stati rinvenuti nella cartella denominata "Temp" e
quattro in quella poi cancellata denominata "My downloads", deduceva che
i files rinvenuti nella cartella "Temp" non erano stati affatto
cancellati e quindi erano ancora liberamente accessibili al minore al
momento del sequestro dei suoi elementi informatici; che la cartella
"Temp", dove erano stati rinvenuti i files non cancellati, era diversa
dalla "Temporary internet files" alla quale si era fatto riferimento
nella sentenza censurata; che la collocazione nella cartella "Temp"
invece che in quella "Temporary Internet Files" non poteva dipendere da
un occasionale collegamento in internet come ipotizzato nella sentenza.
Inoltre il rinvenimento dei quattro files nella cartella "My Download" dimostra che in precedenza erano stati utilizzati.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
E' opportuno premettere che la sentenza della Corte Costituzionale n. 26 del 2006, che ha dichiarato illegittimo l'art. 593 c.p.p. come modificato dalla L. n. 46 del 2006
e dell'art. 10 della legge anzidetta che regolava la disciplina
transitoria, non esplica alcun effetto sulla fattispecie, sia perchè il
giudice delle leggi non si è pronunciato sul punto, sia perchè la
pronuncia d'incostituzionalità che ha riguardato le sentenze di cui
all'art. 593 c.p.p. non può essere estesa anche a quelle di non luogo a
procedure che hanno natura e caratteristiche diverse. In termini
analoghi con riguardo alle sentenze di non luogo a procedere si è già
pronunciata questa corte con la decisione n. 23938 del 2007.
D'altra
parte, l'impugnazione in questione sarebbe agevolmente qualificabile
come ricorso per saltum perchè si fonda esclusivamente su un vizio
deducibile in sede di legittimità.
Ciò
premesso, si rileva che l'art. 600 quater c.p. punisce chiunque, al di
fuori delle ipotesi previste dall'art. 600 ter c.p., si procura o
dispone di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento
sessuale dei minori degli anni diciotto.
La
norma prevede due condotte tra loro alternative: il procurarsi, che
implica qualsiasi modalità di procacciamento compresa la via telematica,
ed il disporre, che implica un concetto più ampio della detenzione.
L'elemento soggettivo è costituito dal dolo diretto che consiste nella
volontà di procurarsi o detenere materiale pornografico proveniente
dalla sfruttamento dei minori.
Nella
fattispecie è pacifico che i files pornografici si trovavano nel
computer del prevenuto. Il tribunale nella sentenza di non luogo a
procedere ha manifestato delle perplessità soprattutto sull'elemento
psicologico osservando che quattro files e precisamente quelli contenuti
nella cartella denominata My Downloads erano stati cancellati e tale
circostanza dimostrava la volontà di non detenerli mentre quelli
contenuti nella cartella di sistema "Temp" erano finiti casualmente nel
computer del prevenuto.
Siffatta motivazione è
in parte illogica in parte in contrasto con le risultanze processuali
segnalate dal ricorrente. La motivazione è illogica nella parte in cui
il tribunale, pur affermando che il rinvenimento delle foto cancellate
dimostrava che in precedenza erano state acquisite e ciò era sufficiente
ad integrare il reato, ha tuttavia sostenuto la mancanza nel minore
della volontà di detenerle e quindi siffatta circostanza avvalorava la
dichiarazione d'innocenza. In realtà la cancellazione dimostrava sì la
volontà di non più detenere quelle immagini, ma non escludeva la
consapevolezza della detenzione precedente, tanto più che le altre
immagini contenute nella cartella "Temp" erano state conservate e non
cancellate. Su tale punto quindi la decisione manifesta palesi
incoerenze.
L'assunto del tribunale secondo
cui nella cartella anzidetta le immagini pornografiche era finite
all'insaputa del prevenuto non risulta avallata da alcun accertamento,
come ad esempio una perizia, e comunque non esclude di per sè la volontà
di disporre del materiale pornografico ricevuto casualmente. In
proposito il ricorrente sulla base degli accertamenti compiuti dalla
polizia giudiziaria ha precisato che la cartella "Temp" è una normale
cartella di sistema dove i files possono essere salvati solo
dall'utente, come è avvenuto nella fattispecie. Essa si differenzia
dalla cartella "Temporary internet files" ove effettivamente possono
finire i dati provenienti dalla navigazione in internet in via
temporanea. Nella fattispecie però i dati rinvenuti nella cartella
"Temp" erano stati salvati dall'utente, tanto è vero che al momento del
sopralluogo si trovavano ancora nel computer. Su tale punto la decisione
appare in contrasto con gli accertamenti compiuti dalla polizia e
comunque non indica in maniera adeguata la mancanza di consapevolezza da
parte del prevenuto di detenere files che erano stati salvati in
un'apposita cartella.
Alla stregua delle
considerazioni svolte la sentenza impugnata va annullata per
l'inadeguatezza della motivazione in ordine alla ritenuta mancanza
dell'elemento psicologico.
P.Q.M.
LA CORTE Letto l'art. 623 c.p.p. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale per i minori di Ancona, relativamente al reato di cui al capo b).
Così deciso in Roma, il 20 settembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2007
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