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REPUBBLICA ITALIANA N. 6015/07 REG. DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 6355, 6356 REG. RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 1998
ha pronunciato la seguenteDECISIONE
sui
ricorsi nn. 6355 e 6356/98 Reg. Gen., proposti dalla signora
...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., rappresentata e difesa dagli
Avvocati Carlo Raggi e Franco Rusca, elettivamente domiciliata presso il
dottor Gian Marco Grez in Roma, Lungotevere Michelangelo n. 9;
CONTRO
il
Comune di Genova, costituitosi in giudizio in persona del Sindaco,
avvocato Giuseppe Pericu, in atto rappresentato e difeso dagli Avvocati
Graziella De Nitto (ric. nn. 6355/98 e 6356/98), Pasquale Germani (ric.
n. 6356/98) e Gabriele Pafundi (ric. nn. 6355 e 6356/98), elettivamente
domiciliato presso il terzo in Roma, via Cosseria n. 5;
per la riforma
delle
sentenze 13 dicembre 1997 n. 419 (ric. n. 6355/98) e n. 420 (ric. n.
6356/98) del tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione
II.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune intimato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti delle cause;
Alla
pubblica udienza del 17 aprile 2007, relatore il consigliere Angelica
Dell'Utri, uditi per le parti gli Avvocati R. Raggi per delega di C.
Raggi e Pafundi;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
A.-
Con un primo ricorso (n. 6355/98) la signora ...omissismsmvld....
...omissismsmvld...., dipendente del Comune di Genova, ha proposto
appello avverso la sentenza 13 dicembre 1997 n. 419 del tribunale
amministrativo regionale per la Liguria, sezione II., non notificata,
con la quale è stato dichiarato inammissibile il suo gravame avverso la
deliberazione della Giunta comunale 18 luglio 1996 n. 1262, avente ad
oggetto la sua destituzione dal servizio, deducendo:
1
- La pronuncia di inammissibilità del ricorso, basata sulla carenza di
interesse all’annullamento dell’atto impugnato in quanto con
provvedimento successivo, ma notificato prima della notifica del ricorso
stesso, ella è stata licenziata senza preavviso ed il relativo ricorso è
stato respinto, è errata perché non tiene conto della diversa
decorrenza dei due provvedimenti e perché la pronuncia di rigetto del
ricorso avverso il licenziamento non era certo passata in giudicato.
2 - Il gravame deciso era pienamente fondato per i motivi in esso esposti, ossia per:
1 - Violazione dell’art. 120 del testo unico n. 3 del 1957 e dell’art. 51, comma. 9, della legge n. 142 del 1990.
2 - Violazione dell’art. 111 del testo unico n. 3 del 1957 e dell’art. 51, comma. 9, della legge n. 142 del 1990.
3
- Violazione artt. 80, 81, 84 del testo unico n. 3 del 1957 e dell’art.
51, comma. 9, della legge n. 142 del 1990. Eccesso di potere per
difetto di istruttoria, difetto di motivazione.
4
- Violazione dei principi generali in tema di onere probatorio nei
giudizi disciplinari, dell’art. 23 della normativa concernente la
disciplina delle assenze dal servizio del personale del Comune di
Genova, approvata con delibera della Giunta comunale 3.10.1989 n. 436,
dell’art. 20. della legge 2 aprile 1968 n. 482 e dei principi generali
concernenti l’accertamento delle condizioni fisiche dei pubblici
dipendenti riconosciuti invalidi civili, dell’art. 3 della legge n. 241
del 1990 (difetto di motivazione) e dell’art. 8, del regolamento del
procedimento disciplinare e delle relative sanzioni disciplinari per il
personale del Comune di Genova, approvato con la deliberazione della
Giunta comunale 28 dicembre 1989 n. 6783; eccesso di potere per difetto
di istruttoria, illogicità, ingiustizia grave e manifesta, errore sui
presupposti, travisamento dei fatti.
Il Comune di Genova si è costituito in giudizio e con memorie del 6 novembre 2003 e 5 aprile 2007 ha svolto difese.
Anche l’appellante ha prodotto memorie in date 6 novembre 2003 e 6 aprile 2007.
B
- Con altro ricorso (n. 6356/98) la signora ...omissismsmvld....
...omissismsmvld.... ha appellato anche la sentenza 13 dicembre 1997 n.
420 dello stesso TAR per la Liguria, sezione II, non notificata, con la
quale, come accennato, è stata respinta l’impugnativa della
determinazione 14 agosto 1996 n. 168 del Dirigente della direzione
risorse umane e organizzazione del detto Comune, di applicazione nei
suoi riguardi della sanzione disciplinare del licenziamento senza
preavviso.
All’uopo ha dedotto:
1
- Violazione dell’art. 24, comma 6, del contratto collettivo di lavoro
per il personale del comparto regioni-enti locali di cui al
provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri 6 aprile 1995.
2 - Violazione dell’art. 3, comma 4, della legge n. 241 del 1990.
3 - Violazione dell’art. 20 della legge n. 482 del 1968 ed eccesso di potere per errore nei presupposti o illogicità manifesta.
- Eccesso di potere per illogicità manifesta e contraddittorietà.
-
Violazione dell’art. 3 della legge 241 del 1990 (difetto di
motivazione) ed eccesso di potere per illogicità e travisamento dei
fatti.
4
- Violazione dell’art. 25 del contratto collettivo di lavoro per il
personale del comparto regioni-enti locali di cui al provvedimento del
Presidente del Consiglio dei ministri 6 aprile 1995, violazione
dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per
illogicità.
Il Comune di Genova si è anche qui costituito in giudizio e con memorie del 6 novembre 2003 e 5 aprile 2007 ha svolto difese.
Pure l’appellante ha prodotto memorie in date 6 novembre 2003 e 6 aprile 2007.
C.- All’odierna udienza pubblica entrambe le cause sono state poste in decisione, previa trattazione orale.
D I R I T T O
1
- Per l’evidente connessione, gli appelli riassunti nella narrativa che
precede si prestano ad essere riuniti ai sensi dell’art. 52 del regio
decreto 17 agosto 1907 n. 642, per essere decisi con un’unica sentenza.
2.-
Con la seconda delle appellate sentenze (n. 420/97) il TAR per la
Liguria ha respinto il gravame dell’attuale appellante, signora
...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., diretto all’annullamento
della determinazione 14 agosto 1996 n. 168 del Dirigente della direzione
risorse umane e organizzazione del Comune di Genova, con la quale è
stata applicata alla medesima signora ...omissismsmvld...., dipendente
comunale, la massima sanzione disciplinare del licenziamento senza
preavviso.
Il detto gravame era articolato in sei motivi, riprodotti in questa sede.
2.1
- Il primo motivo, di violazione dell’art. 24, comma 6, del contratto
collettivo nazionale di lavoro di comparto di cui al provvedimento del
Presidente del Consiglio dei ministri 6 aprile 1995 (secondo cui a pena
di estinzione “il procedimento disciplinare deve concludersi entro 120
giorni dalla data di contestazione d’addebito”) riferito al periodo
intercorso tra la data della lettera di contestazione (27 maggio 1996) e
quella di notifica del provvedimento (18 ottobre 1996), è stato
disatteso dal TAR nella considerazione della rilevanza ai fini in
questione della data di adozione del provvedimento sanzionatorio, mentre
“la fase di comunicazione costituisce soddisfazione di condizione di
efficacia, e non di validità, dell’atto amministrativo”.
Col
primo mezzo d’appello la signora ...omissismsmvld.... contesta siffatta
interpretazione della norma contrattuale in base all’addotta
equiparazione sostanziale del rapporto di lavoro dei dipendenti degli
enti pubblici a quello privato, nell’ambito del quale la giurisprudenza
ha riconosciuto la natura recettizia degli atti di irrogazione di
sanzioni disciplinari, ed in assenza di una norma che consenta di
ritenere la fase di comunicazione fuori del procedimento.
La tesi dell’appellante non può essere condivisa.
In
primo luogo, la giurisprudenza amministrativa ha espresso il
consolidato orientamento secondo cui il termine perentorio in parola
deve intendersi riferito all’adozione del provvedimento, non già alla
successiva comunicazione all’interessato, in sede interpretativa sia
dell'art. 120 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio
1957, n. 3 (cfr. Sez. IV, 13 maggio 1996, n. 580), sia di norme coeve e
del tutto analoghe al cit. art. 24, comma 6, del contratto collettivo
nazionale di lavoro per il 1995 comparto enti locali (cfr. TAR Veneto,
Sez. III, n. 126/2001, richiamata dal Comune appellato e concernente
l’art. 29, comma 6 del contratto collettivo nazionale di lavoro per il
comparto sanità 26 luglio 1995; nonché Cons. St., Sez. VI, 4 novembre
1999 n. 1717, concernente l’art. 58, comma 2 e 4, del contratto
collettivo nazionale di lavoro per il personale non docente della
pubblica istruzione 4 agosto 1995).
Va
poi considerato che la natura recettizia del provvedimento espulsivo
non osta a tale interpretazione, atteso che, come nella specie ha bene
evidenziato il TAR Liguria, ciò che viene differito al momento della
conoscenza della misura è la sua efficacia e non la sua perfezione
(cfr., sul punto, la cit. n. 1717/99 del Cons. St., Sez. VI). Ed è ben
noto che l’efficacia, consistente nell’idoneità del provvedimento a
spiegare gli effetti ad esso connessi secondo l’ordinamento giuridico,
si distingue dalla perfezione, che segna il momento in cui sono compiuti
tutti gli atti necessari affinché il provvedimento stesso pervenga ad
esistenza.
2.2-
Il secondo motivo si incentra sulla mancata indicazione nel
provvedimento dei termini e dell’autorità a cui era possibile ricorrere,
a cui il primo giudice ha opposto che le doglianze della ricorrente
avevano trovato ingresso col ricorso esaminato. A tal riguardo la
signora ...omissismsmvld.... precisa col secondo mezzo d’appello di aver
lamentato anche la mancata indicazione che ella avrebbe potuto proporre
impugnazione entro 20 giorni davanti al collegio arbitrale di
disciplina previsto dall’art. 59 (comma 7), del decreto legislativo 3
febbraio 1993 n. 29; collegio al quale ella avrebbe potuto chiedere un
riesame del merito, mentre le censure attinenti al merito sono precluse
in sede giurisdizionale.
A
parte l’esame della questione se in quest’ultima sede siano o meno
deducibili censure di tal genere, va in via generale considerato che
l’assenza delle indicazioni predette non comporta l’illegittimità del
provvedimento ma costituisce presupposto per il riconoscimento della
scusabilità di un eventuale errore. Dunque l’appellante, che mostra di
aver avuto cognizione della prospettata possibilità quanto meno alla
data di stesura del ricorso di primo grado, ben avrebbe potuto adire il
collegio arbitrale di disciplina invocando il principio appena detto e
chiedendo, di conseguenza, la riammissione in termini; ma ciò non ha
fatto. D’altro canto, non è contestato che il Comune di Genova abbia
dato adeguata pubblicità al menzionato contratto collettivo (il cui cit.
art. 24, comma 10, fa rinvio per quanto non previsto all’art. 59 del
decreto legislativo n. 29 del 1993), anche consegnandone copia a ciascun
dipendente, sicché l’omissione di cui si discute appare irrilevante sol
che si consideri come la possibilità di ricorrere al collegio arbitrale
sia assistita da presunzione legale di conoscenza.
2.3.-
Il terzo mezzo d’appello riprende i motivi terzo, quarto e quinto del
ricorso di primo grado, con i quali la signora ...omissismsmvld....
lamentava violazione degli art. 20 della legge n. 482 del 1968 e 3 della
legge n. 241 del 1990 (difetto di motivazione), eccesso di potere per
errore nei presupposti, illogicità manifesta, contraddittorietà e
travisamento dei fatti in relazione ai seguenti aspetti:
-
come emerge dalla relazione dell’Ufficio disciplina 5 agosto 1996
richiamata nel provvedimento impugnato, l’Amministrazione non ha
ritenuto utili a giustificare le contestate assenze i certificati medici
da lei prodotti perché in contrasto col giudizio di idoneità al
servizio in data 28 febbraio 1996 reso dalla Commissione medica della
unità sanitaria locale; di contro, tale giudizio, espresso ai sensi
dell’art. 20 della legge n. 482 del 1968 ed attestante quindi che natura
e grado della propria invalidità non erano, tra l’altro, incompatibili
con le mansioni assegnatele, non era perciò idoneo a escludere che in
epoca successiva ella potesse essere temporaneamente in condizioni di
salute impeditive della prestazione lavorativa;
-
si contesta che ella abbia continuato a inviare certificati medici pur
dopo la nota del 18 aprile 1996, che ribadiva l’impossibilità di
proseguire l’assenza dal servizio in base a patologia per la quale
l’unità sanitaria locale aveva accertato idoneità alle sue mansioni con
esclusione di lavori che comportassero carichi alla colonna vertebrale,
ma nel contempo si dà atto che relazione era stata notificata il 2
maggio, ossia dopo l’invio dei certificati in date 10 e 26 aprile;
-
si contesta ancora che ella abbia per sette volte telefonato al Comune
per comunicare di essere assente da casa nella fascia in cui doveva
rimanervi, senza però fornire alcuna o idonea documentazione; poi, pur
in presenza delle specifiche giustificazioni relative a ciascun caso, il
Comune le ha disattese senza prenderle analiticamente in esame e senza
fornire concreta motivazione, essendo quella esposta apodittica,
incomprensibile e contrastante con le sue difese.
Esaminando
congiuntamente tali motivi, il TAR ha rilevato in fatto come
l’accennata relazione dia puntualmente atto delle sanzioni disciplinari
riportate dalla ricorrente, irrogate anche per mancanze dello stesso
tipo di quelle ora in argomento (cinque censure, un richiamo, quattro
sospensioni dal servizio dall’inizio del 1996), della pervicace
intenzionalità nel continuare a violare gravemente i propri doveri,
della persistente volontà di assentarsi dal servizio nonostante
l’avvenuta comunicazione del menzionato giudizio di idoneità e la nota
di contestazione di addebito del 18 aprile 1996, con cui veniva ribadita
l’impossibilità di proseguire l’assenza, ed infine delle violazioni al
dovere di rimanere a casa per consentire visite di controllo in
determinate fasce orarie, senza offrire alcuna giustificazione o
giustificazione idonea. In diritto, ha ritenuto le dedotte censure
destituite di fondamento a fronte di tale precisa e puntuale motivazione
della relazione, recepita nel provvedimento impugnato, ed anche alla
luce del comportamento complessivo della ricorrente che, su dodici anni
di permanenza nei ruoli comunali, è risultata in servizio per solo tre,
per il resto assentandosi per malattia o infortuni spesso ritenuti
inattendibili dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro.
La Sezione condivide in pieno tali argomentazioni.
Quanto
al primo profilo, nessun errore nei presupposti o illogicità è
ravvisabile circa la dichiarazione di idoneità al servizio dell’unità
sanitaria locale. Sta di fatto, invero, che la signora
...omissismsmvld.... ha trasformato eventuali assenze dovute a
temporanei motivi di salute impeditivi del servizio in un costante
rifiuto a prestarlo, adducendo le stesse patologie per le quali l’u.s.l.
l’aveva ritenuta idonea (cfr. certificati medici del 10 e del 26 aprile
1996); e ciò anche dopo che il giudizio di idoneità ai sensi dell’art.
20 della legge n. 482 del 1968 le era stato portato a conoscenza con
nota del 4 aprile 1996, pervenutale il 12 seguente, contenente altresì
l’invito a presentarsi in giorno successivo al ricevimento presso il
servizio di appartenenza per la ripresa dell’attività lavorativa; invito
platealmente e provocatoriamente disatteso con la lettera datata lo
stesso giorno 12 aprile, pervenuta all’Amministrazione il 15 seguente,
con cui ella rappresentava di essere impossibilitata a corrispondere
all’invito, in ragione di disturbi afferenti a quella stessa patologia e
“repertati sino al 25.04.96”. Anzi, all’immediato termine di tale
periodo l’interessata ha fatto seguire il secondo certificato medico
(con prognosi sino al 12 maggio seguente).
Inoltre,
la signora ...omissismsmvld.... non ha avvertito l’esigenza di
riprendere servizio neppure dopo il ricevimento in data 18 aprile 1996
della nota di contestazione di addebiti, notificatale il 2 maggio, con
si ribadiva (quanto meno in relazione ai contenuti, sopra riportati,
della nota in data 4 aprile 1996) in modo più che chiaro come non
potessero tollerarsi ulteriori assenze.
Tanto risolve negativamente per l’appellante anche il secondo profilo.
Quanto
al terzo, anche in tal caso sta di fatto che la dipendente, con
l’addurre l’effettuazione di visite mediche e simili, non ha affatto
giustificato l’inderogabilità oggettiva di ogni suo allontanamento dalla
propria abitazione in quelle determinate e pur limitate fasce orarie
(ore 10/12, 17/19), non avendo comprovato l’impossibilità di
procrastinare gli eventi, oppure di recarsi a “consegnare” (oltrettutto
non al prelievo di) campioni per analisi in orario anteriore, come di
regola accade presso strutture pubbliche, o di sottoporsi a visite o
radiografie presso uno studio privato parimenti in orari diversi.
Ciò
posto, premesso che la precitata relazione espone al riguardo che “la
dipendente di cui si tratta non ha dimostrato” la sussistenza di
“necessità assolute ed indifferibili” in presenza delle quali soltanto
il dipendente pubblico può derogare all’obbligo di presenza in casa
nelle fasce orarie in questione, non può non rilevarsi come tale
affermazione sia corretta e comprovi esaustivamente l’avvenuto esame
delle controdeduzioni, oltre che della documentazione all’uopo rimessa
ed ivi specificamente richiamata, senza che occorresse una confutazione
analitica caso per caso.
2.4
- Pure nell’ambito del quarto profilo la signora ...omissismsmvld....
lamenta altresì che il giudizio del TAR si basi sul suo comportamento
complessivo, ossia su fatti non contestati, mentre occorreva esaminare
solo quelli contestati e verificare se per essi fosse provata la
sussistenza.
In
realtà la pronunzia censurata non solo dà conto della corrispondenza
tra contestazioni e fatti accertati e delle relative valutazioni, ma
considera “anche” il complessivo, costante e reiterato comportamento
della dipendente. Tanto evidentemente per consentire un miglior
apprezzamento della portata, della reiterazione, dell’intenzionalità e
perciò stesso della gravità dei medesimi fatti proprio alla luce del
descritto comportamento appunto complessivo, tale da far ritenere che
correttamente l’Amministrazione abbia valutato il comportamento presente
come “gravemente contrario ai doveri di diligenza che sono propri del
pubblico impiego” e da consentire di affermare che “gli addebiti
ascritti alla ricorrente non sono riconducibili alla mera inosservanza
delle disposizioni di servizio in tema di assenza per malattia, di cui
alla lettera a) del punto 5 dell’art. 25 del contratto collettivo (…) ma
invece rendono applicabili quanto previsto dalla lettera e) del punto 7
della medesima norma”, ossia ai fini della reiezione dell’ultimo
motivo.
Anche
questa parte finale della pronunzia sembra alla Sezione ineccepibile;
ed altresì valida, per quanto appena esposto, a confutare anche le
deduzioni svolte in questa sede con l’ultimo mezzo di appello che, nel
riproporre il sesto ed ultimo motivo del ricorso di primo grado, insiste
– in subordine agli altri mezzi - appunto su tale aspetto, cioè
sull’illegittimità dell’individuazione da parte dell’Amministrazione del
licenziamento senza preavviso quale sanzione da applicare all’istante.
3
- In conclusione, la sentenza n. 420/98 non può che essere confermata. E
tale esito non può, a sua volta, che condurre alla conferma della
sentenza n. 419/98, dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso di
primo grado per carenza di interesse all’annullamento dell’impugnato
provvedimento di destituzione dal servizio, stante la reiezione del
gravame avverso il provvedimento di licenziamento senza preavviso,
successivo ma notificato prima della notifica del ricorso stesso, sicché
l’istante non avrebbe potuto comunque essere riammessa in servizio.
In
effetti, circa la doglianza secondo cui detta reiezione non era passata
in giudicato e non avrebbe potuto, pertanto, spiegare effetto
sull’altro gravame, basta osservare che nondimeno la sentenza era
confermativa della validità del provvedimento di licenziamento senza
preavviso, dunque anche dell’efficacia dello stesso provvedimento.
Infine,
secondo la restante doglianza la sentenza sarebbe erronea per non aver
tenuto conto della diversa decorrenza dei due provvedimenti e dei
conseguenti diversi effetti, decorrenti, come poi precisato nella
memoria del 6 aprile 2007, per il licenziamento dalla data del 18
ottobre 1996, di notifica della relativa determinazione dirigenziale 14
agosto 1996 n. 168, e per la destituzione, deliberata dalla Giunta
comunale il 18 luglio 1996, dal successivo 19 agosto.
Al
riguardo, va precisato che tale ultima data rappresentava, il primo
giorno utile di lavoro, poiché la dipendente stava già scontando una
precedente sanzione di sospensione, come si evince dal documento n. 44
della produzione del Comune in primo grado.
Ciò
posto, deve osservarsi che l’appellante erroneamente, dal canto suo, fa
riferimento alla data di notifica della determinazione dirigenziale con
cui è stato disposto il licenziamento senza preavviso, il quale per sua
stessa natura non può che avere decorrenza immediata, rappresentando
l’espressione della volontà dell’Amministrazione di recedere dal
rapporto di lavoro appunto immediatamente e con quell’atto per le gravi
ragioni sottostanti, tali da impedire la prosecuzione anche temporanea
del medesimo rapporto di lavoro. Il carattere recettizio del
provvedimento, poi, non inficia tali conclusioni, giacché recettizio è
l’atto i cui effetti si producono o iniziano a prodursi nel momento in
cui sia pervenuto a conoscenza del destinatario, ma non significa che lo
stesso atto non possa avere decorrenza retroattiva rispetto alla
comunicazione (cfr. Cass. civ., sez. lav., 22 settembre 1979 n. 4903).
4
- Per le considerazioni svolte, entrambi gli appelli devono essere
respinti perché infondati. Tuttavia, nella materia trattata si ravvisano
ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese relative
al presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, riuniti gli appelli indicati in epigrafe, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 aprile 2007 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Carboni Presidente
Cesare Lamberti Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere
Angelica Dell’Utri Consigliere, estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Angelica Dell’Utri f.to Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
f.to Cinzia Giglio
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 23/11/2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
P. IL DIRIGENTE
F.to Francesco Cutrupi
N°. RIC. 6355 e 6356/1998 |
FDG
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