Sì alla revoca del porto d'armi in considerazione del contesto entro cui vive e agisce il titolare della licenza |
L'omicidio del figlio - deferito all'autorità giudiziaria per detenzione illegale di munizione - e il tentato assassinio dell'altro, a prescindere dalla mancanza di responsabilità penale a carico del padre, non garantiscono non si abusi dell'arma |
Consiglio di Stato, sez. VI, decisione 26.02.2010 n. 1129
Prefettura, poteri, porto d’armi, revoca, legittimità |
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione VI
ha pronunciato la seguente decisione
Sul ricorso numero di registro generale 1701 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da: M. G., rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Rivetti e Giacinto Di Fiore, presso il primo elettivamente domiciliato in Roma, via Clelia n. 18; contro Prefettura di Caserta, in persona del prefetto in carica Ministero dell’interno, in persona del ministro in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi 12; per la riforma della sentenza del TAR CAMPANIA - NAPOLI SEZIONE V n. 06027/2007, resa tra le parti, concernente DIVIETO DI DETENERE ARMI, MUNIZIONI E MATERIALE ESPLODENTE. Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione dell’interno; Vista la precedente decisione interlocutoria n. 1189 del 2009, recante ordine alla prefettura di Caserta di depositare in giudizio documentazione rilevante, e gli atti depositati in ottemperanza; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2009 il consigliere Roberta Vigotti; Uditi per le parti l’avvocato Rivetti e l’avvocato dello Stato Bacosi; Fatto e diritto È impugnata la sentenza con la quale il Tar della Campania ha respinto il ricorso presentato dal signor G. M. avverso il provvedimento del prefetto di Caserta recante divieto di detenere armi, munizioni e materiale esplodente. Tale divieto è motivato sulla considerazione che, a seguito degli eventi che hanno determinato l’omicidio di un figlio del ricorrente (deferito all’autorità giudiziaria per detenzione illegale di munizioni) e il tentato omicidio di un altro figlio, è venuta meno l’affidabilità che la normativa vigente richiede ai possessori di armi, e sulla necessità di evitare gravi fatti come possibile conseguenza di tali eventi criminosi. Come ha rilevato il Tar, il provvedimento impugnato è immune dai vizi denunciati con il ricorso di primo grado (e riproposti in grado di appello). Il giudizio di affidabilità della persona in ordine al non abuso delle armi, che l’art. 43 comma 2, rd n. 773 del 1931 pone come requisito per consentirne la detenzione, prescinde infatti dalla responsabilità dell’interessato in eventuali illeciti, e attiene al giudizio prognostico circa la affidabilità sul buon uso delle armi, giudizio basato sulla ordinata condotta di vita tale da far ritenere non compromesse le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. In tale ottica, legittimamente l’autorità prefettizia dispone la revoca del titolo di polizia in considerazione del contesto entro cui vive e agisce il soggetto, e delle circostanze concrete secondo le quali possa o meno ritenersi soddisfatta l’osservanza delle comuni regole di convivenza sociale. Nel caso di specie, i fatti criminosi che hanno coinvolto il ricorrente e la sua famiglia, a prescindere dalla mancanza di responsabilità penale a suo carico, e la detenzione illegale di munizioni che ne ha determinato il deferimento all’autorità giudiziaria, sono stati ritenuti dall’Amministrazione, nell’ambito dell’ampio potere discrezionale attinente al giudizio di non pericolosità sociale, significativi di una personalità e di una situazione oggettiva che non fornisce adeguata garanzia di non abuso e di uso corretto dell’arma, e tale giudizio si presenta immune da vizi di illogicità o di errore di fatto, i soli che possano essere indagati in questa sede di legittimità. Anche a prescindere dalla intervenuta estinzione del carico pendente per oblazione, non è dubbio, infatti, che il divieto impugnato si basa sulla considerazione (indipendentemente da ogni valutazione sulla personalità e sulla condotta dell’interessato) del contesto di vita nel quale egli è inserito, contesto evidenziato nel provvedimento impugnato e nel richiamato decreto della questura di Caserta del 2 febbraio 2007, nel quale la revoca della licenza di porto di fucile è motivata in ragione dei numerosi litigi che hanno interessato la sua famiglia e che sono sfociati nel gravissimo fatto di sangue, cui sopra si è fatto cenno. In conclusione, l’appello deve essere respinto, ma ricorrono i motivi di legge per la compensazione delle spese di causa anche per questo grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo respinge.
Spese compensate |
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venerdì 8 gennaio 2016
Consiglio di Stato: Sì alla revoca del porto d'armi in considerazione del contesto entro cui vive e agisce il titolare della licenza L'omicidio del figlio - deferito all'autorità giudiziaria per detenzione illegale di munizione - e il tentato assassinio dell'altro, a prescindere dalla mancanza di responsabilità penale a carico del padre, non garantiscono non si abusi dell'arma
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