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sabato 17 giugno 2023

Superbonus - sconto in fattura - errore nella fattura e nella comunicazione all'Agenzia delle entrate - sanzioni applicabili alla compensazione del credito - articolo 13 d.lgs. 471 del 1997.

 


Agenzia delle Entrate


Risp. 14 giugno 2023, n. 348 (1)


Superbonus - sconto in fattura - errore nella fattura e nella comunicazione all'Agenzia delle entrate - sanzioni applicabili alla compensazione del credito - articolo 13 d.lgs. 471 del 1997.


(1) Emanata dall'Agenzia delle entrate, Divisione contribuenti, Direzione centrale piccole e medie imprese (Risposta a istanza di interpello).




Quesito


Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente



Quesito



[ALFA], di seguito anche istante, fa presente quanto nel prosieguo sinteticamente riportato.


L'istante riferisce che "in data 16 febbraio 2022 ha utilizzato in compensazione ai sensi dell'art. art. 17 del D. Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 la quota annuale del credito derivante dallo sconto in fattura ricevuto in luogo del saldo dei compensi per i lavori trainanti e trainati rientranti nell'agevolazione del 110% (c.d. superbonus di cui all'art. 119 D.L. 34/2020) effettuati [...] sul condominio "[BETA], codice fiscale [...], sito nel comune di [...].


Nel dicembre 2022, dopo aver effettuato le comunicazioni di cessione del credito del secondo e ultimo SAL, la competente Agenzia delle Entrate di [...] ha notiziato di aver annullato gli effetti dell'istanza di opzione esercitata ai sensi dell'art. 121, D.L. 34/2020 così come previsto al punto 3.2 del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate prot. 340450 del 01 dicembre 2020.


L'Agenzia ha rilevato, come in effetti è stato poi appurato dalla scrivente società, un errore di compilazione delle fatture di vendita consistente nell'errata indicazione del codice fiscale del condominio [BETA] ponendo [...] in luogo di quello corretto già sopra meglio evidenziato.


Tale errata indicazione si è poi riverberata nella comunicazione di cessione del credito esercitata ai sensi dell'art. 121 D.L. 34/2020 già citato.


Considerando l'assoluta buona fede che ha condotto a tale errata indicazione si è ritenuto opportuno procedere all'annullamento delle comunicazioni per l'esercizio dell'opzione di cui all'art. 121 già citato, relative al 1° SAL, così come previsto al paragrafo 5.3 della circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 33/E del 06/10/2022.


Ciò naturalmente comporta il venir meno del credito e, conseguentemente, la necessità di riversare quanto compensato tramite ravvedimento operoso".


Nel fornire risposta alla richiesta di documentazione integrativa, l'istante ha altresì fatto presente e/o documentato:


- di aver effettuato direttamente i lavori rientranti nell'agevolazione del c.d. superbonus, affidando talune opere in subappalto;


- di aver concesso al condominio [BETA] lo "sconto" con riferimento a tutti i lavori effettuati in suo favore (primo e secondo SAL), emettendo, tuttavia, le relative fatture erroneamente nei confronti del codice fiscale [...];


- che le comunicazioni di "sconto in fattura", relative ad entrambi i SAL, sono state trasmesse, nei mesi di dicembre 2021 e novembre 2022, per conto del codice fiscale errato [...];


- di non aver mai reso alcuna fornitura o servizio in favore dell'intestatario del codice fiscale [...] (erroneamente indicato in fattura);


- di aver emesso, in data 8 dicembre 2022, due note di variazione in diminuzione in base all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, a totale "storno" delle fatture errate;


- di aver correttamente emesso, in data 9 dicembre 2022, le fatture in favore del condominio [BETA];


- che, essendo nel frattempo terminati i lavori, la comunicazione dell'opzione di sconto in fattura è stata poi ripresentata, per conto del condominio [BETA], per ogni intervento, senza suddivisione in SAL.


Ciò premesso, l'istante, chiede di chiarire "se il credito da riversare rientri nella definizione di "credito non spettante" oppure in quella di "credito inesistente" poiché da ciò dipende l'entità delle sanzioni da considerare quale base ai fini del ravvedimento operoso".




Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente


In sintesi, l'istante ritiene che:


"il riversando credito debba essere considerato alla stregua di un "credito non spettante" essendo pacificamente non realizzate le condizioni previste dalla norma (articolo 13, commi 4 e 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, ndr) per come ulteriormente precisate dalla giurisprudenza degli Ermellini [...] (Cass., Sez. 5 Civ., nn. 34444 e 34445 del 16 novembre 2021 da ultimo richiamate da Cass., Sez. 3 Penale, n. 7615 del 3 marzo 2022, ndr).


Quanto alla prima condizione, infatti, si può certamente affermare che il credito in oggetto è "reale" e non connotato da alcun elemento di falsità, né materiale né ideologica, essendo i lavori che l'hanno generato certamente reali e indiscussi. La scrivente impresa ha, infatti, verificato che risultassero adempiuti tutti i requisiti previsti per l'accesso al c.d. superbonus, di cui all'art. 6 del Decreto Interministeriale del 06 agosto 2020.


Per quanto riguarda la seconda condizione occorre preliminarmente osservare come gli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. 600/1973 e l'art. 54-bis del D.P.R. 633/1972 siano previsti in tema di "dichiarazioni" e non tanto di "comunicazioni" come nel caso che interessa.


E pur tuttavia, si ritiene che i controlli "di congruenza e regolarità" che hanno intercettato l'errata indicazione del codice fiscale nelle comunicazioni effettuate, si possano, cionondimeno, ritenere in forma estensiva loro pari, in ossequio al principio di collaborazione e buona fede che deve informare il rapporto fra contribuente e amministrazione finanziaria di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 10, L. 212/2000.


Parimenti a quanto dettato dagli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. 600/1973 e dall'art. 54-bis del D.P.R. 633/1972, infatti, anche i controlli prestati in tema di comunicazione ex art. 122-bis, D.L. 34/2020 risultano effettuati ritraendo e comparando i dati comunicati con "i dati presenti in Anagrafe tributaria".


Per tutto quanto sin qui esposto lo scrivente ritiene di poter pertanto adottare il seguente comportamento:


- Riversare tramite ravvedimento operoso la quota di credito già utilizzata in compensazione nell'anno di imposta 2022, considerando come sanzione "base" quella del 30,00% prevista in caso di "credito non spettante", ridotta pro rata temporis, in relazione a quella che sarà l'effettiva data di versamento".




Parere dell'agenzia delle entrate


L'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, stabilisce che "4. Nel caso di utilizzo di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l'applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato.


5. Nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi. [...] Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633".


Una prima interpretazione, circa la differenza tra inesistenza e non spettanza del credito, è già stata fornita con la risoluzione 8 maggio 2018, n. 36/E, con cui è stato chiarito che:


"Con il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, di riforma del sistema sanzionatorio amministrativo, è stata introdotta, all'articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, una definizione normativa di credito inesistente - da cui, a contrario, far derivare la definizione di credito non spettante - e uno specifico regime sanzionatorio nell'ambito della disposizione dedicata agli omessi versamenti. Contestualmente, è stato abrogato l'articolo 27, comma 18, del decreto legge n. 185 del 2008. Allo stato, quindi, si definisce inesistente "il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'art. 54-bis del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633." Tale definizione consente, tra le altre, di tenere conto della molteplicità dei crediti agevolativi presenti in ambito fiscale, così diversamente configurati dalle singole leggi istitutive, evitando che possa essere irrogata al contribuente una sanzione particolarmente grave nel caso in cui sussistano i requisiti sostanziali previsti dalla norma istitutiva del credito, ma non siano stati posti in essere esclusivamente gli adempimenti di natura formale (e sempreché l'effettuazione di detti adempimenti non sia considerata elemento costitutivo di maturazione del credito dalle stesse norme). Il riferimento operato al riscontro dell'esistenza del credito da utilizzare in compensazione mediante procedure automatizzate rappresenta, peraltro, una condizione ulteriore rispetto a quella dell'esistenza sostanziale del credito ed è volta a evitare che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, fruito in compensazione indebitamente, possa comunque essere "intercettato" mediante controlli automatizzati (circostanza, questa, che priva la condotta del contribuente di quella lesività idonea a giustificare la più grave misura sanzionatoria)".


Successivamente, anche la Corte di cassazione, con le sentenze n. 34444 e 34445, entrambe depositate il 16 novembre 2021, ha precisato che la definizione di credito inesistente si desume dall'articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997, secondo cui si considera tale il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile attraverso i controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.


Devono, dunque, ricorrere entrambi i requisiti per considerare inesistente il credito, ossia:


1) deve mancare il presupposto costitutivo (il credito non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente);


2) l'inesistenza non deve essere riscontrabile con controlli automatizzati o formali.


Ne deriva, a contrario, che se manca uno di tali requisiti, il credito deve ritenersi non spettante.


In sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera, "ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza", non rilevabile attraverso l'attività di controllo automatizzato o formale, in conseguenza del confronto tra i dati esposti in dichiarazione e i documenti conservati ed esibiti dal contribuente; perché il credito sia non spettante e necessario, invece, che la non sussistenza dei presupposti costitutivi del credito sia intercettabile in sede di controllo automatizzato o formale.


Tale principio è stato recepito anche dalla Cassazione penale con la sentenza n. 7615 del 3 marzo 2022.


Ciò detto, nella fattispecie rappresentata con l'interpello in oggetto, l'istante chiede di chiarire se - nell'ipotesi di "annullamento" della comunicazione di "sconto in fattura" e successivo riversamento del credito già compensato, a fronte di interventi agevolabili realmente eseguiti, benché in favore di un soggetto individuato in fattura con un codice fiscale diverso - la sanzione da applicare sia quella prevista dal comma 4 del predetto articolo 13 (credito "non spettante"), o, piuttosto, quella contemplata dal successivo comma 5 (credito "inesistente").


Si ricorda, anzitutto, che l'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 17 luglio 2020, n. 77 - con riferimento alle spese sostenute negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024, per gli interventi elencati al comma 2 della medesima norma [tra cui figurano quelli contemplati dall'articolo 119 del medesimo decreto (cd. superbonus)] - al comma 1, introduce la possibilità di "optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:


a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante [...];


b) per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari [...]".


Per quanto di interesse ai fini del presente interpello, la norma in parola precisa altresì che:


"1-bis. L'opzione di cui al comma 1 può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori. Ai fini del presente comma, per gli interventi di cui all'articolo 119 gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento. [...]


3. I crediti d'imposta di cui al presente articolo sono utilizzati in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite. Il credito d'imposta è usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione [...]".


A tal proposito, con provvedimento 3 febbraio 2022, prot. n. 35873, integrato con le modifiche apportate dal provvedimento 10 giugno 2022, prot. n. 202205, al punto 5, si precisa che "5.1. I cessionari e i fornitori utilizzano i crediti d'imposta di cui al punto 3 esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite dal beneficiario originario. Il credito d'imposta è fruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione, a decorrere dal giorno 10 del mese successivo alla corretta ricezione della Comunicazione di cui al punto 4 e comunque non prima del 1° gennaio dell'anno successivo a quello di sostenimento delle spese.


5.2. Ai fini di cui al punto 5.1: a) i cessionari e i fornitori sono tenuti preventivamente a confermare l'esercizio dell'opzione, esclusivamente con le funzionalità rese disponibili nell'area riservata del sito internet dell'Agenzia delle entrate (d'ora in poi definite "Piattaforma cessione crediti") [...]".


La circolare 6 ottobre 2022, n. 33/E, al paragrafo n. 5, ha poi chiarito che "I crediti derivanti da cessioni o sconti validamente comunicati in ciascun mese sono resi disponibili, entro il giorno 10 del mese successivo, nella procedura web denominata "Piattaforma cessione crediti" (Piattaforma), accessibile dall'area riservata del sito internet dell'Agenzia delle entrate. Il soggetto che riceve il credito, cessionario o fornitore, può utilizzarlo in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 oppure cederlo ulteriormente nei limiti stabiliti dalle norme succedutesi nel tempo, dopo averlo accettato nella Piattaforma; in caso di errore nella Comunicazione, il soggetto che riceve il credito deve rifiutare la cessione, sempre tramite la Piattaforma. [...]


L'errore - o l'omissione - relativo a dati della Comunicazione che incidono su elementi essenziali della detrazione spettante e quindi del credito ceduto può essere definito sostanziale (ad esempio, è un errore sostanziale l'errata indicazione del codice dell'intervento da cui dipende la percentuale di detrazione spettante e/o il limite di spesa, oppure del codice fiscale del cedente).[enfasi aggiunta ndr]


Al fine di consentire la corretta circolazione dei crediti ed evitare difficoltà ai titolari delle detrazioni, oltre che ai cessionari e ai fornitori, è consentito l'annullamento, su richiesta delle parti, dell'accettazione di crediti derivanti da comunicazioni di prime cessioni o sconti non corrette. Con l'annullamento dell'accettazione del credito il plafond del credito compensabile in capo al cessionario viene contestualmente ridotto del relativo importo. [...]


Il beneficiario della detrazione può inviare una nuova Comunicazione con le consuete modalità, purché non sia scaduto il termine annuale previsto per l'invio della stessa. Nel paragrafo successivo, relativo alla remissione in bonis, sono illustrati i presupposti che consentono l'invio della Comunicazione anche dopo la scadenza del termine ordinario".


Ciò premesso, nella fattispecie rappresentata dall'istante, anche a seguito dell'esame della documentazione integrativa prodotta, è emerso che:


- l'istante, pur intestando correttamente al condominio [BETA], le fatture emesse in data 10 dicembre 2021 e 20 ottobre 2022 - rispettivamente con riferimento al primo e al secondo SAL - ed inserendo, nella relativa descrizione dell'oggetto dell'operazione, la giusta dicitura "Opere di riqualificazione energetica presso condominio [BETA] in via [...] Foglio [...] Particella [...]", ha però erroneamente indicato il codice fiscale [...] in luogo di quello corretto;


- le comunicazioni di "sconto in fattura", relative ad entrambi i SAL, risultano trasmesse, nei mesi di dicembre 2021 e novembre 2022, per conto del codice fiscale errato [...];


- a seguito di accettazione del credito originato dalla comunicazione trasmessa, con riferimento al primo SAL, nel mese di dicembre 2021, l'istante ha, quindi, compensato la totalità dell'importo ricevuto in data 16 febbraio 2022;


- l'istante - a seguito dell'annullamento della comunicazione, relativa al secondo SAL, ad opera della Direzione provinciale di [...] - preso atto dell'errore commesso, ha annullato "totalmente" l'operazione originaria:


a) emettendo, in data 8 dicembre 2022, due note di variazione in diminuzione in base all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 a totale "storno" delle fatture errate;


b) emettendo, in data 9 dicembre 2022, le fatture corrette relative al primo e secondo SAL in favore del condominio [BETA];


- essendo nel frattempo terminati i lavori, è stata poi presentata per conto del condominio [BETA] una nuova comunicazione di "sconto in fattura", per ogni intervento, senza suddivisione in SAL, che richiama le "spese sostenute" nell'anno 2022 e, dunque, lo sconto concesso all'atto dell'emissione delle fatture datate 9 dicembre 2022.


Come detto, il credito agevolativo in favore del fornitore si origina solo a seguito di accettazione della comunicazione dell'opzione di sconto, concesso al beneficiario originario dell'agevolazione fiscale.


Nel caso di specie, il credito compensato "si ricollega" ad un intervento - secondo quanto descritto dall'istante, realmente eseguito e fatturato correttamente, nell'intestazione e nella parte descrittiva - con la sola eccezione dell'errata indicazione del codice fiscale del fruitore dei lavori agevolabili.


Ciò nondimeno, l'errata indicazione del codice fiscale, sia nelle fatture emesse che nelle comunicazioni inviate, rappresenta un errore sostanziale, che ha reso necessaria la "correzione" dell'operazione ab origine e il riversamento del credito "indebitamente" utilizzato, in quanto sorto da una comunicazione poi annullata.


La rettifica dell'operazione - mediante storno e sostituzione delle fatture originarie, oltre all'invio della nuova comunicazione - di fatto ha "rigenerato" il credito, il cui presupposto costitutivo (i lavori eseguiti a favore del condominio [BETA]), tuttavia, può dirsi esistente già dal 2021.


Invero, benché la nuova comunicazione richiami le spese sostenute nell'anno 2022 e, dunque, lo sconto concesso all'atto dell'emissione delle fatture datate 9 dicembre 2022, è evidente come l'intervento fatturato resti il medesimo, come si evince dall'intestazione e dalla parte descrittiva delle fatture stornate.


Conseguentemente, il credito in parola può dirsi "reale", benché "correttamente" maturato solo a seguito dell'accettazione della comunicazione della nuova opzione di sconto e, dunque, "non spettante" al momento della compensazione eseguita a febbraio del 2022.


Stante quanto sopra, la sanzione applicabile al caso di specie è quella disposta dall'articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997, che, come detto, punisce l'"utilizzo di [...] un credito d'imposta esistenti [...] in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti", ovvero, nel caso di specie, prima dell'invio della comunicazione corretta.


La sanzione in parola resta, comunque, ravvedibile ex articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e - fino al 30 settembre 2023 -sanabile anche tramite il c.d. ravvedimento "speciale", nei termini e con le modalità disciplinate dall'articolo 1, commi da 174 a 178, della legge 29 dicembre 2022, n. 197. 

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