Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 26/09/2023) 11-12-2023, n. 10684
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9188 del 2021, proposto dal sig. OMISSIS, rappresentato e difeso dal prof. avv.
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti
Sig. OMISSIS, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione prima quater, del 2 aprile 2021, n. 3966, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2023 il cons. Francesco Guarracino e udito per la parte appellante l'avv. Alvise Vergerio Di Cesana;
Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio il sig. OMISSIS impugnava, nei limiti del suo interesse, gli atti del concorso interno a 1400 posti per l'accesso al corso di formazione per la nomina a vice ispettore del ruolo della Polizia di Stato, indetto con D.M. del 24 settembre 2013, onde ottenere l'annullamento del giudizio di insufficienza espresso dalla commissione sulla sua prova scritta e il riconoscimento del diritto all'ammissione alla prova orale del concorso.
Nel corso del giudizio estendeva l'impugnazione alla graduatoria di merito degli idonei, agli atti adottati nelle more, alla parziale rettifica della graduatoria disposta a seguito del controllo dell'operato della commissione di concorso condotta da un'apposita commissione ministeriale di verifica (c.d. Commissione Piantedosi) e al conseguente recupero in autotutela di un numero significativo di elaborati inizialmente giudicati con voto insufficiente.
Con sentenza del 2 aprile 2021, n. 3966, il T.A.R. adito respingeva il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti.
Avverso la decisione di primo grado il sig. L. ha interposto appello, cui ha resistito il Ministero dell'interno.
Le parti hanno prodotto scritti difensivi e alla pubblica udienza del 26 settembre 2023 l'appello è stato posto in decisione.
Motivi della decisione
1. - E' appellata la sentenza con cui il primo giudice ha respinto le numerose censure articolate dal ricorrente per dolersi del giudizio d'insufficienza riportato nella prova scritta del concorso interno per l'accesso al corso di formazione per la nomina a vice ispettore del ruolo della Polizia di Stato indetto nel 2013 e del mancato esercizio di potere di autotutela nei suoi confronti a seguito della revisione dell'operato della commissione di concorso effettuata da una commissione di verifica (c.d. commissione Piantedosi) nominata dal Ministero, alla luce del rilevante contenzioso sviluppatosi con riferimento alla procedura concorsuale de qua.
2. - Il T.A.R. ha giudicato infondato il ricorso introduttivo ritenendo: i) che la commissione esaminatrice avesse assolto l'obbligo di trasparenza e di motivazione predisponendo una griglia di valutazione e accompagnando il voto numerico con una sintetica motivazione idonea ad esplicitare, caso per caso, l'applicazione dei criteri prestabiliti, così da rendere comprensibili le ragioni dell'insufficienza; ii) che all'esito della verifica effettuata dalla commissione Piantedosi sull'elaborato del ricorrente (contraddistinto dal numero progressivo abbinato alla busta contenente l'elaborato n. 2947) fosse rimasta accertata la non manifesta irragionevolezza della valutazione censurata e la congruenza della stessa ai criteri di valutazione; iii) che dall'esame degli atti risultasse smentito che la commissione esaminatrice avesse completamente omesso la verbalizzazione delle operazioni di correzione degli elaborati; iv) che la protrazione delle operazioni di correzione oltre il termine previsto non valesse di per sé a inficiare la validità degli esiti della procedura concorsuale; v) che le censure riguardanti la composizione della commissione esaminatrice fossero inammissibili, in difetto di elementi da cui evincere in che modo l'asserita illegittima composizione della stessa si sarebbe riflessa, in concreto, sulla determinazione del voto attribuito al ricorrente, e, comunque, infondate nel merito; vi) che i tempi dedicati alla valutazione delle prove di esame dei candidati non fossero sindacabili in sede di legittimità, soprattutto allorché calcolati in modo presuntivo suddividendo la durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esaminati.
Di conseguenza, la sentenza ha respinto anche i motivi di illegittimità derivata dalla mancata ammissione del ricorrente alle prove orali articolati coi due ricorsi per motivi aggiunti avverso la graduatoria di merito degli idonei al concorso e la successiva parziale rettifica della medesima.
Ha rigettato, infine, la censura concernente l'omesso esercizio del potere di autotutela decisoria, formulata col primo ricorso per motivi aggiunti, ritenendo adeguatamente motivata la decisione di non rinnovare la valutazione di tutti gli elaborati, pur in presenza di numerose incongruenze, in considerazione del preminente interesse pubblico alla conservazione dei risultati concorsuali.
3. - L'appello è affidato a sei motivi di impugnazione.
4. - In via preliminare, l'appellante, avendo ottenuto accesso nelle more alla qualifica di Vice ispettore della Polizia di Stato, ha precisato i termini della persistenza del suo interesse alla decisione, che - ove favorevole - gli consentirebbe di conseguire la retrodatazione giuridica ed economica della nomina.
Pertanto, devono respingersi l'eccezione d'improcedibilità sollevata dal Ministero, che non tiene conto di tale circostanza, e a maggior ragione quella di cessata materia del contendere, che presuppone una soddisfazione piena dell'interesse azionato che, nel caso di specie, va senz'altro esclusa.
5. - Nel merito, col primo motivo l'appellante si duole che il T.A.R. abbia disatteso le censure sull'omessa motivazione del giudizio numerico senza considerare la specificità della procedura in questione, nella quale la commissione d'esame si sarebbe avvalsa di formule stereotipate, utilizzate in maniera ripetuta, seriale e generalizzata per migliaia di concorrenti, senza prendere posizione su tutti i criteri di valutazione prescelti, individuati, peraltro, in maniera generica.
Il motivo è infondato.
Per consolidata giurisprudenza, ribadita anche dalla Sezione in fattispecie concernente il medesimo concorso, la motivazione dei punteggi assegnati nelle prove di pubblici concorsi è sindacabile dal giudice amministrativo nel limite segnato dall'attendibilità della valutazione, senza alcuna possibilità che il giudice sostituisca il proprio giudizio a quello tecnico-discrezionale della Commissione; quest'ultimo, infatti, è espressione di valutazione di merito che, come tale, non è puntualmente sindacabile in sede di legittimità, se non nei casi in cui esso risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti (cfr. C.d.S., sez. II, 14 novembre 2022, n. 9977).
Nel caso di specie il giudizio reso sull'elaborato dell'appellante risulta sufficientemente motivato, avendo la commissione di riesame confermato la congruenza complessiva, rispetto ai criteri di valutazione, del giudizio espresso dalla commissione esaminatrice (come meglio si dirà più avanti in sede di esame del secondo motivo di appello), provvedendo a evidenziare specifici punti critici della prova scritta rispetto ai criteri prefissati (ad es. errori nella trattazione, problemi di confusione e di chiarezza espositiva, presenza di errori ortografici e di punteggiatura).
6. - Col secondo motivo di gravame l'appellante contesta l'affermazione del T.A.R. secondo cui anche nel suo caso "la correttezza del giudizio è stata sostanzialmente confermata dalla Commissione c.d. Piantedosi, che ha ritenuto la valutazione congruente con tutti i criteri di valutazione" argomentando che il primo giudice sarebbe incorso in un macroscopico errore di fatto non essendosi avveduto che la commissione di riesame avrebbe, in realtà, riscontrato la congruenza del giudizio iniziale rispetto a due soltanto dei quattro criteri di valutazione, cosicché il giudizio formulato in sede di concorso sarebbe risultato completamente inattendibile per la metà.
Afferma, infatti, l'appellante che il risultato della nuova valutazione è stato annotato utilizzando una griglia comparativa dove, per ciascun criterio di valutazione, la congruenza del giudizio reso dalla commissione di concorso sarebbe stata valutata attribuendo a ciascun elaborato i seguenti giudizi sintetici: SI giudizio della precedente commissione coerente con il criterio di valutazione oggetto di esame; NO = giudizio della precedente commissione non coerente con il criterio di valutazione oggetto di esame.
Nel caso che lo riguarda, prosegue l'appellante, dal giudizio sintetico attribuito al suo elaborato (due SI e due NO) risulterebbe, per l'appunto, che la commissione di riesame avrebbe riscontrato per ben due dei quattro criteri la non coerenza del giudizio reso dalla prima commissione rispetto ai criteri di valutazione prefissati.
Il motivo è infondato.
Il metodo al quale la commissione di riesame si era autovincolata nell'attività di ricognizione della procedura di correzione delle prove scritte era stato stabilito dalla commissione stessa nella seduta del 20 gennaio 2017 (cfr. verbale n. 9, agli atti di causa), nei termini che si riportano qui di seguito:
"In primo luogo, si chiarisce che le due sottocommissioni dovranno analizzare gli elaborati sulla scorta di un metodo comparativo, allo scopo di verificare l'omogeneità di applicazione dei criteri di valutazione adottati dalla Commissione esaminatrice e di rilevare se eventuali scostamenti fossero da ricondurre al novero delle fisiologiche modulazioni della discrezionalità tecnica o invece fossero di tale portata da costituire un vizio sistemico suscettibile di inficiare la procedura concorsuale nel suo complesso.
Si conviene, pertanto, sulla necessità che, rispetto ad ogni elaborato esaminato, dovrà essere espressa una valutazione in termini di coerenza del giudizio attribuito dalla Commissione esaminatrice rispetto ai criteri dalla stessa predeterminati, formulando quello che si può definire un valore di congruenza.
Tale grado di congruenza del giudizio ai criteri valutativi è stato articolato secondo la seguente scala di valori:
"SÌ": congruenza del giudizio espresso dalla Commissione esaminatrice rispetto ai criteri; "NO": non piena congruenza del giudizio espresso dalla Commissione esaminatrice rispetto ai criteri;
"NO-": incongruenza del giudizio espresso dalla Commissione esaminatrice rispetto ai criteri.
Le singole sottocommissioni, al termine di ogni seduta di lavoro, daranno atto dell'attività svolta con una ricognizione di cui rassegneranno il contenuto alla Commissione riunita al completo, periodicamente o anche quando venga ritenuto necessario per la soluzione di tematiche emergenti.
Le sottocommissioni orienteranno il loro lavoro con il metodo della comparazione significando che la lettura e l'esame degli elaborati dovrà condurre ad una valutazione, relativamente all'esistenza o meno di una applicazione omogenea dei criteri di valutazione, attraverso la comparazione dei giudizi espressi dalla Commissione esaminatrice.
Ciò al fine di rilevare se eventuali anomalie siano riconducibili ad una fisiologica differenza comparativa o ad un vizio sistemico presente nella procedura".
Pertanto, contrariamente a quanto assunto dall'appellante, la commissione di riesame non aveva adottato un modello di giudizio a struttura binaria (SI/NO), ma ternaria (SI/NO/NO-), nel quale era possibile esprimere anche una valutazione di non piena congruenza, senza che ciò si risolvesse in un giudizio di incongruenza tout court rispetto ai criteri predeterminati.
Ciò posto, dall'esame delle schede di lavoro in atti risulta che nella seduta del 7 febbraio 2017 la commissione di riesame, 2^ sottocommissione, ha formulato una valutazione finale di "congruenza complessiva", rispetto ai criteri, del giudizio espresso dalla commissione esaminatrice sull'elaborato dell'odierno appellante, avendo raggiunto la conclusione che quel giudizio era congruente col primo e col terzo criterio (SI) e non pienamente congruente col secondo e col quarto criterio (NO), cosa diversa dall'essere senz'altro incongruente (NO-).
Resta così smentita la tesi che la commissione di riesame abbia riscontrato la completa inattendibilità, per la metà dei criteri, del giudizio formulato in sede di concorso sull'elaborato scritto dell'appellante.
7 - Col terzo motivo di gravame l'appellante deduce l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto infondata la censura con cui era stata denunciata l'omessa verbalizzazione delle attività di correzione della prova.
Secondo il T.A.R. la censura sarebbe destituita di fondamento in quanto "il verbale n. 53 (doc. n. 8 allegato al ricorso) descrive le operazioni compiute dalla Commissione il 26.2.2015, giorno in cui è stato corretto, tra gli altri, l'elaborato del ricorrente. In esso, sono indicati: i membri della Commissione presenti, le attività svolte, l'orario di inizio e di fine delle stesse, i giudizi riportati dagli elaborati corretti", ma l'appellante vi oppone che il verbale oggetto di contestazione non è stato il n. 53, bensì il n. 118 che, differentemente dal primo, non menzionerebbe le attività valutative svolte dalla commissione, poiché non conterrebbe alcuna precisazione in ordine alla correzione dei singoli elaborati, limitandosi a riferire in maniera generica e indefinita le attività di apertura delle buste e il numero degli elaborati corretti.
Il motivo è infondato.
Il riferimento nella sentenza appellata al verbale n. 53 anziché al n. 118 costituisce un semplice lapsus calami, come dimostra il richiamo al "doc. n. 8 allegato al ricorso" che risulta essere, per l'appunto, copia del verbale n. 118.
Dall'esame del documento trova smentita la tesi dell'omessa verbalizzazione dell'attività di correzione degli elaborati, trovando invece conferma quanto rilevato dal T.A.R. in merito al fatto che vi sono indicati i membri della commissione presenti, le attività svolte, l'orario di inizio e di fine delle stesse, i giudizi riportati dagli elaborati corretti.
Non corrisponde al vero, in particolare, che il verbale, pur indicando l'orario di inizio e di fine della seduta e i nominativi dei commissari presenti, per il resto si sarebbe limitato ad attestare le attività di apertura delle buste e il numero degli elaborati corretti.
Infatti, conclusa la descrizione delle operazioni di numerazione delle buste grandi, di apertura delle stesse e di numerazione del relativo contenuto e delle buste piccole con i cartoncini con i dati anagrafici dei candidati, il verbale descrive, seppur sinteticamente, anche le successive operazioni di lettura collegiale degli elaborati ("il Presidente procede, quindi, alla lettura degli elaborati") e di valutazione dei medesimi ("si dà atto che durante la seduta sono stati letti n. 40 elaborati, numerati progressivamente dal n. 2924 al 2963, la cui valutazione espressa in cinquantesimi ed in giudizi sintetici è riportata, per ciascuno di essi, nei n. 3 fogli allegati al presente verbale").
8. - Col quarto motivo di gravame l'appellante si duole che il T.A.R. abbia ritenuto inammissibili e, comunque, infondate nel merito le censure mosse alla composizione della commissione di esame con riferimento sia alla competenza dei suoi componenti (perché due dei quattro titolari non sarebbero stati esperti nelle materie oggetto del concorso, oltre a essere stati nominati titolari, da supplenti che erano, senza giustificare e provare l'impedimento grave degli membri effettivi sostituiti), sia alla loro imparzialità (perché un altro dei membri, essendo vice segretario provinciale del sindacato S.-C., non avrebbe potuto farne parte in ragione di quanto previsto dall'art. 35, co. 3 lett. e, del D.Lgs. n. 165 del 2001 e dell'art. 8, co. 2, del D.P.R. n. 487 del 1994).
Nello specifico, il T.A.R. avrebbe errato nel giudicare inammissibili le suddette censure, "in quanto non è dato evincere quale efficienza causale l'asserita illegittima composizione della Commissione avrebbe determinato, in concreto, sul voto attribuito al ricorrente", perché non avrebbe tenuto conto dell'interesse strumentale al travolgimento dell'intera procedura quale conseguenza dell'illegittimità della commissione di concorso.
Il primo giudice, inoltre, sarebbe incorso in errore nel ritenere che la partecipazione alla commissione della prof.ssa R., dirigente scolastico laureata in economia e commercio, e della prof.ssa G., docente di scuola secondaria superiore laureata in giurisprudenza, fosse legittimata dall'art. 16 del D.M. n. 129 del 2005 (Regolamento recante le modalità di accesso alla qualifica iniziale dei ruoli degli agenti ed assistenti, degli ispettori, degli operatori e collaboratori tecnici, dei revisori tecnici e dei periti tecnici della Polizia di Stato).
Secondo l'appellante, infatti, tale conclusione si porrebbe in palese contrasto con la normativa di riferimento - l'art. 35, co. 3, lett. e), del D.Lgs. n. 165 del 2001, che richiede la nomina di "esperti di provata competenza nelle materie del concorso", e l'art. 8, co. 2, del D.P.R. n. 487 del 1994, secondo cui le commissioni esaminatrici devono essere composte da "tecnici esperti nelle materie oggetto del concorso" -, poiché entrambe non avrebbero potuto vantare alcun titolo professionale che comprovasse la loro esperienza tecnica in alcuna delle materie oggetto delle prove scritte.
Parimenti errato sarebbe il riconoscimento della legittimità della partecipazione alla commissione d'esame, in qualità di nuovo membro supplente, del vice segretario provinciale dello S.-C., cui il T.A.R. è giunto sostenendo che, trattandosi "di una rappresentanza sindacale della scuola, non attinente e non confliggente con l'attività dell'Amministrazione dell'Interno", non sarebbe stata sussistente la lamentata incompatibilità.
Al riguardo, l'appellante argomenta che l'art. 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001 e l'art. 9, co. 2, del D.P.R. n. 487 del 1994 vieterebbero in generale la nomina di rappresentanti sindacali a componenti della commissione esaminatrice di un concorso pubblico, senza dare rilevanza ai soli sindacati che svolgono la propria attività in relazione all'amministrazione che ha bandito il concorso.
Degno di censura, infine, sarebbe anche il convincimento, espresso dal primo giudice, che la sostituzione dei membri effettivi S. e B. coi membri supplenti R. e Rapisarda fosse stato adeguatamente motivato col richiamo alla sopravvenuta indisponibilità degli originari membri effettivi, poiché, secondo l'appellante, l'art. 9 del D.P.R. n. 487 del 1994 esigerebbe l'indicazione e la dimostrazione delle concrete ed effettive ragioni che giustificano l'avvicendamento nella commissione di concorso.
8.1 - Il motivo è infondato in tutte le sue articolazioni.
8.2 - Quanto al primo profilo, l'affermazione del T.A.R. dev'essere contestualizzata. Difatti, avendo il primo giudice già constatato che "la correttezza del giudizio sullo scritto del ricorrente è stata sostanzialmente confermata dalla Commissione c.d. Piantedosi" (punto 5.2 della motivazione, relativamente al secondo motivo di ricorso), che "dal raffronto tra l'elaborato del ricorrente e i criteri di riesame stabiliti dalla stessa Commissione c.d. Piantedosi risulta la non manifesta erroneità della valutazione concorsuale impugnata" e che "essendo stata accertata la non manifesta irragionevolezza della valutazione censurata e la congruenza della stessa ai criteri di valutazione, si deve ritenere che, nel caso di specie, la Commissione di concorso abbia correttamente esercitato la discrezionalità tecnica propria di ogni Commissione d'esame" (ibidem), è chiaro che con l'asserto contestato ("non è dato evincere quale efficienza causale l'asserita illegittima composizione della Commissione avrebbe determinato, in concreto, sul voto attribuito al ricorrente") il T.A.R. intendeva rimarcare il fatto che nel caso concreto la composizione della commissione d'esame non aveva influito sulla correttezza del giudizio espresso sulla prova del ricorrente, che dunque non ne aveva patito pregiudizio (cfr. C.d.S., sez. II, n. 9977/2022 cit., nel senso che "la giurisdizione amministrativa è una giurisdizione soggettiva dove vi deve essere un interesse specifico di chi la adisce che non può richiedere un annullamento degli atti per l'eventuale ripristino della legalità violata").
8.3 - Quanto al secondo profilo, all'epoca dei fatti l'art. 16 del D.M. 28 aprile 2005, n. 129 (Regolamento recante le modalità di accesso alla qualifica iniziale dei ruoli degli agenti ed assistenti, degli ispettori, degli operatori e collaboratori tecnici, dei revisori tecnici e dei periti tecnici della Polizia di Stato) stabiliva che:
"La commissione esaminatrice del concorso per l'accesso al ruolo degli ispettori, nominata con decreto del Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, è presieduta da un prefetto ed è composta da:
a) due funzionari dei ruoli del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia con qualifica non inferiore a primo dirigente;
b) due docenti in materie giuridiche di scuola secondaria superiore".
La previsione è testualmente ripresa nell'art. 4 del bando del concorso, sulla composizione della commissione esaminatrice.
Come già osservato dal T.A.R., la norma regolamentare prevedeva, dunque, che della commissione facessero parte "due docenti in materie giuridiche di scuola secondaria superiore" senza far riferimento alla specifica materia di insegnamento.
Poiché il regolamento e il bando non sono stati fatti oggetto di impugnazione sullo specifico punto (entrambi figurano tra gli atti impugnati col ricorso di primo grado, ma nessuna censura è stata ad essi rivolta riguardo a quanto appena detto), la decisione del T.A.R. non può ora essere avversata sostenendo che l'art. 35, co. 3, lett. e), del D.Lgs. n. 165 del 2001 e l'art. 8, co. 2, del D.P.R. n. 487 del 1994 richiedessero il possesso di una provata e specialistica competenza nelle materie oggetto della prova scritta.
8.4 - Quanto al terzo profilo, il convincimento del T.A.R. circa l'inconfigurabilità di una causa di incompatibilità nel fatto che uno dei supplenti della commissione d'esame era anche vice segretario provinciale del Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori Scuola "ossia di una rappresentanza sindacale della scuola, non attinente e non confliggente con l'attività dell'Amministrazione dell'Interno" (lo S., infatti, è organizzazione sindacale che opera nel Comparto Istruzione e Ricerca) trova conforto nella giurisprudenza di questo Consiglio secondo cui "la ratio del suddetto art. 35, comma 1, lettera e), è di evitare che siano componenti delle commissioni di concorso soggetti investiti di cariche comportanti il pericolo della deviazione del giudizio tecnico verso interessi di parte o comunque diversi da quelli propri del concorso" col corollario che "occorre, di conseguenza, che ricorra un "qualche elemento di possibile incidenza fra l'attività esercitabile da colui che ricopre cariche, politiche, sindacali o professionali e l'attività dell'ente che indice il concorso, altrimenti la disposizione verrebbe a generalizzare in modo eccessivo e senza adeguata giustificazione il sospetto di imparzialità anche nei confronti di soggetti che non gestiscano alcun potere rilevante e perciò non siano comunque idonei, sia pure da un punto di vista astratto, a condizionare la vita dell'ente che indice la selezione"" (cfr. C.d.S., sez. VI, 28 novembre 2018, n. 6747; sez. VI, 26 gennaio 2015, n. 327, ove ultt. riff.).
Difatti, come precisato ancora di recente, "il vulnus potenzialmente arrecato al principio di imparzialità dalla partecipazione alle commissioni di concorso dei titolari di cariche politiche/sindacali non è ancorato alla mera posizione/qualifica soggettiva degli stessi, ma alla possibilità - garantita dalla carica posseduta - di influire, nell'esercizio dei poteri/prerogative a quella connessi, sulla attività dell'Ente che indice la selezione: essendo evidente (restringendo l'analisi ai rappresentanti sindacali (…)) che quella possibilità potrebbe favorire la costituzione, già in fase concorsuale, di rapporti di "affiliazione" tra il commissario-rappresentante sindacale ed alcuno dei concorrenti, in funzione del rafforzamento della posizione dell'esponente sindacale nell'esercizio dei suoi compiti rappresentativi, con i conseguenti intuibili effetti perturbatori sulla corretta ed imparziale esplicazione delle valutazioni concorsuali" (C.d.S., sez. III, 31 gennaio 2020, n. 796).
Perciò assume decisivo rilievo, nel caso in esame, l'indiscussa estraneità dell'Amministrazione degli Interni al raggio di azione sindacale del suddetto membro supplente della commissione d'esame.
8.5 - Quanto al quarto profilo, l'appellante insiste nel sostenere che l'art. 9 del D.P.R. n. 487 del 1994 esigerebbe in via generale che i commissari supplenti siano nominati titolari solo nelle ipotesi di impedimento grave e documentato degli effettivi e che ciò, diversamente da quanto opinato dal T.A.R., avrebbe imposto di indicare e documentare, nel provvedimento di nomina, le ragioni che giustificavano l'avvicendamento nella titolarità dell'incarico di commissario d'esame.
In realtà il comma 5 (adesso comma 10) dell'art. 9 del D.C.. sancisce che "possono essere nominati in via definitiva i supplenti tanto per il presidente quanto per i singoli componenti la commissione. I supplenti intervengono alle sedute della commissione nelle ipotesi di impedimento grave e documentato degli effettivi".
La disposizione esclude la piena fungibilità dei membri delle commissiono di concorso, rendendo pertanto necessaria la specifica indicazione a verbale dell'impedimento, grave e documentato, che rende necessario la temporanea sostituzione del componente impedito e legittima l'intervento alla seduta del membro supplente in luogo dell'assente giustificato.
Diverso il caso in esame, dove non si è trattato della momentanea sostituzione di un componente effettivo, ma, prendendo atto della sopravvenuta indisponibilità di due titolari, della ricostituzione della commissione d'esame nella sua integrità mediante la nomina di due nuovi membri effettivi, individuati nella persona degli ex supplenti a propria volta sostituiti con due nuovi supplenti, con un provvedimento adottato circa un anno prima che si svolgesse la prova scritta.
Perciò la sentenza appellata risulta immune dalle suddette critiche, allorché ritiene adeguatamente motivato il provvedimento de quo stante la sopravvenuta indisponibilità degli originari membri effettivi.
9. - Con il sesto e ultimo motivo l'appellante lamenta l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha ravvisato l'illegittimità derivata delle graduatorie di merito (sia quella originaria che quella rettificata, impugnate in primo grado coi motivi aggiunti) sulla scorta dei motivi precedenti.
Anche questo motivo di appello è di conseguenza infondato, poiché, come si è visto, i motivi precedenti sono tutti infondati.
10. - Per queste ragioni, in conclusione, l'appello dev'essere respinto.
11. - La particolarità della vicenda trattata giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa le spese del presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2023 con l'intervento dei magistrati:
Oberdan Forlenza, Presidente
Giovanni Sabbato, Consigliere
Francesco Guarracino, Consigliere, Estensore
Carmelina Addesso, Consigliere
Ugo De Carlo, Consigliere
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