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sabato 16 dicembre 2023

Corte dei Conti 2023-La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica nei confronti del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico

 



Corte dei Conti Sicilia Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 26/09/2023) 24-11-2023, n. 499 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE DEI CONTI 

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA 

in composizione monocratica 

in persona del Giudice Francesco Antonino Cancilla 

ha emesso la seguente 

SENTENZA 

nel giudizio di pensione, iscritto al n. 68027 del registro di segreteria, promosso con ricorso depositato il 24 febbraio 2021 da: 

OMISSIS, c.f. OMISSIS, rappresentata e difesa, come da procura in calce all'atto di costituzione di nuovo procuratore, dall'avv.  

contro 

I.N.P.S., in persona del legale rappresentante, difeso dall'avv. Tiziana G. Norrito e dall'avv. Gino Madonia 

Esaminati gli atti ed i documenti della causa; 

Udite le parti nella pubblica udienza del 26 settembre 2023, come da verbale di udienza; 

Svolgimento del processo 

1.- Con ricorso ritualmente notificato OMISSIS ha convenuto in giudizio l'INPS, impugnando il provvedimento di diniego del 26.01.2021, prot. n. (...) emesso dall'Ufficio INPS, Gestione C.P.D. Enti Locali, Direzione Provinciale di Messina, sulla d)- Il 22.04.2020, la ricorrente, nella sua qualità di erede e coniuge superstite, inoltrava all'INPS per via telematica domanda di pensione indiretta di privilegio, prot. n. (...); 

e)- il 26.01.2021, l'Inps, Ufficio Gestione Dipendenti Pubblici, Direzione Provinciale di Messina, comunicava alla ricorrente il diniego della domanda di pensione indiretta di privilegio, adottato sulla scorta del parere negativo emesso dalla Direzione centrale Pensioni, Area Contenzioso A.G.O., precisando che l'istanza era intempestiva; 

f)- l'Area Contenzioso riteneva che la domanda di pensione indiretta di privilegio fosse tardiva, in quanto inoltrata oltre il termine perentorio quinquennale decorrente dal decesso del dante causa, invocando quanto previsto dall'art. 14 della L. 8 agosto 1991, n. 274. 

La ricorrente ha sostenuto l'erroneità dell'interpretazione del citato art. 14 fornita dall'INPS, atteso che la suddetta disposizione dovrebbe essere interpretata nel senso che la cessazione del rapporto di lavoro (nel caso in cui la domanda di pensione venga presentata direttamente dal lavoratore) o la morte del lavoratore (nel caso in cui venga inoltrata dal coniuge superstite) debba coincidere con il momento di insorgenza del diritto a richiedere la prestazione pensionistica. Laddove la morte del lavoratore non coincida con il momento in cui sorge il diritto, il dies a quo della decadenza dovrà coincidere con detto momento, che nel caso specifico sarebbe quello della pronuncia favorevole del Giudice del Lavoro. 

Conclusivamente la ricorrente ha chiesto: 1) accertare e dichiarare il diritto della ricorrente al riconoscimento della pensione privilegiata indiretta ad ottenere, oltre la corresponsione dei relativi arretrati, con decorrenza dal 02.01.2009 maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria come per legge, fino all'effettivo soddisfo; 2) condannare l'INPS alla corresponsione della pensione come sopra adeguata e al pagamento della differenza delle precedenti rate non adeguate, oltre ad interessi e rivalutazione come per legge, e spese di giudizio. 

Va precisato che con note del giorno 1 settembre 2022 la ricorrente ha rinunciato al patrocinio a spese dello Stato chiesto prima dell'avvio del giudizio. 

2.- In memoria di costituzione l'INPS ha contestato le tesi di parte ricorrente, evidenziando che: 

a)- con la L. n. 274 del 1991, recante norme in materia di acceleramento delle procedure di liquidazione delle pensioni delle Casse pensioni degli istituti di previdenza, il legislatore all'art. 14 ha previsto che la domanda di trattamento privilegiato diretto, indiretto o di riversibilità deve essere presentata agli istituti di previdenza, nel termine perentorio di cinque anni dalla cessazione del rapporto di impiego o dalla morte dell'iscritto o del pensionato. Si tratta di termine perentorio che non consente alcuna deroga, riduzione o proroga; 

b)- il fatto che fosse stata presentata dal V. la domanda di accertamento della causa di servizio non incide nel caso di specie, perché quella domanda era esclusivamente diretta ad ottenere l'equo indennizzo; 

c)- il trattamento di privilegio è stato abrogato dal D.L. n. 201 del 2011 come convertito nella L. n. 214 del 2011, sicché, sebbene la cessazione dal servizio è avvenuta prima di tale abrogazione, la domanda di pensione è stata tuttavia presentata successivamente; pertanto, non può configurarsi alcun procedimento pendente alla data di entrata in vigore del D.L. n. 201 del 2011; d)- opera comunque la prescrizione quinquennale per le prestazioni antecedenti alla presentazione della domanda. 

L'INPS ha quindi chiesto il rigetto del ricorso. 

3)- Dopo la costituzione del nuovo procuratore e lo scambio di memorie, all'udienza del 26 settembre 2023, udite le parti, la causa è stata posta in decisione; il Giudice ha pronunciato il dispositivo, assegnando ex art. 167, comma 1 c.g.c, giorni sessanta per il deposito della sentenza. 

Motivi della decisione 

1.- Il ricorso non può essere accolto a causa della tardività della domanda amministrativa di pensione privilegiata presentata all'INPS il 22 aprile 2020 dalla ricorrente OMISSIS, nella qualità di coniuge ed erede di V. C., dipendente del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, deceduto OMISSIS. La ricorrente è infatti incorsa nella decadenza di cui all'art. 14 della L. n. 274 del 1991. 

Invero, così come dedotto dall'INPS, l'art. 14 L. 8 agosto 1991, n. 274, prevede che: "1.- A decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, la domanda di trattamento privilegiato diretto, indiretto o di riversibilità deve essere presentata alle Casse pensioni degli istituti di previdenza, direttamente agli sportelli delle Casse medesime che ne rilasciano ricevuta, nel termine perentorio di cinque anni dalla cessazione del rapporto di impiego o dalla morte dell'iscritto o del pensionato. Nel caso di domanda presentata a mezzo lettera raccomandata, come data di presentazione si considera quella della spedizione". 

La Corte Costituzionale, con sentenza 19 marzo 2015, n. 43 (in Gazz. Uff., 25 marzo, n. 12), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede che, allorché la malattia, contratta per causa di servizio, insorga dopo i cinque anni dalla cessazione dal servizio, il termine quinquennale di decadenza per l'inoltro della domanda di accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte, ai fini dell'ammissibilità della domanda di trattamento privilegiato, decorra dalla manifestazione della malattia stessa. La pronuncia della Corte Costituzionale si riferisce alla situazione delle malattie cd. lungolatenti, che non ricorre nella fattispecie in esame, posto che già in costanza di servizio il sig. C. V. aveva lamentato diverse patologie, per le quali formulava istanza per il riconoscimento di causa di servizio il 6 marzo 2001 e il 24 settembre 2008. 

Ai fini dell'esame della domanda giudiziale di pensione privilegiata, va considerato che: a)- il V., già dipendente del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, decedeva il giorno 2 gennaio 2009; b)- il 10 agosto 2012 l'odierna ricorrente ha introdotto nei confronti del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto e del Ministero dell'Economia e delle Finanze il giudizio dinanzi al Tribunale ordinario per il riconoscimento della causa di servizio ai fini dell'equo indennizzo; c)- il giudizio veniva definito dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto con sentenza n. 493 del 2017, pubblicata il 20 giugno 2017; d)- successivamente la ricorrente, nella qualità di erede di V. C., ha presentato il 22 aprile 2020 domanda amministrativa di pensione privilegiata, che è stata respinta dall'INPS con Provv. del 26 gennaio 2021 sul presupposto del decorso di oltre un quinquennio tra la data del decesso del V. e la data di presentazione della domanda amministrativa con conseguente decadenza ex art. 14 della L. n. 274 del 1991. 

Occorre dunque verificare se, così come prospettato dalla ricorrente, la pendenza del giudizio dinanzi al Giudice ordinario abbia impedito il decorso del termine decadenziale dei cinque anni di cui all'art. 14 della L. n. 274 del 1991, che, secondo la ricorrente, sarebbe iniziato soltanto dal giorno 20 giugno 2017, data di pubblicazione della sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto n. 493 del 2017 resa nei confronti del Comune sopra citato e del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che ha riconosciuto la causa di servizio e la spettanza dell'equo indennizzo. 

La tesi della ricorrente, che richiama anche qualche precedente giurisprudenziale, si basa sostanzialmente sull'assunto per cui alla decadenza prevista dall'art. 14 della L. n. 274 del 1991 dovrebbero estendersi le disposizioni relative alla prescrizione, sicché il termine decadenziale potrebbe decorrere soltanto dalla data in cui il diritto può farsi valere e, dunque, nella specie, dalla data della sentenza del Tribunale ordinario del 20 giugno 2017. 

Tale assunto di parte ricorrente non può essere condiviso alla luce della differenza esistente tra la prescrizione e la decadenza; infatti, quello dell'art. 14 della L. n. 274 del 1991 è certamente un termine di decadenza e non di prescrizione. L'art. 14 sopra indicato pone senza dubbio il termine perentorio quinquennale per la presentazione della domanda di trattamento privilegiato indiretto; scaduto tale termine, si incorre infatti nella decadenza del diritto pensionistico. 

La decadenza trova disciplina generale nelle seguenti disposizioni del codice civile, che tracciano una regolamentazione ben diversa da quella della prescrizione. L'art. 2964 c.c. prevede che: "Quando un diritto deve esercitarsi entro un dato termine sotto pena di decadenza , non si applicano le norme relative all'interruzione della prescrizione. Del pari non si applicano le norme che si riferiscono alla sospensione, salvo che sia disposto altrimenti". L'art. 2966 c.c. stabilisce che: "La decadenza non è impedita se non dal compimento dell'atto previsto dalla legge o dal contratto. Tuttavia, se si tratta di un termine stabilito dal contratto o da una norma di legge relativa a diritti disponibili, la decadenza può essere anche impedita dal riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza". L'art. 2967 c.c., infine, prevede che: " Nei casi in cui la decadenza è impedita, il diritto rimane soggetto alle disposizioni che regolano la prescrizione". 

Da tali norme discende che in tutti i casi, nei quali è prevista una decadenza, una determinata attività o condotta deve essere compiuta dal titolare del diritto entro un certo termine; ove sia decorso inutilmente tale termine, l'esercizio del diritto rimane precluso irreversibilmente, senza che possano rilevare circostanze che invece sono in grado di sospendere la prescrizione; l'art. 2964 c.c. sopra richiamato, infatti, non consente di applicare alla decadenza le norme relativa alla sospensione e all'interruzione della prescrizione. La linea di demarcazione della decadenza rispetto alla perdita del diritto per prescrizione si evidenzia considerando che la prima non è legata alla pura inerzia del titolare, perché ciò che rileva è proprio l'assenza dell'attività richiesta per evitare la decadenza. Pertanto, la condotta inerte del titolare del diritto è elemento costitutivo della fattispecie, sicché il dies a quo della decadenza corrisponde al tempo in cui si richiede l'esercizio dello stesso diritto soggetto a decadenza ovvero, più precisamente, con il momento previsto per il compimento di un atto c.d. "singolare", ossia non sovrapponibile al diritto ma comunque necessario per la sua tutela: è il caso della denuncia, della diffida, ossia di una domanda amministrativa. In altre parole, la prescrizione si radica nella semplice inerzia del titolare del diritto, laddove la decadenza consiste nel fatto oggettivo del mancato esercizio del diritto e del mancato compimento di una condotta a tutela dello stesso entro un termine stabilito, in funzione dell'interesse generale rispetto alla certezza di una determinata situazione giuridica. 

Nel caso di specie, è palese il decorso del termine decadenziale quinquennale, che non è stato impedito dalla proposizione del giudizio dinanzi al Tribunale ordinario. Al riguardo, al di là delle sopra esposte peculiarità della decadenza, che la differenziano dalla prescrizione, va considerato che il giudizio proposto dinanzi al Giudice ordinario ha avuto parti e petitum diverso da quello odierno, posto che la controversia dinanzi al Tribunale civile ha avuto per oggetto esclusivamente la causa di servizio e il riconoscimento dell'equo indennizzo e come parti convenute il Comune di Barcellona Pozzo di Gotto e il Ministero dell'Economia e Finanze e, dunque, non l'ente previdenziale. Sul punto, va sottolineato che le sentenze del Giudice ordinario, relative al riconoscimento della causa di servizio ai fini dell'attribuzione dell'equo indennizzo, non vincolano la Corte dei Conti e non hanno efficacia di giudicato nel presente giudizio relativo al riconoscimento della pensione privilegiata. Invero, risulta estraneo alla materia delle pensioni l'istituto dell'equo indennizzo il quale è volto alla protezione della speciale condizione del dipendente, divenuto infermo in ragione del suo rapporto con l'Amministrazione e del servizio prestato, sicché il fine dell'equo indennizzo, che non è esclusivamente risarcitorio, si inserisce nell'ambito di un sinallagma in cui si intrecciano prestazioni e controprestazioni di contenuto plurimo (Cass. Sez.Un. 7/3/2003, n. 3438). Si è infatti precisato che l'equo indennizzo non attiene ad un rapporto previdenziale autonomo dal rapporto di pubblico impiego, ma trova titolo immediato e diretto in tale rapporto, con la conseguenza che la controversia ad esso relativa è devoluta al giudice che sul rapporto medesimo ha giurisdizione (v. Cass., sez. un. 19/5/1992, n. 5988; Cass. 1/3/1990, n. 1583). 

La pensione privilegiata, invece, presuppone la cessazione del rapporto di impiego (cfr. Corte dei conti - Sezione giurisdizionale Piemonte, sentenza n. 332/2019). 

Pertanto, il giudice delle pensioni deve procedere ad un'autonoma qualificazione dei medesimi fatti sul piano della specifica disciplina previdenziale pubblica. Ciò si evince dall'orientamento che ha affermato che: "E' devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti non soltanto la domanda di accertamento della causa di servizio, proposta unitamente alla conseguente domanda di condanna dell'ente al pagamento del trattamento pensionistico, ma anche la sola domanda di mero accertamento della causa di servizio, quale presupposto del trattamento pensionistico privilegiato, atteso il carattere esclusivo di tale giurisdizione, affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia" (cfr. Corte conti, Sez. III centr. app., 28 maggio 2018, n. 182; Sez. I centr. app., 13 settembre 2016, n. 353; Sez. I centr. app., 7 gennaio 2015, n. 9; Sez. app. reg. Siciliana, 7 maggio 2015, n. 120). 

Allorché viene chiesto il riconoscimento della pensione privilegiata, la Corte dei Conti deve conseguentemente procedere ad un'autonoma valutazione della dipendenza da causa di servizio delle patologie lamentate dal ricorrente, senza che la pronuncia del giudice civile abbia efficacia vincolante, atteso che -come già detto- le due prestazioni -equo indennizzo e pensione privilegiata- rispondono a finalità diverse (v. pure Cass. 19/7/2006, n. 16546). A ciò va aggiunto che la pensione privilegiata è soggetta a un regime speciale, diverso dall'equo indennizzo, e ha come sua specificità la decadenza ex art. 14 L. n. 274 del 1991. 

2.- Sotto altro versante, va poi osservato che, in ogni caso, la ricorrente non avrebbe potuto chiedere la pensione privilegiata. Al riguardo, si rammenta che l'art. 6 del D.L. 6 decembre 2011, n.201 ha previsto che: "Ferma la tutela derivante dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, sono abrogati gli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica nei confronti del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica, inoltre, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché' ai procedimenti per i quali, alla predetta data, non sia ancora scaduto il termine di presentazione della domanda, nonché ai procedimenti instaurabili d'ufficio per eventi occorsi prima della predetta data". Tale norma ha dunque abrogato il trattamento pensionistico privilegiato per i dipendenti civili, eccettuati i casi ivi espressamente previsti, fra i quali quelli relativi ai procedimenti pendenti nel 2011. Nel caso specifico va osservato che le domande presentate il 10 marzo 2001 e il 24 settembre 2008 dal sig. C. V. hanno per oggetto esclusivamente il riconoscimento della causa di servizio, sicché, non recando alcun accenno alla pensione privilegiata, non consentono di ravvisare la sussistenza di un procedimento di pensione pendente alla data di entrata in vigore del D.L. n. 201 del 2011, che, come tale, non avrebbe risentito degli effetti dell'abrogazione del trattamento pensionistico privilegiato in virtù del citato decreto legge. 

Da quanto sopra consegue inevitabilmente il rigetto delle domande di parte ricorrente, difettando i presupposti normativi. 

In conclusione, il ricorso va respinto. 

La particolarità e la complessità della fattispecie giustificano l'integrale compensazione delle spese di lite. 

P.Q.M. 

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando: 

-rigetta il ricorso; 

-compensa integralmente le spese di lite; 

-in considerazione della particolare complessità della controversia, ai sensi dell'art. 167, comma 1, c.g.c., fissa il termine di giorni sessanta per il deposito della sentenza; 

-dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, in conseguenza della natura dei dati personali trattati, si provveda all'oscuramento delle generalità del ricorrente e dei suoi congiunti in sede di pubblicazione nella banca dati o di rilascio di copie a soggetti diversi dalle parti. 

Così deciso in Palermo, in data 26 settembre 2023. 

Depositata in Cancelleria il 24 novembre 2023. 


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