Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 23/05/2023) 28-11-2023, n. 10179
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale OMISSIS del 2021, proposto dal signor OMISSIS, rappresentato e difeso
contro
il Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, e il Comando generale dell'Arma dei carabinieri, in persona del Comandante generale pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di OMISSIS, sezione prima, n. OMISSIS/OMISSIS, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Comando generale dell'Arma dei carabinieri;
visti tutti gli atti della causa;
relatore, nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2023, il consigliere Francesco Frigida e uditi per le parti l'avvocato Marco Petrone, per delega dell'avvocato Franco Martellucci, e l'avvocato dello Stato Emma Damiani;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il signor OMISSIS, tenente della riserva selezionata dell'Arma dei Carabinieri, ha proposto il ricorso n. 430 del OMISSIS dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di OMISSIS, per l'annullamento della determinazione del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri n. OMISSIS di prot. "R" del 6 aprile OMISSIS, notificatagli il successivo giorno, con cui è stata dichiarata l'inammissibilità del ricorso gerarchico proposto dall'interessato il 31 gennaio OMISSIS avverso l'atto di richiamo in servizio in qualità di ufficiale della riserva selezionata, notificatogli il 7 giugno OMISSIS, e per l'ottenimento della "conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato" e il reintegro presso l'ufficio di ultima assegnazione nei medesimi ruolo e incarico; nonché per l'annullamento di ogni atto presupposto e conseguente e in particolare del su citato atto di richiamo in servizio nella parte in cui stabilisce la sua cessazione dal servizio al 31 dicembre OMISSIS.
1.1. Il Ministero della difesa e il Comando generale dell'Arma dei carabinieri si sono costituiti nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.
2. Con l'impugnata sentenza n. OMISSIS del 6 agosto OMISSIS, il T.a.r. per il Lazio, sezione staccata di OMISSIS, sezione prima, ha respinto il ricorso e ha compensato tra le parti le spese di lite.
2.1. In particolare, il collegio di primo grado ha sintetizzato i fatti di causa come segue: "Il ten. OMISSIS è un ufficiale della riserva selezionata dei Carabinieri che, all'esito della frequenza del corso di aggiornamento svoltosi dal 6 maggio OMISSIS al 7 giugno OMISSIS presso la Scuola ufficiali di Roma, è stato trattenuto in servizio con atto di richiamo a firma del Comandante generale dell'Arma ex art. 987, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, notificato il 7 giugno OMISSIS, per essere assegnato a un ufficio del Comando generale di Roma a decorrere dall'8 giugno OMISSIS sino al 31 dicembre OMISSIS. In data 31 gennaio OMISSIS il ten. OMISSIS ha proposto ricorso gerarchico al Comandante generale dell'Arma dei carabinieri per ottenere la conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato e il reintegro presso l'ufficio di ultima assegnazione nel medesimo ruolo dell'incarico, deducendo di aver prestato oltre 36 mesi di servizio complessivo. Detto ricorso è stato dichiarato inammissibile con determinazione del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri n. OMISSIS di prot. "R" del 6 aprile OMISSIS, notificata il successivo giorno 18, ravvisandosi, da un lato, la natura di atto definitivo del provvedimento impugnato e, dall'altro, la tardività rispetto al provvedimento di richiamo, che è stato notificato al ten. OMISSIS il 7 giugno OMISSIS, giusti gli artt. 1 e 2, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199. (…) Con il ricorso all'esame, notificato il 17 giugno OMISSIS e depositato il successivo giorno 28, il ten. OMISSIS ha impugnato gli atti indicati in epigrafe e, senza articolare alcuno specifico motivo di gravame, ne ha chiesto l'annullamento, con contestuale declaratoria della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, per superamento dei 36 mesi di servizio complessivo, e dell'obbligo di reintegro nella funzione nel ruolo nel servizio al momento del congedo al 31 dicembre OMISSIS, ai sensi dell'art. 4-bis, D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, di recepimento della dir. n. 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999 dall'UNICE, dal CEEP e dal CES (…) Con memoria di puro stile depositata il 3 luglio OMISSIS si sono costituiti per resistere al ricorso il Ministero della difesa e il Comando generale dell'Arma dei carabinieri, che hanno controdedotto nel merito con successiva memoria depositata il 30 settembre OMISSIS".
2.2. Il T.a.r. ha poi così motivato la propria statuizione: "In primo luogo, appare corretta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso gerarchico adottata dal Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, sulla base del fatto che il provvedimento impugnato in sede amministrativa ha senz'altro natura di atto definitivo, come tale non suscettibile di ricorso gerarchico ex art. 1, D.P.R. n. 1199 del 1971, essendo stato adottato dalla più alta autorità della suddetta Forza armata. Inoltre, l'atto di richiamo è stato notificato al ten. OMISSIS il 7 giugno OMISSIS, laddove il ricorso amministrativo è stato proposto soltanto il 31 gennaio OMISSIS, cioè ben oltre il termine di 30 giorni prescritto dall'art. 2, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 cit., essendo irrilevante che gli specifici profili di lesività dell'atto siano stati individuati nell'apposizione di un termine al periodo di richiamo (…) Nel merito è, poi, priva di fondamento anche la pretesa sostanziale alla conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato e indeterminato proposta dall'odierno ricorrente. A tal fine, occorre premettere che la presente controversia rientra nella giurisdizione amministrativa esclusiva relativa "ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico" di cui agli artt. 7, comma 5, e 133, comma 1, lett. i), cod. proc. amm., tale essendo il personale militare a termini dell'art. 3, comma 1, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165; pertanto, la cognizione di questo Tribunale si estende anche ai diritti soggettivi, qual è quello alla conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato e indeterminato, che il ten. OMISSIS chiede sia accertato. Tanto premesso, si osserva che nel pubblico impiego alla pretesa volta ad ottenere una pronuncia giudiziale dichiarativa del diritto alla conversione del rapporto di lavoro a termine intrattenuto con l'Amministrazione in un rapporto a tempo indeterminato osta il principio generale stabilito dall'art.97 Cost., per cui agli impieghi presso le pubbliche amministrazioni si accede per concorso, salvo i casi previsti dalla legge (ex multis: Cass. civ., sez. un., 15 marzo 2016 n. 5072; sez. un., 14 marzo 2016 n. 4912; sez. lav., 2 aprile OMISSIS n. 9114; sez. VI, 2 agosto 2016 n. 16095; Cons. Stato, sez. IV, 29 maggio OMISSIS n. 3190; sez. V, 14 aprile 2008 n. 1645). Sul punto, l'art. 36, comma 5, D.Lgs. n. 165 del 2001, chiarisce che: "In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative". Tale disposizione, pur dettata per il personale pubblico in regime di c.d. privatizzazione del rapporto di lavoro, è "pacificamente applicabile all'intero settore del pubblico impiego", incluso quello non contrattualizzato (tra cui gli appartenenti alle Forze armate), costituendo una pietra angolare del sistema e un diretto precipitato dell'art. 97 Cost. (Cons. Stato, sez. IV, 29 maggio OMISSIS n. 3190; sez. IV, 1 giugno 2016 n. 2318). In definitiva, il meccanismo della conversione in contratto a tempo indeterminato prevista per il caso di abusivo utilizzo di contratti a termine dall'art. 4-bis, D.Lgs. n. 368 del 2001, abrogato dagli artt. 21 e 55, comma 1, lett. b), D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, è inapplicabile al rapporto di lavoro pubblico, anche in regime di diritto pubblico, per il quale vige, in caso di violazione di norme imperative in materia, uno specifico regime sanzionatorio contenuto nell'art. 36, comma 5, D.Lgs. n. 165 del 2001 cit., costituito dal diritto del lavoratore al risarcimento del danno; diritto che nella specie non è stato azionato dal ten. OMISSIS. La legittimità di tale sistema di tutela differenziata in ragione della natura pubblica o privata del datore di lavoro è stata confermata dalla giurisprudenza euro-unitaria, la quale ha chiarito che la clausola 5, punto 2, del prefato accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, allegato alla dir. n. 1999/70/CE, non istituisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato (Corte giust. 7 marzo OMISSIS, causa C-494/16; 7 settembre 2006, causa C-53/04)".
3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato - rispettivamente in data 1 marzo 2021 e in data 31 marzo 2021 - la parte privata ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando tre motivi.
4. Il Ministero della difesa e il Comando generale dell'Arma dei carabinieri si sono costituiti in giudizio, chiedendo il rigetto del gravame.
5. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 23 maggio 2023.
6. L'appello è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in diritto.
7. Tramite il primo motivo d'impugnazione l'appellante ha dedotto l'"Inspiegabilità della premessa" della sentenza gravata, in quanto "Il Tar ritiene che OMISSIS abbia impugnato i provvedimenti "senza articolare alcun particolare motivo di gravame", sebbene questi siano stati diffusamente spiegati sia a contrastare le motivazioni pregiudiziali in rito, preliminari di merito e sostanziali che portano ineludibilmente all'accoglimento della domanda del ricorrente".
Siffatto motivo è inammissibile, in quanto difettante di un concreto interesse all'impugnazione; con esso, infatti, si contesta un obiter dictum, ovverosia un'affermazione che non ha avuto alcuna incidenza sulla decisione finale, non avendo invero il T.a.r. dichiarato inammissibile il ricorso per genericità per violazione dell'art. 40, comma 1, lettera d), del cod. proc. amm, ma avendolo, invece, respinto nel merito.
Ad ogni modo, la censura è anche infondata, giacché il ricorso originario non conteneva un'articolazione delle doglianze, ma svolgeva una complessiva ricostruzione della vicenda, innestandovi le tesi dell'interessato, il che evidentemente è stato reputato dal T.a.r. sufficiente a garantire una percepibilità del thema decidendum, nonché a evitare, dunque, una declaratoria d'inammissibilità.
Si precisa inoltre, per completezza, che l'implicita ritenuta ammissibilità del ricorso di primo grado (stante la sua decisione nel merito e la conseguente totale ininfluenza dell'obiter dictum censurato), in assenza di impugnazione incidentale dell'amministrazione al riguardo, è ormai coperta da giudicato interno, sicché essa non può essere oggetto di nuova valutazione d'ufficio in questa sede.
8. Mediante la seconda doglianza l'interessato ha censurato la statuizione impugnata nella parte in cui il T.a.r. ha affermato la legittimità della declaratoria d'inammissibilità del ricorso gerarchico, lamentando sul punto che "la mancata individuazione dell'organo sovraordinato al Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, nel Ministro della Difesa non può di per sé provocare un giudizio di inammissibilità dell'Atto - Ricorso, la cui salvezza e conservazione è preordinata a qualsiasi altro tipo di valutazione e conclusione. Pertanto, anche sotto tale ulteriore profilo, il Ricorso Gerarchico andava ritenuto ammissibile".
Siffatta contestazione è infondata, in quanto il ricorso gerarchico non né stato dichiarato inammissibile per mancata individuazione, da parte dell'interessato, del superiore gerarchico nel Ministro della difesa, ma perché l'atto impugnato è stato considerato definitivo dall'amministrazione.
Il T.a.r., nel confermare detta definitività, ha fatto riferimento tanto al suo connotato strutturale (già adombrato dall'amministrazione militare), trattandosi di provvedimento della più alta autorità dell'Arma dei carabinieri, quanto alla preclusione temporale (specificamente evidenziata nel provvedimento del Comandante generale) derivante dal superamento del termine di 30 giorni di cui all'art. 2, comma 1, del D.P.R. n. 1199 del 1971, considerato che l'atto di richiamo è stato notificato all'interessato il 7 giugno OMISSIS e il ricorso gerarchico è stato presentato il 31 gennaio OMISSIS, a nulla rilevando che il periodo di servizio effettivo è terminato il 31 dicembre OMISSIS, essendo tale scadenza già individuata nel suddetto richiamo, sicché la lesività del provvedimento è da ricondursi alla sua conoscenza da parte del ricorrente e non dalla cessazione dei suoi effetti (peraltro, anche accedendo a tale tesi, il ricorso sarebbe comunque tardivo siccome presentato il trentunesimo giorno, non festivo, dopo la fine del rapporto di lavoro).
Pertanto, anche a prescindere dalla definitività strutturale di un provvedimento del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, è evidente che il ricorso gerarchico sia stato presentato fuori termine e che, quindi, sia stato legittimamente dichiarato inammissibile.
Ad ogni modo, la pretesa sostanziale sottesa al ricorso gerarchico è infondata, come si preciserà nel prossimo paragrafo.
9. Attraverso il terzo motivo di gravame l'appellante ha censurato la sentenza impugnata laddove il T.a.r. ha dichiarato l'infondatezza della domanda di conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sostenendo che "Secondo il TAR (…) il lavoratore, nel caso specifico l' Ufficiale dei Carabinieri che, nell'arco temporale dispiegatosi in circa un ventennio, ha messo a disposizione dell'amministrazione di appartenenza la propria professionalità, rendendosi disponibile a molteplici chiamate in assunzione, ad aggiornare le proprie conoscenze conseguendo alti gradi di specializzazione, sacrificando altre opportunità e fondando le proprie aspettative di vita sulle opportunità offertegli dall'Arma dei Carabinieri; che ha visto rafforzare e giustificare dette sue aspettative dal comportamento della P.A. in particolare con il D.P.C.M. del 6 agosto 2008, con il quale il Ministero della Difesa, Arma dei Carabinieri è stato autorizzato ad assumere a tempo indeterminato, mediante procedure di stabilizzazione, personale ufficiale in ferma prefissata che avesse superato i 36 mesi di servizio; questo lavoratore, con tale portato esperienziale, per il caso di abusivo utilizzo dei contratti a termine, come palesemente avvenuto nella fattispecie, con violazione di norme imperative in materia, debba avere a disposizione solo il regime sanzionatorio che gli riconosce un diritto al risarcimento del danno contenuto e spiegato dall'art. 36, comma 5, D.Lgs. n. 165 del 2001 pari all'equivalente economico di qualche ultima mensilità percepita. Può mai "percepirsi" come satisfattiva di un risarcimento di un danno così ampio, argomentato e provato, un "contentino" si direbbe umiliante. E non è una argomentazione pregiuridica quella che hic et inde si espone; è la specifica richiesta all'organo giurisdizionale di fare giustizia e di porre fine, a cominciare dal caso che gli si sta sottoponendo, ad un assurdo comportamento della Pubblica Amministrazione. Ne ha tutta l'autorità e ne possiede gli strumenti. A cominciare da una coraggiosa lettura costituzionalmente orientata della normativa che, non contra ma praeter legem, porta ad affermare che l'accesso all'Arma dei Carabinieri del tenente OMISSIS e dunque il rapporto di lavoro (come comprovato dalla documentazione matricolare) è stato avviato nel rispetto dell'art. 97 della Costituzione, ovvero mediante concorso pubblico; infatti il ricorrente è risultato vincitore del concorso pubblico per Allievi Ufficiali di Complemento indetto dal Ministero della Difesa. Successivamente l'assunzione nell'Amministrazione dell'Arma dei Carabinieri si è concretizzata con la nomina ad Ufficiale di complemento con il grado di Sottotenente; che gli oltre 36 mesi occupati nell'Arma sono stati coperti dal requisito dell'indispensabilità, anche quando, nel porre in congedo il ricorrente in data 1 gennaio OMISSIS, l'Arma dei Carabinieri ha proceduto a reclutare ulteriore personale ufficiale in possesso delle stesse professionalità di colui che veniva posto in congedo, perseguendo pervicacemente, l'illegittima conservazione delle situazioni di precariato. Per arrivare a concludere che la contemporanea sussistenza del requisito dell'ingresso nei ruoli dell'Arma dei Carabinieri con il reclutamento e la selezione iniziale, che ha tutte le caratteristiche del concorso pubblico necessario per l'accesso alla P.A., in uno con l'ulteriore circostanza del servizio, pur non continuativo, della durata pari o superiore ai 36 mesi, porti automaticamente al riconoscimento del diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato. E' l'unico modo perché si possa riconoscere con integrale soddisfazione l'autentica attribuzione di un diritto maturato dal richiedente. In nessun modo equo, giusto e risarcitorio per l'appellante né ora, né al momento della proposizione del ricorso gerarchico e poi della successiva impugnativa dinanzi il TAR, che ne ha volontariamente omessa la richiesta della sua applicazione, né primariamente, né in via subordinata, il sistema di cui al più volte richiamato art. 36 comma 5 D.Lgs. n. 65 del 2001 che pare avallare, istituzionalizzandolo, un sistema illecito".
Tale motivo è infondato.
In proposito il collegio osserva, anche ai sensi dell'art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a., che ai sensi di consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui non intende discostarsi, sussiste "la inestensibilità della disciplina della stabilizzazione alle Forze Armate (Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 1542/2008; 2194/2008; n. 1204/2012; n. 2722/2012; n. 2114/OMISSIS; cfr. in punto di specialità e di autosufficienza dell'ordinamento militare, ex art. 625 del D.Lgs. n. 66 del 2010, rispetto alla disciplina generale del pubblico impiego, fra le tante, la sentenza della Sezione IV, 23 maggio 2016, n. 2113); del resto la stabilizzazione costituisce un istituto di carattere eccezionale e derogatorio rispetto alle ordinarie modalità di accesso previste dall'art. 97 della Costituzione, per cui le relative disposizioni sono di stretta interpretazione, non possono mai consentire lo stabile inserimento di lavoratori assunti a tempo indeterminato in mancanza del previo superamento di prove selettive pubbliche, sono circoscritte nel tempo (cfr. Corte cost., 13 aprile 2011 n. 127; 11 febbraio 2011 n. 42, secondo cui sono incostituzionali, in riferimento all'art. 97, co. 3, Cost., le norme, di legge regionale nel caso di specie, che consentano la copertura di posti di pianta organica mediante procedure di stabilizzazione di personale precario inibendo l'indizione di pubblici concorsi ovvero arrestando le procedure in atto a detrimento di coloro che abbiano partecipato utilmente ad un concorso pubblico e siano in attesa di essere nominati man mano che si rendano vacanti i relativi posti nel rispetto del termine di validità della graduatoria)" e che "sul piano pratico deve registrarsi che, nell'ambito delle Forze armate, solo l'Arma dei carabinieri ha proceduto alla stabilizzazione di un limitato numero di ufficiali ausiliari in ferma prefissata, anche in virtù di una speciale previsione normativa confluita fra le disposizioni transitorie (art. 2212) del codice dell'ordinamento militare. L'inserimento di tale norma rappresenta una conferma ulteriore della natura eccezionale e di stretta interpretazione della disciplina della stabilizzazione, non suscettibile di applicazione oltre ai casi ivi espressamente menzionati". Nel medesimo contesto è stato, altresì, rilevato che "le Forze Armate sono escluse per espressa voluntas legis dalla procedura di stabilizzazione prevista per il pubblico impiego in generale" e che "il rapporto di impiego con le Forze Armate è oggetto di deroga all'art. 3 dello stesso D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 n. 165/2001, secondo il quale alcune categorie di personale restano disciplinate dai rispettivi ordinamenti e caratterizzate da un rapporto di impiego non contrattualizzato, a differenza del restante personale del pubblico impiego, il cui rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione è ormai ricondotto alla disciplina del diritto privato", con l'ulteriore precisazione che "ai ruoli del servizio permanente si accede attraverso la procedura selettiva (volta ad accertare le attitudini ed il rendimento durante il servizio svolto, le qualità morali e culturali evidenziate, l'esito dei corsi frequentati, le specializzazioni e le abilitazioni conseguite, nonché i titoli di studio posseduti), in conformità rispetto al principio costituzionale dell'accesso al pubblico impiego per concorso (art. 97 della Cost.)" (così Cons. St., sez. IV, n. 2319/OMISSIS, cit.). In proposito deve anche ricordarsi come la giurisprudenza di questo Consiglio abbia specificamente sottolineato la specialità della normativa di settore destinata a regolare le modalità di assunzione ed i rapporti di lavoro intercorrenti con le Forze Armate, specialità che "si ricava in modo espresso da diverse disposizioni dell'ordinamento: in primo luogo, l'art. 3 coma 1 D.Lgs. n. 165 del 2001 afferma che 'in deroga all'articolo 2 commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: ... il personale militare e delle Forze di Polizia di Stato'. Inoltre, anche il Codice dell'Ordinamento Militare, all'art. 625 comma 1, definisce i rapporti con l'ordinamento generale del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e altri ordinamenti speciali, affermando che 'al personale militare si applicano i principi e gli indirizzi di cui all'articolo 19 della L. 4 novembre 2010, n. 183, nonché le disposizioni contenute nel presente codice'. Infine, l'articolo 19 della L. n. 183 del 2010 statuisce che 'ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti" (così Cons. St., sez. IV, n. 4331/2015)" (Consiglio di Stato, sezione II, sentenza 19 aprile 2022, n. 2907).
In sostanza, come correttamente evidenziato dal T.a.r., alla fattispecie in esame non è applicabile alcuna procedura di stabilizzazione, non potendosi accogliere l'interpretazione estensiva della disciplina normativa richiamata propugnata dall'appellante, essendo palesemente contrastante con il principio costituzionale sopra richiamato e con il canone ermeneutico di cui all'art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, per cui le norme aventi carattere eccezionale - quali sono quelle sulle stabilizzazioni del personale della pubblica amministrazione a tempo determinato - "non si applicano al di fuori dei casi e dei tempi dalle stesse contemplati", ed essendo del tutto inconferente il richiamo dell'appellante all'art. 97, comma 4 (ex comma 3), della Costituzione, in quanto, al contrario, tale precetto sarebbe leso dall'interpretazione sostenuta dall'interessato, volta a comprimere il concorso pubblico quale fisiologica modalità di accesso all'impiego presso le pubbliche amministrazioni. È peraltro irrilevante l'argomento speso dall'appellante secondo cui il principio del concorso sarebbe rispettato siccome egli "è risultato vincitore del concorso pubblico per Allievi Ufficiali di Complemento indetto dal Ministero della Difesa", trattandosi, invero, di una procedura non diretta alla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a cui, invece, è tesa la sua domanda giudiziale, volta, infatti, ad ottenere la trasformazione di un rapporto a tempo determinato in un ontologicamente distinto rapporto a tempo indeterminato in assenza di specifica selezione concorsuale, il che, come ampiamente illustrato, non è in alcun modo consentito nel peculiare ambito lavorativo delle Forze armate.
10. In conclusione l'appello va respinto.
11. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese processuali del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. OMISSIS del 2021, come in epigrafe proposto, lo respinge; compensa tra le parti le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2023, con l'intervento dei magistrati:
Giulio Castriota Scanderbeg, Presidente
Giovanni Sabbato, Consigliere
Francesco Frigida, Consigliere, Estensore
Antonella Manzione, Consigliere
Alessandro Enrico Basilico, Consigliere
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