Armi, pace e pil: avevano ragione i “putiniani”
GUERRA IN UCRAINA: PREVALE MOSCA - Oracoli. Dalle inutili sanzioni al conflitto “sirianizzato”: oggi i fatti sul campo di battaglia confermano le tesi che ieri costavano liste di proscrizione Lavrov: “BoJo rifiutò l’intesa”
DI LORENZO GIARELLI
Chiunque abbia aperto il sito dell’Economist ieri, si sarà trovato di fronte un’illustrazione di Vladimir Putin con un titolo esplicito: “Sembra che per ora Putin stia vincendo la guerra in Ucraina”. Per un anno e mezzo, in Italia certe tesi e previsioni sono costate liste di proscrizione e censure. Come non ricordare il contratto del professor Alessandro Orsini con Cartabianca strappato per l’intervento della Vigilanza Rai. Oggi molte di quelle posizioni non sono più eretiche, perché i fatti sono andati nella direzione pronosticata dai “putiniani d’Italia”. “Qualcuno farà mea culpa? Chiederanno scusa?”, si domanda Gianandrea Gaiani, analista, direttore di Analisi Difesa a lungo denigrato per le sue posizioni.
Riprendiamoci tutto.
Dopo l’invasione russa, i governi Draghi e Meloni hanno ripetuto la posizione della Nato: “Nessuna pace senza la piena integrità territoriale dell’Ucraina”. Guai ad ammettere, con un po’ di realismo, che per arrivare alla pace sarebbe stato necessario concedere qualcosa alla Russia. Ieri Sergej Lavrov, ministro degli Esteri di Mosca, ha confermato la versione data dal diplomatico ucraino David Arakhamia su un’intesa di pace saltata nel maggio 2022: “C’era un accordo dopo diversi turni di trattative. Tre sessioni in Bielorussia, e l’ultimo a Istanbul. Ma Boris Johnson venne e disse no”. Ma oggi pure Guido Crosetto lo riconosce: “È difficile che l’uno riesca a sconfiggere l’altro. E quindi si ragiona su percorsi alternativi che, senza negare le ragioni dell’Ucraina, possano far raggiungere la pace con razionalità”.
Il logorarsi del conflitto.
Fin dal marzo 2022, Orsini scrisse sul Fatto del rischio della “sirianizzazione del conflitto in Ucraina”. Tradotto: una guerra lunga, logorante, con un andamento altalenante. Si è pensato invece che un rilevante impegno occidentale al fianco dell’Ucraina avrebbe portato “all’equilibrio delle forze in campo” (Meloni dixit), condizione propedeutica alla pace. L’eterno invio di armi, unito all’esecrazione della diplomazia, ha invece portato a oltre un anno e mezzo di devastazione. “Al punto che ora – ragiona Gaiani – in America si avvicinano le elezioni e tutti si sono accorti che non guadagnerebbero un voto mantenendo alta la tensione con la Russia”.
La potenza russa.
In parecchi hanno parlato di una presunta debolezza russa. Talvolta dando per certa un’imminente morte di Putin (“il gonfiore del viso”, “il tumore”, “la demenza o il Parkinson”, “i problemi alla colonna vertebrale” eccetera), altre volte descrivendo un esercito, quello di Mosca, prossimo alla sconfitta. Oggi a essere in crisi sono però le scorte militari di gran parte dell’Occidente, Italia in testa. E questo ormai lo ammettono anche Giorgia Meloni (serve però farle credere di parlare con un funzionario africano) e Crosetto, che infatti di recente ha rallentato: “L’Italia ha fatto quasi tutto ciò che poteva fare, non esiste molto ulteriore spazio, le risorse non sono illimitate”. Gaiani lo spiega: “L’Europa era abituata a guerre a bassa intensità, non si può permettere quello che ha promesso. La Germania ha ordinato 18 carri armati di ultima generazione, ma saranno pronti tra due anni. E sono 18, potrebbero non durare una settimana in Ucraina”.
La controffensiva.
Per mesi è bastato citare la parola “controffensiva” per liquidare le obiezioni dei “putiniani d’Italia”. Invece la controffensiva – lungi dall’essere risolutiva – ha finito per essere parte di quella “sirianizzazione”. Nel frattempo, anche i rapporti diplomatici tra Ue e Kiev si sono raffreddati: se Bruxelles si era impegnata a far aderire in fretta l’Ucraina all’Ue, restano ancora veti pesanti, come quello confermato ieri dall’Ungheria di Orbán.
Segue...
Sanzioni economiche.
Poco dopo l’invasione russa, Janet Yellen dal Tesoro Usa sentenziava: “L’economia russa sarà devastata dalle sanzioni economiche che abbiamo già varato”. Un paio di settimane fa, l’Ue ha dovuto certificare le stime di crescita del Pil di Mosca: +2 per cento nel 2023. “Volevamo logorare la Russia, siamo finiti logorati noi”, allarga le braccia Gaiani. In effetti sono cifre da fare invidia a un bel pezzo di Ue, dove nel frattempo i Paesi sono preda di imbarazzi e ipocrisie. Non ultima l’Italia, che per rinunciare all’energia del pericoloso Putin ha stretto accordi con leader molto più affabili come Al-Sisi ed Erdogan.
Prigozhin.
A giugno, giornalisti in estasi avevano fatto passare per eroe occidentale Prigozhin, il capo della Wagner a un passo dal colpo di Stato contro Putin. Tutto svanito nel giro di qualche ora, ma tanto era bastato per far tornare i titoli sul “Putin indebolito” e sul “sistema di potere in crisi” a Mosca. Ipotesi contestata, tra gli altri, ancora da Orsini, che a fine giugno aveva prefigurato l’eliminazione del capo militare smontando l’illusione di un presidente russo in difficoltà. Abbastanza perché il giorno dopo il Fatto e Cartabianca fossero massacrati: “Chiederemo in Vigilanza – attaccava Matteo Renzi – di sapere se chi va in tv a difendere Putin (i personaggi alla Orsini/Travaglio insomma) sono mai stati pagati da Cartabianca”. Il guaio, secondo Gaiani, è l’aver inquinato il dibattito: “Mi sono preso del putiniano per aver parlato di una Ue schiacciata sugli interessi Usa. Purtroppo all’incompetenza si è unito un approccio ideologico e politico al tema della guerra”.
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