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sabato 2 dicembre 2023

Tar 2023-"Segnatamente, ritiene che la disposizione di cui all'art. 45, comma 31-bis, D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95, come modificato dall'art. 40, comma 1, lett. q), D.Lgs. 27 dicembre 2019, n. 172, che, in deroga a quanto disposto dall'art. 42-bis D.Lgs. n. 151 del 2001, stabilisce che "il diniego è consentito per motivate esigenze organiche o di servizio", riguardi solo le Forze di Polizia, di cui non fa parte l'Esercito Italiano. "

 

T.A.R. Friuli-V. Giulia Trieste Sez. I, Sent., (ud. 08/11/2023) 28-11-2023, n. 362 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia 

(Sezione Prima) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

ex art. 60 cod. proc. amm.;sul ricorso numero di registro generale 326 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato  

contro 

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio; 

per l'annullamento, previa sospensione cautelare, 

del provvedimento emesso da Stato Maggiore dell'Esercito, Dipartimento Impiego per il Personale Militare (DIPE) in data 14.07.2023, prot. (...); (...) conosciuto in data 18.07.2023 mediante notifica al ricorrente "per presa visione"; 

di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali; 

Visti il ricorso e i relativi allegati; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2023 la dott.ssa Manuela Sinigoi e udito per il ricorrente il difensore come specificato nel verbale; 

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

Con ricorso notificato in data 19 settembre 2023 e depositato il successivo 18 ottobre 2023, il ricorrente, Primo graduato dell'Esercito Italiano, ha chiesto l'annullamento, previa sospensione cautelare, del provvedimento in epigrafe compiutamente indicato, con cui lo Stato Maggiore dell'Esercito - Dipartimento impiego del personale gli ha denegato la richiesta assegnazione temporanea ex art. 42-bis D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 in un Ente dislocato nella sede di OMISSIS, nell'ambito della cui provincia presta la propria attività lavorativa la coniuge. 

La domanda azionata è affidata ai seguenti motivi di diritto: 

1. "Violazione o falsa applicazione di legge degli artt. 3, 4, 30, 31, 32 e 97 della Costituzione; violazione dell'art. 3 L. n. 241 del 1990; Violazione dell'art. 3 della convenzione di New York sui diritti del fanciullo; violazione del principio di bigenitorialità; violazione o falsa applicazione dell'art. 42 bis D.Lgs. n. 151 del 2001 e s.m.i. e dell'art.1493 D.Lgs. n. 66 del 2010; Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti; Sviamento di potere, difetto d'istruttoria, difetto di presupposti, difetto di motivazione e difetto di ponderazione dei contrapposti interessi", con cui il ricorrente contesta, in estrema sintesi, le ragioni con cui il Ministero intimato ha supportato la ritenuta impossibilità della sua proficua utilizzabilità nella sede di OMISSIS e/o dell'insostenibilità economica della sua riqualificazione/formazione e, prima ancora, la sua effettiva necessità. 

2. "Violazione o falsa applicazione dell'art. 42 bis D.Lgs. n. 151 del 2001 e s.m.i. e dell'art.1493 D.Lgs. n. 66 del 2010 con riferimento al citato art. 31 bis D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95 cosi come aggiunto dall'art. 40 comma 1 lettera q) D.Lgs. 27 dicembre 2019, n. 172", con cui contesta la lettura delle norme di riferimento offerta dal Ministero intimato. Segnatamente, ritiene che la disposizione di cui all'art. 45, comma 31-bis, D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95, come modificato dall'art. 40, comma 1, lett. q), D.Lgs. 27 dicembre 2019, n. 172, che, in deroga a quanto disposto dall'art. 42-bis D.Lgs. n. 151 del 2001, stabilisce che "il diniego è consentito per motivate esigenze organiche o di servizio", riguardi solo le Forze di Polizia, di cui non fa parte l'Esercito Italiano. 

Il Ministero intimato, seppur ritualmente evocato in giudizio, non si è costituito. 

Celebrata l'udienza camerale dell'8 novembre 2023, fissata per la trattazione dell'incidente cautelare, l'affare è stato trattenuto in decisione. 

Il Collegio ritiene, in primo luogo, che sussistono i presupposti di legge per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 del c.p.a., come da riserva a verbale formulata dal Presidente nel corso dell'odierna udienza. La causa è, infatti, matura per la decisione in base agli atti sin qui dimessi dal ricorrente e le questioni che vengono in rilievo sono di pronta e facile soluzione e, in quanto tali, sussumibili nelle ipotesi di cui all'art. 74, comma 1, c.p.a., cui il citato art. 60 cod. proc. amm. inevitabilmente rinvia. 

Il Consiglio di Stato ha, peraltro, in più occasioni affermato che il rito previsto dall'art. 60 c.p.a. non ha natura consensuale (Cons. St., sez. V, 15 gennaio 2018, n. 178). 

Il ricorso è fondato. 

Il provvedimento gravato sconta, invero, i vizi denunciati dal ricorrente, risultando inidonee e, comunque, in frontale contrasto con la legge le motivazioni addotte a suo supporto, che possono essere come di seguito sintetizzate: 

- applicabilità al personale militare dell'art. 31-bis del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95, aggiunto dall'art. 40, comma 1, lettera q) del D.Lgs. 27 dicembre 2019, n. 172, secondo cui "il diniego è consentito per motivate esigenze organiche e di servizio" e non più per "esigenze eccezionali" di cui alla disciplina di carattere generale; 

- carenza, presso la sede richiesta, della possibilità di collocare utilmente l'istante alla luce del profilo professionale da questi posseduto e per il quale è stato formato (operatore logistico della sanità); 

- evidenti criticità sotto il profilo organico, funzionale, operativo e/o di necessaria riqualificazione/formazione dell'istante a premessa dell'abilitazione ad altra mansione, i cui oneri risulterebbero né sostenibili, né giustificabili per l'Amministrazione in alcun modo, nel caso di sua eventuale assegnazione presso la sede richiesta per il periodo previsto dalla normativa invocata. 

Giova, invero, premettere che l'art. 42-bis D.Lgs. 26 marzo 2011, n. 151, che regola la specifica fattispecie, dispone che "il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. (…)". 

Come correttamente osservato e dedotto dal ricorrente, non trova, invero, applicazione, nel caso in esame, la disposizione derogatoria di cui all'art. 45, comma 31-bis, D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95, come modificato dall'art. 40, comma 1, lett. q), D.Lgs. 27 dicembre 2019, n. 172, che stabilisce che "Al fine di assicurare la piena funzionalità delle amministrazioni di cui al presente decreto legislativo, le disposizioni di cui all'articolo 42-bis, comma 1, del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, si applicano esclusivamente in caso di istanza di assegnazione presso uffici della stessa Forza di polizia di appartenenza del richiedente, ovvero, per gli appartenenti all'Amministrazione della difesa, presso uffici della medesima. Il diniego è consentito per motivate esigenze organiche o di servizio". 

Le "Amministrazioni" contemplate dal decreto legislativo su indicato sono, infatti, unicamente quelle cui afferiscono (e nei limiti in cui afferiscono) la Polizia di Stato, l'Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Polizia penitenziaria. 

Ne deriva che anche il riferimento riportato nella norma agli "appartenenti all'Amministrazione della Difesa" deve essere letto in tali termini e ricondotto, più propriamente, ai soli appartenenti all'Arma dei Carabinieri, che, ai sensi degli artt. 155 e 162, comma 2, lett. a), del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (già art. 2 D.Lgs. 5 ottobre 2000, n. 297), "ha collocazione autonoma nell'ambito del Ministero della difesa, con rango di Forza armata ed è forza militare di polizia a competenza generale e in servizio permanente di pubblica sicurezza, con le speciali prerogative conferite dalla normativa vigente" e "per gli aspetti tecnico-amministrativi, (…) fa capo (…) al Ministero della difesa per quanto concerne il personale, l'amministrazione e le attività logistiche". 

Questo Tar ha, del resto, già osservato che "l'art. 31 bis del D.Lgs. n. 95 del 2017, aggiunto dall'art. 40, comma 1, lett. q) del D.Lgs. n. 172 del 2019, laddove prevede che il diniego dell'istanza ex art. 42 bis D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 cit. è consentito per "motivate esigenze organiche o di servizio", non è applicabile al caso di specie. Ciò perché, come (…) chiarito (…) nella (…) sentenza n. 15/2021, "la norma, (…), si connota per il riferimento alle amministrazioni di cui al presente decreto legislativo, che sono le sole forze di polizia (l'intervento normativo è rubricato, infatti Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia) e non l'Esercito" (TAR FVG, sez. I, 26 marzo 2022, n. 173). 

In alcun modo, la più favorevole previsione delle "esigenze organiche o di servizio" per motivare il diniego può, dunque, essere indistintamente estesa a tutto il personale appartenente al Ministero della Difesa. 

In ogni caso, al di là dell'illegittimo riferimento al più ampio potere valutativo assentito dalle dette "esigenze organiche e di servizio", che il Ministero intimato ha, all'evidenza, ritenuto di essere legittimato ad esercitare, è, comunque, errata l'applicazione dell'art. 42-bis del D.Lgs. n. 151 del 2001 operata dallo stesso nel caso concreto. 

Questo TAR ha già in altre occasioni (cfr. TAR F.V.G. n. 173/2022 e 15/2021 cit.) ritenuto non condivisibile la tesi, fatta propria dal Ministero nel provvedimento impugnato, secondo cui nell'ambito del personale militare, per le specificità di quell'ordinamento, il primo requisito posto dall'art. 42-bis D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 cit. (ossia "la sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva") vada vagliato con riferimento allo specifico incarico attualmente ricoperto dal richiedente (operatore logistico della sanità). 

"Infatti, il concetto di corrispondente posizione retributiva di cui all'art. 42-bis D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 cit. implica un chiaro ed esplicito riferimento al solo livello di inquadramento economico che sostanzia un concetto diverso (e ben più ampio) del differente concetto che fa leva sullo incarico specificamente ricoperto. 

(…) il più limitante riferimento della presenza, nella sede di destinazione, di un corrispondente specifico incarico - elemento non richiesto dall'art. 42-bis D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 cit. - non può discendere dall'art. 1493 del D.Lgs. n. 66 del 2010, che estende al personale militare gli istituti in materia di maternità e paternità previsti per la generalità dei dipendenti pubblici, "tenendo conto del particolare stato rivestito". La norma da ultimo citata, infatti, detta un generico criterio applicativo che può orientare l'interpretazione di concetti giuridici indeterminati, ma non legittima (né, tantomeno, impone) l'attribuzione al testo di legge di un significato difforme da quello proprio dei termini impiegati (art. 12 preleggi). 

Il Tribunale non ignora l'esistenza di un orientamento di secondo grado difforme (cfr. Cons. di Stato n. 196/2021). Esso, tuttavia, non convince proprio in quanto fonda sul citato art. 1493 dell'ordinamento militare un'interpretazione dell'art. 42-bis in chiave teleologica - al dichiarato fine di evitare "l'indebito stravolgimento del funzionamento dell'organizzazione militare, fondata su una rigida distinzione di ruoli, compiti e funzioni tra il personale" - che, pur se condivisibile nella sua ratio ispiratrice, oltrepassa i limiti propri dell'attività interpretativa, stravolgendo il senso proprio di un concetto (quello di "posizione retributiva") dal significato univoco e trasversale, non estraneo all'ordinamento militare - nel quale si collega al grado rivestito (cfr. D.Lgs. n. 94 del 2017) - né quindi bisognoso di adattamenti" (TAR F.V.G. n. 173/2022 cit.). 

Quanto, invece, alle (peraltro solo genericamente) addotte criticità sotto il profilo organico, funzionale, operativo e/o esigenze di riqualificazione/formazione del ricorrente laddove temporaneamente assegnato alla sede richiesta, il Ministero non tiene conto (o comunque sembra non tenere conto) che il ricorrente medesimo ad oggi ricopre l'incarico di "operatore logistico della sanità", ma in precedenza ha svolto le mansioni di "addetto ai comandi", di "conduttore di automezzi vari", di "fuciliere" e di "operatore informatico". 

Reca, dunque, in sé un bagaglio di conoscenze ed esperienziale, acquisito nello svolgimento di molteplici e diverse mansioni, che potrebbero facilitare il suo reimpiego temporaneo, senza necessità di riqualificazione e/o assunzione di oneri da parte del Ministero e soprattutto con piena soddisfazione delle esigenze del Ministero stesso (in termini TAR FVG, sez. I, 24 dicembre 2022, n. 574; id., 15 dicembre 2020, n. 439). 

Peraltro, trattandosi di istituto a carattere prettamente temporaneo, che non incide in maniera definitiva sulla sede di assegnazione di chi ne beneficia, s'appalesa viepiù censurabile un diniego che, come quello oggetto di scrutinio, non si sofferma a svolgere alcuna valutazione in ordine alle effettive e concrete possibilità di utile reimpiego del militare interessato presso la sede di assegnazione richiesta, dando, dunque, apoditticamente per scontata l'assoluta preminenza dell'interesse pubblico, senza peritarsi sostanzialmente di compararlo correttamente e in concreto con quello contrapposto di cui è portatore l'interessato medesimo. 

Lo spirito di particolare favore per il genitore dipendente sotteso alla previsione normativa in questione, che contempla una sorta di mobilità a tempo determinato all'interno dell'organizzazione pubblica complessivamente considerata, e soprattutto la natura e la particolare delicatezza dell'interesse privato a presidio del quale la norma stessa è stata dettata, appalesano, pur tuttavia, la necessità che il datore di lavoro, prima dell'eventuale diniego, provveda a verificare, dandone effettivo conto in motivazione, che il sacrificio imposto alle esigenze di tutela dell'integrità dei figli e della famiglia sia effettivamente giustificato da quelle preminenti della Forza Armata, non altrimenti soddisfabili. 

Non appare ultroneo rammentare, infatti, che la finalità dell'istituto in questione è quella di agevolare l'espletamento delle responsabilità genitoriali, iscrivendosi, come tale, nel solco della tutela costituzionale (artt. 30 e 31 Cost.) e sovranazionale (art. 24, comma 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; art. 3 della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia con L. del 27 maggio 1991, n. 176, depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre 1991) della genitorialità e del correlato interesse del minore a beneficiarne (C.d.S., IV, 7 febbraio 2020, n. 961). 

Per le ragioni sin qui esplicitate non può, dunque, soccorrere a supportare il diniego opposto al ricorrente nemmeno il generico riferimento all'asserito stato di sottoalimentazione in cui versa il profilo professionale di operatore logistico della sanità. 

In definitiva, l'eventuale dissenso dell'Amministrazione deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali e non può riconnettersi a semplici e generiche esigenze organiche, di servizio o organizzative. 

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va, pertanto, accolto e, per l'effetto, annullato il provvedimento impugnato. 

Ne deriva che il Ministero intimato sarà tenuto a rideterminarsi sull'istanza del ricorrente, effettuando una nuova istruttoria (verificando, per l'appunto, se nella sede di richiesta assegnazione temporanea sussista o meno un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva) ovvero a rivalutare l'istanza del ricorrente alla luce delle nuove acquisizioni e nei limiti dei poteri attribuiti. 

Sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese di lite. 

Ai sensi di legge, il Ministero intimato sarà, però, tenuto a rimborsare al ricorrente (all'atto del passaggio in giudicato della sentenza), ai sensi dell'art. 13, comma 6 bis.1, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall'art. 21 della L. 4 agosto 2006, n. 248, il contributo unificato nella misura versata. 

P.Q.M. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato. 

Compensa per intero tra le parti le spese di lite. 

Dà atto che il Ministero intimato sarà tenuto a rimborsare al ricorrente (all'atto del passaggio in giudicato della sentenza), ai sensi dell'art. 13, comma 6 bis.1, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall'art. 21 della L. 4 agosto 2006, n. 248, il contributo unificato nella misura versata. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. 

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità. 

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati: 

Carlo Modica de Mohac, Presidente 

Manuela Sinigoi, Consigliere, Estensore 

Luca Emanuele Ricci, Referendario 


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