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domenica 17 marzo 2024

Tribunale 2024- Con ricorso in appello depositato in data 27.02.2023, il sig. S.G. proponeva appello avverso la sentenza n. 2216/2022, emessa in data 01.09.2022 e depositata in cancelleria il 16.09.2022, con la quale il Giudice di Pace di Taranto rigettava l'opposizione proposta dall'odierna appellante, confermando il verbale n. 427/2022 redatto in data 11.03.2022 dal Comando di Polizia Locale del Comune di OMISSIS, per la violazione dell'art. 126-bis, comma 2, C.d.S., non avendo il OMISSIS - quale proprietario intestatario dell'autovettura Sportage Kia tg. (...) - comunicato i dati dell'effettivo trasgressore della infrazione contestata con precedente verbale n. 4087/2021, con cui gli veniva intimato di ottemperare all'invito di fornire all'ufficio di Polizia il numero della patente e le generalità della persona che al momento della violazione si trovava alla guida del veicolo.

 

Tribunale 2024- Con ricorso in appello depositato in data 27.02.2023, il sig. S.G. proponeva appello avverso la sentenza n. 2216/2022, emessa in data 01.09.2022 e depositata in cancelleria il 16.09.2022, con la quale il Giudice di Pace di Taranto rigettava l'opposizione proposta dall'odierna appellante, confermando il verbale n. 427/2022 redatto in data 11.03.2022 dal Comando di Polizia Locale del Comune di OMISSIS, per la violazione dell'art. 126-bis, comma 2, C.d.S., non avendo il OMISSIS - quale proprietario intestatario dell'autovettura Sportage Kia tg. (...) - comunicato i dati dell'effettivo trasgressore della infrazione contestata con precedente verbale n. 4087/2021, con cui gli veniva intimato di ottemperare all'invito di fornire all'ufficio di Polizia il numero della patente e le generalità della persona che al momento della violazione si trovava alla guida del veicolo.



Tribunale Taranto Sez. I, Sent., 16-02-2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI TARANTO

Prima Sezione Civile

Il Tribunale di Taranto, Prima Sezione Civile, in composizione monocratica nella persona del Presidente della Sezione, dott.ssa Stefania D'Errico, in funzione di giudice di appello, ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa n. 1464/2023 R.G. promossa da:

S.G., difesa e rappresentata dall'avv.  

APPELLANTE

contro

COMUNE DI OMISSIS, in persona del Sindaco p.t., difeso e rappresentato dall'avv. CRISCI MASSIMINO;

APPELLATO

decisa con lettura del dispositivo all'udienza del 08.02.2024 e riserva del deposito dei motivi entro 30 giorni.

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Fatto - Diritto P.Q.M.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI TARANTO

Prima Sezione Civile

Il Tribunale di Taranto, Prima Sezione Civile, in composizione monocratica nella persona del Presidente della Sezione, dott.ssa Stefania D'Errico, in funzione di giudice di appello, ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa n. 1464/2023 R.G. promossa da:

S.G., difesa e rappresentata dall'avv. TUCCILLO Lorenzo;

APPELLANTE

contro

COMUNE DI OMISSIS, in persona del Sindaco p.t., difeso e rappresentato dall'avv. CRISCI MASSIMINO;

APPELLATO

decisa con lettura del dispositivo all'udienza del 08.02.2024 e riserva del deposito dei motivi entro 30 giorni.


Svolgimento del processo - Motivi della decisione


Con ricorso in appello depositato in data 27.02.2023, il sig. S.G. proponeva appello avverso la sentenza n. 2216/2022, emessa in data 01.09.2022 e depositata in cancelleria il 16.09.2022, con la quale il Giudice di Pace di Taranto rigettava l'opposizione proposta dall'odierna appellante, confermando il verbale n. 427/2022 redatto in data 11.03.2022 dal Comando di Polizia Locale del Comune di OMISSIS, per la violazione dell'art. 126-bis, comma 2, C.d.S., non avendo il OMISSIS - quale proprietario intestatario dell'autovettura Sportage Kia tg. (...) - comunicato i dati dell'effettivo trasgressore della infrazione contestata con precedente verbale n. 4087/2021, con cui gli veniva intimato di ottemperare all'invito di fornire all'ufficio di Polizia il numero della patente e le generalità della persona che al momento della violazione si trovava alla guida del veicolo.

Il Giudice di primo grado condannava pertanto il ricorrente al pagamento della sanzione pecuniaria comminata con il predetto verbale in favore dell'Amministrazione, compensando le spese del giudizio.

L'appellante chiedeva la riforma della sentenza impugnata, rilevando che nel verbale di accertamento n. 4087/2021 - prodromico a quello impugnato - ai righi 3 e 4 prima dei "MOTIVI DELLA MANCATA CONTESTAZIONE" era riportata la seguente dicitura: "l'obbligo di comunicazione dei dati del conducente entro sessanta giorni, ai sensi dell'art. 126-bis, comma 2, del Codice della Strada, in caso di ricorso avverso il presente verbale, decorre dalla data di notifica del provvedimento con cui si sono conclusi i rimedi giurisdizionali o amministrativi previsti dalla legge". Pertanto, asseriva di non aver ottemperato all'obbligo sanzionato dall'art. 126-bis, Codice della Strada, in quanto avverso il predetto verbale presupposto aveva proposto rituale e tempestiva opposizione innanzi al Giudice di Pace di Taranto (n. 7728/2021 R.G.), che alla data della contestazione della violazione oggetto del verbale impugnato risultava ancora pendente e non definito. Conclusivamente, quindi, affermava che il verbale di accertamento prodromico a quello impugnato era un punto decisivo della controversia - non esaminato dal Giudice di prime cure - in quanto offriva la prova documentale che l'appellante S.G. era stato esonerato dallo stesso Comune di OMISSIS dall'obbligo di comunicare i dati del conducente fino alla conclusione dell'incardinato giudizio avente ad oggetto l'impugnativa del verbale prodromico, nonché rappresentava e rappresenta un giustificato e documentato motivo per non comunicare i dati del conducente.

Chiedeva, pertanto, la condanna al risarcimento dei danni per lite temeraria del COMUNE DI OMISSIS, in persona del Sindaco pro tempore, emergendo nella fattispecie di causa la mala fede o colpa grave dell'Ente, nonché la condanna dello stesso al pagamento delle spese e dei compensi del doppio grado di giudizio, oltre rimborso spese generali, CPA ed IVA con attribuzione al procuratore dichiaratosi antistatario.

Con memoria di costituzione in appello depositata telematicamente in data 22.06.2023, si costituiva in giudizio il COMUNE DI OMISSIS, in persona del Sindaco pro tempore, che instava per il rigetto del gravame, con conferma della censurata sentenza, nonché per il rigetto della richiesta di risarcimento danni per lite temeraria e per la condanna dell'appellante al pagamento delle spese di lite; in subordine, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda di appello, chiedeva la compensazione delle spese di lite.

Quanto al motivo d'appello, l'Ente appellato rilevava come il Giudice di prime cure avesse adeguatamente ed attentamente valutato la circostanza della pendenza del giudizio di opposizione avverso il verbale presupposto, ma anche ritenuto che la pendenza di tale giudizio non potesse essereritenuto in alcun modo quale "giustificato" motivo per non comunicare i dati del conducente, in conformità con il costante orientamento della Suprema Corte.

Sull'asserita lite temeraria, rilevava l'assoluta infondatezza e pretestuosità della contestazione avversaria dal momento che nel verbale prodromico vi è il richiamo esplicito all'art. 126 bis CdS nonché la previsione espressa che la comunicazione dei dati del conducente andava fatta entro il termine di 60 giorni dalla notifica del verbale presupposto e che, in mancanza, sarebbero state applicate le relative sanzioni. Dunque, nel verbale prodromico erano contenuti tutti gli elementi necessari affinché la controparte potesse adempiere all'obbligo di legge su di lei incombente.

Acquisito il fascicolo di primo grado, il Tribunale all'udienza del 08.02.2024 decideva l'appello mediante lettura del dispositivo in udienza e riservava il deposito della motivazione entro 30 giorni.

Tanto premesso, l'appello risulta fondato e merita, pertanto, accoglimento.

In particolare, la questione concerne la corretta applicazione dell'art. 126-bis C.d.S., disposizione normativa che opera in caso di sanzioni amministrative che prevedono la decurtazione dei punti dalla patente, colpendo tale sanzione accessoria il solo conducente dell'autoveicolo con cui viene commessa l'infrazione.

La prima parte dell'art. 126 bis, comma 2, C.d.S., riguarda il meccanismo che determina la decurtazione del punteggio una volta che la contestazione sia stata definita, ossia "quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi". In tali casi, il meccanismo si attiva ad opera dell'agente che ha accertato la violazione, il quale deve darne notizia all'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida entro 30 giorni dalla definizione della contestazione, che decorreranno dalla conoscenza da parte dell'organo di polizia dell'avvenuto pagamento della sanzione, della scadenza del termine per la proposizione dei ricorsi, ovvero dalla conoscenza dell'esito dei ricorsi medesimi.

La seconda parte dell'art. 126 bis, comma 2, C.d.S. (terzo periodo) afferma che la comunicazione di cui al primo periodo deve essere effettuata a carico del conducente dell'autoveicolo con cui è stata commessa l'infrazione, in quanto è considerato soggetto responsabile della violazione.

Qualora il conducente trasgressore non sia stato identificato, la norma pone a carico del proprietario del veicolo o di altro responsabile in solido ai sensi dell'art. 196 c.p.c. l'obbligo di "fornire all'organo di polizia che procede, entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo risulta una persona giuridica, il suo legale rappresentante o un suo delegato è tenuto a fornire gli stessi dati, entro lo stesso termine, all'organo di polizia che procede".

La disposizione, pertanto, comporta che, da un lato, il proprietario del veicolo (oppure altro obbligato in solido ai sensi dell'art. 196), debba fornire all'organo di polizia che procede, entro 60 giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione, dall'altro, l'organo di polizia ricevente tali informazioni debba comunicare i dati del conducente, entro 30 giorni dalla definizione dell'eventuale contestazione del verbale cd. presupposto, all'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida, ai fini della applicazione della sanzione accessoria della decurtazione dei punti dalla patente.

La disposizione, infine, prevede al quinto periodo il pagamento di una sanzione amministrativa da parte del proprietario del veicolo che abbia omesso di comunicare i citati dati, senza addurre un giustificato e documentato motivo.

La versione attuale della norma deriva dal D.L. n. 262 del 2006, convertito in L. n. 286 del 2006, che ha modificato la disciplina prevista in caso di applicazione della sanzione accessoria della decurtazione dei punti dalla patente, inserendo nella disposizione in esame il sintagma "senza giustificato e documentato motivo".

Tale intervento normativo deriva dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 244 del 2006, che ha ammesso la possibilità di attribuire rilievo esimente alla condotta di colui che avesse rappresentato l'esistenza di motivi idonei a giustificare l'omessa comunicazione dell'identità del conducente e quindi esonerare l'agente da responsabilità.

Nello specifico, la Corte, investita del giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 126-bis e 180, comma 8 C.d.S., ha ribadito che la scelta della sanzionabilità sul piano patrimoniale della condotta del proprietario del veicolo che ometta di comunicare i dati personali e della patente del conducente non è da considerarsi irragionevole, in quanto coerente con l'obbligo di vigilanza posto a carico di chi ha la disponibilità del veicolo, dall'art. 6 della L. 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) e dagli artt. 196 e 214, comma 1-bis, del codice della strada. Occorre, peraltro, rilevare che la sanzione prevista per il proprietario del veicolo, attualmente contenuta nel quinto periodo del secondo comma dell'art. 126-bis, non è riconducibile alla trasgressione di una specifica norma relativa alla circolazione stradale, bensì è collegata alla sanzione prevista dall'art. 180, comma 8, C.d.S.; in particolare, quest'ultima disposizione prevede il pagamento di una sanzione amministrativa a carico di colui che non ottemperi all'invito dell'autorità di presentarsi all'ufficio di polizia per fornire informazioni o esibire documenti, ai fini dell'accertamento delle violazioni sanzionate nel codice della strada.

Alla luce di tali considerazioni, è indubbio, quindi, che la ratio della norma sia da ravvisarsi, oltre che nel dovere di collaborazione che il cittadino deve prestare all'autorità amministrativa, al fine di consentirle di effettuare i necessari e previsti accertamenti, nella correlata esigenza per cui il proprietario dell'autoveicolo è tenuto a conoscere l'identità dei soggetti ai quali sia affidata la conduzione del mezzo, gravando sullo stesso un dovere di controllo che può venir meno solo in caso di giustificato motivo, come la cessazione della detenzione del mezzo o la presenza di situazioni imprevedibili ed incoercibili, che gli abbiano impedito di essere a conoscenza di chi fosse alla guida, nonostante l'adozione di misure idonee, conformi all'ordinaria diligenza (v. Cass. Civ. Sez. II, 29 novembre 2018, n. 30939: nella specie la S.C. ha indicato, come esempi di "giustificato motivo", la sottrazione illecita del mezzo o la sua dazione in comodato a terzi, prima della commissione dell'illecito, con contratto regolarmente registrato e con assunzione, da parte del comodatario, dell'obbligo di comunicare l'identità del conducente in presenza di una infrazione).

Da ciò deriva che, seppur debba distinguersi la condotta di chi si disinteressi totalmente della richiesta di comunicare i dati personali e della patente del conducente, non ottemperando in alcun modo all'invito rivoltogli, dalla condotta di chi abbia fornito una dichiarazione negativa, la sanzione pecuniaria de qua colpisce anche chi non fornisce delle giustificazioni che il giudice ritenga idonee al fine di escludere la presunzione relativa di responsabilità a carico del dichiarante-proprietario del veicolo. Difatti, anche alla luce dell'orientamento ormai unanime della giurisprudenza costituzionale (si vd. tra le altre Corte Cost., 17.12.2008, n. 424), l'obbligo di comunicazione è strumentale alla soddisfazione di un interesse pubblicistico, ossia la repressione delle infrazioni stradali, che è strettamente collegato alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, che in quanto tale giustifica il rigore con cui è stata disciplinata la prova idonea ad esonerare da responsabilità il proprietario del mezzo.

Acclarata la ratio della norma in esame, risulta dirimente ai fini della decisione affrontare la questione relativa al dies a quo del termine di 60 giorni indicato al comma 2 dell'art. 126-bis, C.d.S..

Si ribadisce che la disposizione in esame pone a carico del proprietario del veicolo l'obbligo di comunicare entro 60 giorni i dati che consentano l'identificazione del trasgressore della violazione principale.

Secondo un'interpretazione letterale e logico-sistematica della disposizione, il termine di sessanta giorni per fornire i dati che consentano l'identificazione del conducente decorre "dalla data di notifica del verbale di contestazione" al proprietario, o altro obbligato in solido, e non dalla definizione della contestazione effettuata, necessaria invece per la decurtazione del punteggio dalla patente del conducente. D'altronde, se il conducente non è stato identificato non sarà possibile notificargli il verbale (presupposto) di accertamento della violazione da lui commessa né, successivamente, decurtare il punteggio: in una simile evenienza, l'unica notifica possibile del verbale presupposto sarebbe quella al proprietario del veicolo che eventualmente potrebbe proporre ricorso in opposizione.

In tale prospettiva, la violazione dell'obbligo di comunicazione da parte del proprietario ex art. 126 bis, comma 2, C.d.S. (soggetta unicamente a sanzione pecuniaria) non va confusa con quella a carico del conducente, cui consegue la decurtazione dei punti della patente. A conferma di ciò, si precisa che la violazione dell'obbligo di comunicazione entro sessanta giorni a carico del proprietario, obbligo operante solo nel caso di mancata identificazione del conducente, non ha natura accessoria rispetto a quella accertata col verbale presupposto (a diversa conclusione si giunge invece a proposito della decurtazione dei punti, che non può essere irrogata né dagli agenti verbalizzanti né dal prefetto). Tale impostazione trova conferma nel prevalente orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui il termine entro il quale il proprietario del veicolo è tenuto, ex art. 126-bis, comma 2, c.d.s., a comunicare all'organo di polizia che procede i dati relativi al conducente, non decorre dalla definizione del procedimento di opposizione avverso il verbale di accertamento dell'infrazione presupposta, ma dalla richiesta rivolta dall'autorità amministrativa al proprietario, trattandosi di un'ipotesi di illecito istantaneo previsto a garanzia dell'interesse pubblicistico alla tempestiva identificazione del responsabile, del tutto autonomo rispetto all'effettiva commissione di un precedente illecito (si vd. Cass., sez. VI-2, ord. 28 dicembre 2021, n. 41765 e Cass., ord. sez. III, 5 maggio 2020, n. 8479, con richiamo a Cass., sez. II, ord. 9 luglio 2018, n. 18027).

Per cui - atteso che la pendenza del ricorso avverso il verbale presupposto non incide sulla decorrenza del termine per la comunicazione dovuta dal proprietario del veicolo - la contestazione della (autonoma) violazione dell'obbligo di comunicazione ex art. 126 bis, comma 2, C.d.S., va notificata al proprietario entro il termine di legge, il cui decorso, nel silenzio del legislatore, non è sospeso né interrotto dall'opposizione contro la contestazione della violazione originaria, tenuto conto altresì che la tutela giurisdizionale o in sede amministrativa contro la contestazione della violazione presupposta e quella contro la conseguente violazione ex art. 126 bis, comma 2, C.d.S. ben potrebbero essere attivate sulla base di argomenti e con riferimento a presupposti diversi.

Tanto premesso in linea generale, nel caso in esame non può, tuttavia, non valorizzarsi la circostanza per cui il verbale di contestazione presupposto a quello oggetto del presente giudizio riporti la seguente dicitura: "L'obbligo di comunicazione dei dati del conducente entro sessanta giorni, ai sensi dell'art. 126-bis, comma 2, del Codice della Strada, in caso di ricorso avverso il presente verbale, decorre dalla data di notifica del provvedimento con cui si sono conclusi i rimedi giurisdizionali o amministrativi previsti dalla legge".

Da ciò ne consegue che la fattispecie in esame assuma connotati diversi da quelli sinora richiamati, in quanto il verbale di accertamento presupposto è stato notificato all'odierno appellante con l'espresso avvertimento che il termine di sessanta giorni per adempiere l'obbligo di comunicazione dei dati del conducente - ex art. 126-bis, comma 2, C.d.S. - sarebbe decorso, in caso di ricorso avverso il predetto verbale, dalla data di notifica del provvedimento con cui fossero definiti gli eventuali rimedi giurisdizionali o amministrativi previsti dalla legge.

Se per un verso non si ignora l'esistenza di un minoritario orientamento giurisprudenziale che ravvisa una interruzione o in ogni caso una sospensione dell'obbligo gravante a carico del proprietario, condizionato all'esito dell'eventuale rimedio giurisdizionale o amministrativo attivato dal soggetto proprietario del veicolo (si vd. Cass., sez. VI-2, 6 ottobre 2014, n. 20974, che nel paragrafo 2.2. configura un obbligo di comunicazione sospeso e condizionato all'esito del ricorso in primo grado, con decorrenza di un nuovo termine dal deposito della sentenza provvisoriamente esecutiva ex art. 282 c.p.c.; Cass., sez. II, ord. 3 agosto 2022, n. 24012, che ravvisa piuttosto una interruzione e non una sospensione dell'obbligo a carico del proprietario), nella fattispecie esaminata viene piuttosto in rilievo l'efficacia scriminante, rispetto al principio generale dell'inescusabilità dell'errore determinato dall'ignoranza delle norme sanzionatorie in generale, rappresentata dall'incolpevole affidamento indotto erroneamente nel trasgressore dalla condotta della P.A.

Viene in rilievo l'art. 3 della L. n. 689 del 1981, che dispone: "Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da sua colpa".

La giurisprudenza di legittimità ritiene che tale norma ponga una presunzione semplice di sussistenza dell'elemento psicologico colposo a carico del destinatario della sanzione, che può essere vinta fornendo prova contraria: "la norma pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, riservando poi a questi l'onere di provare di aver agito senza colpa" (cfr. Cass. nn. 10508/1995, 7143/2001, 8343/2001, 14107/2003, 5304/2004, 5155/2005, 20930/2009,9546/2018, 1529/2018, 4114/2016). È onere dell'interessato, quindi, dimostrare la violazione della norma in buona fede, e in particolare: "l'esimente della buona fede, intesa come errore sulla liceità del fatto, assume, poi, rilievo solo in presenza di elementi positivi idonei ad ingenerare, nell'autore della violazione, il convincimento della liceità del suo operato (come, ad esempio, nel caso di una assicurazione in tal senso ricevuta dalla P.A.), per avere egli tenuto una condotta il più possibile conforme al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso" (cfr. Cass. nn. 4927/1998, 1873/1995, 10508/1995, 10893/1996).

Pertanto, in tema di illeciti amministrativi, la responsabilità dell'autore dell'infrazione non è esclusa dal mero stato di ignoranza circa la sussistenza dei relativi presupposti, ma occorre che tale stato sia incolpevole, cioè non superabile dall'interessato con l'uso dell'ordinaria diligenza (cfr. Cass. n. 6018/2019).

Nello specifico, l'esimente della buona fede rilevante come causa di esclusione della responsabilità amministrativa si configura solo qualora sussistano elementi positivi idonei ad ingenerare nell'autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e risulti che il trasgressore abbia fatto tutto il possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso (cfr. Cass. n. 20219/2018).

Conclusivamente, la buona fede invocata dal privato richiede non un mero stato di ignoranza, bensì, per un verso, la sussistenza di una situazione positiva idonea ad ingenerare il convincimento della liceità della condotta e, per altro verso, l'assenza di qualsiasi situazione di rimprovero.

Il tema della presunta "buona fede" del trasgressore è stato trattato di frequente dalla giurisprudenza di merito (v. ex multis sentenza del Tribunale di Roma n. 11007 del 27 luglio 2020).

Tali conclusioni trovano conferma in una recente sentenza della Corte di Cassazione (VI Sezione civile, Ordinanza 31 ottobre 2022, n. 32091) che - in un caso analogo a quello del presente giudizio di appello - ha rilevato che occorre tener conto dell'incolpevole affidamento ingenerato dal verbale di notifica dell'infrazione al C.d.S., ove sia la stessa pubblica amministrazione a comunicare che, in caso di esperimento dei rimedi giudiziali o amministrativi, il termine ex art. 126 bis C.d.S. decorra solamente dalla notifica del provvedimento di definizione dei suddetti rimedi. Deve invero ribadirsi che il destinatario dell'atto è legittimato a fare affidamento sulle conoscenze a lui trasmesse con l'atto medesimo, ed incorre in errore scusabile ove il termine indicato dalla P.A. per eseguire una determinata attività risulti erroneo.

In conclusione, l'esimente della buona fede, applicabile anche all'illecito amministrativo disciplinato dalla L. n. 689 del 1981, rileva come causa di esclusione della responsabilità amministrativa, al pari di quanto avviene per la responsabilità penale, in tema di contravvenzioni, solo qualora sussistano elementi positivi idonei ad ingenerare nell'autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e risulti che il trasgressore abbia fatto tutto quanto possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso.

Il tema è infatti strettamente connesso al rispetto del principio generale del nostro ordinamento secondo il quale "ignorantia legis non excusat", previsto dall'art. 5 c.p. ed ai casi eccezionali in cui lo stesso non opera, di cui il citato art. 3 costituisce specifica applicazione con riferimento alle violazioni amministrative delle norme in materia di circolazione stradale.

Per quanto qui di interesse, l'art. 5 c.p., secondo cui nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale, è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza n. 364/1988, a mente della quale un'azione oggettivamente illecita può essere scusata in caso di errore inevitabile di diritto (È costituzionalmente illegittimo l'art. 5 cod. pen. nella parte in cui non esclude dall'inescusabilità dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile).

Nella motivazione della predetta sentenza si legge, infatti, che "chi attenendosi scrupolosamente alle richieste preventive dell'ordinamento, agli obblighi di solidarietà sociale, di cui all'art. 2 costituzione, adempia a tutti i predetti doveri, strumentali, nella specie prevedibili e ciò nonostante venga a trovarsi in stato d'ignoranza della legge penale, non può essere trattato allo stesso modo di chi deliberatamente o per trascuratezza violi gli stessi doveri. Come è stato rilevato, discende dall'ideologia contrattualistica l'assunzione da parte dello Stato dell'obbligo di non punire senza preventivamente informare i cittadini su che cosa è vietato o comandato, ma da tale ideologia discende anche la richiesta, in contropartita, che i singoli si informino sulle leggi, si rendano attivi per conoscerle, prima di agire. La violazione del divieto di commettere reati, avvenuta nell'ignoranza della legge penale, può, pertanto, dimostrare che l'agente non ha prestato alle leggi dello Stato tutta l'attenzione dovuta. Ma se non v'è stata alcuna violazione di quest'ultima, se il cittadino, nei limiti del possibile, si è dimostrato ligio al dovere (ex art. 54, 1 comma, Cost.) e, ciò malgrado, continua ad ignorare la legge, deve concludersi che la sua ignoranza è inevitabile, pertanto scusabile".

A seguito di tale pronuncia, la Corte di Cassazione ha in più occasioni avuto modo di precisare che in materia contravvenzionale è configurabile la cd. buona fede del trasgressore, qualora la mancata coscienza dell'illiceità derivi non dall'ignoranza della legge, ma da un elemento positivo estraneo all'agente, cioè da una circostanza che induce nella convinzione della sua liceità, come un provvedimento dell'autorità amministrativa, una precedente giurisprudenza assolutoria o contraddittoria, un'equivoca formulazione del testo della norma.

È necessario, pertanto, distinguere l'errore di diritto, che comporta l'inescusabilità della condotta illecita, dall'errore di diritto inevitabile, escludendo lo stesso l'elemento soggettivo del fatto illecito. Nel caso in esame, l'odierno appellante è incorso in errore di diritto non evitabile, in quanto determinato direttamente da un atto della pubblica amministrazione, ovvero il verbale di contestazione che espressamente riporta la seguente dicitura: "L'obbligo di comunicazione dei dati del conducente entro sessanta giorni, ai sensi dell'art. 126-bis, comma 2, del Codice della Strada, in caso di ricorso avverso il presente verbale, decorre dalla data di notifica del provvedimento con cui si sono conclusi i rimedi giurisdizionali o amministrativi previsti dalla legge".

Tale circostanza appare idonea a determinare l'incolpevole affidamento del cittadino trasgressore in ordine alle modalità e alle tempistiche della dovuta comunicazione dei dati relativi al conducente del veicolo nel momento della infrazione, con l'effetto che la condotta omissiva oggetto della contestazione può ritenersi scusata, in quanto difetta l'elemento soggettivo della colpevolezza in capo al destinatario della sanzione.

Da tanto consegue che il Giudice di prime cure avrebbe dovuto ritenere decisivo l'accertamento sulla pendenza o meno del ricorso in opposizione avverso il verbale presupposto innanzi al Giudice di Pace alla data di irrogazione della sanzione ex art. 126 bis C.d.S., al fine di valutare la buona fede del trasgressore.

Conclusivamente, avendo l'odierno appellante documentato in primo grado e nel presente giudizio d'appello la proposizione del ricorso in opposizione avverso la sanzione amministrativa presupposta, il cui procedimento era ancora pendente alla data di redazione del verbale in cui gli si contestava la mancata comunicazione dei dati del conducente, il "giustificato e documentato motivo" idoneo ad escludere la responsabilità del proprietario del veicolo può ritenersi in concreto sussistente, atteso che, alla luce del tenore letterale del verbale di accertamento prodromico al verbale impugnato, emerge la chiara indicazione contenuta nello stesso circa la decorrenza del termine di sessanta giorni ex art. 126 bis, comma 2, C.d.S., dalla notifica del provvedimento emesso a definizione dei rimedi previsti dalla legge avverso il verbale presupposto.

Pertanto, in totale riforma della sentenza di primo grado n. 2216/2022 emessa dal Giudice di Pace di Taranto in data 01.09.2022 e depositata in cancelleria il 16.09.2022, l'appello va accolto con conseguente annullamento del verbale di contestazione di violazione del codice della strada n. 427/2022 redatto in data 11.03.2022 dal Comando di Polizia Locale del Comune di OMISSIS.

Quanto al regolamento delle spese, l'appellato deve essere condannato, in applicazione del principio generale della soccombenza, al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, da liquidarsi in favore del procuratore dell'appellante dichiaratosi antistatario.

Non ricorrono invece i presupposti per la condanna ex art. 96 c.p.c., in considerazione della mancata prova della consapevolezza da parte dell'Ente della infondatezza delle proprie ragioni.


P.Q.M.


Il Tribunale di Taranto, I SEZIONE CIVILE - In composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Stefania D'Errico;

Definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da S.G. nei confronti di COMUNE DI OMISSIS, in persona del Sindaco p.t., avente ad oggetto: Opposizione ord. Ingiunzione ex artt. 22 e ss., L. n. 689 del 1981 (violazione del codice della strada), così provvede:

1) ACCOGLIE l'appello e, in totale riforma della sentenza n. 2216/2022 emessa dal Giudice di Pace di Taranto in data 01.09.2022 e depositata in cancelleria il 16.09.2022, ACCOGLIE l'opposizione proposta da S.G. e, per l'effetto:

2) REVOCA il verbale di contestazione di violazione del codice della strada n. 427/2022 redatto in data 11.03.2022 dal Comando di Polizia Locale del Comune di OMISSIS;

3) CONDANNA l'Ente convenuto appellato al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 500,00, da aumentarsi nella misura di legge per rimborso spese generali, IVA e CPA.

Così deciso in Taranto, il 8 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2024.


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