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mercoledì 27 ottobre 2010

Beneficio di rivalutazione contributiva per esposizione all'amianto e lavoratori in quiescenza

SENTENZA N. 290

ANNO 2010


REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE COSTITUZIONALE


composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto), come modificato dall’articolo 1-bis del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell’amianto), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1993, n. 271, promosso dal Tribunale di Ravenna  nel procedimento vertente tra G. D. N. e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) con ordinanza dell’11 giugno 2009, iscritta al n. 275 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2009.


Visti gli atti di costituzione di G. D. N. e dell’INPS nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;


udito nell’udienza pubblica del 6 luglio 2010 il Giudice relatore Paolo Grossi;


uditi gli avvocati Michele Miscione e Gianni Casadio per G. D. N., Alessandro Riccio per l’INPS e l’avvocato dello Stato Francesco Lettera per il Presidente del Consiglio dei ministri.




Ritenuto in fatto


1. – Con ordinanza dell’11 giugno 2009, il Tribunale di Ravenna  ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, primo comma, e 2 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto), come modificato dall’articolo 1-bis del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell’amianto), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1993, n. 271, «nella parte in cui nega che spetti l’erogazione del beneficio della rivalutazione contributiva ai lavoratori affetti da malattia cagionata da esposizione all’amianto che si trovassero in pensione al momento della entrata in vigore della legge 257/1992 (28.4.1992)».


Premette il giudice a quo di essere stato investito a seguito di ricorso proposto da una persona che ha chiesto in giudizio il riconoscimento della maggiorazione contributiva di cui alla disposizione denunciata, essendo stata riconosciuta dall’INAIL affetta da malattia professionale derivante da esposizione all’amianto. Il ricorso è stato proposto in sede giurisdizionale avendo l’INPS respinto la domanda formulata in tal senso in sede amministrativa, sulla base del fatto che l’istante non era in attività lavorativa alla data di entrata in vigore della anzidetta disposizione legislativa, in quanto titolare di pensione di anzianità sin dal 1° marzo 1991. Tesi, questa, ribadita dall’Istituto previdenziale anche in corso di causa.


Rammenta, in proposito, il rimettente di aver a suo tempo sollevato identica questione di legittimità costituzionale e che la stessa è stata dichiarata da questa Corte inammissibile con l’ordinanza n. 357 del 2008, in quanto sollevata in modo illogico e per ottenere un avallo interpretativo.


Tanto premesso, il giudice a quo – aderendo alla eccezione proposta dal ricorrente – rileva come il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità sia consolidato nel negare la corresponsione del beneficio di cui all’art. 13, comma 7, della legge n. 257 del 1992 ai lavoratori ammalati che si trovino in pensione di anzianità o di vecchiaia alla data di entrata in vigore della disposizione medesima: orientamento, questo, tanto cristallizzato da aver assunto i connotati del diritto vivente. Il tutto, d’altra parte, in linea con la prassi applicativa adottata dall’INPS in sede amministrativa. Da qui, la nuova proposizione del dubbio di legittimità costituzionale.


In punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente reputa irragionevole la esclusione in questione, in quanto «qualunque lavoratore può contrarre una malattia da esposizione all’amianto a prescindere dalla data di conseguimento della pensione, dalla cessazione dell’attività morbigena e dal settore lavorativo di appartenenza», posto che, come è noto, le malattie da amianto possono sopraggiungere anche a notevole distanza di tempo dalla esposizione professionale e dalla cessazione della attività lavorativa, rappresentando, dunque, un evento futuro ed incerto, privo di qualsiasi correlazione con l’epoca del pensionamento. Ciò determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento, che non si giustificherebbe neppure nella prospettiva di una agevolazione all’esodo dei lavoratori appartenenti al dismesso settore dell’amianto, in quanto la norma trova applicazione in ogni settore merceologico. Anzi – segnala il rimettente – un lavoratore potrebbe aver
cessato di svolgere la propria attività lavorativa proprio perché ammalato: sicché, non vi sarebbe ragione per «differenziare chi è andato in pensione per lo stesso fatto di aver contratto la malattia prima o dopo l’entrata in vigore della legge».


Ciò ancor più ove si consideri che le provvidenze in questione non subiscono il termine di decadenza stabilito per i benefici di cui al comma 8 dello stesso articolo 13 della legge n. 257 del 1992, a norma dell’art. 47 del d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003; con la conseguenza che l’INPS, anche alla data odierna, può accordare il beneficio a pensionati ammalati a lunga distanza di tempo dal pensionamento, discriminando, però, chi fosse andato in pensione prima della lontana entrata in vigore della norma censurata. Esempio, questo, che rende impossibile giustificare tale disparità di trattamento sul rilievo che la norma stessa fosse tesa ad agevolare il raggiungimento della pensione e rimediare alla crisi del settore dell’amianto; al contrario – sottolinea ancora il giudice a quo – in entrambe le ipotesi poste a raffronto «il beneficio potrebbe rivestire l’eguale effetto di compensare, sia pure in piccola parte, un pregiudizio effettivo e
reale derivante da una patologia professionale sopraggiunta nella vita di entrambe le persone, senza alcuna connessione con il loro stato di pensionato».


La normativa impugnata risulterebbe, poi, in contrasto anche con i doveri inderogabili di solidarietà sociale ed umana sanciti dall’art. 2 Cost., apparendo «disumano» precludere il diritto alla maggiorazione per i lavoratori riconosciuti come “esposti all’amianto” solo perché collocati in pensione prima della entrata in vigore della legge n. 257 del 1992 e pur avendo essi contratto la malattia dopo la legge, al pari di altri lavoratori che si siano pensionati dopo; una discriminazione, questa, che minerebbe qualsiasi vera “solidarietà sociale,” il cui “sentimento” non può evidentemente sussistere, in presenza di simili sperequazioni, neppure in capo a chi fruisca del beneficio.


2. – Nel giudizio davanti a questa Corte si è costituita la parte privata, la quale ha concluso chiedendo dichiararsi la illegittimità costituzionale della norma impugnata, «così come viene applicata e interpretata in modo unanime dalla giurisprudenza». Nell’atto di costituzione, la parte privata, dopo aver sottolineato come il “diritto vivente” si sia consolidato sulla base di un equivoco, derivante dalla confusione operata tra il comma 7 ed il comma 8 della disposizione impugnata, si riporta, nella sostanza, ai rilievi svolti nella ordinanza di rimessione, sottolineando la irrazionalità della scelta normativa di cui si discute.


3. – Si è costituito in giudizio anche l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), per chiedere una declaratoria di inammissibilità o di infondatezza.


L’INPS ha preliminarmente dedotto che l’esclusione dei pensionati in data anteriore al 28 aprile 1992 dal novero dei beneficiari della tutela accordata dalla disposizione impugnata troverebbe fondamento non già esclusivamente – come parrebbe presupposto dal giudice rimettente – nella interpretazione («assurta a diritto vivente») data a quest’ultima dalla Corte di cassazione, ma «in una specifica disposizione di legge», e cioè nell’art. 80, comma 25, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (a proposito di rinuncia all’azione giudiziaria da parte di lavoratori esposti all’amianto e cessati dall’attività prima della data di entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, nonché di recupero di incrementi pensionistici da considerare «indebiti»), in linea, del resto, con quanto ripetutamente affermato dalla Corte di cassazione medesima: la «latitudine della citata disposizione» autorizzerebbe, infatti, a riferire il suo contenuto «anche a coloro che abbiano
adìto il Giudice per sentire accertare il loro preteso diritto alla rivalutazione contributiva connessa alla contrazione di patologia amianto-correlata», ai sensi della disposizione denunciata.


La mancata censura, da parte del rimettente, della disposizione in discorso renderebbe, pertanto, la questione «inammissibile o comunque destituita di rilevanza», dal momento che la relativa norma («che pure si presta ad essere applicata nel giudizio a quo») sarebbe «di per sé sola sufficiente ad attestare l’insussistenza del diritto preteso».


La questione risulterebbe, comunque, nel merito, infondata: la ratio della disposizione denunciata sarebbe non già quella di «indennizzare o compensare il lavoratore colpito dalla patologia professionale», ma piuttosto quella «di incentivare e facilitare l’esodo dal mondo del lavoro per coloro che siano stati coinvolti in lavorazioni comunque connotate dall’impiego di amianto». Tanto attesterebbero sia elementi strettamente testuali (a cominciare dalla rubrica del capo nel quale è contenuto l’art. 13 della legge n. 257 del 1992, dedicata a «misure di sostegno per i lavoratori», come anche emergerebbe dalla sentenza n. 434 del 2002 di questa Corte, relativamente a diversa fattispecie), sia, soprattutto, la circostanza che la tutela prevista dalla disposizione censurata sarebbe «espressamente finalizzata al “conseguimento delle prestazioni pensionistiche”».


«Proprio perché destinato ad operare sulle prestazioni pensionistiche», il beneficio in questione risulterebbe, inoltre, concretamente applicabile – in virtù di «un incremento del pregresso patrimonio contributivo» ottenuto attraverso il previsto moltiplicatore – «solo nei confronti di lavoratori che non abbiano già raggiunto la massima anzianità contributiva (40 anni)»; coloro che fossero prossimi a raggiungerla «potrebbero avvalersi del coefficiente solo nella misura sufficiente per conseguire, appunto, i 40 anni di contributi».


Se, diversamente, si pensasse che la norma in esame si prefigga di «compensare o indennizzare il lavoratore affetto da malattia connessa all’esposizione all’amianto», allora «il diritto a detto indennizzo dipenderebbe direttamente, sia per l’an sia per il quantum, dalla consistenza della posizione contributiva dell’istante»: e «il lavoratore che abbia contratto tecnopatia, manifestatasi quando questi abbia già maturato 40 anni di contributi, non vedrà migliorata in nulla la sua posizione previdenziale, sicché non gli sarà riconosciuto alcun ristoro del pregiudizio patito». Con la non plausibile conseguenza di «una tutela indennitaria destinata ad applicarsi o meno, nei confronti di lavoratori che pure abbiano contratto identica malattia professionale a seguito di identica esposizione all’asbesto, a seconda della misura del patrimonio contributivo dell’istante».


D’altra parte, la natura indennitaria o risarcitoria della rivalutazione contributiva di cui alla norma denunciata dovrebbe intendersi esclusa anche in considerazione del fatto che detta «tutela indennitaria […] è comunque già assicurata dall’ordinamento nei termini di cui al d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124».


Assumendo, invece, che la norma denunciata miri «esclusivamente ad agevolare il raggiungimento della pensione», dovrebbe risultare «del tutto razionale e logico condizionarne l’applicazione in relazione al fatto che il trattamento pensionistico sia già stato conseguito o meno alla data di entrata in vigore della ripetuta legge n. 257/1992»: ciò anche sulla base del principio generale della disciplina della materia, secondo cui «la pensione si liquida in applicazione della normativa vigente al momento della liquidazione stessa». Né questa scelta potrebbe apparire «tacciata di irragionevolezza» in quanto diretta a provocare «un trattamento differenziato alla stessa categoria di soggetti», posto che, secondo la giurisprudenza costituzionale, «lo stesso fluire del tempo costituisce di per sé un elemento diversificatore».


4. – E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per chiedere una pronuncia di inammissibilità o, comunque, di infondatezza.


Richiamato il precedente di cui alla sentenza n. 434 del 2002 (con la quale questa Corte, escludendo il carattere risarcitorio del beneficio in discorso, ha dichiarato l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, che tuttavia la Corte di cassazione, con la sentenza n. 2849 del 2004, avrebbe considerato applicabile anche alla norma ora in esame), la difesa erariale ha sottolineato l’improprietà del richiamo, da parte del rimettente, della norma di cui all’art. 47 del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, relativo all’ipotesi disciplinata al comma 8 e non al comma 7 dell’art. 13 della legge ora in esame.


Gli argomenti sviluppati nell’ordinanza a sostegno del dubbio di legittimità costituzionale in riferimento ai parametri evocati risulterebbero, secondo l’Avvocatura, estranei «al quadro normativo di riferimento». Da questo emergerebbe che il discrimine del 28 aprile 1992 è stato introdotto per l’attribuzione di «un beneficio ulteriore rispetto ai normali benefici pensionistici, in proporzione alle disponibilità di bilancio»: queste verrebbero, peraltro, significativamente aggravate «qualora dalle motivazioni di una eventuale pronuncia di incostituzionalità del comma 7 potesse trovare spazio un successivo ampliamento del campo di applicazione del complesso delle disposizioni di cui all’art. 13 cit.», dopo che, nonostante le limitazioni via via previste, «la disciplina dei benefici previdenziali per l’esposizione all’amianto ha determinato, in questi anni, una consistente espansione della spesa pensionistica».


Considerato in diritto


1. – Il Tribunale di Ravenna  ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, primo comma, e 2 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto), come modificato dall’articolo 1-bis del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell’amianto), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1993, n. 271, «nella parte in cui nega che spetti l’erogazione del beneficio della rivalutazione contributiva ai lavoratori affetti da malattia cagionata da esposizione all’amianto che si trovassero in pensione al momento della entrata in vigore della legge 257/1992 (28.4.1992)».


2. – Va preliminarmente respinta, per la sua evidente non plausibilità, l’eccezione di inammissibilità formulata dall’INPS sul presupposto che la mancata censura, da parte del rimettente, anche dell’art. 80, comma 25, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (vale a dire di una disposizione considerata, in ragione della sua asserita «latitudine», «di per sé sola sufficiente ad attestare l’insussistenza del diritto preteso») determinerebbe «comunque» un difetto di rilevanza della questione sollevata: la quale, invece, indipendentemente dal problema dell’ “estensione” della portata normativa della disposizione testé richiamata o da quello della pertinenza del richiamo, risulta, nella prospettazione del rimettente, ampiamente dotata dei necessari requisiti.


3. – Nel merito, la questione non è fondata.


Come questa Corte ha avuto modo di sottolineare nella sentenza n. 434 del 2002, ancorché riferita alla disciplina dettata dall’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, la ratio sottesa alla applicazione dei benefici nei confronti dei lavoratori che avessero contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto, o che fossero stati comunque soltanto esposti all’amianto, non era quella di conferire una provvidenza a titolo risarcitorio o indennitario, ma di consentire un più agevole esodo dal mondo del lavoro.


Verso tale univoca conclusione, d’altra parte, orientavano non soltanto l’origine della iniziativa legislativa – rinvenibile nella direttiva comunitaria 83/477/CEE, la quale prescriveva l’adozione di misure volte alla eliminazione dei rischi derivanti dall’impiego dell’amianto in qualsiasi ciclo lavorativo – nonché i relativi lavori parlamentari, quanto, soprattutto, la disciplina positiva dettata dalla norma ed il contesto di provvidenze in cui la stessa si trova inserita. L’art. 13 della legge n. 257, infatti, esaurendo l’intero capo IV, dedicato – come recita la relativa rubrica – alle «Misure di sostegno per i lavoratori», prevede una serie di provvidenze aventi tutte natura previdenziale: quali, in particolare, la concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale, «anche se il requisito occupazionale sia pari a quindici unità per effetto di decremento di organico dovuto al pensionamento anticipato» (dopo le aggiunte disposte dal d.l.
n. 510 del 1996, come convertito dalla l. n. 608 del 1996); il pensionamento anticipato per un numero limitato di unità in possesso di determinati requisiti; l’aumento figurativo della contribuzione a fini pensionistici per i lavoratori che avessero contratto malattie professionali a causa della esposizione all’amianto o che fossero stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni.


La circostanza, dunque, che tanto la maggiorazione contributiva prevista dal comma 7 della legge citata, quanto quella di cui al comma 8 – scrutinata, come si è detto, dalla Corte nella richiamata sentenza n. 434 del 2002 – fossero entrambe destinate non a fornire un beneficio di tipo indennitario o risarcitorio, a fronte dei danni o dei pericoli per la salute dei lavoratori derivanti dalla esposizione all’amianto, ma unicamente ad aumentare il periodo contributivo necessario per il raggiungimento del diritto a pensione, escludeva dalla platea dei beneficiari sia coloro che alla data di entrata in vigore della legge fossero già usciti dal mondo del lavoro, sia coloro i quali avessero, a quella data, già maturato il massimo di contribuzione a fini pensionistici. A tale specifico riguardo, nella citata pronuncia, questa Corte ha peraltro sottolineato come non rivestisse rilievo contrario alla logica “non indennitaria o risarcitoria” della misura concernente l’aumento
figurativo della contribuzione la circostanza che tra i beneficiari fossero annoverati anche coloro che, pur non avendo ancora raggiunto l’anzianità contributiva massima, avessero tuttavia maturato prima della entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, anche senza l’aumento figurativo della contribuzione, i requisiti per il conseguimento della pensione di anzianità o di vecchiaia e fossero stati collocati in quiescenza in epoca successiva. Ciò in quanto – si sottolineò – un siffatto meccanismo si giustificava alla luce del «principio generale secondo cui le prestazioni si liquidano sulla base della legge vigente alla data della liquidazione stessa».


La circostanza, poi, che una simile inclusione si sarebbe in concreto tradotta in un incremento della misura del trattamento pensionistico, e non in una agevolazione per il raggiungimento del diritto a pensione, non poteva reputarsi evenienza discriminatoria nei confronti dei pensionati esclusi ratione temporis, in quanto, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale richiamata nella predetta pronuncia, «l’estensione di agevolazioni a categorie di soggetti non contemplate dalla disciplina di favore può ritenersi costituzionalmente necessitata solo ove, accertata la piena omogeneità delle situazioni poste a raffronto, lo esiga la ratio della disciplina invocata quale tertium comparationis». Nella specie, concluse questa Corte, una simile omogeneità doveva essere esclusa, «in considerazione della diversità di date di conseguimento del diritto cui si deve fare riferimento per ciascuna delle categorie di soggetti di cui si tratta e della corrispondenza di
tale criterio discretivo ai principi generali regolatori della materia, corrispondenza che porta a concludere che il legislatore ha esercitato non irragionevolmente la discrezionalità che gli compete nella scelta delle modalità di configurazione dei trattamenti che – come la rivalutazione contributiva in oggetto – abbiano carattere eccezionale».


4. – Tali conclusioni devono ritenersi valide anche con riferimento al peculiare meccanismo di agevolazione contributiva previsto dal comma 7 dell’art. 13, non senza sottolineare come, a differenza di quanto avvenuto per il comma 8, profondamente inciso dalle più recenti novelle anche sul piano dei relativi connotati “finalistici”, il testo della disposizione sia rimasto nella sostanza inalterato rispetto a quello originario. E’ infatti agevole avvedersi di come, con la introduzione della normativa qui in esame, il legislatore abbia, da un lato, inteso mantenere ovviamente ferme tutte le provvidenze previste in tema di invalidità e malattie professionali dalla normativa vigente; e, dall’altro, provveduto ad inserire, in uno specifico pacchetto di disposizioni, un contesto di misure tutte incentrate sulla agevolazione all’esodo dei lavoratori esposti all’amianto, dedicando, a quanti ne avessero patito conseguenze morbigene, uno specifico beneficio previdenziale,
consistente nel riconoscimento di un peculiare coefficiente di maggiorazione contributiva, valido esclusivamente a fini pensionistici, per il periodo in cui il lavoratore – ammalatosi – era stato esposto all’agente patogeno.


Le peculiarità strutturali del beneficio sono evidenti: la malattia, infatti, non si atteggia alla stregua di evento in sé indennizzabile sul piano previdenziale, quale fattore sintomatico di una diminuita capacità di guadagno, ma si configura esclusivamente come mero presupposto applicativo del beneficio, il quale opera, dunque, a prescindere dalla gravità del morbo e degli eventuali effetti invalidanti e senza alcun parametro di commisurazione monetaria su tali indici. A sua volta, il coefficiente di maggiorazione contributiva non prende in considerazione né il tipo né la durata della malattia, ma si riflette esclusivamente sul periodo di «provata esposizione all’amianto»: sicché, è soltanto questo elemento “fattuale” caratteristico del rapporto di lavoro ad assumere risalto “temporale” ai fini della concreta determinazione del periodo contributivo da incrementare figurativamente. Che poi il lavoratore possa in effetti beneficiare o meno di tale maggiorazione
contributiva, resta circostanza del tutto neutra agli effetti della intentio legis, proprio perché, stabilita la previsione del collocamento in cassa integrazione straordinaria e una specifica disciplina di prepensionamento (commi 2 e seguenti dell’art. 13), le agevolazioni contributive potevano in concreto non produrre benefici, sia per coloro che avessero già raggiunto il tetto massimo di contribuzione, sia per coloro che, appunto, fossero già titolari, alla data di entrata in vigore della legge, di pensione di anzianità o di vecchiaia.


5. – Si tratta, dunque, di misura non soltanto eccezionale, ma che presenta, proprio per i profili dianzi additati, connotazioni addirittura extra ordinem, le quali possono spiegarsi solo ed esclusivamente ove riferite a persone che, alla data di entrata in vigore della legge, fossero ancora in attesa di trattamento pensionistico. Le censure che muove il giudice a quo, postulano, invece, a ben guardare, il ribaltamento della logica sottesa alla applicazione della misura in discorso, trasformandone la fisionomia da quella di un beneficio specificamente deputato ad aumentare il periodo contributivo del lavoratore, in quella tipica di un beneficio pensionistico tout court. Il tema del raffronto suggerito dalla ordinanza di rimessione si fonda, infatti, su una premessa logicamente eccentrica rispetto alla norma censurata, posto che al centro della attenzione non viene a raffrontarsi la condizione di due lavoratori ancora in attività ad una certa data, ma quella di due pensionati: vale
a dire, proprio la posizione di chi la legge ha espressamente inteso non ricomprendere nel novero dei possibili beneficiari delle diverse provvidenze stabilite dal più volte richiamato art. 13. E ciò, non per una scelta arbitraria o irragionevolmente discriminatoria, ma proprio perché era la natura e la finalità dei benefici a presupporre l’assenza dello status di pensionato di anzianità o vecchiaia al momento in cui quella normativa è stata coniata. Che poi, come si è accennato, l’aumento figurativo di contribuzione possa aver prodotto, in concreto, benefici di “quantità” del trattamento pensionistico in capo a chi abbia raggiunto il diritto a pensione o sia comunque andato in quiescenza solo dopo l’entrata in vigore della legge, è conseguenza eventuale della norma, che non ne modifica i connotati e che non può certo essere evocata a fondamento del supposto trattamento discriminatorio.


E’ ben vero, infatti, che, come ha puntualmente dedotto il giudice rimettente, ove la malattia derivante dalla esposizione all’amianto sia emersa – come è tipico di certe patologie – soltanto a distanza di molto tempo da quella esposizione e dalla stessa eventuale cessazione del rapporto d’impiego, si genera un diverso regime tra pensionati, entrambi malati; ma tutto ciò non può valere ad incrinare la legittimità della scelta normativa, posto che il momento di emersione del morbo e l’accertamento della relativa origine finiscono ineluttabilmente per assumere i connotati di una problematica di mero fatto, che nulla ha a che vedere con la struttura e la funzione della norma, in sé e per sé considerata.


Per questi motivi


LA CORTE COSTITUZIONALE


dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto), come modificato dall’articolo 1-bis del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell’amianto), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1993, n. 271, sollevata, in riferimento agli articoli 3, primo comma, e 2 della Costituzione, dal Tribunale di Ravenna  con l’ordinanza indicata in epigrafe.


Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 ottobre 2010.


F.to:


Francesco AMIRANTE, Presidente


Paolo GROSSI, Redattore


Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere


Depositata in Cancelleria l’8 ottobre 2010.


Il Direttore della Cancelleria


F.to: DI PAOLA

25nnio delle Olimpiadi della Fisica - Bando 2010-11.

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca
Nota 14-10-2010 n. 7299
25nnio delle Olimpiadi della Fisica - Bando 2010-11.
Emanata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Dipartimento per l’istruzione, Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l’autonomia scolastica, Uff. II.

Nota 14 ottobre 2010, n. 7299 (1).

25nnio delle Olimpiadi della Fisica - Bando 2010-11.

(1) Emanata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Dipartimento per l’istruzione, Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l’autonomia scolastica, Uff. II.



Ai


Direttori generali degli uffici scolastici regionali
 

Loro sedi

Al


Sovrintendente agli studi per la regione autonoma della Valle d’Aosta

Al


Sovrintendente scolastico per la provincia autonoma di Bolzano

Al


Sovrintendente scolastico per la provincia autonoma di Trento

All’


Intendente scolastico per le scuole delle località ladine di Bolzano

All’


Intendente scolastico per la scuola in lingua tedesca di Bolzano




L’Associazione per l’Insegnamento della Fisica avvia anche questo anno le iniziative connesse con la partecipazione italiana alle Olimpiadi Internazionali della Fisica.

Gli Istituti Scolastici sono invitati ad aderire in considerazione del valore formativo che rivestono sia l’impegno richiesto per la preparazione alle prove che l’utilizzo di materiali sviluppati con specifica attenzione ai bisogni di apprendimento degli studenti più capaci e motivati.

Le iscrizioni degli istituti scolastici, dal 1° ottobre al 10 novembre 2010, si effettuano dal sito della segreteria all’indirizzo www.segreteria-olifis.it dove si trovano anche il calendario delle prove e le istruzioni per la procedura di iscrizione.

Si allega alla presente il bando e il calendario delle prove.


Il Dirigente

Antonio Lo Bello



Allegati


Associazione per l'Insegnamento della fisica

ente accreditato per la valutazione delle eccellenze

Segreteria Olimpiadi

indirizzo postale: c.p. n. 16

30037 - Scorzè (Ve)

Tel.: 334 2965975; Fax.: 041-5841272

e-mail: olifis@aif.it

http://www.olifis.it


Oggetto: XXV Olimpiade Italiana di Fisica


Venezia, 6 settembre 2010


L'Associazione per l'Insegnamento della Fisica avvia anche questo anno le iniziative connesse con la partecipazione italiana alle Olimpiadi Internazionali della Fisica. Nel 2010 la nostra squadra, composta da cinque studenti di scuole secondarie superiori, ha incontrato a Zagabria, in Croazia, 386 coetanei provenienti da 84 paesi, misurandosi nella capacità di risolvere problemi di fisica e di progettare e condurre esperimenti. In quella occasione, ancora una volta, tutti cinque i nostri studenti hanno conseguito un premio per la buona qualità del lavoro fatto ottenendo due medaglie d'argento, una medaglia di bronzo e due menzioni di merito.

Le Olimpiadi Italiane della Fisica sono organizzate dall'Associazione per l'Insegnamento della Fisica in base ad una convenzione stipulata col MIUR. Nel contesto delle Olimpiadi della Fisica vengono proposte attività finalizzate a favorire il coinvolgimento dei giovani in un apprendimento attivo e responsabile, ad orientare i loro interessi e le loro capacità ed a motivare e sostenere l'impegno di quelli studenti che mostrano particolari inclinazioni per gli studi scientifici. Lo scorso anno 654 istituti di istruzione secondaria superiore hanno partecipato alle Gare delle Olimpiadi Italiane della Fisica e in quasi quattrocento si sono organizzate le prove dei Giochi di Anacleto rivolte a studenti che stanno muovendo i primi passi nello studio della fisica.

Gli Istituti Scolastici sono invitati ad aderire alle suddette iniziative in considerazione del valore formativo che rivestono sia l'impegno richiesto per la preparazione alle prove che l'utilizzo di materiali sviluppati con specifica attenzione ai bisogni di apprendimento degli studenti più capaci e motivati. Possono iscriversi individualmente studenti che frequentano istituti che non sono iscritti alle olifis. Per richiedere una iscrizione individuale dovranno scrivere a olifis@aif.it indicando il proprio nome e cognome, l'istituto e la classe che frequentano e la sede dove si trova la loro scuola. Si possono trovare informazioni sulle attività di sostegno ed approfondimento organizzate a livello locale ed associate alla partecipazione ai giochi delle Olimpiadi di Fisica sul sito ufficiale di olifis all'indirizzo www.olifis.it e nelle pagine del gruppo yahoo “segreteria_olifis” riservato agli insegnanti responsabili nella loro scuola della organizzazione delle Olimpiadi della
Fisica.

Le iscrizioni degli istituti scolastici, dal 1° ottobre al 10 novembre 2010, si effettuano dal sito della segreteria all'indirizzo www.segreteria-olifis.it dove si trovano anche il calendario delle prove e le istruzioni per la procedura di iscrizione.


per il Gruppo Olimpiadi dell'A.I.F.

prof. Giuliana Cavaggioni

responsabile di progetto



Calendario 2010 - 2011


se la fisica è una tua passione....


XXV Olimpiade Italiana della Fisica


10 Dicembre


Gare di Istituto

11 Febbraio


Gare Locali

28 - 30 Aprile


Gara Nazionale

2011 International Physics Olympiads a Bangkok in Tailandia



se stai facendo i primi passi nella fisica…


XIX Giochi di Anacleto


28 Aprile


Domande e Risposte

6 Maggio


In Laboratorio


e-mail: olifis@aif.it

http://www.olifis.it

"Alfiere della Repubblica" - Attestato d'onore della presidenza della Repubblica.

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca
Nota 14-10-2010 n. 6222
"Alfiere della Repubblica" - Attestato d'onore della presidenza della Repubblica.
Emanata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Dipartimento per l'istruzione, Direzione generale per lo studente, l'integrazione, la partecipazione e la comunicazione.

Nota 14 ottobre 2010, n. 6222 (1).

"Alfiere della Repubblica" - Attestato d'onore della presidenza della Repubblica.

(1) Emanata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Dipartimento per l'istruzione, Direzione generale per lo studente, l'integrazione, la partecipazione e la comunicazione.



 

Ai


Direttori generali degli uffici scolastici regionali
   

Loro sedi
 

Al


Dipartimento per l'istruzione per la provincia di Trento
 

Al


Sovrintendente scolastico per la scuola in lingua italiana
   

Bolzano
 

All'


Intendente scolastico per la scuola in lingua tedesca
   

Bolzano
 

All'


Intendente scolastico per la scuola delle località ladine
   

Bolzano
 

Al


Sovrintendente scolastico per la regione Valle d'Aosta
   

Aosta

e, p.c.:


Ai


Dirigenti scolastici delle scuole di ogni ordine e grado




A partire da quest'anno scolastico il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha istituto un "Attestato d'Onore" riservato ai giovani fino ai 18 anni al fine di premiare il merito nello studio, in attività culturali, scientifiche, artistiche o sportive, nonché l'impegno nel volontariato o singoli atti e comportamenti ispirati ad altruismo e solidarietà, al fine di proporre modelli di comportamento positivi delle nuove generazioni.

L'Attestato è conferito dal Capo dello Stato su proposta del Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, sentita un'apposita Commissione valutativa. Tale Attestato è riservato ai giovani che, al momento della segnalazione, non abbiano ancora compiuto il diciottesimo anno di età e attribuisce il titolo di "Alfiere della Repubblica". Viene concesso ai giovani cittadini italiani, anche residenti all'estero, e ai cittadini stranieri residenti nel nostro Paese, che siano nati in Italia o abbiano frequentato con profitto le scuole italiane per almeno cinque anni.

Le proposte di conferimento possono essere inviate alla Presidenza della Repubblica da istituzioni, enti, associazioni e da singoli cittadini. Tutta la documentazione è disponibile all'indirizzo:

http://www.quirinale.it/qrnw/statico/giovani/alfiererepubblica/alfiere.htm

In considerazione dell'alto valore istituzionale dell'iniziativa le SS.LL. sono pregate di assicurare la più ampia e tempestiva diffusione presso le istituzioni scolastiche della presente nota.


Si ringrazia per la collaborazione.


Il Direttore generale

Massimo Zennaro

Situazione concorsi aggiornata al 26 ottobre 2010

Gazzetta Ufficiale - 4ª Serie Speciale - Concorsi n. 85 del 26-10-2010

martedì 26 ottobre 2010

Uno dei tanti interessanti editoriali/risposte di Marco Travaglio, che questa volta risponde a un “vecchio iscritto al Pci” che si lamenta sul perché il giornalista se la prenda con il Partito Democratico.La risposta fornita da Travaglio dovrebbe essere letta attentamente, ed in particolar modo per coloro i quali hanno votato il PD, e per comprendere meglio su quali siano state le cause, concause e autori dei 16 anni di permanenza sul proscenio politico di B. suggerirei una approfondita lettura di libro dello stesso Travaglio “AD PERSONAM 1994-2010 Così destra e sinistra hanno privatizzato la democrazia” editore Chiare Lettere. Da qui la vera necessità di svecchiare la politica




QUESITO:È stato chiesto come computare il congedo per malattia del bambino di età inferiore a tre anni, qualora il periodo di assenza sia giustificato da distinti certificati medici intervallati da giornate di riposo




Ai sensi dell’art. 47, comma 1 del T.U. 151/01, nonché dell’art. 15 del D.P.R. 170/2007, il dipendente può assentarsi dal lavoro, per l’insorgenza di una malattia del figlio di età inferiore a tre anni, producendo un certificato di malattia rilasciato da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato, che deve ricomprendere l’intero periodo durante il quale il dipendente risulti assente dal servizio a titolo di congedo per malattia del figlio.Ad identiche conclusioni si deve pervenire anche nel caso di produzione di più certificati medici seppure, tra i documenti, nell’intervallo di tempo intercorrente tra i periodi coperti dalla documentazione sanitaria, ricadano giornate in cui sia previsto, per il dipendente, il riposo.

Visite mediche specialistiche e vaccinazioni del bambino - richiesta del congedo straordinario per gravi motivi

"REPORT. GABANELLI:RAI TOGLIE TUTELA?VUOL DIRE CHE NON CI VOGLIONO" - ALLARME LIBERTA' DI ESPRESSIONE E DI STAMPA .DIFENDIAMO L'INFORMAZIONE CHE VOGLIAMO


 3^ PICCOLA NEWS POLITICO Report, Gabanelli: "La Rai toglie la tutela? Vuol dire che non ci vogliono"
La giornalista: "Non e' impossibile ripulire l'azienda dall'inquinamento dei partiti"

ROMA - "Se la tv pubblica trasmette un programma d'inchiesta in
prima serata senza tutelare le persone che ci lavorano, vuol dire
che quel programma non lo vuole. Punto". Milena Gabanelli
commenta cosi', intervistata da
Ffwebmagazine(www.ffwebmagazine.it), periodico online della
Fondazione Farefuturo, la 'minaccia' avanzata dalla direzione
generale Rai di togliere a Report la tutela legale. "Non siamo
stati messi all'indice- spiega Gabanelli- siamo stati criticati.
Ma non ci si possono attendere carezze quando metti il dito sui
nervi scoperti. Quello che avviene al settimo piano di viale
Mazzini lo leggo sui giornali, io lavoro in via Teulada dove ci
sono le redazioni che producono buona parte dei programmi che
vanno in onda. Con molte difficolta'. E in via Teulada i
dirigenti di viale Mazzini, purtroppo, non si vedono spesso. Sul
pluralismo posso dire questo: per ora nessuno mi ha mai impedito
di trattare un argomento piuttosto che un altro". Certo, continua
la giornalista, "se avessi voluto una vita tranquilla non avrei
scelto questo mestiere: gli attacchi sono nel conto".
Sull'accusa di 'politicizzazione' delle sue inchieste, la
conduttrice di Report risponde cosi': "Nel nostro Paese si
declina tutto politicamente, quando invece la domanda dovrebbe
essere: 'È vero o falso cio' che viene raccontato?'". E per
quanto riguarda la Rai, secondo Gabanelli "ripulirla
dall'inquinamento dei partiti non e' un'impresa impossibile,
basta volerlo".
26 ottobre 2010

(Com/Vid/ Dire)
14:30 26-10-10 begin_of_the_skype_highlighting              30 26-10-10      end_of_the_skype_highlighting

NNNN

RAI: BONELLI, REPORT? DA NOI NON C'E' SPAZIO LIBERA INFORMAZIONE =
(AGI) - Roma, 26 ott. - In Italia non c'e' piu' spazio per la
libera informazione, questo e' ormai e' evidente. Lo dice in
una nota il presidente nazionale dei Verdi per la Costituente
ecologista Angelo Bonelli in merito alla vicenda di Report, la
trasmissione curata dalla Gabbanelli. "Se le forze sociali ed
imprenditoriali democratiche hanno a cuore il destino di questo
paese - aggiunge - si attivino per creare una televisione
alternativa in grado di ospitare le trasmissioni come Report,
Presa Diretta, Anno Zero, Ballaro' e tutte le altre
trasmissioni d'inchiesta che il servizio pubblico sta
progressivamente spingendo fuori dai palinsesti. Questo
consentirebbe di creare un'alternativa non politica ma
culturale al berlusconismo che, ogni giorno che passa fa
affondare il paese". Per Bonelli, "le notizie secondo cui la
Rai intende togliere la tutela legale a Report sono una nuova
intimidazione nei confronti del programma della Gabbanelli -
conclude - Stiamo assistendo ad un tentativo di golpe
mediatico: gli italiani hanno il diritto ad un'informazione
libera ed in grado di raccontare quello che accade e non quello
che Berlusconi vuole che si racconti".

Red
261541 OTT 10

NNNN
RAI: GABANELLI, CI TOLGONO TUTELA? VUOL DIRE CHE NON CI VOGLIONO =
PER ORA NESSUNO MI HA IMPEDITO DI TRATTARE QUALCOSA

Roma, 26 ott. (Adnkronos) - ''Se la tv pubblica trasmette un
programma d'inchiesta in prima serata senza tutelare le persone che ci
lavorano, vuol dire che quel programma non lo vuole. Punto''. Milena
Gabanelli commenta cosi', intervistata da Ffwebmagazine
(www.ffwebmagazine.it), periodico online della Fondazione Farefuturo,
la 'minaccia' avanzata dalla direzione generale Rai di togliere a
Report la tutela legale.

''Non siamo stati messi all'indice - spiega Gabanelli - siamo
stati criticati! Ma non ci si possono attendere carezze quando metti
il dito sui nervi scoperti... Quello che avviene al settimo piano di
viale Mazzini lo leggo sui giornali, io lavoro in via Teulada dove ci
sono le redazioni che producono buona parte dei programmi che vanno in
onda. Con molte difficolta'. E in via Teulada i dirigenti di viale
Mazzini, purtroppo, non si vedono spesso. Sul pluralismo posso dire
questo: per ora nessuno mi ha mai impedito di trattare un argomento
piuttosto che un altro''.

Certo, continua la giornalista, ''se avessi voluto una vita
tranquilla non avrei scelto questo mestiere: gli attacchi sono nel
conto''. Sull'accusa di 'politicizzazione' delle sue inchieste, la
conduttrice di Report risponde cosi': ''Nel nostro paese si declina
tutto politicamente, quando invece la domanda dovrebbe essere: 'E'
vero o falso cio' che viene raccontato?'''. E per quanto riguarda la
Rai, secondo Gabanelli ''ripulirla dall'inquinamento dei partiti non
e' un'impresa impossibile, basta volerlo''.

(Pol-Leb/Gs/Adnkronos)
26-OTT-10 13:31
RAI: MERLO (PD), GIU' LE MANI DALLA GABANELLI =

Roma, 26 ott. (Adnkronos) - ''Report, checche' se ne dica, e'
uno dei pochi esempi di vero giornalismo di inchiesta del servizio
pubblico radiotelevisivo. Non sono previsti monologhi degli invitati,
comizi dei conduttori e propaganda di schieramento politico.
Semplicemente si approfondiscono i temi. Se qualcuno pensa adesso di
togliere la tutela legale a questo programma, non solo non si
accetterebbe piu' il giornalismo di inchiesta nella Rai ma si
lancerebbe un messaggio di normalizzazione dell'informazione che
impoverirebbe definitivamente il servizio pubblico nel nostro paese''.
Lo dice Giorgio Merlo, Pd, vicepresidente della commissione di
Vigilanza Rai.

(Pol-Leb/Ct/Adnkronos)
26-OTT-10 13:24

NNNN

RAI: IDV, VIA TUTELA A REPORT? DG PROSEGUE NORMALIZZAZIONE =
(AGI) - Roma, 26 ott. - Se Masi toglie la tutela legale a
Report ci opporremo in Parlamento e nelle piazze. Con la sua
gestione la Rai sta favorendo la concorrente Mediaset. Il dg,
infatti, ostacola apertamente i programmi di maggior successo e
sta proseguendo la normalizzazione della Rai. Le voci contrarie
a Berlusconi vengono zittite e, quando non e' possibile,
ostacolate con tutti i mezzi a disposizione. Annozero, Vieni
via con me, blu notte, Parla con me, Report, sono tutti esempi
di questo accanimento contro l'informazione libera. Lo afferma
in una nota il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca
Orlando. "Masi sta eseguendo il diktat del premier che e'
emerso dalle intercettazioni di Trani - conclude Orlando -
chiudere i programmi non allineati. Per questo continuiamo ad
affermare che il suo incarico e' incompatibile con quello del
servizio pubblico".
Red
261216 OTT 10
REPORT. GABANELLI:RAI TOGLIE TUTELA?VUOL DIRE CHE NON CI VOGLIONO
'NON IMPOSSIBILE RIPULIRLA DA INQUINAMENTO DEI PARTITI'

(DIRE) Roma, 26 ott. - "Se la tv pubblica trasmette un programma
d'inchiesta in prima serata senza tutelare le persone che ci
lavorano, vuol dire che quel programma non lo vuole. Punto".
Milena Gabanelli commenta cosi', intervistata da
Ffwebmagazine(www.ffwebmagazine.it), periodico online della
Fondazione Farefuturo, la 'minaccia' avanzata dalla direzione
generale Rai di togliere a Report la tutela legale.
"Non siamo stati messi all'indice- spiega Gabanelli- siamo
stati criticati. Ma non ci si possono attendere carezze quando
metti il dito sui nervi scoperti. Quello che avviene al settimo
piano di viale Mazzini lo leggo sui giornali, io lavoro in via
Teulada dove ci sono le redazioni che producono buona parte dei
programmi che vanno in onda. Con molte difficolta'. E in via
Teulada i dirigenti di viale Mazzini, purtroppo, non si vedono
spesso. Sul pluralismo posso dire questo: per ora nessuno mi ha
mai impedito di trattare un argomento piuttosto che un altro".
Certo, continua la giornalista, "se avessi voluto una vita
tranquilla non avrei scelto questo mestiere: gli attacchi sono
nel conto".
Sull'accusa di 'politicizzazione' delle sue inchieste, la
conduttrice di Report risponde cosi': "Nel nostro paese si
declina tutto politicamente, quando invece la domanda dovrebbe
essere: 'È vero o falso cio' che viene raccontato?'". E per
quanto riguarda la Rai, secondo Gabanelli "ripulirla
dall'inquinamento dei partiti non e' un'impresa impossibile,
basta volerlo".

(Com/Vid/ Dire)
11:24 26-10-10

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QUESITO: E’ stato chiesto di conoscere se l’appartenente alla Polizia di Stato possa svolgere le funzioni di rappresentante di lista per un partito politico. (risposta dipartimento P.S.)

Al riguardo, giova rappresentare preliminarmente che per gli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato l'assunzione della carica di rappresentante di lista si pone in contrasto con l'art. 81 della legge 121/1981.
La disposizione citata infatti non solo fa divieto agli appartenenti alle Forze di Polizia di "svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati ad elezioni", ma prevede anche che gli stessi "debbono in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni politiche e non possono assumere comportamenti che compromettono l'assoluta imparzialità delle loro funzioni".
Secondo la normativa vigente, il rappresentante di lista espleta compiti di controllo e verifica sulla regolarità delle operazioni elettorali a tutela degli interessi dei candidati della propria lista ed è altresì autorizzato a portare, all'interno della sezione elettorale, un bracciale o altro distintivo recante il contrassegno della lista rappresentata.
Ne deriva, con assoluta evidenza, un pieno conflitto tra i compiti del rappresentante di lista e quelli istituzionalmente demandati al dipendente della Polizia di Stato, nonché un pregiudizio per l'immagine di imparzialità del personale delle Forze di Polizia che il citato art. 81 della legge 121/1981 intende garantire, essendo queste ultime, compresa la Polizia di Stato, al servizio di tutti i cittadini (art. 24 legge 121/1981) nel rispetto del principio di eguaglianza, anche sotto il profilo delle opinioni politiche, sancito dall'art.3. della Costituzione.
Pertanto, poichè il rappresentate di lista concorre ad assicurare la regolarità delle votazioni e considerato che anche costui assume la qualifica di pubblico ufficiale durante l'esercizio delle relative competenze (art. 40 della legge 361/1957), si ritiene che, nel caso di specie, l'appartenente della Polizia di Stato non si trovi nelle condizioni per poter garantire l'imparzialità delle funzioni connesse al proprio status.

QUESITO: Sono stati chiesti chiarimenti in relazione all’eventualità che un appartenente alla Polizia di Stato svolga un’attività extraistituzionale (risposta dipartimento PS)

Al riguardo, si osserva preliminarmente che la norma generale che disciplina la materia delle incompatibilità, dei cumuli di impieghi ed incarichi, di cui all’art. 53 del D.Lgs. 165/2001, al fine di stabilire se un appartenente alla Polizia di Stato possa svolgere altra attività, va raffrontata con le disposizioni ordinamentali di questa Amministrazione.
Come noto, infatti, il rapporto di lavoro del personale appartenente alle Forze di polizia è stato escluso, per effetto di quanto disposto dall’art. 3 del citato testo unico, dalla privatizzazione del rapporto di lavoro, restando lo stesso disciplinato dalle norme di diritto pubblico di cui agli specifici ordinamenti.
Pertanto, solo qualora la norma ordinamentale non disponga specifici divieti, si potrà applicare la disciplina generale contenuta dall’art. 53 sopra richiamato, in virtù del rinvio contenuto nell’art. 23 della legge 121/1981, a tenore del quale “al personale appartenente ai ruoli dell’amministrazione della pubblica sicurezza, per quanto non previsto dalla presente legge, si applicano, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati dello Stato”.
In materia di incompatibilità, cumulo di impieghi ed incarichi, la norma ordinamentale di riferimento è l’art. 50 del D.P.R. 24.4.1982 n. 335, che, come noto, vieta espressamente agli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato l’esercizio di attività professionali, commerciali, industriali nonché l’assunzione di impieghi pubblici e privati e l’accettazione di incarichi in società costituite a fine di lucro, salvo i casi previsti da disposizioni speciali.In via generale, si ritiene che con tale disposizione sia stato escluso l’esercizio di attività caratterizzate da continuità e prevalenza, incompatibili pertanto con gli obblighi di fedeltà, diligenza e puntualità propri del rapporto di pubblico impiego.Peraltro, in relazione allo status di appartenente all’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, vanno escluse le attività in contrasto con gli obblighi e i doveri istituzionali e quelli riferibili a settori coincidenti con quelli demandati per legge alla Polizia di Stato.
Per le altre attività, considerate astrattamente compatibili alla luce dei suesposti criteri di valutazione, è prescritta l’autorizzazione dell’Amministrazione ai sensi dell’art. 53 del D.L.vo 30.3.2001, n. 165, al fine di verificarne la conciliabilità in concreto con il tipo di lavoro e l’orario di servizio del dipendente, nel senso che non deve essere arrecato alcun pregiudizio al corretto espletamento dei compiti che il dipendente stesso è chiamato a svolgere.

QUESITO: Sono stati chiesti chiarimenti in ordine alla possibilità di procedere all’annotazione matricolare di un corso di lingua inglese, frequentato dal personale dipendente su disposizione dell’Amministrazione, considerato che la certificazione del superamento del corso è avvenuta esclusivamente attraverso il rilascio di un diploma on-line.

Si ritiene che la situazione prospettata possa rientrare nelle ipotesi illustrate al punto 11 della circolare n.333-A/9806.D.1, datata 18 novembre 2008, ove è precisato che andrà annotata a matricola la frequenza di corsi, per conto e nell’interesse dell’Amministrazione, al termine dei quali sono previsti esami o una specifica valutazione finale del frequentatore, nel caso in questione comunque documentata dal conseguimento del diploma on-line.

QUESITO: È stato chiesto di conoscere se gli appartenenti alla Polizia di Stato, che rivestono lo status di amministratori locali, possano beneficiare, per l’espletamento del mandato, dell’aspettativa anche in modo frazionato e, in caso positivo, se detto beneficio sia cumulabile con i permessi di cui all’art. 79 del Dl.gs. 267/2000.

Al riguardo, giova rappresentare in via preliminare che, per il personale della Polizia di Stato, la materia dell’assenza per mandato amministrativo o politico è disciplinata dall’art. 53 del D.P.R. n. 335/1982, il quale stabilisce, al comma 3, che “il personale eletto a cariche amministrative viene collocato in aspettativa a domanda per tutta la durata del mandato amministrativo…”.Il successivo comma 4, inoltre, ha previsto che il dipendente “…ove non si avvalga della facoltà prevista dal comma precedente, è autorizzato ad assentarsi per il tempo necessario all’espletamento del mandato…”.
Dal tenore letterale del comma 3 della norma in esame, infatti, risulta evidente che l’aspettativa in parola si estende “per tutta la durata del mandato” contrariamente ai permessi di cui al comma 4, che possono essere richiesti, ove non ci si avvalga dell’aspettativa, “per il tempo necessario all’espletamento del mandato”.
Si rappresenta, infine, che la materia in argomento è stata rivisitata dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e successive integrazioni e modificazioni, che, con particolare riguardo all’aspettativa, ha sostanzialmente confermato, all’art. 81, per gli aspetti sopra esaminati, la previsione del citato art. 53.

01 - Giorno di viaggio

QUESITO: È stato chiesto di conoscere se per la partecipazione ai consigli comunali spettino, oltre al giorno relativo alla seduta consiliare, anche quelli per il viaggio di andata e di ritorno.


Al riguardo, si fa rinvio al dettato dell’art. 79, comma 1, del D.lgs. 267/2000, che prevede, per il dipendente eletto consigliere comunale, la possibilità di assentarsi dal servizio per l’intera giornata in cui viene convocato il consiglio e, nel caso in cui i lavori del consiglio si svolgano in orario serale e si protraggano oltre la mezzanotte, il diritto, rispettivamente, di riprendere servizio non prima delle ore 08.00 e di assentarsi dal servizio per l’intero turno lavorativo del giorno successivo.

02 - Attestazione dell'ente

QUESITO: È stato chiesto di conoscere se per i richiesti permessi retribuiti e non retribuiti debba essere prodotta idonea documentazione che ne comprovi l’avvenuta fruizione.


Si rappresenta, al riguardo, che avendo l’art. 79, comma 6, del D.Lgs. n. 267/2000 riprodotto anche la norma di cui all’art. 16 dell’abrogata legge n. 816/1985, a tenore della quale “l’attività ed i tempi di espletamento del mandato per i quali i lavoratori chiedono ed ottengono permessi, retribuiti e non retribuiti, devono essere prontamente e puntualmente documentati mediante attestazione dell’ente”, il capo dell’Ufficio o del reparto presso il quale il dipendente presta servizio dovrà curare l’acquisizione della prescritta documentazione giustificativa.

QUESITO: È stato chiesto di conoscere se l’indennità per servizi esterni sia cumulabile con quella di missione.

L’indennità per servizi esterni è cumulabile con quella di missione in territorio nazionale, mentre non è cumulabile con l’indennità di missione all’estero, essendo, quest’ultima, un’indennità onnicomprensiva.


02 - Cumulabilità con indennità di ordine pubblico 

QUESITO: E’ stato chiesto di conoscere se l’indennità per servizi esterni sia cumulabile con l’indennità di ordine pubblico. 

Al riguardo si informa che l’indennità per servizi esterni non è cumulabile con quella di ordine pubblico in sede e fuori sede.

QUESITO: Sono stati chiesti chiarimenti in merito all’applicabilità, alla Polizia di Stato, della disciplina in materia di attività di volontariato (partecipazione ad esercitazioni o ad interventi di soccorso), con particolare riguardo alla eventuale competenza a provvedere

.


Al riguardo, si rappresenta che la materia della partecipazione alle associazioni di volontariato è disciplinata dal D.P.R. 8 febbraio 2001, n. 194, concernente il “Regolamento recante nuova disciplina della partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività di protezione civile”.
L’art. 9 del citato Decreto prevede, per coloro che aderiscono alle associazioni di volontariato inserite nell’elenco dell’Agenzia di protezione civile, la possibilità di assentarsi dal lavoro per un periodo non superiore a trenta giorni continuativi e fino ad un massimo di novanta giorni nell’anno, se impiegati in attività di soccorso ed assistenza in vista o in occasione di calamità naturali, catastrofi o altri eventi, ovvero per un periodo di dieci giorni fino ad un massimo di trenta, laddove siano impegnati in attività di pianificazione, simulazione di emergenza e di formazione teorico-pratica, con mantenimento del posto e del relativo trattamento economico e previdenziale.
Tale norma risulta applicabile, in via generale, anche agli appartenenti alla Polizia di Stato, in presenza dei requisiti richiesti, ossia che gli interessati siano aderenti ad associazioni di volontariato inserite nell’elenco predisposto, ai sensi della cennata normativa, presso l’Agenzia di protezione civile, che l’attività di soccorso ed assistenza sia espressamente autorizzata dal medesimo Dipartimento o dalla competente Prefettura, ed a condizione che l’impegno assunto sia svolto a titolo gratuito e siano fatte salve le esigenze di servizio che in nessuna ipotesi dovranno essere pregiudicate dall’attività di volontariato svolta dal dipendente.

Competenza a provvedere

QUESITO: È stato chiesto di conoscere se l’assenza dal servizio per attività di volontariato sia da considerarsi alla stessa stregua di quelle disciplinate dalla circolare del decentramento. 

L’attività di volontariato non rientra tra le ipotesi di assenza dal servizio decentrate ed espressamente indicate nella circolare 333-A/9807.F.4 del 30.03.1999, e pertanto le eventuali istanze volte a fruire dell’istituto in questione devono essere inviate, per le conseguenti autorizzazioni, ai competenti Servizi della Direzione Centrale per le Risorse Umane.

Aspettativa ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. 339/1982 e art. 19 del D.P.R. 164/2002 - maturazione delle ferie ed eventuale monetizzazione

QUESITO: È stato chiesto di conoscere se nel periodo trascorso in aspettativa speciale ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. 339/1982 e ai sensi dell’art. 19 del D.P.R.164/2002 e 16 del D.P.R. 51/2009, i dipendenti in questione maturino il congedo ordinario.


Si fa presente che tale periodo non si ritiene utile, ai fini in questione, poiché la “ratio” di detta normativa non è riconducibile allo stato di salute del dipendente, ma è determinata unicamente dalla necessità di legittimare, con il collocamento in una speciale posizione di stato giuridico ed economico, il periodo di attesa della definizione della pratica sanitaria dell’interessato.

Congedo straordinario per malattia - Decorrenza nel caso di infermità insorta dopo aver prestato servizio

QUESITO: Sono state evidenziate alcune problematiche connesse alle conseguenze giuridiche che comporta la produzione di un certificato medico, con data coincidente con quella di una giornata in cui si è effettuata la prestazione lavorativa, per quei dipendenti che si sono dovuti rivolgere ad un sanitario per malori sopraggiunti successivamente alla stessa.


Si fa rinvio al contenuto della circolare n.557/RS/CN.10/0734 del 18 marzo 2009, ove, tra l’altro, è precisato che appare legittimo scorporare, dal computo dei giorni di prognosi indicati sul certificato, la giornata lavorativa effettivamente espletata dal dipendente.

Computo dei periodi prestati in altre forze di polizia, nelle Forze armate e periodi di servizio militare utili alla maggiorazione

QUESITO: Sono stati chiesti chiarimenti in ordine alla possibilità di considerare utile, per la maggiorazione del congedo ordinario prevista dall’art. 14 del D.P.R. 395/95, il periodo del servizio di leva obbligatorio prestato nelle Forze Armate, in virtù del disposto dell’art. 11 del D.P.R. n. 170/2007 a norma del quale, ai fini del computo dell’anzianità di servizio utile per la maggiorazione in questione, si considera quello prestato presso le Forze di Polizia e le Forze Armate, nonché quello svolto nel soppresso ruolo delle vigilatrici penitenziarie.


Nel far rinvio al contenuto della circolare n. 333-A/9807.B.7 datata 26 maggio 2008, si comunica che in sede di Commissione Paritetica, riunitasi in data 9 aprile 2008, è stato chiarito come debba considerarsi utile, ai fini in questione, anche il periodo del servizio militare di leva.

Modalità di fruizione temporale del congedo pregresso in caso di prolungate assenze per malattia o per lunghe missioni all'estero

QUESITO: Sono stati chiesti chiarimenti in merito alla fruizione del congedo ordinario pregresso, non beneficiato per motivi di oggettiva impossibilità.


L’art. 11 del D.P.R. 170/2007 prevede espressamente che “qualora indifferibili esigenze di servizio non abbiano reso possibile la completa fruizione del congedo ordinario nel corso dell’anno, la parte residua deve essere fruita entro l’anno successivo.
Compatibilmente con le esigenze di servizio, in caso di motivate esigenze di carattere personale, il dipendente deve fruire il congedo residuo entro l’anno successivo a quello di spettanza”.
Detta disposizione ha ampliato le previsioni dell’art. 18 del D.P.R. 164/2002, n. 164, che consentivano, “in presenza di motivate esigenze di carattere personale, la possibilità di fruire del congedo pregresso entro il primo semestre successivo a quello di spettanza”.
Nel caso in cui non risultino agli atti le indifferibili esigenze di servizio o le motivate esigenze di carattere personale che non hanno reso possibile la completa fruizione del congedo ordinario in questione (relativa, ad esempio, ad assenze per malattia o missioni all’estero) i dipendenti interessati risulteranno decaduti, per decorrenza dei termini, dalla possibilità di fruire del congedo ordinario pregresso.

Sentenze della Corte Costituzionale 16 giugno 2005, n. 233 - 18 aprile 2007, n. 158 - 26 gennaio 2009,n. 19 - concernenti l’estensione del congedo di cui all’art.42, 5° comma, del T.U. 151/2001, nei confronti dei fratelli e sorelle conviventi, del coniuge e del figlio convivente con il soggetto portatore di handicap grave QUESITO: È stato chiesto di conoscere se le sentenze della Corte Costituzionale in premessa, siano applicabili anche al personale della Polizia di Stato.

01 - Sentenze della Corte Costituzionale 16 giugno 2005, n. 233 - 18 aprile 2007, n. 158 - 26 gennaio 2009,n. 19 - concernenti l’estensione del congedo di cui all’art.42, 5° comma, del T.U. 151/2001, nei confronti dei fratelli e sorelle conviventi, del coniuge e del figlio convivente con il soggetto portatore di handicap grave

QUESITO: È stato chiesto di conoscere se le sentenze della Corte Costituzionale in premessa, siano applicabili anche al personale della Polizia di Stato. 

In considerazione che tali decisioni rientrano nel novero delle sentenze manipolative – additive che aggiungono, quindi, un contenuto normativo assente nella disposizione di legge ricavabile direttamente dal disposto costituzionale, si ritiene che le istanze dei dipendenti debbano essere favorevolmente valutate, tenuto conto dell’effetto innovativo dell’ordinamento giuridico vigente proprio delle sentenze stesse.


02 - Effetti sul congedo ordinario

QUESITO: È stato chiesto di conoscere se i dipendenti che fruiscono del congedo biennale, maturino, in tale periodo, il congedo ordinario 

In proposito, la legge 27.12.2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) all’art. 1 - comma 1266 – ha stabilito quanto segue: “all’articolo 42, comma 5, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, è aggiunto, infine, il seguente periodo: “i soggetti che usufruiscono deipermessi di cui al presente comma per un periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa ”.
Dalla citata disposizione deriva, pertanto, che il periodo di congedo per assistere il congiunto disabile non può essere considerato utile ai fini della maturazione del congedo ordinario.
La norma, comunque, garantisce la concessione di permessi aggiuntivi, seppur non retribuiti, in favore dei soggetti che fruiscono di un periodo a titolo di congedo ai sensi dell’art. 42, 5^ comma, del T.U. 151/2001, inferiore o pari a sei mesi e fruito in modo continuativo.
Diversamente, nell’ipotesi in cui il soggetto interessato si avvalga del beneficio in maniera frazionata non potrà chiedere, nell’anno solare di riferimento, di fruire dei permessi non retribuiti.

02 - Possibilità di cumulo per assistere più disabili

QUESITO:È stato chiesto di conoscere se sia possibile concedere i permessi mensili di cui all’art. 33, comma 3, della legge 104/92, in misura proporzionale ai familiari disabili che un dipendente dichiari e documenti di assistere in via esclusiva e continuativa.

Come noto la possibilità per il lavoratore che presta assistenza a più familiari portatori di handicap grave di usufruire del cumulo dei permessi, ex articolo 33 della legge 104/92, è stata riconosciuta dal Consiglio di Stato con parere n. 785 del 14.6.1995 che ha escluso, però, tale opportunità nel caso in cui vi siano altre persone che possano prestare assistenza ovvero nell’ipotesi in cui lo stesso lavoratore sia in grado, per la natura dell’handicap, di sopperire alle necessità assistenziali dei familiari disabili utilizzando tre giorni di permesso mensile. Tale pronuncia è stata recepita dal Dipartimento per la Funzione Pubblica con circolare n. 20/95.A ciò si aggiunga che il Ministero del Lavoro, con nota n. 3003/2006, ha dato indicazioni circa la possibilità di cumulare i permessi ai sensi della legge 104/92, per assistere più persone disabili.In sintesi i principi stabiliti da quel Dicastero sull’argomento possono così riassumersi:

• in via generale al lavoratore possono essere riconosciuti una pluralità di permessi, quando le persone da assistere siano più di una;

• oltre ai consueti requisiti di continuità ed esclusività, per il cumulo dei permessi, è richiesto che sia provata la necessità di un’assistenza disgiunta.

• Si ha assistenza disgiunta quando la particolare natura dello stato di salute dei soggetti portatori di handicap fa sì che per il lavoratore sia impossibile fornire l’assistenza con soli tre giorni di permesso e vi sia conseguentemente la necessità di assistere i disabili con modalità e tempi diversi;

• l’onere di provare la necessità di assistenza disgiunta continuativa ed esclusiva grava sul dipendente che deve presentare tante domande quanti sono i soggetti con disabilità che egli si propone di accudire. Alle istanze andrà allegata idonea certificazione relativa alla particolare natura dell’handicap, accompagnata da dichiarazione di responsabilità circa la sussistenza delle circostanze che giustificano la necessità di assistenza separata.

05 - Distanza chilometrica tra la sede di servizio e la dimora del disabile da assistere

QUESITO: È stato posto un quesito inteso a conoscere se ad un dipendente possano essere concessi tre giorni di permesso mensile per assistere un congiunto portatore di handicap grave, residente a circa 210 Km dalla sede di servizio del richiedente 

In via preliminare si richiamano le disposizioni dettate in materia ed illustrate nella circolare p.n. del 31.7.2001; pertanto, il dipendente potrà essere destinatario dei permessi mensili di cui all’art. 33, 3^ c., della legge 104/92, solo qualora presti in atto un’assistenza in via continuativa ed esclusiva al familiare disabile grave.
Ciò in quanto la titolarità alla fruizione dei permessi in esame può essere rinvenuta soltanto in capo a quel dipendente che effettivamente presti il suo ausilio al familiare disabile non in maniera saltuaria od occasionale, ma con assiduità e costanza.
Tale situazione non è, in via generale, riscontrabile nei casi di lontananza oggettiva tra la residenza del disabile ed il luogo ove vive e presta la propria attività il dipendente.

Esonero, a domanda, dal turno notturno per il lavoratore o la lavoratrice che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104- Significato della locuzione “a proprio carico”

QUESITO: È stato chiesto un chiarimento sulla corretta interpretazione da attribuire alla locuzione “a proprio carico” riferita al soggetto disabile da assistere in orario notturno 

Per quanto concerne la corretta definizione da attribuire alla dizione “a proprio carico” occorre richiamare la legge 104/92, in cui non viene mai accennato a “soggetti a carico”, bensì solo a soggetti bisognosi di assistenza; da ciò può dedursi che il dipendente ha a proprio carico un portatore di handicap quando lo assiste con continuità ed in via esclusiva (anche se non sia con esso convivente).Pertanto, in tale accezione non rileva la circostanza che il soggetto disabile debba risultare “a carico” secondo la vigente legislazione in materia fiscale o di famiglia.

Congedo straordinario per Dottorato di ricerca (Art. 2, Legge 476/1984) - cumulo di dottorati

                        
QUESITO: È stato chiesto di conoscere se sussistono limiti al collocamento di un dipendente in congedo straordinario/aspettativa, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 476/1984, in caso di ammissione ad un nuovo corso di dottorato di ricerca.

In proposito, si rappresenta che dalla richiamata vigente disciplina in materia non è dato rinvenire alcun fondamento per una scelta discrezionale della pubblica amministrazione nel concedere un primo o un ulteriore periodo di aspettativa.Ne deriva, pertanto, che laddove un dipendente sia ammesso ad un nuovo dottorato di ricerca risulterà destinatario del beneficio in parola, con le modalità stabilite dalla citata normativa.
 
 
Congedo straordinario per fruitori di borse di studio (Art. 6, comma 7, Legge 398/1989) - ambito di applicazione

QUESITO: Sono stati chiesti chiarimenti circa l’ambito di applicazione del beneficio del congedo straordinario per motivi di studio, ex art. 6, comma 7, legge 30 novembre 1989, n. 398

Al riguardo, si rappresenta che, com’è noto, la richiamata disciplina di cui alla legge 30 novembre 1989, n. 398, concernente le “Norme in materia di borse di studio universitarie”, stabilisce all’art. 6, comma 7, che “ai dipendenti pubblici che fruiscono di borse di studio di cui alla presente legge è estesa la possibilità di chiedere il collocamento in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni, prevista per gli ammessi ai corsi di dottorato di ricerca dall’art. 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476.
Il periodo di congedo straordinario è utile ai fini della progressione di carriera e del trattamento di quiescenza e previdenza”. Dal tenore letterale della suddetta norma appare evidente che la possibilità di fruire del congedo straordinario per motivi di studio senza assegni, di cui al citato art. 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476, sia stata prevista dal legislatore per i soli “dipendenti pubblici che fruiscono di borse di studio di cui alla presente legge….”.
Trattasi, in sostanza, di borse di studio per la frequenza dei corsi di perfezionamento di cui al D.P.R. 162 del 1982, assegnate con decreto del rettore sulla base delle graduatorie di merito formate in occasione degli esami di ammissione, così come previsto dall’art. 2 della legge in esame. 

 
 
Competenza a provvedere
QUESITO: È stato chiesto di conoscere a chi è attribuita la competenza di emanare il provvedimento di concessione del beneficio.

Con circolare della Direzione Centrale per le Risorse Umane n. 333-A/9805.C.I/79 del 9 gennaio 2009, concernente la “Soppressione delle Direzioni Interregionali – Direttive in merito alla ripartizione delle relative funzioni in materia di personale tra le strutture centrali e periferiche dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza”, in relazione al congedo per la formazione, è stato previsto, ferma restando la competenza del Direttore Centrale per le Risorse Umane alla concessione del congedo per formazione per il personale in servizio presso gli uffici del Dipartimento della P.S., che “per il personale in servizio presso gli uffici periferici la competenza è attribuita ai dirigenti degli uffici territoriali di livello dirigenziale più elevato”.
Inoltre, i provvedimenti di concessione del beneficio andranno inviati presso l’articolazione provinciale della Ragioneria per la registrazione e, successivamente, ai Servizi della Direzione Centrale per le risorse Umane ai fini della rideterminazione del posto in ruolo.


Ambito di applicazione
QUESITO: Sono stati chiesti chiarimenti relativamente all’ambito di applicazione del congedo per la formazione.

Al riguardo, si rappresenta che il congedo per formazione, istituito dalla legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 5, è stato successivamente disciplinato dall’art. 20 del D.P.R. 164/2002 ed esplicato nella circolare, di questa Direzione Centrale, n. 333-A/9807.B.6, datata 24 gennaio 2003.
In base alla citata normativa, il beneficio in argomento risulta finalizzato al completamento della scuola dell’obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea ed alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dall’Amministrazione.

Tirocinio teorico-pratico
QUESITO: È stato chiesto di conoscere se possa essere concesso un periodo di congedo per la formazione per lo svolgimento di un tirocinio teorico-pratico finalizzato al sostenimento dell’esame di stato di psicologo.

Si rappresenta, al riguardo, che il Consiglio di Stato, chiamato da questa Amministrazione ad esprimere il proprio parere in ordine al ricorso straordinario di un’appartenente alla Polizia di Stato alla quale era stato negato il congedo per formazione, per lo svolgimento del tirocinio propedeutico al sostenimento dell’esame di Stato di Psicologo, ha manifestato (adunanza del 10.1.2007) il proprio orientamento estensivo nella interpretazione della normativa in esame.L’Alto Consesso ha infatti considerato “formazione non solo le attività di apprendimento teoriche o pratiche, ivi compresa l’attività di tirocinio, finalizzate al conseguimento della laurea e degli altri titoli di studio previsti dallo stesso art. 20, ma anche altre attività di formazione diverse aventi lo scopo di qualificare l’interessato attraverso il conferimento di una particolare specializzazione o il riconoscimento di una capacità, tramite il tirocinio post lauream, indispensabile alla partecipazione ad un esame di Stato”.

Interventi in materia previdenziale Richiesta incontro urgente al Ministro Maroni ed al Ministro Brunetta

Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro


Allegato 2 


"""ART. 19.
(Specificità delle Forze armate, delle Forze
di polizia e del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco).
ART. 19.
(Specificità delle Forze armate, delle Forze
di polizia e del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco).
1. Ai fini della definizione degli ordinamenti,
delle carriere e dei contenuti del
rapporto di impiego e della tutela economica,
pensionistica e previdenziale, è riconosciuta
la specificità del ruolo delle
Forze armate, delle Forze di polizia e del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché
dello stato giuridico del personale ad
essi appartenente, in dipendenza della peculiarità
dei compiti, degli obblighi e delle
limitazioni personali, previsti da leggi e
regolamenti, per le funzioni di tutela delle
istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine
e della sicurezza interna ed
esterna, nonché per i peculiari requisiti di
efficienza operativa richiesti e i correlati
impieghi in attività usuranti.
Identico.
2. La disciplina attuativa dei princìpi e
degli indirizzi di cui al comma 1 è definita
con successivi provvedimenti legislativi,
con i quali si provvede altresì a stanziare
le occorrenti risorse finanziarie.
3. Il Consiglio centrale di rappresentanza
militare (COCER) partecipa, in rappresentanza
del personale militare, alle attività negoziali
svolte in attuazione delle finalità di
cui al comma 1 e concernenti il trattamento
economico del medesimo personale."""

Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010 sulla proposta di revisione della Direttiva per il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti

Con 390 voti a favore, 192 contrari e 59 astensioni il Parlamento europeo ha approvato il 20 ottobre u.s. le modifiche alla Direttiva Ue in materia di protezione della maternità, che rappresenta un’importante opportunità per promuovere misure volte al miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro per le lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento e le pari opportunità nel mercato del lavoro. La revisione della Direttiva 92/85 è stata una richiesta storica della CES e del movimento sindacale europeo. La Direttiva dovrà ora essere approvata in via definitiva dal Consiglio dei ministri dell’UE e la CES ha già richiesto alla Presidenza di turno dell’Unione europea (Belgio) di considerare la questione come priorità assoluta.

Il Parlamento europeo è andato oltre la proposta della Commissione che chiedeva l’estensione del congedo di maternità da 14 a 18 settimane, allungando il periodo fino a 20 settimane ma la remunerazione per le ultime 4 settimane varia a seconda delle legislazioni nazionali. Il voto del Parlamento pur estendendo il periodo del congedo, non ha previsto la sua remunerazione al 100% in tutti gli Stati membri. Ricordiamo che la CES nelle sua posizione in merito alla revisione della Direttiva aveva richiesto un congedo retribuito totalmente per almeno 18 settimane. Per quanto riguarda il congedo di paternità la risoluzione del Parlamento prevede l’introduzione del congedo obbligatorio di due settimane interamente retribuite. Nonostante l’Italia abbia già una legislazione tra le più favorevoli in Europa la novità per il nostro Paese è rappresentata dall’introduzione del congedo di paternità obbligatorio che potrebbe rappresentare un primo piccolo passo verso una più equa ripartizione delle responsabilità tra i due genitori. Attualmente infatti, il congedo parentale per i padri oltre ad essere scarsamente utilizzato è coperto solo per il 30 % del salario.

La risoluzione vieta inoltre il licenziamento delle donne dall’inizio della gravidanza fino ad almeno il sesto mese dopo la fine del congedo di maternità. Deve essere poi garantito il proprio posto di lavoro o un impiego equivalente, la stessa retribuzione, categoria professionale e responsabilità precedente alla maternità.

Lo scoglio da superare è il Consiglio dei ministri dell’UE perché alcuni Paesi europei (tra i quali la Germania e  la Gran Bretagna) considerano queste norme troppo onerose e le imprese europee si sono già dichiarate contrarie sostenendo che in futuro sarà più difficile assumere le donne.

GOOGLE STREET VIEW: LE AUTO DOVRANNO ESSERE RICONOSCIBILI




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lunedì 25 ottobre 2010

Consiglio di Stato "ANCHE LE FORZE DI POLIZIA DOVRANNO TIMBRARE IL CARTELLINO " TORNELLI - Ministero dell’interno. Sistemi di rilevazione automatica delle presenze. Art. 3, comma 83, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008 ). Quesito.








Numero 02555/2010 e data 04/06/2010

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 19 maggio 2010

NUMERO AFFARE 04751/2009

OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Sistemi di rilevazione automatica delle presenze. Art. 3, comma 83, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008 ). Quesito.

LA SEZIONE
VISTA la relazione trasmessa con nota n. 15712(1) del 20 novembre 2009, con la quale il Ministero dell’interno – Gabinetto del Ministro – ha chiesto il parere sul quesito in oggetto;
VISTO il parere interlocutorio del 2 dicembre 2009;
ESAMINATI gli atti e udito il relatore ed estensore Cons. Mario Luigi Torsello;

PREMESSO:
Riferisce il Ministero dell’interno che è sua intenzione predisporre una direttiva che attui le disposizioni contenute nell'art. 3, comma 83, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, (legge finanziaria 2008), secondo cui le pubbliche amministrazioni possono erogare compensi per lavoro straordinario soltanto previa attivazione dei sistemi di rilevazione automatica delle presenze.
Occorre, infatti, disciplinare l'applicazione del sistema di rilevazione automatica a tutto il personale, compreso quello dirigenziale, appartenente alle varie componenti dell’Amministrazione (forze di polizia, vigili del fuoco ed amministrazione civile dell'interno), in servizio presso gli uffici centrali del Ministero dotati di "tornelli", al fine di assicurare il puntuale accertamento delle presenze, non soltanto per la verifica dell'orario di servizio, ma anche per preminenti intuibili esigenze di sicurezza.
Il Ministero ravvisa la principale difficoltà in sede di regolamentazione nella circostanza che nell'Amministrazione dell'interno sono compresenti tre distinte categorie di personale (appartenenti rispettivamente ai ruoli dell'Amministrazione civile dell'interno, della Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco), ciascuna delle quali si caratterizza per una propria particolare disciplina dello stato giuridico ed economico, nonostante di regola svolgano funzioni comunque complementari, nonché collegate anche fisicamente in posti di lavoro contigui e nei medesimi uffici.
Di tale difficoltà si sono rese interpreti le varie Autorità che si sono finora pronunciate in merito, esprimendo talora opinioni ed interpretazioni del tutto contrastanti.
In particolare, l'Ufficio legislativo del Dipartimento della funzione pubblica, (rectius: del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione) nella nota del 30 aprile 2008 n.183/08/UL/P rivolta al Ministero della difesa, ha ritenuto che la disposizione concernente la rilevazione automatica delle presenze, in relazione all'attribuzione dei compensi per lavoro straordinario (comma 83 del citato art. 3 della legge 244/2007), debba riferirsi soltanto al personale civile e non anche a quello delle Forze armate e di Polizia, anche se addette ai medesimi uffici.
Lo stesso Dipartimento ha anche ammesso, nella stessa nota, che il personale civile che svolge particolari funzioni, possa essere escluso dall'applicazione del citato comma 83, pur ribadendo, in una successiva nota del 16 ottobre 2008 n. 46538, che comunque rientra nelle competenze di ciascuna Amministrazione la potestà di adottare i provvedimenti attuativi della normativa in questione, in relazione all'esigenza di assicurare il controllo effettivo del rispetto dell'orario di servizio.
Dal canto suo, anche il Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria dello Stato, con nota del 6 maggio 2008 n. 56121, ha condiviso l'esclusione dell'applicazione della normativa in questione al personale dei Corpi di Polizia e dei Vigili del fuoco, in considerazione della particolarità del servizio svolto.
Di contro, più recentemente, con nota del 23 giugno 2009, il Dipartimento della funzione pubblica, in esito ad un quesito formulato al riguardo, ha affermato che non sussiste uno specifico orientamento volto a inserire una norma che preveda l'esenzione per il personale appartenente ai ruoli delle Forze di Polizia dall'utilizzo dei sistemi automatici di rilevazione delle presenze, ai fini dell'erogazione del compenso per lavoro straordinario.
La contraddittorietà dei pareri e degli avvisi finora intervenuti – secondo il Ministero dell’interno - rende indispensabile il parere del Consiglio di Stato, per dirimere il complesso nodo di soluzioni normative e pratiche finora proposte, anche per prevenire le prevedibili contrapposizioni tra sigle sindacali di diversi comparti e rispondere alle preoccupazioni della dirigenza cui dipendono impiegati dal diverso stato giuridico, nonché abusi o quanto meno disparitarie applicazioni nel medesimo contesto lavorativo.
Tanto premesso, si chiede il parere sulle seguenti questioni:
- se tutto il personale in servizio presso gli uffici centrali dell’Amministrazione dell’interno, appartenente alla Polizia di Stato e alle altre forze di Polizia, nonché al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, sia escluso o meno dalla rilevazione automatica delle presenze, ai fini dell'attribuzione del compenso per lavoro straordinario;
- se, in considerazione dei compiti di supporto svolti dal personale civile del Ministero per gli uffici di Pubblica Sicurezza (art. 40 della legge 121 del 1981), anche tali dipendenti in servizio presso gli uffici centrali dell’Amministrazione possano ritenersi esclusi dalla rilevazione automatica delle presenze, in relazione alla situazione di particolare impiego strettamente connesso con l'attività svolta dalle forze di polizia, ferma restando, comunque, per tutto il personale, l'esigenza del controllo effettivo sul rispetto dell'orario da parte dei dirigenti responsabili.

CONSIDERATO:
1. La legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), all’art. 3, comma 83, ha previsto che “Le pubbliche amministrazioni non possono erogare compensi per lavoro straordinario se non previa attivazione dei sistemi di rilevazione automatica delle presenze”.
La questione interpretativa posta a questo Consiglio – come sopra detto – concerne, dunque, in primo luogo, se tale disposizione si riferisca al personale, in servizio presso gli uffici centrali dell’Amministrazione dell’interno, che appartenga alla Polizia di Stato e alle altre forze di Polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

2. Il dubbio ermeneutico potrebbe avere un qualche fondamento agli esiti di una lettura sistematica della disposizione.
In questa prospettiva potrebbe assumere rilevanza il successivo comma 84 del medesimo articolo 3 che dispone espressamente l’applicabilità delle disposizioni di cui ai commi 81 e 82 ai Corpi di polizia ad ordinamento civile e militare, alle Forze armate e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e non anche del comma 83 che, come detto, contiene la norma che qui viene in rilievo.
Seguendo tale filo argomentativo, fondato anche su un criterio logico-formale (ubi lex voluit etc.), la circostanza dunque che il legislatore, con il comma 84, non abbia ritenuto di richiamare anche il comma 83 – che, come detto, subordina normativamente l’erogazione dei compensi per lavoro straordinario all’attivazione dei sistemi di rilevazione automatica delle presenze – denoterebbe la non assoggettabilità del personale richiamato alla relativa previsione.

3. Tale ordine di considerazioni non può essere condiviso.
Occorre, al riguardo, rammentare che la previsione normativa di cui all’art. 3, comma 83, della legge finanziaria del 2008 – sopra citata – non ha un carattere realmente innovativo.
Infatti già la legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), all’art. 9 aveva disposto che “A decorrere dal 1° luglio 1992 le amministrazioni pubbliche anche ad ordinamento autonomo, gli enti locali e le unità sanitarie locali presso i quali non sono regolarmente operanti strumenti o procedure idonei all'accertamento dell'effettiva durata dalla prestazione di lavoro, non possono ricorrere a lavoro straordinario….”.
In tal modo, dunque, da tempo si è affermato il principio secondo cui non è ammissibile che il compenso per lavoro straordinario possa essere erogato in mancanza di un controllo oggettivo sulle prestazioni rese.
E ciò con una norma che si rivolge espressamente alla generalità delle pubbliche amministrazioni, come si desume dall’ambito soggettivo estremamente lato della locuzione utilizzata (“le amministrazioni pubbliche”).
E ancor prima, già con circolare del Ministro della funzione pubblica 30 novembre 1990, n. 58089, avente ad oggetto il controllo automatizzato dell'orario di lavoro, si disponeva che “Le amministrazioni ancora sprovviste di questi sistemi avranno cura di predisporre, con ogni sollecitudine, gli atti istruttori finalizzati all'acquisizione, che dovranno completarsi entro il 1991.”.
In sostanza, ciascuna pubblica amministrazione, da tempo, ha l’obbligo di dotarsi di sistemi di rilevazione automatici di presenze che consentano di quantificare in maniera certa ed obiettiva l’orario di lavoro dei dipendenti.
La ratio della norma è evidente: da un lato, razionalizzare le risorse finanziarie, con attribuzione del trattamento accessorio solo allorché il lavoro sia effettivamente prestato, e, dall’altro, attuare una maggior trasparenza nel rapporto fra la pubblica amministrazione, il dipendente e tutti i cittadini.
E’ stato al riguardo considerato che le prestazioni eccedenti l’ordinario orario di servizio devono sempre trovare fondamento in esigenze indifferibili ed urgenti, cui non può farsi fronte, almeno nell’immediatezza, con una nuova o diversa organizzazione del servizio e delle singole modalità lavorative; ciò a pena di responsabilità amministrativa, contabile e/o gestionale (Cons. Stato, Sez. IV, n. 6654/2005).
Con la conseguenza che, in via ordinaria, deve ritenersi che non sussistano esenzioni al meccanismo generale previsto dall’art. 3, comma 83, della legge finanziaria 2008, derivanti dalla peculiarità dello status del dipendente in relazione al corpo di appartenenza (Polizia di Stato e altre forze di Polizia o Corpo nazionale dei vigili del fuoco).
E ciò, quindi, diversamente da quanto ritenuto dall'Ufficio legislativo del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione con la nota del 30 aprile 2008, sopra citata.

4. A fortiori, la disposizione di cui all’art. 3, comma 83, della legge finanziaria 2008 deve ritenersi applicabile anche al personale civile del Ministero per gli uffici di pubblica sicurezza (art. 40 della legge n.121 del 1981).
In tali casi, difatti, non esistono neppure quei dubbi interpretativi – da ritenere comunque superati alla luce di quanto sopra detto – derivanti dalla formulazione del comma 84 del medesimo articolo 3 della legge finanziaria 2008.

5. Tali conclusioni, naturalmente, non possono essere portate fino alle estreme conseguenze di talché debba richiedersi la rilevazione automatica anche qualora la modalità del servizio espletato escluda ex se la possibilità di rilevare la presenza del personale mediante strumenti automatici.
Rientrerà evidentemente nella valutazione dell’Amministrazione l’individuazione dei casi specifici in cui tali evenienze potranno verificarsi.
In tali ipotesi, in ogni caso - come ritiene il Ministero dell’economia e delle finanze nella nota del 19 aprile 2010 - il responsabile del servizio dovrà provvedere alla certificazione delle prestazioni di lavoro straordinario rese dal personale, evidenziando anche l'esigenza che ha comportato la protrazione dell'orario del personale.

P.Q.M.
Nei termini su esposti è il parere.

N. 333/H/N43 del 29 gennaio 2008 Documentazione per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio