Consiglio di Stato, Sezione Terza,
Sentenza n. 3576 del 13/06/2011
FATTO e DIRITTO
1.- La Prefettura di Salerno, con tre diversi
provvedimenti emessi in data 26 ottobre 2005, aveva sospeso i titoli di guardia
particolare giurata e di porto di pistola e vietata la detenzione di armi e
munizioni nei confronti dei signori [OMISSIS], [OMISSIS] e [OMISSIS], dipendenti
della società di trasporto valori ################# S.r.l., con sede in
################# #################, a seguito di una denuncia penale formulata
a loro carico per i reati di cui agli articoli 110 e 646 cod. pen., aggravati
dall’art. 61 n. 7, per essersi impossessati, nell’espletamento della loro
attività, della somma di euro 50.000 contenuta in un plico che avevano prelevato
dalla sede della ################# di Napoli.
2.- Avverso gli atti della Prefettura i signori
[OMISSIS], [OMISSIS] e [OMISSIS] avevano proposto ricorso al TAR per la Campania
che, con la sentenza della Sezione Staccata di Salerno, Sezione I, n. 3996 del 4
dicembre 2008, ha respinto il loro ricorso.
I soli signori [OMISSIS] e [OMISSIS] hanno
appellato l’indicata sentenza sostenendone l’erroneità sotto diversi profili.
3.- Ciò premesso, si deve ricordare che, come
affermato anche nella appellata sentenza del TAR di Salerno, per principio
consolidato l’esigenza di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica impongono
al titolare dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di guardia
particolare giurata di avere una condotta irreprensibile e immune da censure e
che, nella valutazione di tale requisito, l’autorità di pubblica sicurezza
dispone di un ampio potere di apprezzamento discrezionale, in funzione della
pericolosità dell’attività soggetta ad autorizzazione e della delicatezza degli
interessi pubblici coinvolti, che può essere censurato solo se risultano vizi di
irrazionalità e incoerenza (fra le più recenti, Consiglio di Stato, sez. VI, 27
agosto 2010, n. 5981).
4.- E’ peraltro necessario che, nel
provvedimento adottato nell’esercizio di tale potere, l’Amministrazione dia atto
delle ragioni che inducono a ritenere che i fatti accertati (o il reato
commesso), per tipologia e per modalità di realizzazione, abbiano fatto venir
meno il necessario requisito della buona condotta (Consiglio Stato, sez. VI, 26
luglio 2010, n. 4853) e siano quindi tali da giustificare la sospensione o la
revoca (nei casi più gravi) del titolo di polizia.
Per i provvedimenti emessi a seguito di denunce
penali può quindi essere anche adottata, per il periodo necessario allo
svolgimento delle necessarie indagini, la misura più lieve della sospensione
della licenza, ai sensi dell’art. 10 del t.u.l.p.s.
5.- La sentenza di primo grado, sulla base degli
esposti principi, risulta esente dalle censure sollevate.
Come affermato dal TAR di Salerno, il
provvedimento adottato, che consiste non nella revoca ma nella mera sospensione
del titolo di guardia giurata, con connesso divieto di detenzione e porto
d’armi, “appare proporzionato in relazione alle circostanze che hanno coinvolto
i ricorrenti”.
Infatti “le indagini di Polizia giudiziaria
pendenti a carico dei ricorrenti per i reati di cui all’art. 110 e 646 cod. pen.,
aggravati dall’art. 61 n. 7, hanno ragionevolmente indotto la Prefettura a
considerare venuto meno, ancorché temporaneamente, il requisito specifico della
buona condotta, necessario per espletare la delicata attività di guardia
particolare giurata”.
“Tale provvedimento appare inoltre adeguatamente
e sufficientemente motivato ove si consideri che la Prefettura ha il potere non
solo di annullare in autotutela provvedimenti autorizzatori della specie, ma
anche quello di sospenderne gli effetti qualora i requisiti di legittimazione
vengano temporaneamente a mancare”.
Devono quindi ritenersi legittimi i
provvedimenti con i quali il Prefetto ha sospeso i titoli di guardia giurata e
di porto di pistola degli appellanti a seguito dell’avvio di un’azione penale
avviata nei loro confronti per reati che producono allarme sociale; tanto più
che non si tratta di fatti estranei bensì strettamente connessi al servizio di
guardia giurata ed all’esercizio della relativa licenza.
I provvedimenti del Prefetto sono infatti
espressione di una scelta cautelativa che, malgrado la presunzione di innocenza
degli indagati, consente la preminente tutela degli interessi riguardanti la
tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica in una fattispecie caratterizzata
dalla peculiarità e dalla delicatezza delle funzioni esercitate in virtù della
rilasciata licenza.
Ed è comunque fatto salvo il possibile
ripristino della posizione degli interessati in presenza di una archiviazione
della vicenda penale o di una sentenza assolutoria.
6.- Gli appellanti hanno peraltro anche
lamentato che la disposta sospensione non prevedeva un termine ultimo di durata,
in violazione con le disposizioni (art. 21 quater della legge n. 241 del 1990)
che prevedono una durata temporanea dei provvedimenti di natura cautelare. Ed
aggiungono che la fondatezza della censura è confermata dalla circostanza che
dopo circa 4 anni dallo svolgersi dei fatti contestati nessun seguito ha avuto
l’azione penale avviata nei loro confronti.
La censura è tuttavia inammissibile, in quanto
proposta per la prima volta in appello, in virtù di quanto sancito dall’art.
345, comma 1, Cod. proc. civ. (ed ora, dall’art. 104 Cod. proc. amm.).
Infatti (anche) nel giudizio amministrativo non
è consentita la proponibilità di motivi nuovi in appello (da parte
dell’originario ricorrente) perché si determinerebbe altrimenti un ampliamento
dell’oggetto del giudizio, in violazione delle regole che governano il processo
nel grado di appello.
7.- La censura è comunque anche infondata in
quanto la sospensione dei titoli di polizia ha chiaramente natura di misura
cautelare e provvisoria ed è evidentemente circoscritta, nelle indicate
fattispecie, nei termini di durata dell’azione penale.
Si deve inoltre aggiungere che i titoli di
polizia hanno una durata limitata nel tempo e quindi i provvedimenti di
sospensione non possono che durare fino alla scadere della durata del titolo,
dovendosi poi valutare il permanere dei requisiti richiesti in sede di rinnovo.
8.- In conclusione l’appello deve essere
respinto.
Resta salva peraltro la possibilità per gli
interessati di richiedere, in relazione all’eventuale venir meno delle cause che
ne hanno determinato l’adozione, la revoca dell’impugnato provvedimento di
sospensione (se ancora possibile), ovvero di chiedere, ove ne sussistano i
presupposti, il rilascio di un nuovo titolo abilitativo.
9.- In considerazione della natura della
questione esaminata si ritiene di poter disporre la compensazione fra le parti
delle spese del grado di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, come
in epigrafe proposto,
respinge l ‘appello.
Dispone la compensazione fra le parti delle
spese del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio
del giorno 27 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Marco Lipari, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere, Estensore
Marco Lipari, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 13/06/2011
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