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lunedì 4 luglio 2011

Consiglio di Stato "..Il silenzio assenso corrisponde ad un rilascio di concessione per la sola edilizia residenziale"

Consiglio di Stato "..Il silenzio assenso corrisponde ad un rilascio di concessione per la sola edilizia residenziale"

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3582 del 13/06/2011
FATTO
Il signor [#################] ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. del Veneto ha dichiarato improcedibile il ricorso dallo stesso proposto avverso il diniego opposto dal Comune di Venezia a un’istanza di concessione edilizia in variante a titolo abilitativo in precedenza rilasciatogli.
A sostegno dell’impugnazione, ha dedotto l’errata valutazione della asserita acquiescenza e della conseguente improcedibilità del ricorso (desunta dalla mancata impugnazione di successiva concessione in variante rilasciata a favore del medesimo istante).
Di conseguenza, l’appellante ha riproposto come segue le censure non esaminate dal giudice di primo grado:
1) violazione dell’art. 8 della legge 25 marzo 1982, nr. 94, e dell’art. 79 della legge regionale 27 giugno 1985, nr. 61; eccesso di potere per carenza di presupposti e difetto di motivazione (stante l’intervenuta formazione di “silenzio-assenso” sull’istanza di variante già anteriormente all’impugnato diniego);
2) violazione dell’art. 79, l.r. nr. 61 del 1985; eccesso di potere per violazione della procedura, carenza di presupposti e difetto di motivazione (stante la mancata acquisizione del parere della Commissione Edilizia comunale);
3) eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità e contraddittorietà, carenza di presupposti; eccesso di potere per perplessità e difetto di motivazione (non rispondendo al vero che l’originaria concessione prevedeva l’impegno alla demolizione di alcuni manufatti preesistenti);
4) violazione degli artt. 1 e segg., l.r. nr. 1 del 1982 e successive modifiche e integrazioni; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione (in relazione alla motivazione nel merito del diniego di variante).
Si è costituito il Comune di Venezia, opponendosi all’accoglimento dell’appello e concludendo per la conferma della sentenza di primo grado.
All’udienza del 10 maggio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’odierno appellante, signor [#################], ha ottenuto nel 1986 dal Comune di Venezia una concessione edilizia, ai sensi della legge regionale del Veneto 12 gennaio 1982, nr. 1, per ampliamento di fabbricati a uso produttivo, oggetto di condono a seguito di separata domanda.
Successivamente, con istanza del 25 luglio 1987 egli ha chiesto una variante alla predetta concessione edilizia, denegatagli dal Comune con provvedimento del 3 novembre 1988, oggetto di impugnazione in primo grado dinanzi al T.A.R. del Veneto.
Con il presente appello, l’istante censura la sentenza con la quale il T.A.R. adito ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso sul rilievo che in epoca successiva, e segnatamente in data 29 agosto 1989, su sua richiesta gli è stata rilasciata una ulteriore concessione edilizia in variante, ritirata e mai impugnata.
2. Ciò premesso, l’appello è infondato e va conseguentemente respinto.
3. Ed invero, ai fini che qui interessano non è rilevante la questione – su cui si sofferma parte appellante – se la nuova istanza di variante esitata dall’Amministrazione con la concessione del 1989 concernesse le medesime opere già oggetto della precedente istanza del 1987, ovvero opere in tutto o in parte diverse, in quanto il thema decidendum sostanziale del giudizio è costituito dall’affermazione dell’illegittimità dell’obbligo di demolire alcuni manufatti preesistenti, che secondo il Comune ostava all’accoglimento dell’originaria richiesta di variante.
Orbene, risulta per tabulas che tale obbligo di demolizione è stato positivamente riaffermato nel provvedimento concessorio del 1989, che pertanto sul punto ha ribadito l’orientamento in tal senso espresso dall’Amministrazione (sia pure accompagnandolo ad un assenso alla richiesta di variante, anziché a un diniego come in precedenza); di modo che appare evidente che l’annullamento del diniego impugnato in prime cure non produrrebbe alcuna utilità all’istante, sopravvivendo in ogni caso il nuovo e autonomo provvedimento che lo obbliga a demolire i predetti manufatti.
Infatti, contrariamente a quanto pure assume l’appellante, il citato provvedimento concessorio non può considerarsi in parte qua meramente confermativo del diniego precedente, seguendo a nuova istanza e a nuova istruttoria condotta dall’Amministrazione (abbia avuto quest’ultima o meno a oggetto i medesimi interventi richiesti con l’istanza del 1987).
Pertanto, va più precisamente rilevato che l’improcedibilità dell’azione è dovuta a tale intervenuto mutamento della situazione di fatto e di diritto, e quindi a sopravvenuta carenza di interesse (e non ad acquiescenza, come affermato dal primo giudice).
4. In ogni caso, si rileva ad abundantiam che il ricorso introduttivo è anche infondato nel merito.
4.1. Innanzi tutto, è infondato il primo motivo di censura, col quale si assume che l’impugnato diniego sarebbe intervenuto in un momento in cui sull’istanza di variante si era già formato il “silenzio-assenso” a norma dell’art. 79 della legge regionale del Veneto 27 giugno 1985, nr. 61.
Al riguardo, giova richiamare i pregressi orientamenti di questo Consiglio di Stato, secondo cui:
a) l’art. 8 del decreto legge 23 gennaio 1982, nr. 9, convertito con modificazioni nella legge 25 marzo 1982, nr. 94, che prevede il formarsi della c.d. concessione tacita per il silenzio assenso, decorso il termine di novanta giorni dalla presentazione della domanda senza che sia intervenuto e comunicato il provvedimento motivato con cui viene negato il rilascio, costituisce uno strumento eccezionale rispetto alla disciplina generale e, pertanto, ha un campo di applicazione ben definito ai soli interventi di edilizia residenziale, diretti alla costruzione di abitazione ed al recupero del patrimonio abitativo esistente ed ha avuto in origine carattere transitorio con efficacia temporale, dapprima limitata al 31 dicembre 1984 e con successive leggi prorogata al 31 dicembre 1991, sino all’entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, nr. 179, con cui la disciplina della concessione tacita è stata definitivamente acquisita nell’ordinamento con norma di regime (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 dicembre 2001, nr. 6438; id., 28 febbraio 1995, nr. 295);
b) quanto al citato art. 79, l.r. nr. 61 del 1985, nella parte in cui prescrive l’attestazione del progettista per la formazione del silenzio-assenso su domanda di concessione di costruzione, esso va letto in sintonia col citato art. 8, d.l. nr. 9 del 1982, le cui disposizioni sono state qualificate “norme fondamentali di riforma economico-sociale”, sicché la previsione va a sua volta limitata ai soli interventi di edilizia residenziale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 1997, nr. 173; id., 1 febbraio 1995, nr. 156).
4.2. Del pari infondato è il secondo motivo di doglianza, col quale si assume l’illegittimità del diniego per mancata acquisizione del prescritto parere della Commissione Edilizia comunale.
Sul punto, va osservato:
- che il gravato provvedimento richiama testualmente il “parere” espresso dalla Commissione Edilizia in data 11 marzo 1988;
- che lo stesso appellante ammette che il progettista è stato sentito dalla Commissione, di modo che in ogni caso questa risulta aver conosciuto e delibato la richiesta di intervento in variante.
4.3. Vanno respinti, infine, il terzo e il quarto motivo, con i quali la parte appellante censura nel merito le statuizioni negative dell’Amministrazione sulla richiesta di variante.
Infatti, come evidenziato (e documentato) dall’Amministrazione convenuta, l’originaria concessione edilizia nr. 1418 del 1984 era effettivamente “condizionata”, essendo stata subordinata dalla competente Sottocommissione Edilizia alla demolizione di alcuni manufatti preesistenti.
Di conseguenza, del tutto congruo e ragionevole risulta il successivo diniego di variante motivato col non essere stato assolto tale dovere di demolizione (che, a quanto pare, non risulta ottemperato fino a tutt’oggi, come dimostrato dal riproporsi della questione anche a proposito della successiva concessione in variante del 1989).
5. In conclusione, alla luce dei rilievi che precedono s’impone una pronuncia di reiezione dell’appello e di conferma della sentenza impugnata.
6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune di Venezia, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in euro 3000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Guido Romano, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 13/06/2011

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