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martedì 23 luglio 2013

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEI RIORDINI: QUANDO ALLA FORMA NON CORRISPONDE LA SOSTANZA


riceviamo e pubblichiamo

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEI RIORDINI: QUANDO ALLA FORMA NON CORRISPONDE LA SOSTANZA
 
Pubblichiamo una libera manifestazione del pensiero di Gianluca Taccalozzi, delegato del CoCeR della Guardia di finanza; il titolo è della redazione del sito.
 
L’ordinamento delle Forze Armate e delle Forze di Polizia è un modello di organizzazione gerarchico basato su una concezione piramidale del comando, i cui punti di forza dovrebbero essere costituiti: dalla precisa definizione dei compiti e delle responsabilità di ogni elemento dell’organizzazione, dalla rapidità nell’assunzione delle decisioni, dalla precisione nella trasmissione degli ordini e dalla facilità nel mantenimento della disciplina.
 
Un modello che, per funzionare correttamente, necessita di una precisa e puntuale identificazione delle funzioni, dei poteri e delle responsabilità di ogni figura della scala gerarchica (ruolo, grado o qualifica) e della corretta e meritocratica allocazione delle varie figure gerarchiche: maggiore competenza e responsabilità della posizione superiore rispetto a quella inferiore.
I riordini delle carriere di tutte le categorie di personale intervenuti dal 1981 ad oggi, hanno tuttavia, determinato un progressivo e generalizzato innalzamento della “piramide ordinamentale”, svuotandodi significato sostanziale le figure della scala gerarchica e causando il progressivo disallineamento tra la forma (ruolo, grado o qualifica) e la sostanza (competenza e produttività ), con evidenti ricadute sulla funzionalità delle amministrazioni. Tutti i riordini sono stati, infatti, irresponsabilmente utilizzati più per elargire indistinti e aumenti stipendiali (spesso nascosti in regimi transitori o straordinari), piuttosto che per rispendere a reali esigenze delle Amministrazioni, tanto che tutti (o quasi) i meccanismi di valutazione degli avanzamenti sono stati progressivamente sostituiti dal (non) criterio dell’anzianità .
Una situazione di criticità che è stata ulteriormente appesantita:
Ã~dal principio di equi-ordinazione indicato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 277/1991[1] e recepito con la legge n. 216/1991 che ha, di fatto, imposto a tutte le amministrazioni del comparto riordini pensati per le esigenze di una singola amministrazione o di un singolo settore (difesa o sicurezza);
Ã~dalla struttura rigida ed unitaria del modello di contrattazione/concertazione previsto dal d.lgs n. 195/1995 e dalla relativa inadeguatezza delle risorse dedicate ai c.d. “fondi efficienza” (concertazione integrativa), circostanze che impediscono di premiare l’attività e le esigenze tipiche di ogni singola amministrazione; emblematico è il caso della Guardia di Finanza, dove risulta più remunerativo svolgere funzioni tipiche di altre figure professionali del comparto (poliziotto/carabiniere o soldato), in quanto assistite da precise indennità (volo, navigazione, ordine pubblico, presenza esterna, ecc.), piuttosto che la funzione tipica di polizia economico-finanziaria;
Ã~dall’innalzamento del livello culturale medio del personale, che crea disarmonia tra grado rivestito e competenza del soggetto;   
Ã~dalle limitazioni al turn-over che, impedendo l’integrale sostituzione del personale che acquisisce un grado superiore, costringono ad impiegare il personale promosso nelle stesse mansioni cui era impiegato prima della promozione.
Tale progressivo disallineamento tra grado e competenza sta “logorando”, e non poco. la serenità dell’ambiente lavorativo e la funzionalità delle amministrazioni del comparto, in quanto:
Ã~nella fase di pretesa della prestazione professionale, inevitabilmente, non si tiene più conto dell’aspetto formale (grado) ma dell’aspetto sostanziale (competenza e produttività );
Ã~al contrario, nella fase di premiazione si è costretti a tener conto quasi esclusivamente dell’aspetto formale (grado).
Una contraddizione che determina una serie di elementi di criticità che vanno, fatalmente, a cozzare con i principi cardine dell’ordinamento e della cultura dell’organizzazione gerarchica:
Ã~il “demansionamento” del grado: il Sovrintendente che funge da autista o piantone, il Maresciallo che funge da scrivano, il Tenente Colonnello (pagato da dirigente) che funge da direttivo e così via;
Ã~l’assunzione di mansioni superiori: l’Appuntato che funge da Sovrintendente/Maresciallo, il Maresciallo che funge da direttivo, il Tenente/Capitano che funge da dirigente (si pensi al Comandante di Compagnia) e così via;
Ã~la distorsione di istituti destinati a remunerare altre esigenze (straordinario, tabelle, punteggi per i trasferimenti, ecc.) che vengono, invece, utilizzati come strumenti premiali;
Ã~la tendenza a privilegiare l’alimentazione esterna dei ruoli rispetto alla carriera interna, a causa dei meccanismi concorsuali interni poco selettivi che non consentono di promuovere il personale più competente e motivato.
La recente crisi economica ed il mutato quadro internazionale (globalizzazione, Europa, ecc.) impongono anche alle Amministrazioni del comparto Sicurezza e Difesa di mantenere e/o migliorare i rendimenti senza incidere sulla spesa complessiva. Un quadro generale che non consente più di conservare una struttura organizzativa ed una cultura gestionale fatta di valutazioni autoreferenziali, assenza di competitività e meccanismi di avanzamento basati sulla mera anzianità , che finisce per “scaricare” iniquamente responsabilità e carichi operativi solo su quella parte di personale sana, impegnata e produttiva.     
Urgono riforme che, pur rimanendo all’interno della cornice costituzionale che individua la “specificità ” delle funzioni di sicurezza e difesa, siano in grado di superare il disallineamento tra forma e sostanza e di rendere effettivo il rapporto tra potere e responsabilità ad ogni livello della scala gerarchica e per ogni settore di attività (funzionamento e operativo). Non si tratta di fare rivoluzioni, ma, più semplicemente, di adeguare i meccanismi di premiazione della prestazione (carriera e retributivi) a quelli già , di fatto, utilizzati nella fase di pretesa. A tal riguardo, è necessaria un’assunzione di responsabilità comune e condivisa d i vertici e rappresentanze del personale, nel senso di non continuare a difendere l’indifendibile.
Rimanere in attesa di tempi migliori, crogiolandosi su allori temporanei e cercando di evitare le riforme agitando il pretesto della “specificità ”, comportail rischio, soprattutto per la Guardia di Finanza, di vedersi improvvisamente calati dall’alto provvedimenti drastici e repentini (vedi blocco stipendiale, riforma previdenziale o tagli lineari) o, peggio, di essere lasciati in “decantazione” e trovarsi, tra qualche tempo, nella condizione di non essere più funzionali ed indispensabili.
Gianluca Taccalozzi
Delegato Co.Ce.R. Guardia di Finanza
 

[1] La sentenza stabilì i principi di equi-ordinazione delle carriere e di sostanziale omogeneizzazione dei trattamenti economici del personale non dirigente dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza rispetto al personale della Polizia di Stato. Principi poi estesi anche al personale delle Forze Armate, per via della doppia anima dell’Arma dei Carabinieri, solo in sede di attuazione della sentenza (legge delega n. 216/1992 e relativa decretazione delegata del 1995).

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