riceviamo e pubblichiamo
L’INSOSTENIBILE
LEGGEREZZA DEI RIORDINI: QUANDO ALLA FORMA NON CORRISPONDE LA
SOSTANZA
Pubblichiamo una
libera manifestazione del pensiero di Gianluca Taccalozzi, delegato del CoCeR
della Guardia di finanza; il titolo è della redazione del
sito.
L’ordinamento delle
Forze Armate e delle Forze di Polizia è un modello di organizzazione gerarchico
basato
su una concezione piramidale del comando, i cui punti di forza dovrebbero essere
costituiti: dalla precisa definizione dei compiti e delle responsabilità di ogni
elemento dell’organizzazione, dalla rapidità nell’assunzione delle decisioni,
dalla precisione nella trasmissione degli ordini e dalla facilità nel
mantenimento della disciplina.
Un modello che, per
funzionare correttamente, necessita di una precisa e puntuale identificazione
delle funzioni, dei poteri e delle responsabilità di ogni figura della scala
gerarchica (ruolo, grado o qualifica) e della corretta e meritocratica
allocazione delle varie figure gerarchiche: maggiore competenza e responsabilitÃ
della posizione superiore rispetto a quella inferiore.
I riordini delle
carriere di tutte le categorie di personale intervenuti dal 1981 ad oggi, hanno
tuttavia, determinato un progressivo e generalizzato innalzamento della
“piramide ordinamentale”, svuotandodi significato sostanziale le figure della
scala gerarchica e causando il progressivo disallineamento tra la forma
(ruolo, grado o qualifica) e la sostanza (competenza e produttività ),
con evidenti ricadute sulla funzionalità delle amministrazioni. Tutti i riordini
sono stati, infatti, irresponsabilmente utilizzati più per elargire indistinti
e aumenti stipendiali (spesso nascosti in regimi transitori o straordinari),
piuttosto che per rispendere a reali esigenze delle Amministrazioni, tanto che
tutti (o quasi) i meccanismi di valutazione degli avanzamenti sono stati
progressivamente sostituiti dal (non) criterio dell’anzianità .
Una situazione di
criticità che è stata ulteriormente appesantita:
Ã~dal principio di
equi-ordinazione indicato dalla sentenza della Corte Costituzionale n.
277/1991[1] e recepito con la legge n. 216/1991 che ha, di fatto, imposto a
tutte le amministrazioni del comparto riordini pensati per le esigenze di una
singola amministrazione o di un singolo settore (difesa o sicurezza);
Ã~dalla struttura
rigida ed unitaria del modello di contrattazione/concertazione previsto dal
d.lgs n. 195/1995 e dalla relativa inadeguatezza delle risorse dedicate ai c.d.
“fondi efficienza” (concertazione integrativa), circostanze che impediscono di
premiare l’attività e le esigenze tipiche di ogni singola amministrazione;
emblematico è il caso della Guardia di Finanza, dove risulta più remunerativo
svolgere funzioni tipiche di altre figure professionali del comparto
(poliziotto/carabiniere o soldato), in quanto assistite da precise indennitÃ
(volo, navigazione, ordine pubblico, presenza esterna, ecc.), piuttosto che la
funzione tipica di polizia economico-finanziaria;
Ã~dall’innalzamento del
livello culturale medio del personale, che crea disarmonia tra grado rivestito e
competenza del soggetto;
Ã~dalle limitazioni al
turn-over che, impedendo l’integrale sostituzione del personale che acquisisce
un grado superiore, costringono ad impiegare il personale promosso nelle stesse
mansioni cui era impiegato prima della promozione.
Tale
progressivo disallineamento tra grado e competenza sta
“logorando”, e non poco. la serenità dell’ambiente lavorativo e la funzionalitÃ
delle amministrazioni del comparto, in quanto:
Ã~nella fase di pretesa
della prestazione professionale, inevitabilmente, non si tiene più conto
dell’aspetto formale (grado) ma dell’aspetto sostanziale (competenza e
produttività );
Ã~al contrario, nella
fase di premiazione si è costretti a tener conto quasi esclusivamente
dell’aspetto formale (grado).
Una contraddizione
che determina una serie di elementi di criticità che vanno, fatalmente, a
cozzare con i principi cardine dell’ordinamento e della cultura
dell’organizzazione gerarchica:
Ã~il “demansionamento”
del grado: il Sovrintendente che funge da autista o piantone, il Maresciallo che
funge da scrivano, il Tenente Colonnello (pagato da dirigente) che funge da
direttivo e così via;
Ã~l’assunzione di
mansioni superiori: l’Appuntato che funge da Sovrintendente/Maresciallo, il
Maresciallo che funge da direttivo, il Tenente/Capitano che funge da dirigente
(si pensi al Comandante di Compagnia) e così via;
Ã~la distorsione di
istituti destinati a remunerare altre esigenze (straordinario, tabelle, punteggi
per i trasferimenti, ecc.) che vengono, invece, utilizzati come strumenti
premiali;
Ã~la tendenza a
privilegiare l’alimentazione esterna dei ruoli rispetto alla carriera interna, a
causa dei meccanismi concorsuali interni poco selettivi che non consentono di
promuovere il personale più competente e motivato.
La recente crisi
economica ed il mutato quadro internazionale (globalizzazione, Europa, ecc.)
impongono anche alle Amministrazioni del comparto Sicurezza e Difesa di
mantenere e/o migliorare i rendimenti senza incidere sulla spesa complessiva. Un
quadro generale che non consente più di conservare una struttura organizzativa
ed una cultura gestionale fatta di valutazioni autoreferenziali, assenza di
competitività e meccanismi di avanzamento basati sulla mera anzianità , che
finisce per “scaricare” iniquamente responsabilità e carichi operativi solo su
quella parte di personale sana, impegnata e produttiva.
Urgono riforme
che, pur rimanendo
all’interno della cornice costituzionale che individua la “specificità ”
delle funzioni di sicurezza e difesa, siano in grado di superare il
disallineamento tra forma e sostanza e di rendere effettivo il rapporto tra
potere e responsabilità ad ogni livello della scala gerarchica e per
ogni settore di attività (funzionamento e operativo). Non si tratta di fare
rivoluzioni, ma, più semplicemente, di adeguare i meccanismi di premiazione
della prestazione (carriera e retributivi) a quelli già , di fatto, utilizzati
nella fase di pretesa. A tal riguardo, è necessaria un’assunzione di
responsabilità comune e condivisa d i vertici e rappresentanze del personale,
nel senso di non continuare a difendere l’indifendibile.
Rimanere in attesa di
tempi migliori, crogiolandosi su allori temporanei e cercando di evitare le
riforme agitando il pretesto della “specificità ”, comportail rischio,
soprattutto per la Guardia di Finanza, di vedersi improvvisamente calati
dall’alto provvedimenti drastici e repentini (vedi blocco stipendiale, riforma
previdenziale o tagli lineari) o, peggio, di essere lasciati in
“decantazione” e trovarsi, tra qualche tempo, nella condizione di non
essere più funzionali ed indispensabili.
Gianluca
Taccalozzi
Delegato Co.Ce.R.
Guardia di Finanza
[1] La sentenza stabilì i principi di
equi-ordinazione delle carriere e di sostanziale omogeneizzazione dei
trattamenti economici del personale non dirigente dell’Arma dei Carabinieri e
della Guardia di Finanza rispetto al personale della Polizia di Stato. Principi
poi estesi anche al personale delle Forze Armate, per via della doppia anima
dell’Arma dei Carabinieri, solo in sede di attuazione della sentenza (legge
delega n. 216/1992 e relativa decretazione delegata del
1995).
Nessun commento:
Posta un commento