REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 2785 del 2003, proposto da:
@@@@@@@ (@@@@@@@) e dai signori -
contro
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, non costituita in giudizio;
Sul ricorso numero di registro generale 3569 del 2003, proposto dai:
signori -
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
quanto ai ricorsi numero di registro generale 2785 del 2003 e 3569 del 2003:
della sentenza del Tar Lazio - Roma :sezione I n. 01849/2002 resa tra le parti, concernente la perequazione del trattamento economico del personale dirigente delle forze di polizia;
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Vista la memoria difensiva depositata dagli appellanti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2010 il Cons. Guido Romano ed udito per la parte appellante l’avv. -
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Il @@@@@@@, @@@@@@@, (di seguito: il Sindacato) ed i signori -- Primi Dirigenti dei ruoli della Polizia di Stato, nonché il signor --, Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, con ricorso al TAR del Lazio hanno impugnato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 gennaio 2001 (di seguito: DPCM), avente ad oggetto la perequazione del trattamento economico del personale dirigente delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare, nonché delle Forze Armate, nella parte in cui non include i ricorrenti tra i soggetti beneficiari del trattamento perequativo.
Essi hanno premesso che -in virtù di quanto previsto dall’art. 43, commi 22 e 23, della legge n. 121 del 1981, in quanto funzionari del ruolo dei commissari ed equiparati della Polizia di Stato in servizio senza demerito per quindici anni- spetterebbe loro il trattamento economico dei primi dirigenti, mentre agli appartenenti al ruolo dei commissari e dei primi dirigenti in servizio, senza demerito, da almeno venticinque anni competerebbe il trattamento economico dei dirigenti superiori.
Hanno lamentato che, con il citato DPCM sarebbe stato concesso il trattamento perequativo, di cui al combinato disposto degli artt. 19 della legge n. 266 del 1999, 24, commi 5° e 6°, del d.lgs. n. 29 del 1993, nonché 19, comma 2°, della legge n. 488 del 1999, esclusivamente ai colonnelli ed ai brigadieri generali delle Forze Armate e alle qualifiche corrispondenti dei Corpi di Polizia, così escludendo di fatto dal novero dei beneficiari dell’indennità i ricorrenti, ancorché equiparati dalla legge alle dette categorie sotto il profilo del trattamento economico
Il DPCM, in breve, sarebbe illegittimo in quanto contrastante con la norma della legge n. 121 del 1981 che ha introdotto le ricordate equiparazioni retributive e che non sarebbe mai stata incisa da norme successive di segno diverso.
Con la sentenza appellata il TAR ha respinto il ricorso ritenendo che le norme che si sono occupate dell’indennità perequativa (art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 29/1993; art. 19 della legge n. 266 del 1999; art. 19 della legge n. 488 del 1999, legge finanziaria per il 2000) denotano la precisa intenzione del legislatore di circoscrivere l’ambito di tale emolumento entro l’area del personale di livello dirigenziale delle Forze Armate e dei Corpi di Polizia, in armonia con la finalità, assegnata all’indennità, di mantenere un adeguato rapporto fra il trattamento economico di tale personale e quello della dirigenza pubblica contrattualizzata.
2. - Con il primo degli appelli in epigrafe (n. 2785 del 2003), il Sindacato e soltanto alcuni dei funzionari di polizia ricorrenti in primo grado (--, hanno chiesto la riforma integrale di detta sentenza poiché il Giudice di prime cure avrebbe errato a non ritenere illegittima la impugnata norma regolamentare recata dal contestato DPCM, ponendosi essa in netto contrasto con l’art. 43 della legge n. 121 del 1981 che prevede la piena equiparazione del trattamento economico dei commissari e funzionari di Polizia, con quindici o venticinque anni di anzianità di servizio, ai colonnelli e brigadieri delle Forze Armate cui compete l’indennità perequativa.
Con successiva memoria datata 11 febbraio 2010 parte appellante ha ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive, concludendo per l’accogliemento dell’appello.
3. - Con il secondo degli appelli in esame (n. 3569 del 2003), il sig. -- (interventore ad adiuvandum in primo grado) ed il sig. --, hanno anch’essi impugnato la sentenza in epigrafe chiedendone la riforma integrale per le stesse motivazioni poste a fondamento del primo dei gravami in epigrafe.
4. - All’udienza pubblica del 23 febbraio 2010 entrambi gli appelli sono stati introitati a decisione.
5. - Preliminarmente, ritiene il Collegio di poter disporre la riunione degli appelli in epigrafe, ai fini di un’unica decisione sugli stessi, impugnandosi la medesima sentenza.
6. - L’appello n. 3569 del 2003 è inammissibile alla stregua della seguente motivazione.
E’ noto che presupposto o condizione dell’azione in appello è la soccombenza patita dalla parte nel giudizio di primo grado e che, quindi, soggetto attivamente legittimato alla proposizione del relativo gravame è colui nei confronti del quale la sentenza di primo grado produca una situazione sfavorevole.
E’noto, altresì, che la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. C.d.S. , sez. IV^, n. 6848 e Sez. V^, n. 4755 del 2008) ha progressivamente ampliato l’ambito dei soggetti legittimati ad appellare la sentenza di primo grado, anche a seguito dell’estensione al giudizio amministrativo del rimedio dell’opposizione di terzo per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 177 del 17 maggio 1995, riconoscendo il relativo titolo anche ai soggetti che, pur non essendo parti necessarie del giudizio nella veste di controinteressati in senso tecnico, abbiano comunque un autonomo interesse legittimo alla conservazione del provvedimento impugnato. Ciò perché, le quante volte sia riconoscibile in capo ad essi l’astratta legittimazione ad intervenire ad opponendum nel giudizio di prime cure, ad essi stessi spetta la legittimazione a proporre appello anche se in concreto non siano intervenuti nel giudizio di primo grado, ovvero abbiano irritualmente o tardivamente proposto intervento, così perdendo un grado di giudizio.
Nella specie entrambi gli appellanti non si trovano in nessuna delle due condizioni anzidette.
6.1 - Quanto al sig. --, rileva il Collegio che egli non solo è rimasto estraneo al rapporto processuale instauratosi in primo grado, per cui alcuna situazione di soccombenza è rinvenibile nel suo caso, ma non è neppure titolare di una posizione giuridica differenziata da quella dei ricorrenti e contrastante con l’interesse giuridicamente protetto di questi ultimi. La sua posizione sostanziale è, invece, di cointeressato al riconoscimento dell’indennità perequativa in questione, versando nella stessa situazione dei ricorrenti, con la conseguenza che non ha alcun legittimazione attiva alla contestazione della sentenza in esame. Diversamente opinando si consentirebbe il sostanziale aggiramento del termine di decadenza entro il quale il cointeressato sostanziale deve adire il Giudice Amministrativo, al fine di ottenere la rimozione degli effetti lesivi dell’atto e/o del provvedimento che direttamente lo riguarda.
6.2 - Quanto al sig. -- non può il Collegio non pervenire ad identica conclusione, e cioè che difetta anche in capo a detto funzionario di Polizia la legittimazione attiva ad appellare la sentenza in esame, avuto presente che, se è vero che egli è stato parte formale del rapporto processuale di primo grado, è però altrettanto vero che la sua posizione di interventore ad adjuvandum, essendo fondata sulla condizione di cointeressato sostanziale all’accoglimento del ricorso proposto da altri colleghi, perché coincidente la sua posizione di interesse legittimo con quelle dei ricorrenti, ambendo tutti al riconoscimento del diritto all’indennità di perequazione in questione, comportava la declaratoria di inammissibilità dell’intervento svolto in primo grado.
Consegue che, anche in questo caso, ogni diversa statuizione si porrebbe in insanabile contrasto con il pacifico avviso, che il Collegio condivide, che esclude l’utilizzo di qualsiasi mezzo processuale che costituisca, in ogni caso, espediente per l’aggiramento del termine decadenziale entro il quale, ex lege, è dato titolo per ricorrere al Giudice Amministrativo, in sede di giurisdizione generale di legittimità, per l’annullamento di atti lesivi della propria sfera giuridica.
7. - L’appello n. 2785 del 2003 è in parte inammissibile ed in parte infondato alla stregua delle seguenti ulteriori considerazioni.
7.1 - Ed invero, con riferimento agli appellanti ---, anch’essi parte formale del rapporto processuale di primo grado, nella qualità di interventori ad adjuvandum, è sufficiente richiamare le ragioni per le quali, nel precedente capo di motivazione 6.2, è stata ritenuta carente in capo al sig. Salvatore @@@@@@@ la legittimazione attiva ad appellare la sentenza in epigrafe, versando detti funzionari di Polizia nelle medesime condizioni processuali e sostanziali del loro citato collega.
7.2 - Inoltre, ad identica conclusione di inammissibilità, in parte qua, dell’appello deve il Collegio pervenire con riferimento alla posizione del sig. --, versando questi nella medesima condizione del sig. --, di totale estraneità al rapporto processuale di primo grado e di carenza di una posizione sostanziale che lo abiliti comunque all’appello. Infatti, la sua sostanziale condizione di cointeressato sostanziale all’accoglimento della pretesa avanzata dai ricorrenti di primo grado impedisce il riconoscimento di qualsivoglia titolo ad essere parte del presente rapporto processuale per le medesime considerazioni già svolte nel capo di motivazione 6.1 che precede.
7.3 - Ciò deciso in via pregiudiziale, può ora darsi ingresso all’esame dei motivi di appello che sono infondati per le seguenti considerazioni.
7.3.1 - Il quadro normativo che disciplina la questione sottoposta all’esame del Collegio è così costituito:
- dall'art. 43 della L. 121 del 1981 che, nel disciplinare il trattamento economico del personale appartenente alla Polizia di Stato, prevede che ai funzionari del ruolo dei Commissari ed equiparati della Polizia di Stato che abbiano prestato servizio senza demerito per quindici anni è attribuito il trattamento economico spettante al Primo Dirigente (comma 22) e che ai funzionari del ruolo dei Commissari ed equiparati ed ai Primi Dirigenti che abbiano prestato servizio senza demerito per 25 anni è attribuito il trattamento economico spettante al Dirigente superiore (comma 23);
- dal decreto legge 3 maggio 2001, n. 157, convertito con la legge 3 luglio 2001, n. 350, che all'art. 1, ad integrazione della legge 1° aprile 1981, n. 121, inserisce l'art. 43 ter, disponendo che "…a decorre dal 1° aprile 2001, ai funzionari del ruolo dei Commissari ed equiparati della Polizia di Stato che abbiano prestato servizio senza demerito per 13 anni è attribuito lo stipendio spettante al primo dirigente. Ai medesimi funzionari e ai primi dirigenti che abbiano prestato servizio senza demerito per 23 anni è attribuito lo stipendio spettante al dirigente superiore....";
- dall'art. 24 del D.Lgs. n. 29 del 1993 (volto ad ovviare alla sperequazione intervenuta nel trattamento economico a sfavore del personale dirigenziale "non contrattualizzato" rispetto a quello “contrattualizzato”) che ha individua il meccanismo perequativo da adottare, individuato nel riconoscimento di un'indennità apposita (cfr. commi 2 e 5);
- dalla legge n. 266 del 1999 che, in particolare, all'art. 19, comma 4, ha precisato le modalità di quantificazione dell'indennità predetta ed ha individuato, altresì, quali destinatari della stessa i colonnelli ed i brigadieri generali delle Forze Armate, nonché i gradi e le qualifiche corrispondenti dei corpi di polizia ad ordinamento militare e civili;
- dal d.lgs. 30 gennaio 2001 n. 165 che all’art. 24, comma 4, ha previsto, genericamente, per il personale indicato dall'art. 3, comma 1, (personale dirigente non contrattualizzato in quanto appartenente a ordinamenti particolari) la corresponsione della predetta indennità;
- dall’impugnato DPCM 3 gennaio 2001, adottato in applicazione della normativa predetta (oltre che con richiamo all'art. 19 della legge n. 488 del 23 dicembre 1999, di stanziamento delle risorse necessarie per la corresponsione dell'indennità in questione), che ha stabilito, nel quantificare l’indennità perequativa in questione per l'anno 2000 (cfr. art. 1), che l'indennità medesima "…compete esclusivamente ai colonnelli ed ai brigadieri generali delle Forze Armate nonché ai gradi ed alle qualifiche corrispondenti dei Corpi di polizia ad ordinamento militare e civile…".
7.3.2 - Rileva il Collegio che sulla questione proposta dagli appellanti questa Sezione si è già più volte espressa, a partire dalle decisioni rese in forma semplificata n. 6452 al n. 6483 e dal n. 6486 al n. 6488 del 21 ottobre 2003, nonché più di recente con la decisione n. 3847 del 2008, con argomentazioni con le quali è stato affermato:
- che il DPCM impugnato -che, come già visto, liquida l'indennità di cui è causa esclusivamente al personale che riveste i gradi di colonnello e brigadiere generale e qualifiche equiparate di corpi di polizia ad ordinamento civile e militare- è stato emanato, quale atto di natura non regolamentare, avente funzione meramente liquidatoria di crediti retributivi, in puntuale esecuzione della normativa primaria e nel rispetto del principio di copertura finanziaria sancito dall'art. 81 Cost., con esclusivo riferimento al personale che riveste i gradi anzidetti;
- che l'art. 19, comma 4, della legge n. 266 del 1999, nel rispetto dell'ammontare massimo delle risorse disponibili per il personale dirigenziale non contrattualizzato individuato dalla legge finanziaria del triennio 2000-2002, attribuisce al personale dirigenziale non contrattualizzato il trattamento perequativo previsto dall'art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 29 del 1993 (ora art. 24, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 165 del 2001), menzionando espressamente colonnelli, brigadieri generali e qualifiche equiparate;
- che il personale dirigente non contrattualizzato, militare ed equiparato, gode di un regime di spiccata autonomia, quanto all'individuazione del trattamento economico globale e ai meccanismi perequativi;
- che, sotto tale angolazione deve ritenersi vigente la regola secondo cui il trattamento economico accessorio del personale dirigenziale non è corrisposto in relazione allo status, ma è collegato al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di funzione e con i risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione, tenuto conto della pronunzia della Corte Costituzionale 17 luglio 2001, n. 254;
- che le norme contenute nei commi 22 e 23 dell'art. 43 della legge n. 121 del 1981, nella versione originaria sopra riportata, non può essere interpretata come meccanismo di rinvio dinamico perpetuo a eventi futuri ed indeterminati, afferenti a miglioramenti economici di qualsiasi natura, in modo avulso dal regime giuridico della dirigenza;
- che tale particolare meccanismo di rinvio si traduce in uno specifico beneficio di categoria non rientrante nella normale progressione economica (cfr. Corte dei Conti, 23 febbraio 1989, n. 2093;
- che, pertanto, le misure perequative del trattamento economico contenute, per quel che qui rileva, nel decreto in esame riguardano ben individuate categorie di ufficiali superiori e ufficiali generali e categorie equiparate e sono riferibili ad emolumenti spettanti a decorrere dal 1° gennaio 2000, in relazione a fondi stanziati a tal fine nel triennio 2000-2002 in base all’art. 19 della già citata legge n. 266 ed all’art. 19 della legge n. 488 pure citata;
- che, allorquando la legge ha voluto fare riferimento, per finalità perequative interne (nell'ambito del medesimo settore) ed esterne (tra Corpi di Polizia e Forze Armate) non allo stipendio, ma al complessivo trattamento economico dei dirigenti dei Corpi di Polizia delle FF.AA., sono state introdotte nell'ordinamento precise norme.
7.3.3 - Orbene, ritiene il Collegio che anche nel caso in esame detto avviso possa trovare conferma, non differenziandosi le questioni trattate.
In particolare, può il Collegio ribadire che l’art. 19, comma 4, più volte citato individua chiaramente le qualifiche e i gradi beneficiari dell'indennità in parola, manifestando con tutta evidenza l'intento di limitare l’erogazione della stessa soltanto a chi è specificamente individuato dalla disposizione stessa come destinatario del beneficio e svolge, in concreto, determinate funzioni dirigenziali con un impegno lavorativo e responsabilità connesse alla relativa professionalità.
Pertanto, l'indennità di cui trattasi deve considerarsi volta a perequare economicamente soltanto il trattamento del personale dirigenziale espressamente contemplato in detto articolo 19, estendendo ad esso prerogative che sono proprie del rapporto di impiego privato, nel quale, in relazione alla professionalità più elevata di chi svolge incarichi di dirigenza, è prevista una retribuzione rapportata alle funzioni svolte, previa apposita negoziazione.
Consegue che il contestato DPCM., che ha riconosciuto esclusivamente in favore del personale che riveste i gradi di colonnello, brigadiere generale ed equiparati, può ritenersi adottato nel rispetto ed in corretta esecuzione della normativa primaria testé richiamata.
Consegue, altresì, la non condivisibilità delle deduzioni svolte dagli appellanti, circa la rilevanza dell'art. 43 della legge n. 121 del 1981 quale unico parametro utile per la valutazione della legittimità del decreto impugnato, atteso che detta norma, per le ragioni anzidette, è estranea al meccanismo e all'esigenza perequativa manifestata dal legislatore; dunque, è soltanto la chiara disposizione del comma quattro dell'art. 19, più volte citato, che è, invece, la norma essenziale da applicarsi nella fattispecie attraverso il decreto impugnato che ne costituisce legittima attuazione.
Infine, giova soltanto aggiungere che la tesi interpretativa privilegiata nel caso in esame, così come nelle precedenti occasioni citate attraverso le decisioni di questa Sezione più sopra richiamate, ha trovato espressa conferma nella norma interpretativa introdotta con il comma 72 dell’art. 3 della legge 24 ottobre 2003 , n. 350 laddove essa ha statuito, per quel che qui rileva, con formula già letteralmente in equivoca, che la disposizione del comma 4 dell’art. 19 della legge 28 luglio 1999, n. 266, si interpreta nel senso che l’emolumento ivi previsto “…compete esclusivamente ai Colonnelli ed ai Brigadieri Generali delle Forze Armate, nonché ai gradi ed alle qualifiche corrispondenti dei Corpi di Polizia…”.
8. - Circa le spese del presente grado di giudizio reputa equo il Collegio non porle a carico dei soccombenti appellanti, così confermando anche sotto tale profilo la sentenza del primo Giudice.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, previa riunione dei ricorsi in epigrafe:
- dichiara inammissibile l’appello n. 3569 del 2003;
- dichiara in parte inammissibile ed in parte infondato l’appello n. 2785 del 2003.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2010 con l'intervento dei Signori:
Costantino Salvatore, Presidente
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Anna Leoni, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Guido Romano, Consigliere, Estensore
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/05/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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domenica 11 dicembre 2016
Consiglio di Stato: Commissari della Polizia di Stato: niente perequazione retributiva
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