Polizia - Congedo ordinario - Mancata concessione - Certificazione medica per indisponibilità
IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 13-04-2010, n. 1033
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Il sig. @@@@@@@ impugna il provvedimento indicato in epigrafe deducendo i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili e chiedendone l'annullamento.
Si è costituita in giudizio l'amministrazione resistente eccependo l'infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Entrambe le parti hanno prodotto documenti.
All'udienza del 18.02.2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1) Dalla documentazione versata in atti dalle parti emerge che il sig. @@@@@@@, agente semplice in servizio presso la Questura di Milano, in data 23.06.2007 presentava all'Ufficio di appartenenza una richiesta di congedo ordinario con decorrenza dal 25.06.2007 e per la durata di tre turni di servizio.
L'addetto all'Ufficio lo informava che per esigenze di servizio della sezione di appartenenza non poteva essergli concesso il periodo di congedo richiesto e il R. replicava evidenziando di dover partire "comunque".
Il giorno seguente (24.06.2007) l'interessato contattava l'Ufficio telefonicamente comunicando l'indisponibilità al servizio per motivi di salute e indicando una prognosi di giorni 10.
Successivamente, in data 25.06.2007, egli inviava all'amministrazione a mezzo fax un certificato medico rilasciato in pari data e con decorrenza dal 24.06.2007 con una prognosi di 10 giorni.
Con il provvedimento impugnato, il Questore di Milano, dopo avere richiamato la vicenda ora descritta, ha irrogato al R. la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 3/30, evidenziando che si tratta della terza punizione e richiamando l'applicazione dell'art. 4, n. 18, del d.p.r. 1981 n. 737.
La norma da ultimo citata precisa che "la pena pecuniaria consiste nella riduzione in misura non superiore a cinque trentesimi di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo. Con tale sanzione vengono punite le seguenti infrazioni:... 18) qualsiasi altro comportamento, anche fuori dal servizio, non espressamente preveduto nelle precedenti ipotesi, comunque non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza".
Il provvedimento imputa testualmente all'agente R. la seguente mancanza: "all'atto della comunicazione del diniego per motivi di servizio di un periodo di congedo ordinario, evidenziando un comportamento non conforme al decoro delle funzioni, replicava sostenendo che sarebbe dovuto partire comunque. Il giorno seguente comunicava la propria indisponibilità per motivi di salute, indicando con precisione anche la prognosi, quantificandola in giorni dieci benché non avesse ancora acquisito alcuna certificazione sanitaria, rilasciatagli soltanto in data successiva da un medico con studio in località molto distante dalla sede di servizio".
Sempre in punto di fatto, va evidenziato che dalla documentazione prodotta dal ricorrente emerge che egli in data 27.06.2007 è risultato presente presso l'abitazione in occasione della visita di controllo sollecitata dal Questore di Milano ed effettuata dal Medico Principale della Polizia di Stato, il quale ha constatato le evidenze cliniche e confermato la prognosi di giorni 10, salvo complicazioni o persistenza del quadro clinico.
Del resto, lo stato di malattia si è protratto anche nel mese di luglio (cfr. certificato rilasciato dall'A.S.L. n. 104 di Enna in data 03.07.2007, sub doc. 12 di parte ricorrente) e in data 18.07.2007 il R. è stato ricoverato presso l'ospedale di Enna per essere sottoposto ad intervento chirurgico di asportazione di una cisti sacrococcigea suppurata (cfr. doc.ti 13 e 14 di parte ricorrente).
2) E' fondato il quarto dei motivi proposti, che presenta carattere assorbente per la natura sostanziale dei profili di illegittimità che evidenzia.
Con tale motivo il ricorrente contesta, in termini di eccesso di potere, la ragionevolezza del provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto che i fatti verificatisi fossero sufficienti per l'irrogazione della sanzione, specie considerando la documentata esistenza di uno stato di malattia sfociato nella sottoposizione ad un intervento chirurgico.
Sul punto il Tribunale osserva che il provvedimento impugnato valorizza due profili fattuali di rilevanza disciplinare.
Il primo attiene alla risposta fornita dal R. dopo avere ricevuto la comunicazione del diniego dei giorni di congedo richiesti, allorché egli ha evidenziato di dovere partire "comunque".
Il secondo riguarda la comunicazione della prognosi di 10 giorni che il R. ha effettuato prima di avere acquisito la necessaria certificazione sanitaria.
Con riferimento al primo aspetto, va rilevato che la risposta fornita dal R., considerata nella sua oggettività, si sostanzia nella semplice esplicitazione di un'esigenza dell'interessato che di per sé non è ragionevolmente contrastante con le esigenze di decoro cui si riferisce l'art. 4 n. 18 del d.p.r. 1981 n. 737.
In particolare, l'amministrazione non riferisce di un contesto provocatorio o scarsamente rispettoso per le esigenze di servizio in cui collocare la frase utilizzata dal R., la quale, viceversa, esprime un bisogno effettivo dell'agente se correlata alla vicenda fattuale complessiva, segnata da un reale stato di malattia, riscontrato pure dal medico della Questura di Enna e sfociato nella sottoposizione dell'interessato ad un intervento chirurgico.
Anche il quadro cronologico della vicenda esclude che l'espressione utilizzata dal R. possa essere logicamente ricondotta ad un contegno non conforme al decoro delle funzioni svolte, atteso che la protrazione della malattia e il successivo ricovero ospedaliero si sono verificati senza soluzione di continuità e ciò conferma che l'interessato si è limitato a rappresentare all'amministrazione una propria necessità effettiva, determinata da precarie condizioni di salute.
Insomma, l'espressione utilizzata dal R., cui si riferisce il provvedimento impugnato, non è di per sé logicamente idonea ad integrare un comportamento non decoroso per le funzioni, in quanto non è supportata da un contorno di elementi indiziari idonei a farle assumere, secondo l'id quod plerumque accidit, la valenza negativa ritenuta dall'amministrazione, specie considerando l'effettività dello stato morboso in cui versava l'agente.
Analoghe considerazioni valgono rispetto alla comunicazione della prognosi di 10 giorni effettuata telefonicamente dal R. il giorno prima del rilascio del certificato medico che attestava tale prognosi.
Sul punto vale evidenziare che l'art. 61 del d.p.r. 1985 n. 782 prevede che "Il personale della Polizia di Stato che per ragioni di salute non ritenga di essere in condizione di prestare servizio deve darne tempestiva notizia telefonica al capo dell'ufficio, reparto o istituto da cui dipende, trasmettendo, nel più breve tempo possibile, il certificato medico da cui risulti la diagnosi e la prognosi", sicché non è dubitabile che la prognosi debba essere stabilita dal medico.
Nondimeno ciò non basta per ritenere che la comunicazione dello stato di malattia effettuata per le vie brevi dal R. con la contestuale indicazione della durata della malattia integri, secondo criteri di ragionevolezza, un comportamento non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza.
Invero, una volta documentata l'effettiva esistenza di uno stato patologico, verificato dall'amministrazione stessa in occasione dei controlli, la circostanza che il R. abbia riferito di una durata della malattia per 10 giorni permette al più di ritenere che egli abbia ipotizzato tale durata dello stato patologico, peraltro protrattosi per un periodo ben più lungo e sfociato in un intervento chirurgico.
Certo non spettava al R. stabilire la prognosi, ma a fronte dell'effettività della malattia, della sua protrazione, in base a certificazione clinica, per un periodo più lungo di quello ipotizzato dall'interessato, la violazione commessa assume un connotato meramente formale che ne esclude la ragionevole riconducibilità al quadro dei comportamenti contrastanti con il decorso della funzione svolta.
Insomma, anche per il profilo in esame, l'amministrazione si è limitata a valorizzare un dato del tutto isolato, non accompagnato da un quadro fattuale complessivo idoneo a fargli assumere, secondo criteri di ragionevolezza, il valore di una condotta contrastante con il decoro della funzione svolta dal ricorrente.
Va, pertanto, ribadita la fondatezza del motivo in esame, che presenta natura sostanziale e consente di ritenere assorbite le ulteriori censure articolate nel ricorso.
3) In definitiva il ricorso è fondato nei limiti dianzi esposti e merita accoglimento.
Nondimeno la peculiarità della situazione di fatto sottesa alla controversia in esame consente di configurare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.
Resta fermo l'onere di cui all'art. 13 del d.p.r. 30.05.2002 n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell'art. 21 del d.l. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Milano, sezione terza, definitivamente pronunciando accoglie il ricorso, nei limiti di quanto esposto in motivazione e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa tra le parti le spese della lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 18/02/2010 con l'intervento dei Magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Raffaello Gisondi, Referendario
Fabrizio Fornataro, Referendario, Estensore
T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, 13-04-2010, n. 1033
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Il sig. @@@@@@@ impugna il provvedimento indicato in epigrafe deducendo i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili e chiedendone l'annullamento.
Si è costituita in giudizio l'amministrazione resistente eccependo l'infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Entrambe le parti hanno prodotto documenti.
All'udienza del 18.02.2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1) Dalla documentazione versata in atti dalle parti emerge che il sig. @@@@@@@, agente semplice in servizio presso la Questura di Milano, in data 23.06.2007 presentava all'Ufficio di appartenenza una richiesta di congedo ordinario con decorrenza dal 25.06.2007 e per la durata di tre turni di servizio.
L'addetto all'Ufficio lo informava che per esigenze di servizio della sezione di appartenenza non poteva essergli concesso il periodo di congedo richiesto e il R. replicava evidenziando di dover partire "comunque".
Il giorno seguente (24.06.2007) l'interessato contattava l'Ufficio telefonicamente comunicando l'indisponibilità al servizio per motivi di salute e indicando una prognosi di giorni 10.
Successivamente, in data 25.06.2007, egli inviava all'amministrazione a mezzo fax un certificato medico rilasciato in pari data e con decorrenza dal 24.06.2007 con una prognosi di 10 giorni.
Con il provvedimento impugnato, il Questore di Milano, dopo avere richiamato la vicenda ora descritta, ha irrogato al R. la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 3/30, evidenziando che si tratta della terza punizione e richiamando l'applicazione dell'art. 4, n. 18, del d.p.r. 1981 n. 737.
La norma da ultimo citata precisa che "la pena pecuniaria consiste nella riduzione in misura non superiore a cinque trentesimi di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo. Con tale sanzione vengono punite le seguenti infrazioni:... 18) qualsiasi altro comportamento, anche fuori dal servizio, non espressamente preveduto nelle precedenti ipotesi, comunque non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza".
Il provvedimento imputa testualmente all'agente R. la seguente mancanza: "all'atto della comunicazione del diniego per motivi di servizio di un periodo di congedo ordinario, evidenziando un comportamento non conforme al decoro delle funzioni, replicava sostenendo che sarebbe dovuto partire comunque. Il giorno seguente comunicava la propria indisponibilità per motivi di salute, indicando con precisione anche la prognosi, quantificandola in giorni dieci benché non avesse ancora acquisito alcuna certificazione sanitaria, rilasciatagli soltanto in data successiva da un medico con studio in località molto distante dalla sede di servizio".
Sempre in punto di fatto, va evidenziato che dalla documentazione prodotta dal ricorrente emerge che egli in data 27.06.2007 è risultato presente presso l'abitazione in occasione della visita di controllo sollecitata dal Questore di Milano ed effettuata dal Medico Principale della Polizia di Stato, il quale ha constatato le evidenze cliniche e confermato la prognosi di giorni 10, salvo complicazioni o persistenza del quadro clinico.
Del resto, lo stato di malattia si è protratto anche nel mese di luglio (cfr. certificato rilasciato dall'A.S.L. n. 104 di Enna in data 03.07.2007, sub doc. 12 di parte ricorrente) e in data 18.07.2007 il R. è stato ricoverato presso l'ospedale di Enna per essere sottoposto ad intervento chirurgico di asportazione di una cisti sacrococcigea suppurata (cfr. doc.ti 13 e 14 di parte ricorrente).
2) E' fondato il quarto dei motivi proposti, che presenta carattere assorbente per la natura sostanziale dei profili di illegittimità che evidenzia.
Con tale motivo il ricorrente contesta, in termini di eccesso di potere, la ragionevolezza del provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto che i fatti verificatisi fossero sufficienti per l'irrogazione della sanzione, specie considerando la documentata esistenza di uno stato di malattia sfociato nella sottoposizione ad un intervento chirurgico.
Sul punto il Tribunale osserva che il provvedimento impugnato valorizza due profili fattuali di rilevanza disciplinare.
Il primo attiene alla risposta fornita dal R. dopo avere ricevuto la comunicazione del diniego dei giorni di congedo richiesti, allorché egli ha evidenziato di dovere partire "comunque".
Il secondo riguarda la comunicazione della prognosi di 10 giorni che il R. ha effettuato prima di avere acquisito la necessaria certificazione sanitaria.
Con riferimento al primo aspetto, va rilevato che la risposta fornita dal R., considerata nella sua oggettività, si sostanzia nella semplice esplicitazione di un'esigenza dell'interessato che di per sé non è ragionevolmente contrastante con le esigenze di decoro cui si riferisce l'art. 4 n. 18 del d.p.r. 1981 n. 737.
In particolare, l'amministrazione non riferisce di un contesto provocatorio o scarsamente rispettoso per le esigenze di servizio in cui collocare la frase utilizzata dal R., la quale, viceversa, esprime un bisogno effettivo dell'agente se correlata alla vicenda fattuale complessiva, segnata da un reale stato di malattia, riscontrato pure dal medico della Questura di Enna e sfociato nella sottoposizione dell'interessato ad un intervento chirurgico.
Anche il quadro cronologico della vicenda esclude che l'espressione utilizzata dal R. possa essere logicamente ricondotta ad un contegno non conforme al decoro delle funzioni svolte, atteso che la protrazione della malattia e il successivo ricovero ospedaliero si sono verificati senza soluzione di continuità e ciò conferma che l'interessato si è limitato a rappresentare all'amministrazione una propria necessità effettiva, determinata da precarie condizioni di salute.
Insomma, l'espressione utilizzata dal R., cui si riferisce il provvedimento impugnato, non è di per sé logicamente idonea ad integrare un comportamento non decoroso per le funzioni, in quanto non è supportata da un contorno di elementi indiziari idonei a farle assumere, secondo l'id quod plerumque accidit, la valenza negativa ritenuta dall'amministrazione, specie considerando l'effettività dello stato morboso in cui versava l'agente.
Analoghe considerazioni valgono rispetto alla comunicazione della prognosi di 10 giorni effettuata telefonicamente dal R. il giorno prima del rilascio del certificato medico che attestava tale prognosi.
Sul punto vale evidenziare che l'art. 61 del d.p.r. 1985 n. 782 prevede che "Il personale della Polizia di Stato che per ragioni di salute non ritenga di essere in condizione di prestare servizio deve darne tempestiva notizia telefonica al capo dell'ufficio, reparto o istituto da cui dipende, trasmettendo, nel più breve tempo possibile, il certificato medico da cui risulti la diagnosi e la prognosi", sicché non è dubitabile che la prognosi debba essere stabilita dal medico.
Nondimeno ciò non basta per ritenere che la comunicazione dello stato di malattia effettuata per le vie brevi dal R. con la contestuale indicazione della durata della malattia integri, secondo criteri di ragionevolezza, un comportamento non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza.
Invero, una volta documentata l'effettiva esistenza di uno stato patologico, verificato dall'amministrazione stessa in occasione dei controlli, la circostanza che il R. abbia riferito di una durata della malattia per 10 giorni permette al più di ritenere che egli abbia ipotizzato tale durata dello stato patologico, peraltro protrattosi per un periodo ben più lungo e sfociato in un intervento chirurgico.
Certo non spettava al R. stabilire la prognosi, ma a fronte dell'effettività della malattia, della sua protrazione, in base a certificazione clinica, per un periodo più lungo di quello ipotizzato dall'interessato, la violazione commessa assume un connotato meramente formale che ne esclude la ragionevole riconducibilità al quadro dei comportamenti contrastanti con il decorso della funzione svolta.
Insomma, anche per il profilo in esame, l'amministrazione si è limitata a valorizzare un dato del tutto isolato, non accompagnato da un quadro fattuale complessivo idoneo a fargli assumere, secondo criteri di ragionevolezza, il valore di una condotta contrastante con il decoro della funzione svolta dal ricorrente.
Va, pertanto, ribadita la fondatezza del motivo in esame, che presenta natura sostanziale e consente di ritenere assorbite le ulteriori censure articolate nel ricorso.
3) In definitiva il ricorso è fondato nei limiti dianzi esposti e merita accoglimento.
Nondimeno la peculiarità della situazione di fatto sottesa alla controversia in esame consente di configurare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite.
Resta fermo l'onere di cui all'art. 13 del d.p.r. 30.05.2002 n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell'art. 21 del d.l. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Milano, sezione terza, definitivamente pronunciando accoglie il ricorso, nei limiti di quanto esposto in motivazione e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa tra le parti le spese della lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 18/02/2010 con l'intervento dei Magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Raffaello Gisondi, Referendario
Fabrizio Fornataro, Referendario, Estensore
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