Polizia di Stato - Pistola dotazione personale - Armadio personale - Custodia - Obblighi
IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, 21-04-2010, n. 1498
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Avvisate le stesse parti ai sensi dell'art. 21 decimo comma della legge n. 1034/71, introdotto dalla legge 205/2000;
Il ricorso in epigrafe va respinto, per quanto qui appresso specificato.
1.Il ricorrente, Assistente della Polizia di Stato L.M., presta servizio presso il II° Reparto Mobile della Polizia di Stato, avente sede a Padova.
Il M. sino al 20 gennaio 2009 ha fruito dell'alloggio collettivo corrispondente alla stanza n. 36 ubicata nella c.d. "Palazzina Celere" del predetto Reparto e, quando ha lasciato l'alloggio stesso avendo acquistato un'abitazione nel Comune di @@@@@@@ (Padova), ha sottoscritto per presa visione la nota Prot. n. 532/Cat.2.10 dd. 19 gennaio 2009 a firma del Dirigente del Reparto medesimo con la quale gli è stata comunicata la messa a disposizione presso la sede di servizio di un armadio nel quale avrebbe potuto custodire l'uniforme e il materiale da equipaggiamento, ma non l'arma in dotazione personale (cfr. doc. 2 di parte ricorrente)
Contestualmente, nella nota stessa "si ricorda (va)... che la circolare nr. 111.752 - M - 29/586 dd. 30 gennaio 1975 prescrive che il porto della pistola d'ordinanza "è obbligatorio con l'abito civile per il personale in servizio. A tal fine è da considerare servizio il tragitto dall'abitazione in Caserma, agli alloggiamenti, agli uffici e viceversa"" (cfr. ibidem).
Giova sin d'ora evidenziare che tale circolare, emanata dalla Direzione Generale della Pubblica Sicurezza ancor prima della riforma introdotta con L. 1 aprile 1981 n. 121 e recante la smilitarizzazione del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, così recita, per quanto qui segnatamente interessa: "Questo Ministero, in considerazione delle difformi prassi seguite nell'ambito dei reparti del Corpo circa il porto della pistola d'ordinanza, e a seguito di alcuni gravi inconvenienti verificatisi, ritiene opportuno precisare e disporre quanto appresso: il porto della pistola d'ordinanza è obbligatorio per i sottufficiali, i graduati e le guardie che indossino l'uniforme fuori della caserma e degli alloggiamenti, sia che detto personale sia in servizio che fuori servizio. E' obbligatorio altresì con l'abito civile per il personale in servizio. A tal fine è da considerare in servizio il tragitto dall'abitazione alla caserma, agli alloggiamenti,agli uffici e viceversa; il porto della
pistola è facoltativo qualora il personale si trovi fuori servizio ed indossi l'abito civile..." (cfr. ibidem, doc. 3)
A fronte di ciò, con istanza dd. 14 gennaio 2010 indirizzata al Dirigente del II° Reparto Mobile, il M., invocando il testuale assunto della circolare predetta per cui il porto della pistola d'ordinanza è - per l'appunto - "obbligatorio con l'abito civile per il personale in servizio" e che "a tal fine è da considerare in servizio il tragitto dall'abitazione alla caserma, agli alloggiamenti,agli uffici e viceversa;", ha rappresentato "che: la distanza della propria abitazione alla caserma è di circa 16,5 Km; lungo tale tragitto viaggia con l'arma di ordinanza e che, pertanto, vista la succitata circolare del 1975" egli era "in servizio attivo; ogni giorno lavorativo questa distanza viene coperta per due volte al giorno (andata e ritorno); il tempo di percorrenza per ogni tratta, fatte salve particolari e straordinarie situazioni di traffico intenso, è di circa 30 minuti".
In conseguenza di tali circostanze, il M. ha quindi chiesto la corresponsione del compenso per le conseguenti prestazioni lavorative straordinarie da lui asseritamente rese, da computarsi nella misura equivalente a 149 ore di lavoro straordinario feriale e di 40 ore di lavoro straordinario notturnofestivo, riferendo tale conteggio al periodo 22 gennaio 2009 al 31 dicembre 2009 e con riserva di aggiornamento per il servizio reso "nei mesi a seguire" (cfr. ibidem, doc. 4).
Con nota Cat. 2.10 - Prot. 534 dd. 23 gennaio 2010 il Dirigente adito ha comunicato al M. le ragioni ostative all'accoglimento della propria istanza, a" sensi dell'art. 10bis della L. 7 agosto 1990 n. 241, assegnando all'interessato il termine di 10 giorni per controdedurre alle medesime (cfr. ibidem, doc. 5).
Il M. ha fatto pervenire le proprie osservazioni al riguardo con propria nota dd. 2 febbraio 2010.
Con provvedimento Cat. 2.10 - Prot. 1069 dd. 9 febbraio 2010 il Dirigente ha respinto l'istanza del M., "rilevato che ad ogni dipendente è data la possibilità di lasciare, al termine del servizio giornaliero, l'arma d'ordinanza in apposite cellette di sicurezza, di cui anche l'Assistente M. è assegnatario"; considerato comunque che l'espressione "a tal fine è da considerare in servizio il tragitto dall'abitazione alla caserma, agli alloggiamenti,agli uffici e viceversa", contenuta nella circolare anzidetta, "anche laddove potesse essere riferita - circostanza che si esclude - al personale dei Reparti Mobili, riguarda il concetto di "servizio" come complesso degli obblighi giuridici che gravano sugli appartenenti alla Polizia di Stato (ed all'epoca della circolare sugli appartenenti al Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza) in funzione del loro status giuridico speciale e della loro qualità di Agenti/Ufficiali di Polizia Giudiziaria e di Pubblica Sicurezza; considerato
inoltre che la disciplina vigente del lavoro straordinario è, al contrario, finalizzata alla retribuzione della prosecuzione della concreta attività lavorativa, rilevato che il legislatore, fin dal 1981 (L. 121) utilizza l'espressione "lavoro (e non servizio) straordinario" proprio per sottolineare la differenza fra il complesso di obblighi che gravano sull'appartenente in quanto tale e, dal canto opposto, il preciso rapporto sinallagmatico intercorrente fra la prestazione lavorativa straordinaria - calcolata ad ore e frazioni di ore - con la conseguente retribuzione; considerato che la situazione descritta nell'istanza del dipendente non rientra, poi, né fra le ipotesi di straordinario emergente, né fra quelle di straordinario programmato previstedal vigente ordinamento".
Da qui, dunque, il ricorso avverso tale provvedimento di diniego, con la contestuale domanda di accertamento del conseguente diritto economico del ricorrente medesimo.
Il M. deduce al riguardo l'avvenuta violazione ed erronea interpretazione dell'anzidetta circolare ministeriale n. 111.752 - M - 29/586 dd. 30 gennaio 1975 con conseguente eccesso di potere per manifesta contraddittorietà tra atti emanati dalla medesima Amministrazione, nonché violazione degli artt. 10 e 10bis della L. 7 agosto 1990 n. 241 in correlazione con quanto disposto dall'art. 3 della medesima L. 241.
Quest'ultima censura, secondo quanto affermato dalla difesa del ricorrente nel corso della discussione della causa all'odierna camera di consiglio, concernerebbe non solo l'asseritamente mancata controdeduzione, in sede di provvedimento definitivo, alle osservazioni formulate dal destinatario dello stesso, ma andrebbe anche riferita anche alla circostanza per cui, a fronte della surriportata motivazione addotta nel provvedimento recante la reiezione della domanda, nell'anzidetta nota Cat. 2.10 - Prot. 534 dd. 23 gennaio 2010 il medesimo Dirigente aveva reso noto all'interessato, a" sensi dell'art. 10bis della L. 241 del 1990, soltanto che "i motivi che non consentirebbero l'esito favorevole della... richiesta sono molteplici. La circolare citata... prevede, per coloro che prestano ordinariamente servizio in abiti civili, l'obbligatorietà del porto dell'arma dall'Ufficio/Reparto e l'abitazione e viceversa. Solo per costoro - ed a questo solo fine - il tragitto è da considerarsi
servizio. Detta ipotesi non riguarda, con tutta evidenza, coloro che prestano servizio presso un Reparto Mobile. Si aggiunga che il legislatore, fin dal 1981 (L. 121) utilizza l'espressione "lavoro (e non servizio) straordinario" proprio per sottolineare la differenza fra il complesso di obblighi che gravano sull'appartenente in quanto tale e, dal canto opposto, il preciso rapporto sinallagmatico intercorrente fra la prestazione lavorativa straordinaria - calcolata ad ore - con la conseguente retribuzione. Si consideri poi che la situazione descritta nell'istanza della S.V. non rientra, poi, né fra le ipotesi di straordinario emergente, né fra quelle di straordinario programmato previste dal vigente ordinamento" (cfr. ibidem, doc. 5).
Pertanto, il ricorrente contesterebbe - in buona sostanza - l'illegittima introduzione, nel contesto della motivazione del provvedimento impugnato, dell'assunto "rilevato che ad ogni dipendente è data la possibilità di lasciare, al termine del servizio giornaliero, l'arma d'ordinanza in apposite cellette di sicurezza, di cui anche l'Assistente M. è assegnatario", in ordine al quale nulla il ricorrente medesimo avrebbe quindi potuto dedurre nella fase del contraddittorio procedimentale che ha preceduto l'adozione del provvedimento medesimo.
2. Non si è costituito in giudizio il Ministero dell'Interno.
3. Tutto ciò premesso, va innanzitutto evidenziato che l'assunto secondo il quale presso la sede del II° Reparto Mobile sono disponibili per tutto il personale ivi in servizio - ivi dunque compreso lo stesso M. - le apposite cellette per la custodia delle armi individuali assegnate al personle medesimo non è stato invero introdotto nella previa comunicazione inviata a" sensi dell'art. 10bis al M. medesimo e recante la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della sua istanza.
Nondimeno, è altrettanto innegabile che la riconduzione di tale specifica circostanza a violazione del medesimo art. 10bis della L. 241 del 1990 non è avvenuta nell'atto introduttivo del presente giudizio, ma soltanto oralmente al momento della trattazione della causa all'odierna camera di consiglio.
Il ricorrente, semmai, nell'atto recante il ricorso notificato all'Amministrazione intimata ha espressamente accettato sul punto l'esito del precedente contraddittorio procedimentale, affermando che ciò sarebbe riconducibile ad una "prescrizione nuova, la quale contrasta palesemente con quanto in precedenza ordinato al dipendente con la... nota... fatta (a lui) sottoscrivere... in data 21 settembre 2009" (cfr. pag. 6 dell'atto introduttivo del presente giudizio) e formulando, quindi, al riguardo una censura di contraddittorietà tra atti.
Ciò posto, ad avviso del Collegiol'assunto, contenuto nel provvedimento impugnato, secondo cui "ad ogni dipendente è data la possibilità di lasciare, al termine del servizio giornaliero, l'arma d'ordinanza in apposite cellette di sicurezza, di cui anche l'Assistente M. è assegnatario" assume - di per sé - una valenza dirimente al fine di togliere fondamento alla richiesta dell'attuale ricorrente, non più costretto - dunque - a detenere l'arma ricevuta in dotazione individuale presso il suo domicilio e a trasportarla giornalmente dalla propria abitazione alla sede del Reparto e viceversa, con il conseguente venir meno dello stesso presupposto da lui invocato a fondamento delle proprie pretese economiche.
In tal senso, va del resto evidenziato che l'assunto medesimo si risolve, a ben vedere, nell'enunciazione di una circostanza fattuale ben nota al M., il quale peraltro ne travisa all'evidenza il senso, posto che ciò non configura per certo una nuova "prescrizione" che toglierebbe valore al precedente divieto di custodire l'arma individuale all'interno dell'armadio a lui assegnato per riporre - viceversa - la divisa e l'equipaggiamento, ma la messa a disposizione di uno spazio diverso e funzionalmente idoneo, diversamente dall'armadio, per la custodia dell'arma stessa.
Tuttavia, anche a prescindere da ciò, il ricorso va comunque respinto avuto riguardo alla circostanza che la messa a disposizione delle cellette per la custodia dell'arma anche per il personale che non fruisce dell'alloggio di servizio si configura quale mera facoltà e non già obbligo per l'Amministrazione dell'Interno, e ciò al fine di agevolare comunque il personale dipendente.
Ove, infatti, si volesse pur escludere dall'economia di causa la predetta circolare ministeriale n. 111.752 - M - 29/586 dd. 30 gennaio 1975 (peraltro a tutt'oggi applicabile, stante la sua compatibilità con l'attuale ordinamento non militare della Polizia dello Stato), va evidenziato che la tesi affermata dal provvedimento impugnato trova comunque puntuale conferma nel D.P.R. 5 ottobre 1991 n. 359, emanato, a differenza della circolare stessa nella vigenza - ed, anzi,in attuazione - della L. 1 aprile 1981 n. 121 di riforma della Polizia, e recante il regolamento che stabilisce i criteri per la determinazione dell'armamento in dotazione all'Amministrazione della pubblica sicurezza e al personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia.
L'art. 3 di tale regolamento dispone - per quanto qui segnatamente interessa - che l'armamento individuale è costituito dalle armi assegnate nominativamente al personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia, appartenente agli specifici ruoli il cui ordinamento è disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335" e "consta di una pistola, corrispondente alle caratteristiche di cui all'art. 10 (cfr. ivi: calibro: 9 mm NATO; chiusura: stabile; ripetizione semiautomatica; alimentazione serbatoio mobile; capacità caricatore non inferiore a 8 cartucce; azione singola ovvero singola e doppia; sicura o sicure ordinaria, prima monta del cane automatica mediante blocco del percussore; tacca di mira fissa; lunghezza canna da 100 a 140 mm; peso in ordine di impiego non superiore a 1,3 kg.) specificamente individuata per tipo e modello con decreto del Capo della Polizia. Essa è assegnata al personale.... in dotazione personale per tutta la
durata del rapporto di servizio".
"Il Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale dei servizi tecnicologistici e della gestione patrimoniale assegna agli istituti di istruzione e, direttamente o tramite i centri territoriali di supporto, agli uffici e reparti della Polizia di Stato... l'armamento individuale occorrente, per la successiva assegnazione al personale di cui all'art. 3" (cfr. ibidem, art. 5, comma 1).
"L'assegnatario deve: a) custodire diligentemente l'arma e curarne responsabilmente ed in modo costante la manutenzione; b) applicare sempre e ovunque le misure di sicurezza previste per il maneggio dell'arma; c) mantenere l'addestramento ricevuto, curando attivamente l'esercizio delle tecniche apprese e partecipando alle esercitazioni di tiro a tale scopo organizzate dall'Amministrazione....L'armamento individuale deve essere immediatamente versato all'ufficio o al reparto di appartenenza all'atto della cessazione o sospensione del rapporto di impiego, nonché in ogni altro caso in cui l'Amministrazione lo disponga con provvedimento motivato" (cfr. ibidem, art. 6, commi 1 e 2), e ciò a differenza dell'armamento di reparto, che "deve essere immediatamente riconsegnato all'armeria dell'ufficio, reparto o istituto di appartenenza al termine del servizio o a cessate esigenze del servizio" (cfr. ibidem, art. 6, comma 3).
Inoltre, "l'armamento... è gestito dall'ufficio consegnatario di livello provinciale che ne cura la custodia in un'armeria di reparto o in una o più armerie sussidiarie, in relazione alle esigenze operative", con espressa "esclusione quello in dotazione individuale" (cfr. ibidem, art. 7).
Deve dunque da tutto ciò concludersi che l'assegnazione dell'arma individuale è strettamente connessa allo stesso status del personale della Polizia di Stato, al necessario fine della sua pronta operatività - anche al di fuori dal servizio - per ogni evenienza di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica (cfr. artt. 2 e 16 della L. 121 del 1981) che richieda, ove necessario, l'uso legittimo delle armi.
In tale contesto, quindi, l'obbligo di custodia dell'arma stessa si protrae naturalmente anche dopo l'orario di servizio, espletandosi necessariamente anche presso l'abitazione privata dell'assegnatario, e la circostanza del porto dell'arma medesima da parte del suo assegnatarioanche a prescindere dalla circostanza che lo stesso avvenga per recarsi presso la sede di servizio - è di per sé insuscettibile di generare qualsivoglia obbligo retributivo per l'Amministrazione della Pubblica Sicurezza quale lavoro straordinario.
4. La mancata costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata esonera il Collegio dalla statuizione sulle spese e gli onorari del giudizio, mentre rimane confermato a carico del ricorrente il pagamento del contributo di cui all'art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 113 e successive modifiche e integrazioni.
P.Q.M.
Ul Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione I^, statuendo definitivamente sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Nulla per le spese.
Conferma a carico del ricorrente il pagamento del contributo di cui all'art. 9 e ss. del D.L.vo 30 maggio 2002 n. 113 e successive modifiche e integrazioni
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2010 con l'intervento dei Signori:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore
Alessandra Farina, Consigliere
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