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domenica 5 novembre 2023

Consiglio di Stato 2023- “non risultano sussistere nel tipo di prestazioni di lavoro rese disagi e strapazzi di particolare intensità, né elementi di eccezionale gravità, che abbiano potuto prevalere sui fattori individuali, almeno sotto il profilo concausale sufficiente e determinante”.

 


Pubblicato il 09/10/2023

N. 08756/2023REG.PROV.COLL.

N. 08711/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8711 del 2021, proposto dal sig. -OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avv.  

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno (sezione prima), del -OMISSIS- resa tra le parti.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 settembre 2023 il cons. Francesco Guarracino, nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Il sig. -OMISSIS- già maresciallo della Guardia di Finanza, ha appellato la sentenza, indicata in epigrafe, con cui il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, ha respinto il suo ricorso, integrato da motivi aggiunti, avverso il provvedimento della Guardia di Finanza di rigetto dell’istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia “-OMISSIS-” da cui era affetto, col presupposto parere negativo del Comitato di verifica per le cause di servizio, e i successivi provvedimenti con cui, sul presupposto della non dipendenza da causa di servizio della patologia predetta, si è provveduto a disporre la riduzione degli assegni percepiti nel periodo di aspettativa per infermità e il recupero delle corrispondenti somme.

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha resistito all’appello con memoria.

L’appellante ha prodotto una memoria in vista dell’udienza di discussione.

Alla pubblica udienza del 12 settembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. – Il diniego di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia “-OMISSIS-” da cui era affetto l’appellante è conseguito al parere negativo del Comitato di verifica per il quale “non risultano sussistere nel tipo di prestazioni di lavoro rese disagi e strapazzi di particolare intensità, né elementi di eccezionale gravità, che abbiano potuto prevalere sui fattori individuali, almeno sotto il profilo concausale sufficiente e determinante”.

In tale giudizio, criticato coi primi due motivi di ricorso per difetto d’istruttoria e carenza della motivazione perché il Comitato di verifica non avrebbe considerato il ruolo eziologico che, rispetto all’insorgenza della patologia in questione, avrebbero avuto il coinvolgimento del ricorrente in un procedimento penale (conclusosi con sentenza di non doversi procedere) e i conseguenti provvedimenti subiti (sanzione disciplinare della censura; trasferimento per incompatibilità ambientale), il T.A.R. non ha ravvisato ipotesi di travisamento o di omessa considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medica finale, ovvero macroscopiche illogicità rilevabili ictu oculi, né insufficienza della motivazione, per quanto concisa.

Il primo giudice ha, inoltre, respinto il motivo di ricorso sull’omessa comunicazione del preavviso di diniego, ritenendo inapplicabile al procedimento de quo l’art. 10 bis della legge n. 241/1990, nonché, stante l’acclarata legittimità del provvedimento di diniego della dipendenza da causa di servizio della patologia, le censure formulate avverso il consequenziale provvedimento con cui era stato disposto il recupero delle somme indebitamente percepite.

Ha rigettato, poi, la domanda risarcitoria proposta col ricorso introduttivo, in quanto generica e carente di prova, e i motivi aggiunti di invalidità derivata proposti avverso l’atto con cui era stato chiesto al ricorrente il versamento della somma di € 73.460,91 a titolo di recupero emolumenti stipendiali, respingendo per difetto di prova anche la censura relativa all’incidenza, ai fini della determinazione del quantum restitutorio, dell’asserito superamento da parte dell’amministrazione del termine di 150 giorni per la definizione dell’istanza di transito nei ruoli civili, previsto dall’articolo 2, comma 4, del decreto interministeriale del 18 aprile 2002 (“il ricorrente non prova né quantomeno indica le date in cui, rispettivamente, è stata formulata la domanda di transito ed il transito stesso è avvenuto, limitandosi ad asserire, genericamente, che “il transito è avvenuto con modalità e tempistiche che si pongono in pieno dispregio della normativa di settore in quanto ben superiori ai 150 giorni previsti dal Decreto Interministeriale in parola. Tali lungaggini (circa tre anni) hanno causato lunghi e forzati periodi di aspettativa…”. L’assenza quanto meno di allegazioni o riferimenti puntuali relativi a tali elementi, che rientrano nella sfera di disponibilità del ricorrente, non può che condurre al rigetto della censura alla luce dei principi generali in tema di onere probatorio, valevoli anche nel processo amministrativo”).

2. – L’appellante critica le conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado tanto con riferimento all’assenza del vizio di difetto d’istruttoria e di carenza di motivazione del diniego della dipendenza da causa di servizio della patologia in questione (primo motivo d’appello, dove s’insiste sul ruolo di concausa efficiente e determinante della patologia depressiva che avrebbero avuto gli eventi descritti nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, poc’anzi accennati), che con riferimento al superamento del termine di 150 giorni per la definizione dell’istanza di transito nei ruoli civili (secondo motivo d’appello, dove si invoca l’applicazione sia del principio dispositivo con metodo acquisitivo, sostenendo di aver fornito un principio di prova e di non aver avuto riscontro a un’istanza di accesso inviata con raccomandata del 30 agosto 2021, sia del principio di non contestazione ex artt. 115 c.p.c. e 64, comma 2, c.p.a.).

3. – L’appello è infondato.

4. – Costituisce principio giurisprudenziale condiviso e consolidato quello per cui «una normale attività di servizio non può essere considerata concausa dell’insorgere di un’infermità a carico del dipendente, in assenza di comprovate situazioni di particolarità ed eccezionalità, tali da far presumere che, sull’insorgenza o aggravamento dell’infermità, si siano casualmente innestati, individuati, qualificati e rilevanti elementi riconducibili al servizio; perciò, nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa» (ex ceteris, Cons. Stato, sez. II, 19 gennaio 2022, n. 341; da ultimo, cfr. C.d.S., sez. II, 16 marzo 2023, n. 2750; sez. I, 16 marzo 2023, n. 471; sez. III, 13 aprile 2023, n. 3735).

5. – Le vicissitudini nelle quali l’appellante individua la scaturigine di uno stato di forte tensione e stress che avrebbe quanto meno contribuito all’insorgenza della sua condizione patologica non sono ascrivibili a fatti ed eventi riconducibili al servizio.

Il suo coinvolgimento nel procedimento penale, cui si ricollegano anche la sanzione disciplinare e il trasferimento per incompatibilità, è dovuto a una vicenda che lo ha interessato come privato cittadino per una condotta che egli avrebbe tenuto libero dal servizio (come documentato nel giudizio di primo grado, gli era stato contestato di aver rivolto, in presenza di alcuni passanti, frasi offensive dell’onore e del decoro di un cittadino extracomunitario col quale una sua conoscente aveva poco prima avuto un incidente automobilistico; la sentenza di non doversi procedere è basata sul fatto che dalla querela non emergeva con sufficiente chiarezza la volontà del querelante che fosse punito anche lui, oltre alla sua conoscente).

Non trattandosi di episodio legato ad attività di servizio, non può censurarsi che non sia venuto nell’espressa considerazione, né appaia menzionato nella motivazione del parere del Comitato di verifica, incentrato sull’assenza nelle prestazioni lavorative rese dall’odierno appellante di fattori muniti di efficacia causale o concausale rispetto alla sua patologia depressiva.

6. – Il primo motivo di appello dev’essere, di conseguenza, respinto.

7. – Infondato è anche il secondo motivo di appello, per le ragioni seguenti.

Sul principio di non contestazione la legge non fonda una prova legale, poiché “i fatti non contestati non sono assunti come veri, ma il giudice dovrà valutarli nel contesto del complessivo materiale probatorio” (cfr. C.G.A.R.S. in s.g., 19 marzo 2021, n. 218).

Nella specie, come correttamente rilevato dal primo giudice, non solo il complessivo materiale probatorio risulta assolutamente carente, ma difetta finanche l’allegazione di date o riferimenti cronologici comunque puntuali sulla presentazione dell’istanza di transito, oltre che sul perfezionamento del transito stesso.

L’affermazione dell’atto di appello che un principio di prova della violazione sarebbe stato “certamente” fornito e rilevabile, quantomeno aliunde, dalla documentazione prodotta in atti è generica e non circostanziata.

L’istanza di accesso agli atti del 30 agosto 2021, che non avrebbe avuto riscontro, è addirittura posteriore alla data di pubblicazione della sentenza appellata.

L’attivazione dei poteri istruttori officiosi del giudice non può essere strumento per supplire all’inosservanza dell’onus probandi che incombe sulla parte.

8. – In conclusione, l’appello dev’essere respinto.

9. – Le spese del grado del giudizio possono essere compensate, in considerazione della natura delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Oberdan Forlenza, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Antonella Manzione, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere, Estensore

Carmelina Addesso, Consigliere

 

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Francesco Guarracino Oberdan Forlenza

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO




In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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