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domenica 5 novembre 2023

Tar 2023-“Con il presente ricorso, notificato e depositato nei termini e forme di rito, il ricorrente, titolare di immobile ad uso residenziale pervenutogli a seguito di successione mortis causa, è insorto avverso l'ordinanza indicata in epigrafe, emessa in data 19 gennaio 2012 e notificata il successivo 23 gennaio, con la quale il Comune di OMISSIS, facendo seguito ad un accertamento di violazione edilizia effettuato dalla Polizia Locale con prot. n. (...) del 13 gennaio 2012, ingiungeva al medesimo la dOMISSISemolizione di opere realizzate in assenza di permesso di costruire, consistenti in "aumento della superficie lorda residenziale al piano terra di circa mq 60,00, pari a circa mc. 198,00. Detta superficie scaturisce dalla chiusura della veranda al piano terra con infissi in pvc e vetro, nella realizzazione di ampiamenti lungo la parete laterale e posteriore dell'edificio"”

 





T.A.R. Lazio Roma II Stralcio, Sent., (ud. 20/10/2023) 31-10-2023, n. 16170 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio 

(Sezione Seconda Stralcio) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 2427 del 2012, proposto da F.M.C., rappresentato e difeso dall'avvocato  

contro 

Comune di OMISSIS, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato  

per l'annullamento 

ordinanza di demolizione di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi n. 06 AE 12 del 19 gennaio 2012 

Visti il ricorso e i relativi allegati; 

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di OMISSIS; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.; 

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 20 ottobre 2023 la dott.ssa Francesca Santoro Cayro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 

1. Con il presente ricorso, notificato e depositato nei termini e forme di rito, il ricorrente, titolare di immobile ad uso residenziale pervenutogli a seguito di successione mortis causa, è insorto avverso l'ordinanza indicata in epigrafe, emessa in data 19 gennaio 2012 e notificata il successivo 23 gennaio, con la quale il Comune di OMISSIS, facendo seguito ad un accertamento di violazione edilizia effettuato dalla Polizia Locale con prot. n. (...) del 13 gennaio 2012, ingiungeva al medesimo la demolizione di opere realizzate in assenza di permesso di costruire, consistenti in "aumento della superficie lorda residenziale al piano terra di circa mq 60,00, pari a circa mc. 198,00. Detta superficie scaturisce dalla chiusura della veranda al piano terra con infissi in pvc e vetro, nella realizzazione di ampiamenti lungo la parete laterale e posteriore dell'edificio". 

2. Il Comune di OMISSIS si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del gravame. 

3. All'udienza di smaltimento dell'arretrato del 20 ottobre 2023 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione. 

4. L'impugnativa non è meritevole di accoglimento. 

5. In via di fatto il ricorrente deduce che l'immobile, regolarmente assentito con licenza edilizia rilasciata nel 1973, con successivo ampliamento autorizzato nel 1985, è stato edificato nella vigenza del previgente P.R.G., risalente al 1974 e poi sostituito nel 2005, e sin dalla sua realizzazione presentava una veranda chiusa, di cui era stata effettuata unicamente la sostituzione dei vecchi infissi in legno (oramai usurati dal "salmastro marino") con moderni infissi in alluminio anodizzato, intervento per il quale aveva richiesto il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001, al fine di cautelarsi "da continui esposti da parte dello zio, limitrofo confinante": segnatamente, l'istanza era stata presentata in data 23 novembre 2010 per il rilascio in sanatoria di un titolo "in deroga agli strumenti urbanistici", avente ad oggetto la regolarizzazione di un maggior volume di mc 197,50, e (come si legge in ricorso) la medesima sarebbe stata asseritamente integrata in data 20 gennaio 2012 su "richiesta da parte del Comune di OMISSIS". 

Tanto precisato, la parte lamenta che l'amministrazione comunale non si sarebbe mai pronunciata sulla predetta domanda, avendo omesso di avviare il relativo procedimento. 

L'amministrazione civica ha, viceversa, rappresentato che sull'istanza di sanatoria si era formato il silenzio-rigetto giusta il disposto del comma 3 dell'art. 36 del Testo unico dell'edilizia, con deduzione non specificamente smentita dal ricorrente. 

Si precisa, peraltro, che non è presente in atti alcuna richiesta di integrazione documentale da parte del Comune: quella del 20 gennaio 2012, infatti, risulta essere una "integrazione e sostituzione della richiesta del permesso di costruire in sanatoria art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001" per il rilascio di un permesso di costruire "in deroga agli strumenti urbanistici", avente ad oggetto un volume che, nella relazione tecnica asseverata, viene quantificato anch'esso in 197,50 mc. 

6. Tanto premesso, con il primo mezzo il ricorrente deduce la violazione delle proprie garanzie partecipative, sub specie di "Violazione dell'art. 10 bis L. n. 241 del 1990. Omessa comunicazione di avvio del procedimento amministrativo. Nullità procedimentale", per avere il Comune resistente adottato l'atto "ablativo" senza il preventivo coinvolgimento dell'interessato, quantunque il Testo unico dell'edilizia contempli diverse disposizioni in materia di partecipazione del privato che richiede il rilascio di un titolo abilitativo (tra cui segnatamente gli artt. 20 e 23), e senza che vi fossero ragioni di urgenza. 

Il motivo può essere esaminato congiuntamente al terzo mezzo, con cui si deducono ancora vizi procedimentali rappresentati dall'omessa comunicazione di avvio del procedimento repressivo ex art. 7 L. n. 241 del 1990 e mancata indicazione del relativo responsabile. 

Entrambe le doglianze non meritano pregio. 

Quanto al primo mezzo, sembrerebbe che il ricorrente lamenti in primis la violazione delle sue garanzie partecipative in relazione alla domanda di sanatoria, come sembrerebbe desumersi dal richiamo all'art. 10 bis L. n. 241 del 1990, che a suo dire dovrebbe trovare applicazione anche nel caso di specie: ebbene tale censura, oltre che palesare profili di irricevibilità, in quanto avrebbe dovuto semmai essere indirizzata avverso il provvedimento (tacito) di rigetto dell'istanza, in ogni caso è infondata, considerata la natura vincolata del potere esercitato nel caso di specie (cfr. recente Cons. Stato, sez. VI, 22 settembre 2023, n. 8485, secondo cui "Il procedimento per la verifica di conformità ex art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001 sfocia in un provvedimento di carattere assolutamente vincolato, il quale non necessita di altra motivazione oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell'opera abusiva alle prescrizioni urbanistico-edilizie vigenti sia all'epoca di realizzazione dell'abuso sia a quella di presentazione dell'istanza ex art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001 (...). Nel caso di specie, dunque, il rigetto dell'istanza costituiva un atto dovuto (…). Si può, conseguentemente, affermare che nel caso di specie l'instaurazione del contraddittorio con gli appellanti non avrebbe potuto condurre l'Amministrazione ad adottare una diversa determinazione, ragione per cui trova applicazione l'art. 21 octies co. 2 L. n. 241 del 1990 (…)"). 

Quanto, poi, alla violazione della garanzie partecipative in relazione al provvedimento demolitorio, si osserva che, proprio alla luce del rigetto dell'istanza di sanatoria, alla data di adozione della gravata ordinanza era incontestata la natura abusiva delle opere, così legittimando (rectius, imponendo) l'esercizio dei poteri repressivi spettanti all'amministrazione comunale, atteso che la repressione degli abusi edilizi rappresenta un'attività doverosa e rigidamente vincolata, che sterilizza la rilevanza di eventuali apporti del privato in chiave partecipativa. 

Si richiama sul punto il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui "siccome l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, non risultano rilevanti le eventuali violazioni procedimentali che avrebbero precluso un effettiva partecipazione degli interessati al procedimento, dovendosi ribadire che l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività vincolata della pubblica amministrazione, con la conseguenza che, ai fini dell'adozione dell'ordinanza di demolizione, non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, non potendosi in ogni caso pervenire all'annullamento dell'atto alla stregua dell'art. 21-octies della L. n. 241 del 1990" (cfr. ex multis recente TA.R. Lazio, sez. II bis, 19 ottobre 2023, n. 15478). 

Sul secondo motivo, sia sufficiente osservare, in linea generale e sulla scorta di una giurisprudenza anch'essa assolutamente granitica, che l'omessa indicazione nell'atto del responsabile del procedimento non costituisce motivo di illegittimità del provvedimento, posto che supplisce il criterio legale di imputazione del ruolo al dirigente preposto all'unità organizzativa competente. 

7. Quanto sopra argomentato vale anche a rendere conto della infondatezza della censura dedotta con il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 36, comma 3 D.P.R. n. 380 del 2001 per omessa pronuncia sulla sua richiesta di sanatoria, in via preventiva rispetto all'adozione dell'ingiunzione demolitoria: è la stessa parte, infatti, a dare atto che l'ordinanza di demolizione è stata adottata a distanza di "oltre 1 anno e 2 mesi" dalla data in cui era stata protocollata la richiesta di sanatoria, sicchè sulla medesima si era incontestabilmente formato il silenzio-rigetto, come efficacemente dedotto dalla difesa comunale. 

Né il ricorrente può a ragione dolersi del fatto che l'istanza era stata rigettata senza che l'amministrazione avesse fornito una congrua motivazione, contestando così lo stesso meccanismo del silenzio-rigetto: sul punto si rinvia alle argomentazioni recentemente spese dalla Corte costituzionale nella pronuncia n. 42 del 16 marzo 2023, la quale ha puntualmente ricostruito la ratio sottesa alla disposizione in commento, ravvisandola "in plurimi elementi" (quali la necessità della difesa del corretto assetto del territorio dagli abusi edilizi, la cui repressione costituisce attività doverosa per l'amministrazione, l'esigenza di un coordinamento con la disposizione dell'art. 45 t.u. edilizia relativa alla persecuzione penale degli abusi edilizi, che prevede una sospensione del procedimento penale sino alla decisione amministrativa sull'istanza di titolo in sanatoria, la quale pertanto richiede un contenimento temporale, non potendo il processo penale arrestarsi sine die, nonché ancora l'interesse dello stesso privato, cui è in tal modo consentita una sollecita tutela giurisdizionale). 

8. Con il quarto mezzo il ricorrente deduce vizi di tipo "sostanziale", argomentando che gli interventi (qualificati quali "mera sostituzione di finestra") sarebbero inquadrabili nella categoria urbanistica del risanamento conservativo di cui all'art. 3, lett. c) del Testo unico dell'edilizia, e dunque non necessiterebbero di un permesso di costruire. 

La deduzione non merita pregio. 

In disparte la circostanza che il ricorrente aveva chiesto, in via postuma, il rilascio del permesso di costruire proprio per l'intervento di "parziale chiusura della veranda", manifestando così la consapevolezza che occorresse un titolo abilitativo di quel tipo, in ogni caso non è stato efficacemente dimostrato che la suddetta veranda fosse stata prevista dalla concessione edilizia rilasciata per l'immobile: è stata dunque realizzata ex novo una chiusura del locale tale da comportare un incremento di superficie lorda residenziale, come accertato dal Corpo di Polizia locale in sede di sopralluogo (e comprovato dalla documentazione fotografica in atti), e dunque un'opera edilizia che necessitava di un permesso di costruire cfr. recente Cons. Stato, Sez. VI, 23 ottobre 2023, n. 9140, che in relazione ad un intervento simile, di "chiusura perimetrale, con infissi in pvc, della terrazza coperta", precisa che "si è al cospetto di un nuovo volume, che necessitava di apposita autorizzazione, dal momento che concretizza un intervento di trasformazione dell'organismo edilizio che, anziché migliorare la fruizione temporanea di uno spazio che rimane esterno rispetto all'unità a cui accede, dà vita ad una variazione planovolumetrica ed architettonica dell'immobile nel quale viene eseguito (Consiglio di Stato n. 7024/2022)"; cfr. anche Cds. 1092/2020: "la realizzazione di una veranda con chiusura di un balcone, comportando nuovi volumi e modifica della sagoma dell'edificio, è soggetta a permesso di costruire". 

9. Con l'ultimo motivo il ricorrente lamenta vizi di eccesso di potere per avere il Comune ritenuto applicabili le disposizioni del nuovo P.R.G., che classifica la zona come "B1 - satura di cubatura", con distacco dal confine di 5 ml, così imponendo di spostare parte della vetratura posta al piano terra in modo tale da portare la volumetria coperta a distanza legale. 

Tale censura, oltre che profilare profili di irricevibilità, in quanto tardivamente diretta avverso il rigetto per silentium della richiesta di permesso in sanatoria, formatosi (come detto) decorsi 60 giorni dalla sua presentazione, in ogni caso è manifestamente infondata. 

L'accoglimento di una richiesta ex art. 36 Testo unico dell'edilizia presuppone che sia rispettato il requisito essenziale della doppia conformità, dovendo l'intervento risultare conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda: ciò è in linea con la ratio dell'istituto, il quale (diversamente dal condono) consente in via generale la regolarizzazione postuma di abusi difettosi nella forma, ma non nella sostanza, in quanto privi di danno urbanistico. 

Nel caso di specie, è lo stesso ricorrente a qualificare la sua domanda come richiesta di permesso "in deroga agli strumenti urbanistici", e dunque in contrasto con essi, limitandosi a rappresentare, nella relazione tecnica asseverata, che le opere sarebbero state eseguite in data antecedente all'entrata in vigore del vigente P.R.G.: ne consegue che non vi erano spazi per un accoglimento dell'istanza, la quale peraltro è stata comunque rigettata dal Comune con un provvedimento espresso, adottato (nel permanere della facoltà di provvedere espressamente sull'istanza: sul punto cfr. ex multis Cons. Stato, sez. II, 6 maggio 2021, n. 6545) con nota prot. n. (...) del 28 marzo 2012 (versata in atti dalla difesa dell'Ente e non gravata con motivi aggiunti), che dà atto per l'appunto del contrasto "con le N.T.A. della zona B1 saturo". 

10. In conclusione, il ricorso va rigettato. 

11. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. 

P.Q.M. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. 

Condanna il ricorrente alla rifusione in favore del Comune di OMISSIS delle spese di lite, che liquida in euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00), oltre rimborso forfetario spese generali, Iva e c.p.a. come per legge. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2023 con l'intervento dei magistrati: 

Elena Stanizzi, Presidente 

Filippo Maria Tropiano, Consigliere 

Francesca Santoro Cayro, Referendario, Estensore 


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