Rifondazione: deportare migranti in Albania equivale ad uccidere il diritto d’asilo, Intervenga la Corte di Giustizia
Giorgia
Meloni prepara la sua Guantanamo. Rifondazione Comunista condanna
questa scelta criminale e liberticida. Il protocollo d’intesa siglato
ieri a Roma fra il primo ministro Meloni e il suo equivalente albanese,
senza neanche passare dal parlamento, servirà ad esternalizzare il
diritto d’asilo. L’obiettivo è quello di trasferire migliaia di persone
soccorse in mare in uno Stato non UE per poter evitare gli già scarsi
vincoli posti dall’Unione in materia di diritti. Non è chiaro se in quei
lembi di terra varrà infatti la legislazione italiana, quella UE o se
le persone rinchiuse saranno in un limbo extragiudiziale, una sorta di
Guantanamo magari più soft, da cui non si capisce se, come e quando
potranno uscire. Da quanto emerso finora l’Italia realizzerà in Albania 2
centri in cui saranno esaminate le richieste d’asilo, in cui si
potranno trattenere e rimpatriare le persone, ignorando tanto le
convenzioni internazionali quanto lo stesso diritto comunitario non
certo garantista. L’obiettivo, da realizzarsi in primavera, quindi non
casualmente per condurre l’ennesima campagna elettorale usando i
migranti, è quello di detenere 3000 persone al mese. A poco serve anche
dichiarare che tale decisione ha scopo dissuasivo, presuppone infatti
una spesa stabile per tenere lontane le persone non gradite. Se alla
fine degli anni Novanta, sotto il governo Prodi, l’Albania fu il primo
esperimento di blocco navale per fermare chi fuggiva, oggi si prepara a
diventare, magari in cambio di un sostegno per l’ingresso in UE, lo
Stato disponibile a fare quello che non fanno i partner europei, ovvero
prenderne in carico una quota rilevante per poi smaltirli come si fa con
i rifiuti. Si tratta di una scelta incostituzionale, disumana, persino
costosa e inadeguata ad affrontare la condizione complessa di chi oggi
si imbarca nel Mediterraneo. Ma in un Paese dove l’opposizione è capace
di criticare la forma ma non la sostanza delle scelte governative questo
salto di qualità rappresenta un obbrobrio sotto ogni punto di vista
contro la cui realizzazione bisogna opporsi tanto col diritto che con la
mobilitazione. Corrisponde all’idea insita in questo governo di uno
Stato in guerra e in emergenza contro le persone a cui è urgente
rispondere “non in nostro nome”. Le deportazioni sono ennesimo atto di
violenza coloniale, segno di regressione nazionalista e xenofoba del
Paese, risposta militarizzante ad una questione sociale. Bisogna
impedire l’apertura dei centri in Albania e crediamo indispensabile
l’intervento della Corte di Giustizia europea. Invece di aprire nuovi
centri extra-UE vanno chiusi anche quelli per il rimpatrio presenti in
territorio italiano.Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Stefano
Galieni, responsabile nazionale immigrazione, Partito della Rifondazione
Comunista – Sinistra Europea, Coordinamento di Unione Popolare
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