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martedì 7 novembre 2023

Rifondazione: deportare migranti in Albania equivale ad uccidere il diritto d’asilo, Intervenga la Corte di Giustizia

 Rifondazione: deportare migranti in Albania equivale ad uccidere il diritto d’asilo, Intervenga la Corte di Giustizia


Giorgia Meloni prepara la sua Guantanamo. Rifondazione Comunista condanna questa scelta criminale e liberticida. Il protocollo d’intesa siglato ieri a Roma fra il primo ministro Meloni e il suo equivalente albanese, senza neanche passare dal parlamento, servirà ad esternalizzare il diritto d’asilo. L’obiettivo è quello di trasferire migliaia di persone soccorse in mare in uno Stato non UE per poter evitare gli già scarsi vincoli posti dall’Unione in materia di diritti. Non è chiaro se in quei lembi di terra varrà infatti la legislazione italiana, quella UE o se le persone rinchiuse saranno in un limbo extragiudiziale, una sorta di Guantanamo magari più soft, da cui non si capisce se, come e quando potranno uscire. Da quanto emerso finora l’Italia realizzerà in Albania 2 centri in cui saranno esaminate le richieste d’asilo, in cui si potranno trattenere e rimpatriare le persone, ignorando tanto le convenzioni internazionali quanto lo stesso diritto comunitario non certo garantista. L’obiettivo, da realizzarsi in primavera, quindi non casualmente per condurre l’ennesima campagna elettorale usando i migranti, è quello di detenere 3000 persone al mese. A poco serve anche dichiarare che tale decisione ha scopo dissuasivo, presuppone infatti una spesa stabile per tenere lontane le persone non gradite. Se alla fine degli anni Novanta, sotto il governo Prodi, l’Albania fu il primo esperimento di blocco navale per fermare chi fuggiva, oggi si prepara a diventare, magari in cambio di un sostegno per l’ingresso in UE, lo Stato disponibile a fare quello che non fanno i partner europei, ovvero prenderne in carico una quota rilevante per poi smaltirli come si fa con i rifiuti. Si tratta di una scelta incostituzionale, disumana, persino costosa e inadeguata ad affrontare la condizione complessa di chi oggi si imbarca nel Mediterraneo. Ma in un Paese dove l’opposizione è capace di criticare la forma ma non la sostanza delle scelte governative questo salto di qualità rappresenta un obbrobrio sotto ogni punto di vista contro la cui realizzazione bisogna opporsi tanto col diritto che con la mobilitazione. Corrisponde all’idea insita in questo governo di uno Stato in guerra e in emergenza contro le persone a cui è urgente rispondere “non in nostro nome”. Le deportazioni sono ennesimo atto di violenza coloniale, segno di regressione nazionalista e xenofoba del Paese, risposta militarizzante ad una questione sociale. Bisogna impedire l’apertura dei centri in Albania e crediamo indispensabile l’intervento della Corte di Giustizia europea. Invece di aprire nuovi centri extra-UE vanno chiusi anche quelli per il rimpatrio presenti in territorio italiano.Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Stefano Galieni, responsabile nazionale immigrazione, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, Coordinamento di Unione Popolare

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