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venerdì 8 dicembre 2023

Consiglio di Stato 2023-"Ciò posto, nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccendenti le ordinarie condizioni di lavoro, particolarmente ed eccezionalmente gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione delle circostanze e condizioni non eccezionali, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (cfr., ex aliis, Cons. St., sez. II, 19 gennaio 2022, n. 341, 14 marzo 2022, n. 1791, 14 aprile 2022, n. 2825 e 8 maggio 2019, n. 2975; Cons. St., sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2613), il che assume maggiore frequenza fisiologica in relazione alle mansioni dei militari e delle forze di polizia in generale, dove le condizioni di criticità psicofisica (tra cui il lavoro notturno, gli straordinari e le intemperie climatiche su cui ha insistito l'appellante) sono connaturate al peculiare lavoro svolto, sicché, laddove non assurgano a livelli di eccezionale intensità e gravità, non possono reputarsi giuridicamente concause efficienti rilevanti ai fini del riconoscimento della causa di servizio e dei benefici economici connessi. "

 



Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 28/02/2023) 30-08-2023, n. 8073


REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato


in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 70 del 2021, proposto dal signor -OMISSIS-rappresentato e difeso dall'avvocato  

contro


il Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, il Comando generale dell'Arma dei carabinieri, in persona del Comando generale pro tempore, e il Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;


per la riforma


della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sezione prima, n. -OMISSIS- resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;


visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa, del Comando generale dell'Arma dei carabinieri e del Ministero dell'economia e delle finanze;


visti tutti gli atti della causa;


relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2023 il consigliere Francesco Frigida;


udito per le amministrazioni appellate l'avvocato dello Stato Emma Damiani e viste le conclusioni scritte dell'avvocato Mauro Lo Presti per l'appellante;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione


1. Il signor -OMISSIS-maresciallo capo dell'Arma dei carabinieri, ha proposto ricorso (n.-OMISSIS-) dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Salerno, per l'annullamento del decreto n. -OMISSIS-, notificatogli in data 9 maggio 2015, con cui il Ministero della difesa, direzione generale della previdenza militare e della leva, conformandosial parere n. 203/2014 del Comitato di verifica per le cause di servizio, dopo aver riconosciuto la dipendenza da causa di servizio di una pregressa frattura di durata del -OMISSIS-ha respinto la sua istanza di riconoscimento di equo indennizzo in relazione alla sofferta patologia di "-OMISSIS- -OMISSIS-", non riconoscendola dipendente da causa di servizio, nonché per il parziale annullamento, all'occorrenza, del predetto parere del Comitato di verifica; l'interessato ha altresì chiesto il riconoscimento della citata infermità come dipendente da causa di servizio, accertata dalla commissione medica ospedaliera di Caserta con verbale ML/AB n. 2262 del 24 giugno 2013, con ascrizione della menomazione alla tabella "B" del D.P.R. n. 834 del 1981 e il relativo diritto alla concessione dell'equo indennizzo.


1.1. Il Ministero della difesa si è costituito nel giudizio di primo grado, chiedendo il rigetto del ricorso.


2. Con la sentenza in epigrafe l'adìto T.a.r. ha respinto il ricorso e ha compensato tra le parti le spese di lite.


In particolare il giudice di primo grado ha motivato la propria statuizione come segue: "l'art. 14, comma 1, del D.P.R. n. 461 del 2001 ("Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie") al riguardo prevede che "l'Amministrazione si pronuncia sul solo riconoscimento di infermità o lesione dipendente da causa di servizio, su conforme parere del Comitato" e se "per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere, ha l'obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato, che rende il parere entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta; l'Amministrazione adotta il provvedimento nei successivi dieci giorni motivandolo conformemente al parere del Comitato". Orbene, il Collegio condivide al riguardo quel consolidato orientamento giurisprudenziale che, in virtù di tale norma, afferma come l'amministrazione, nel caso in cui, nel pronunciarsi sulla dipendenza da causa di servizio, intenda uniformarsi al parere del Comitato, possa limitarsi a rinviare per la motivazione a tale parere, imponendosi esso "nel suo contenuto tecnico discrezionale, all'Amministrazione, la quale, nell'adottare il provvedimento finale, deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca sulla completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico, essendo invece tenuta ad esprimere una specifica motivazione solamente nei casi in cui, in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dal Comitato, ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazione delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere anzidetto" (ex plurimis, T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 23 marzo 2015, n. 635; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 9 febbraio 2012, n. 683; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 8 aprile 2011, n. 2000). Il Collegio non ravvisa, infatti, nel caso di specie, alcuna evidente violazione delle regole procedimentali da parte del Comitato, né alcuna contraddittorietà od omissione nel parere reso, ritenendo, al contrario, che esso sia sufficientemente motivato, avendo l'organo tecnico nello specifico escluso che l'attività lavorativa in concreto svolta abbia potuto in qualche modo incidere sulla genesi della patologia, affermando in relazione alla "-OMISSIS-", come si "tratt(i) di forma morbosa derivante, nella maggior parte dei casi, da una patogenesi artrogena associata ad usura dei dischi cartilaginei intervertebrali, sull'insorgenza e decorso della quale, gli invocati eventi di servizio non si appalesano tali da assurgere a fattori causali o concausali efficienti e determinanti". Né le argomentazioni ivi addotte dal Comitato possono ritenersi contraddittorie rispetto alla documentazione allegata, non emergendo in essa elementi significativi che possano far propendere per un giudizio di dipendenza da causa di servizio delle patologie lamentate o che siano idonei a provare le circostanze solo approssimativamente indicate in ricorso. Gli argomenti enunciati dal ricorrente a sostegno della propria pretesa - desumibili dalla generica descrizione dell'attività di servizio svolta dalla parte istante durante la pregressa carriera - non sono, infatti, idonei a sovvertire la valutazione tecnico discrezionale del citato Comitato, in ragione della mancanza di elementi oggettivi che possano dimostrare l'evidente travisamento dei fatti da parte dell'organo consultivo, osservando il Collegio come il ricorrente, nel descrivere le modalità dell'attività prestata, si sia genericamente riferito alle mansioni svolte senza allegare né provare specifiche circostanze di servizio particolarmente gravose, eccezionali ed esorbitanti rispetto a quelle ordinarie, idonee ad incidere, anche solo sul piano concausale, in maniera determinante sul manifestarsi dell'infermità in questione. È, infatti, principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possano farsi rientrare soltanto fatti ed eventi, eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, particolarmente gravosi per intensità e durata, che devono essere necessariamente documentati, con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (in tal senso, ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 1 luglio 2015, n. 8802 e 4 marzo 2015, n. 3738; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 22 novembre 2011, n. 2024; Consiglio di Stato, sez. III, 12 novembre 2011, n. 5996). Poiché alcun fatto o evento eccedente le ordinarie condizioni di lavoro è dato rinvenire nell'attività prestata dal ricorrente, gli atti impugnati non possono, dunque, dirsi contraddittori o carenti sotto il profilo istruttorio e motivazionale, con la conseguenza che le censure prospettate in ricorso sono del tutto infondate".


3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato - rispettivamente in data 23 dicembre 2020 e in data 5 gennaio 2021 - il signor-OMISSIS-ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando due motivi e chiedendo in via istruttoria la disposizione di una consulenza medico-legale.


4. Il Ministero della difesa, il Comando generale dell'Arma dei carabinieri e il Ministero dell'economia e delle finanze si sono costituiti in giudizio.


5. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 28 febbraio 2023.


6. In via pregiudiziale va respinta la richiesta di consulenza tecnica, essendo la causa già sufficientemente istruita e, per quanto illustrato nel successivo paragrafo 11, non necessaria alla luce dell'assenza di sindacabili vizi nell'esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'amministrazione.


7. L'appello è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni.


8. Tramite il primo motivo d'impugnazione l'appellante ha lamentato "Error in judicando et in procedendo - violazione e falsa applicazione di legge (art.3 cpa in relazione agli artt.63 e ss. cpa) - omessa pronuncia - eccesso di potere (difetto assoluto di motivazione per perplessità, contraddittorietà e incoerenza anche da carenza istruttoria)", sostenendo che "La motivazione della sentenza gravata è perplessa, contraddittoria ed incoerente", in quanto il T.a.r. rispettivamente non avrebbe considerato la documentazione in atti in cui vi sarebbero elementi oggettivi a supporto della sua istanza, non avrebbe reputato particolarmente gravosa l'attività del maresciallo capo, pur avendo cognizione delle modalità di svolgimento del servizio, e non avrebbe preso in considerazione l'istanza istruttoria.


9. Mediante la seconda doglianza l'interessato, riproponendo le censure svolte in primo grado, ha dedotto "Error in judicando et in procedendo - violazione e falsa applicazione di legge (art.3 L. n. 241 del 1990 in relazione al D.P.R. n. 461 del 2001) - violazione del giusto procedimento - eccesso di potere (difetto del presupposto, di istruttoria e di motivazione - travisamento - contraddittorietà - erroneità - perplessità - sviamento)", contestando l'azione amministrativa sotto i profili richiamati per non aver, in sintesi, valutato correttamente la documentazione da lui fornita, recante un'analitica descrizione dei fatti di servizio e una dettagliata relazione peritale di parte.


10. I due motivi, di cui uno diretto a censurare la statuizione del T.a.r. e l'altro le valutazioni dell'amministrazione, riproponendo i motivi del ricorso originario, vanno vagliati congiuntamente, stante la loro stretta connessione logica e fattuale.


11. Essi sono infondati.


In proposito è opportuno premettere che a decorrere dal 22 gennaio 2002 (e, quindi, con disciplina applicabile al caso di specie nel quale le domande di riconoscimento sono state presentate nel 2012 e nel 2013), in attuazione del D.P.R. n. 461 del 2001, sono state stabilite nuove norme per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione dell'allora Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, denominato, con la stessa decorrenza, Comitato di verifica per le cause di servizio.


Specificamente, da tale data il verbale reso dalle commissioni mediche ospedaliere non contiene più il giudizio sul riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio che, invece, è attribuito unicamente al Comitato di verifica per le cause di servizio ex art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 461 del 2001. Inoltre ai sensi dell'art. 14 del medesimo decreto è escluso che l'amministrazione possa discostarsi dal parere del predetto Comitato di verifica, rendendone, per tal via, il giudizio non solo obbligatorio, ma anche vincolante. Sul punto va peraltro sottolineato che la motivazione per relationem è del tutto legittima (cfr. Cons. Stato, sez. II, parere 25 gennaio 2017, n. 191), in quanto espressamente prevista, in via generale, dall'art. 3, comma 3, della L. n. 241 del 1990 (ove si prevede che "se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l'atto cui essa si richiama") e che nella fattispecie in esame il modus operandi dall'amministrazione è stato conforme a tale disposizione.


Va altresì evidenziato che il Comitato di verifica esprime un giudizio conclusivo, che rappresenta il momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi dalla commissione medico ospedaliera, a cui esclusivamente è demandato il compito di visitare il paziente. Non è, dunque, il Comitato di verifica a dover sottoporre a visita il dipendente, dovendo tale organo esprimere un parere di carattere più complesso, non limitato soltanto agli aspetti medico-legali, che assorbe i diversi pareri resi dagli organi intervenuti nel procedimento (cfr. Cons. St., sez. II, sent. 22 novembre 2021, n. 7811). Si tratta, invero, di un organo che ha una composizione complessa (essendo costituito non solo da medici, ma anche da soggetti con professionalità amministrative e giuridiche), il quale "accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l'infermità o lesione" (art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 461 del 2001).


Il parere del Comitato di verifica, come espressamente sancito dal D.P.R. n. 461 del 2001, oltre ad essere obbligatorio, è vincolante per l'amministrazione procedente, cosicché questa non è tra l'altro tenuta alla comunicazione del preavviso di rigetto di cui all'art. 10-bis della L. n. 241 del 1990, siccome l'eventuale partecipazione procedimentale dell'interessato non produrrebbe effetti sul contenuto dispositivo del provvedimento impugnato (cfr. Cons. di St., sez. II, pareri 2 maggio 2017, n. 1005 e 12 agosto 2013, n. 812).


Tanto delineato, non vi è motivo di discostarsi dal costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui al giudice amministrativo compete esclusivamente la verifica della manifesta illogicità e irrazionalità del giudizio reso dal Comitato di verifica per le cause di servizio, unico organo tecnico a cui il sistema normativo affida il compito di accertare la dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti, mediante valutazioni assunte sulla base delle cognizioni della scienza medica.


Al riguardo è stato precisato che gli accertamenti sulla dipendenza di una patologia da causa di servizio rientrano nella discrezionalità tecnica del Comitato di verifica, la cui valutazione conclusiva sul nesso eziologico tra l'attività lavorativa svolta e l'infermità sofferta dal pubblico dipendente, basato su cognizioni di scienza medico-specialistica e medico-legale, non è sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, salvo che non emergano vizi del procedimento o vizi di manifesta irragionevolezza della motivazione per l'inattendibilità metodologica delle conclusioni, ovvero per il travisamento dei fatti, o, ancora, per la mancata considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione finale (cfr., ex aliis, Cons. St., sez. IV, 28 giugno 2021, n. 4909; Cons. St., sez. II, 28 maggio 2021, n. 4136, e 21 aprile 2021, n. 3222).


Si tratta di un limite che consente al giudice amministrativo una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, ovverosia sulla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, mentre l'accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, che sostanzia il giudizio sulla sussistenza della dipendenza dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato all'organo tecnico (cfr., ex aliis, Cons. St., sez. II, 22 luglio 2022, n. 6456 e 28 maggio 2021, n. 4136).


Il giudice amministrativo, pertanto, in mancanza di un macroscopico travisamento fattuale e di una motivazione palesemente irragionevole, non può sostituire le proprie valutazioni a quelle effettuate dalle competenti autorità, in sede amministrativa (cfr., ex aliis, Cons. St., sez. II, 4 ottobre 2022, n. 8474 e 8 agosto 2022, n. 6977), neanche in caso di difformi conclusioni raggiunte da un verificatore incaricato in sede processuale.


In sostanza, per superare il giudizio espresso dall'organo tecnico dell'amministrazione non è sufficiente che esso sia meramente non condivisibile, dovendosi, invece, dimostrare la palese inattendibilità o l'evidente insostenibilità della valutazione tecnica.


Orbene, le suddette macroscopiche incongruenze non si riscontrano nel caso di specie, giacché il Comitato ha svolto nel modo più esauriente possibile la sua indagine istruttoria, esaminando tutti gli atti a disposizione ed è giunto in tal modo ad un'adeguata dimostrazione del fatto che i disagi subiti dall'interessato durante lo svolgimento del servizio non sono configurabili quali fattori concausali, efficienti e determinanti nell'insorgenza e nel decorso della patita infermità, dandone congrua motivazione tecnica di tipo medico-legale. Inoltre il parere del Comitato non evidenzia profili di contraddittorietà e/o illogicità, né si rivela emesso in base a un travisamento, poiché risultano esaminati i profili relativi all'accertamento del nesso causale tra patologia lamentata e l'attività di servizio svolta dall'interessato.


L'organo consultivo, dunque, per quanto riportato nel parere (e a fronte delle risultanze dal medesimo acquisite), ha valutato, seppur sinteticamente, in modo chiaro ed esaustivo, il servizio prestato dal dipendente, reputandolo alla stregua di nozioni scientifiche e sulla base di dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale, in maniera non illogica né irragionevole, insufficiente a giustificare la sussistenza di un nesso di causalità o di concausalità tra esso e l'infermità dal medesimo sofferta.


I disagi subiti dal sottufficiale durante lo svolgimento del servizio, descritti negli atti trasmessi all'organo consultivo dall'amministrazione di appartenenza in sede di richiesta di parere, sono stati valutati dal comitato e non riconosciuti apprezzabili ai fini del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, in quanto non configurabili quali fattori concausali efficienti e determinanti nell'insorgenza e decorso dell'infermità. In particolare il comitato di verifica ha precisato che la ""-OMISSIS-" non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, trattandosi di forma morbosa derivante, nella maggior parte dei casi, da una patogenesi artrogena associata ad usura dei dischi cartilaginei intervertebrali, sull'insorgenza e decorso della quale, gli invocati eventi di servizio non si appalesano tali da assurgere a fattori causali o concausali efficienti e determinanti. Quanto sopra dopo aver esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti".


Ad ogni modo, la valutazione dell'organo tecnico risulta anche intrinsecamente congrua. Il consolidato orientamento giurisprudenziale invero afferma che "una normale attività di servizio non può essere considerata concausa dell'insorgere di un'infermità a carico del dipendente, in assenza di comprovate situazioni di particolarità ed eccezionalità, tali da far presumere che, sull'insorgenza o aggravamento dell'infermità, si siano casualmente innestati, individuati, qualificati e rilevanti elementi riconducibili al servizio; perciò, nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa" (cfr. Cons. St., sez. II, sent. 19 gennaio 2022, n. 3419; Cons. St., sez. III, 25 agosto 2022, n. 7454).


Peraltro, ai fini del riconoscimento della causa di servizio, è necessario che l'attività lavorativa possa con certezza ritenersi concausa efficiente e determinante della patologia lamentata, non potendo farsi ricorso a presunzioni di sorta e non trovando applicazione, diversamente dalla materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, la regola contenuta nell'art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni. Il principio della causalità adeguata richiede sempre la riconoscibilità dell'esistenza di fattori riconducibili al servizio che rivestano un ruolo di adeguata efficiente incidenza nell'insorgenza e nello sviluppo del processo morboso, mentre devono ritenersi totalmente escluse tutte le altre condizioni che un tale grado di concausale ingerenza non presentino, le quali - sebbene parimenti verificatesi in servizio - restano tuttavia riguardabili unicamente quali mere occasioni rivelatrici di un'infermità non avente alcun nesso di causalità o concausalità con le condizioni di servizio (cfr. Cons. St., sez. II, 7 ottobre 2021, n. 6684; Cons. St., sez. III, 7 marzo 2017, n. 1076; Cons. St., sez. IV, 16 marzo 2012, n. 1510). Né è sufficiente la mera possibile valenza patogenetica del servizio prestato, essendo invece necessaria la puntuale verifica, connotata da certezza o da alto grado di credibilità logica e razionale, della valenza del servizio prestato quale fattore eziologicamente assorbente o, quanto meno, preponderante nella genesi della patologia (cfr. Cons. St., sez. II, 8 maggio 2019, n. 2975; Cons. St., sez. III, 1 agosto 2018, n. 4774; Cons. St., sez. IV, 4 ottobre 2017, n. 4619; Cons. St., sez. I, parere 19 febbraio 2020, n. 461).


Ciò posto, nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccendenti le ordinarie condizioni di lavoro, particolarmente ed eccezionalmente gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione delle circostanze e condizioni non eccezionali, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (cfr., ex aliis, Cons. St., sez. II, 19 gennaio 2022, n. 341, 14 marzo 2022, n. 1791, 14 aprile 2022, n. 2825 e 8 maggio 2019, n. 2975; Cons. St., sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2613), il che assume maggiore frequenza fisiologica in relazione alle mansioni dei militari e delle forze di polizia in generale, dove le condizioni di criticità psicofisica (tra cui il lavoro notturno, gli straordinari e le intemperie climatiche su cui ha insistito l'appellante) sono connaturate al peculiare lavoro svolto, sicché, laddove non assurgano a livelli di eccezionale intensità e gravità, non possono reputarsi giuridicamente concause efficienti rilevanti ai fini del riconoscimento della causa di servizio e dei benefici economici connessi.


12. In conclusione l'appello va respinto.


13. La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite del presente grado di giudizio.

P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge; compensa tra le parti le spese di lite del presente grado di giudizio.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento U.E. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, manda alla segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità dell'appellante, nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelarne lo stato di salute.


Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2023, con l'intervento dei magistrati:


Carlo Saltelli, Presidente


Francesco Frigida, Consigliere, Estensore


Antonella Manzione, Consigliere


Carmelina Addesso, Consigliere


Maria Stella Boscarino, Consigliere


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