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giovedì 30 aprile 2015

N. 50 SENTENZA 24 - 26 marzo 2015 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Disposizioni varie concernenti: l'istituzione e la disciplina delle «Citta' metropolitane»; la ridefinizione dei confini territoriali e del quadro delle competenze delle Province; il procedimento di riallocazione delle funzioni non fondamentali delle Province; la disciplina delle unioni e fusioni di Comuni; la prevista predisposizione di appositi programmi di attivita' a sostegno degli interventi di riforma. - Legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle citta' metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), art. 1, commi da 4 a 19, 21, 22, 25, 42, 48, da 54 a 58, da 60 a 65, 67, da 69 a 79, 81, 83, da 89 a 92, 95, 105, 106, 117, 124, 130, 133 e 149. - (GU n.13 del 1-4-2015 )



  N. 50 SENTENZA 24 - 26 marzo 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Disposizioni varie concernenti: l'istituzione e la  disciplina  delle
  «Citta' metropolitane»; la ridefinizione dei confini territoriali e
  del quadro delle competenze  delle  Province;  il  procedimento  di
  riallocazione delle funzioni non fondamentali  delle  Province;  la
  disciplina  delle  unioni  e  fusioni  di   Comuni;   la   prevista
  predisposizione di appositi programmi di attivita' a sostegno degli
  interventi di riforma. 
- Legge  7  aprile   2014,   n.   56   (Disposizioni   sulle   citta'
  metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni  di  comuni),
  art. 1, commi da 4 a 19, 21, 22, 25, 42, 48, da 54 a 58,  da  60  a
  65, 67, da 69 a 79, 81, 83, da 89 a 92, 95,  105,  106,  117,  124,
  130, 133 e 149. 
-   
(GU n.13 del 1-4-2015 )

  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario  Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi  da
4 a 19, 21, 22, 25, 42, 48, da 54 a 58, da 60 a 65, 67, da 69  a  79,
81, 83, da 89 a 92, 95, 105, 106, 117, 124,  130,  133  e  149  della
legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle citta'  metropolitane,
sulle province, sulle unioni e fusioni  di  comuni),  promosso  dalle
Regioni Lombardia, Veneto, Campania e Puglia con  ricorsi  notificati
il 4-10, il 4, il 6 (spedito per la notifica) e il 6-12 giugno  2014,
depositati in cancelleria il 6, il 13 e il 16 giugno 2014 ed iscritti
ai nn. 39, 42, 43 e 44 del registro ricorsi 2014. 
    Visti gli atti di costituzione, di cui  uno  fuori  termine,  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  24  febbraio  2015  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi gli  avvocati  Francesco  Saverio  Marini  per  la  Regione
Lombardia, Luca  Antonini  e  Luigi  Manzi  per  la  Regione  Veneto,
Beniamino Caravita di  Toritto  per  la  Regione  Campania,  Marcello
Cecchetti per la Regione  Puglia  e  gli  avvocati  dello  Stato  Pio
Marrone e Massimo Massella Ducci Teri per il Presidente del Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Le Regioni  Lombardia,  Veneto,  Campania  e  Puglia,  con  i
ricorsi in epigrafe, hanno proposto varie questioni  di  legittimita'
costituzionale della legge 7 aprile 2014, n. 56  (Disposizioni  sulle
citta' metropolitane, sulle  province,  sulle  unioni  e  fusioni  di
comuni) che, complessivamente, investono cinquantotto commi  del  suo
articolo 1. 
    Le  disposizioni  censurate  -  per  i   motivi   dalle   singole
ricorrenti, rispettivamente, illustrati ed in relazione ai  parametri
corrispondentemente evocati (dei quali specificamente  si  dira'  nel
Considerato in diritto) - sono, in  particolare,  quelle  di  cui  ai
seguenti commi del predetto art. 1: 
    - da 5 a 19, 21, 22, 25, 42 e 48, sulla istituzione e  disciplina
delle «Citta' metropolitane»; 
    - da 54 a 58, da 60 a 65,  67,  da  69  a  79,  81  e  83,  sulla
ridefinizione  dei  confini  territoriali  e  del   perimetro   delle
competenze delle Province («In attesa  della  riforma  del  titolo  V
della parte seconda della Costituzione  e  delle  relative  norme  di
attuazione»); 
    - da 89 a 92  e  95,  concernenti  modalita'  e  tempistiche  del
procedimento  di  riordino  delle  funzioni  ancora  attribuite  alle
Province ed allo scorporo di quelle ad esse sottratte  e  riassegnate
ad altri enti; 
    - 4, 105, 106, 117, 124, 130 e133, in tema di unioni e fusioni di
Comuni; 
    - 149, sulla prevista predisposizione, da parte del Ministro  per
gli affari regionali,  di  «appositi  programmi  di  attivita'»,  per
accompagnare e sostenere l'applicazione degli interventi di riforma. 
    2.- In tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  contestando  la  fondatezza  di  ciascuna   delle   questioni
sollevate, sulla base di plurime argomentazioni (delle quali anche si
dira' nel Considerato in diritto). 
    3.- Nella imminenza della udienza di discussione, ciascuna  delle
Regioni ricorrenti ha depositato memoria; e, nei quattro  correlativi
giudizi,  l'Avvocatura  dello  Stato  ha  depositato,  a  sua  volta,
altrettante memorie. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con i quattro ricorsi in epigrafe, che  per  la  comunanza  o
connessione dei  rispettivi  oggetti,  possono  riunirsi  per  essere
congiuntamente esaminati, le Regioni Lombardia,  Veneto,  Campania  e
Puglia impugnano, complessivamente, cinquantotto  commi  dell'art.  1
della  legge  7  aprile  2014,  n.  56  (Disposizioni  sulle   citta'
metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), per
contrasto con i parametri (congiuntamente o  disgiuntamente  evocati)
di cui agli artt. 1, 2, 3,  5,  48,  97,  114,  117,  commi  secondo,
lettera p), terzo e quarto, 118, 119, 120,  123,  primo  comma,  133,
primo e secondo  comma,  136  e  138  della  Costituzione,  oltreche'
all'art. 117, primo comma Cost., in relazione agli artt. 3 e 9  della
Carta europea dell'autonomia  locale,  firmata  a  Strasburgo  il  15
ottobre 1985, ratificata e resa esecutiva con legge 30 dicembre 1989,
n. 439. 
    A  ciascun  ricorso  resiste  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato;  ma  il
suo atto  di  costituzione  nel  giudizio  instaurato  dalla  Regione
Lombardia va dichiarato  inammissibile,  perche'  proposto  oltre  il
termine perentorio di  cui  all'art  19,  terzo  comma,  delle  norme
integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale, risultando
depositato il 22 luglio 2014 e, quindi, il 31° giorno successivo alla
scadenza del termine medesimo stabilito per il deposito  del  ricorso
principale. 
    2.- Disaggregate dai singoli ricorsi e riaggregate - in relazione
ai profili di  coincidenza  o  complementarieta'  delle  disposizioni
impugnate e dei  parametri,  in  relazione  a  queste  evocati  -  le
questioni proposte dai ricorrenti, rispettivamente, coinvolgono: 
    - la  disciplina  delle  istituite  «Citta'  metropolitane»,  per
quanto attiene ai commi da 5 a 19, 21, 22, 25, 42 e 48  del  suddetto
art. 1 della legge n. 56 del 2014; 
    - la ridefinizione dei confini territoriali e  del  quadro  delle
competenze delle Province, «in attesa della  riforma  del  titolo  V,
parte seconda, della Costituzione», quanto ai commi da 54 a 58, da 60
a 65, 67, da 69 a 79, 81 e 83 del medesimo art. 1; 
    -  il  procedimento  di   riallocazione   delle   funzioni   "non
fondamentali" delle Province (commi da  89  a  92  e  95  del  citato
articolo); 
    - la disciplina delle unioni e fusioni di Comuni (commi  4,  105,
106, 117, 124, 130 e 133); 
    -  la  prevista  predisposizione  di   «appositi   programmi   di
attivita'», di fonte ministeriale, per sostenere gli  «interventi  di
riforma» di cui alla legge impugnata, e per la «attuazione di  quanto
previsto  dall'art.  9  del  decreto-legge  6  luglio  2012   n.   95
[Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini], convertito, con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012 n. 135» (comma 149). 
    3.-  Il  primo  gruppo  di  norme   sottoposte   al   vaglio   di
costituzionalita'  attiene,  come  evidenziato,  alla  istituzione  e
disciplina dell'ente territoriale, cosi' detto di «area vasta», delle
«Citta' metropolitane» (funzionale al prefigurato disegno  finale  di
soppressione  delle  Province  con   fonte   legislativa   di   rango
costituzionale). 
    3.1.- Si tratta, in particolare, delle  disposizioni  di  cui  ai
seguenti commi della legge n. 56 del 2014: 
    - 5, che istituisce le Citta' metropolitane  di  Torino,  Milano,
Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria,  e
qualifica i principi della correlativa disciplina «di grande  riforma
economica  e  sociale»,  con  riguardo  alle  aree  metropolitane  da
adottare  dalle  Regioni  autonome,  in  conformita'  ai   rispettivi
statuti; 
    - 6, che disegna il  territorio  delle  Citta'  metropolitane  in
coincidenza «con  quello  della  provincia  omonima»,  facendo  salva
«l'iniziativa dei comuni,  ivi  compresi  i  comuni  capoluogo  delle
province limitrofe [...] per l'adesione alla citta' metropolitana»; 
    - 7, 8 e 9, individuativi degli organi di dette «citta'» [«a)  il
sindaco  metropolitano;  b)  il  consiglio   metropolitano;   c)   la
conferenza metropolitana»] e delle correlative funzioni; 
    -  10  e  11,  sulle  materie  disciplinate  dallo  statuto,  con
previsione di delegabilita' di  specifiche  funzioni  (da  Comuni  od
unioni) alla Citta' metropolitana e viceversa; 
    - 12 e 18, sulla tempistica  per  la  costituzione  delle  Citta'
metropolitane; 
    -  13,  sulla  composizione  e  modalita'  di  elezione  di   una
conferenza statutaria per la redazione di  una  proposta  di  statuto
della Citta' metropolitana; 
    - 14, sulla  temporanea  e  limitata  prorogatio  dei  poteri  di
Presidenti e Giunte delle Province in carica alla data di entrata  in
vigore della legge n. 56 del 2014; 
    - 15, sulle prime elezioni del Consiglio metropolitano; 
    - 16, sulla successione delle Citta' metropolitane, nei  rapporti
attivi e passivi, e nell'esercizio  delle  funzioni,  delle  Province
omonime, cui subentrano; 
    - 17, sulla procedura del potere  sostitutivo  ex  art.  8  della
legge  5  giugno  2003,  n.  131  (Disposizioni   per   l'adeguamento
dell'ordinamento  della  Repubblica  alla  legge  costituzionale   18
ottobre 2001, n. 3), «in caso di mancata approvazione  dello  statuto
entro il 30 giugno 2015»; 
    - 19, per il quale «il sindaco metropolitano  e'  di  diritto  il
sindaco del comune capoluogo»; 
    - 21, sulla durata in carica del Consiglio  metropolitano  e  sul
termine relativo all'indizione  delle  nuove  elezioni  dello  stesso
Consiglio metropolitano, in caso di rinnovo del Consiglio del  comune
capoluogo; 
    - 22,  sulla  condizione  della  previa  articolazione,  in  piu'
Comuni,  del  territorio  del  Comune  capoluogo,   ai   fini   della
eleggibilita' diretta (ove statutariamente prevista)  del  sindaco  e
del Consiglio metropolitano; 
    - 25, sulla composizione del  «consiglio  metropolitano»  (eletto
dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni della Citta' metropolitana); 
    - 42,  sulla  conferenza  metropolitana,  «composta  dal  sindaco
metropolitano, che la convoca e la presiede, e dai sindaci dei comuni
appartenenti alla citta' metropolitana»; 
    - 48, sulle disposizioni e sul trattamento economico  applicabili
al personale delle Citta' metropolitane. 
    3.2.-  Nell'economia  delle  numerose  censure  formulate   dalle
Regioni  ricorrenti  con  riguardo  al  quadro  delle  sopra   citate
disposizioni,  rilievo  preliminare  (e  potenzialmente   assorbente)
assumono, nell'ordine, quella che denuncia il  contrasto  con  l'art.
117, secondo  comma,  lettera  p),  Cost.,  sul  presupposto  che  la
istituzione e la disciplina delle Citta' metropolitane non rientri in
alcuno dei tre ambiti di competenza legislativa  statale  individuati
tassativamente nella richiamata norma costituzionale;  e  quella  che
deduce la violazione dell'art. 133, primo comma, Cost., per il  quale
- ai fini del mutamento  delle  circoscrizioni  provinciali  e  della
perimetrazione delle Citta' metropolitane nell'ambito di una  Regione
- lo Stato potrebbe  intervenire  con  proprie  leggi,  ma  solo  "su
iniziativa dei Comuni sentita la stessa Regione" e, quindi, all'esito
di un procedimento legislativo cosiddetto "rinforzato", nella specie,
viceversa, omesso. 
    3.2.1.- Ulteriori (subordinate) censure sono, poi in particolare,
rivolte alle disposizioni afferenti ai commi 7, 8, 9,  19,  25  e  42
dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, per supposta violazione degli
artt. 1, 5, 48, 114  e  117,  primo  comma,  Cost.  (quest'ultimo  in
relazione al parametro interposto costituito dall'art.  3,  comma  2,
della Carta europea dell'autonomia locale), nella  parte  in  cui  le
previste istituzione e disciplina della  Citta'  metropolitana  quale
nuovo ente territoriale con un modello di governo di  secondo  grado,
caratterizzato totalmente da organi elettivi indiretti, si assume che
verrebbe  a  risultare  in   contrasto   con   il   principio   della
rappresentanza politica democratica e  con  quello  della  sovranita'
popolare, suscettibili, invece,  di  essere,  derogati  soltanto  con
legge  costituzionale,  mediante  l'osservanza  del  procedimento  di
revisione aggravata previsto dall'art. 138 Cost. 
    3.2.2.- Le Regioni Lombardia e Veneto hanno anche prospettato  la
illegittimita' costituzionale dei commi 7, 8, 9, 16, 19, 21, 25 e  42
dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, per violazione degli artt. 3,
5, 117, primo comma, e 118 Cost., sul presupposto  che  le  censurate
disposizioni contrasterebbero con il  principio  di  autonomia  degli
enti  territoriali  locali,  con  quello  di   rappresentativita'   e
democraticita' (non  risultando  prevista  l'elezione  di  almeno  un
organo collegiale a suffragio universale e diretto),  oltre  che  con
quelli di sussidiarieta',  adeguatezza  e  differenziazione,  la  cui
lesione   discenderebbe    dalla    disposta    attribuzione    della
regolamentazione dell'allocazione delle  funzioni  amministrative  di
detti nuovi enti territoriali alla competenza statale,  in  dispregio
della riserva legislativa conferita alle Regioni. 
    La  Regione  Lombardia  ha,  altresi',  espresso  il  dubbio   di
violazione anche dell'art. 119 Cost. (oltre  che  dello  stesso  art.
117,  primo  comma,  Cost.,  in  relazione  al  parametro  interposto
individuato nell'art. 9 della Carta europea  dell'autonomia  locale),
nella parte in  cui  le  disposizioni  denunciate  si  porrebbero  in
contrasto con il principio di necessaria democraticita'  del  governo
delle autonomie locali, sotto l'ulteriore profilo del  riconoscimento
della loro autonomia finanziaria e della loro autorita' impositiva. 
    3.2.3.- Per contrasto con gli artt. 114, secondo  comma,  e  120,
secondo  comma,  Cost.,  la  Regione   Puglia   ha   poi   denunciato
l'incostituzionalita'  del  comma  17  (in  correlazione   anche   ai
successivi commi 81 e 83) dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014,  in
ragione   della   prospettata   illegittimita'    della    previsione
dell'esercizio del potere sostitutivo straordinario dello  Stato  per
l'eventualita' della mancata realizzazione della potesta'  statutaria
delle Province e delle Citta' metropolitane. 
    3.2.4.- In riferimento ai parametri di cui agli artt. 1,  3,  48,
114, 117, primo comma, e 118 Cost., la Regione Lombardia ha censurato
poi il comma 19 del predetto art. 1, quanto alla  adottata  soluzione
per cui il sindaco del Comune capoluogo  e'  di  diritto  il  sindaco
della Citta' metropolitana. 
    Le Regioni  Puglia  e  Campania  hanno  esteso  l'impugnativa  al
successivo  comma  22,  per  il  profilo   delle   gravosita'   degli
adempimenti e delle condizioni cui e' subordinata la possibilita'  di
successiva elezione diretta del sindaco metropolitano. 
    3.2.5.- A sua volta, la disposizione di cui al sopra citato comma
48 - relativa alla  applicazione  al  personale  metropolitano  delle
disposizioni vigenti per  il  personale  delle  Province  -  sarebbe,
secondo la Regione Puglia, «incostituzionale nella misura in  cui  si
riferisce anche alla disciplina inerente il rapporto d'ufficio, oltre
che a quella concernente il rapporto di  servizio,  da  ritenersi  di
competenza statale in virtu' del titolo  di  intervento  "ordinamento
civile"». 
    3.2.6.- La medesima Regione Puglia, denuncia, infine, i commi  10
e 11, lettere b) e c), e, parallelamente, il comma  89,  lettera  a),
dell'art.  1   della   legge   in   esame,   nella   parte   in   cui
disciplinerebbero aspetti organizzativi delle Citta' metropolitane (e
delle Province) diversi da quelli concernenti gli «organi di governo»
(art. 117, secondo comma, lettera p, Cost.); i commi 9 e 11  (e  89),
in quanto regolerebbero funzioni delle Citta' metropolitane (e  delle
Province) non riconducibili alla competenza dello Stato in materia di
funzioni fondamentali o nelle altre materie di  competenza  esclusiva
di quest'ultimo (art. 118, secondo comma, Cost.). 
    3.3.- L'Avvocatura dello Stato ha  contestato  la  fondatezza  di
ciascuna  delle  riferite  censure  sulla  premessa  di  fondo  della
riconducibilita' delle norme impugnate alla competenza  statuale,  in
merito alla istituzione delle  Citta'  metropolitane,  a  suo  avviso
implicata nell'art. 114 Cost.; sostenendo  il  sostanziale  rispetto,
altresi', del procedimento di cui all'art. 133, primo  comma,  Cost.,
per quanto attiene alla correlativa  conformazione  territoriale,  la
legittimita' dell'adottato modello di governo, di secondo grado,  del
nuovo ente territoriale; ed escludendo,  infine,  la  violazione  dei
parametri evocati dalle ricorrenti con riguardo ai  sopra  menzionati
singoli specifici aspetti disciplinatori dell'ente medesimo. 
    3.4.- Le questioni sin qui esaminate non sono fondate. 
    3.4.1.- Non fondata e', innanzitutto, la preliminare questione di
competenza sollevata dalle ricorrenti sul presupposto che la  mancata
espressa previsione della "istituzione  delle  citta'  metropolitane"
nell'ambito di materia riservato alla  legislazione  esclusiva  dello
Stato ex art. 117, comma  secondo,  lettera  p),  Cost.  ne  comporti
l'automatica  attribuzione  alla  rivendicata  competenza   regionale
esclusiva, in applicazione della clausola di residualita' di  cui  al
quarto comma dello stesso art. 117. 
    Se esatta fosse, invero, una tale tesi si dovrebbe pervenire, per
assurdo, alla conclusione che la singola Regione sarebbe  legittimata
a fare cio' che lo Stato "non potrebbe fare" in un campo che non puo'
verosimilmente considerarsi di competenza esclusiva regionale, quale,
appunto,  quello  che  attiene   alla   costituzione   della   Citta'
metropolitana,  che  e'  ente  di  rilevanza  nazionale   (ed   anche
sovranazionale ai fini dell'accesso a specifici fondi comunitari). 
    E cio' a maggior ragione ove si consideri  che  con  riguardo  al
nuovo ente territoriale, le Regioni non avrebbero le competenze,  che
l'evocato art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., riserva in  via
esclusiva allo Stato, nella materia «legislazione elettorale,  organi
di governo e funzioni fondamentali». 
    Correttamente,  dunque,  ha  rilevato  in  contrario,  nelle  sue
difese, l'Avvocatura dello Stato che il novellato art. 114 Cost., nel
richiamare  al  proprio  interno,  per   la   prima   volta,   l'ente
territoriale Citta' metropolitana,  ha  imposto  alla  Repubblica  il
dovere della sua concreta  istituzione.  E'  proprio,  infatti,  tale
esigenza costituzionale che fonda la competenza  legislativa  statale
relativa alla istituzione del  nuovo  ente,  che  non  potrebbe,  del
resto, avere modalita' di disciplina  e  struttura  diversificate  da
Regione a Regione, senza con cio' porsi in contrasto con  il  disegno
costituzionale che presuppone livelli  di  governo  che  abbiano  una
disciplina uniforme, almeno con riferimento agli aspetti essenziali. 
    D'altro canto, le Citta' metropolitane istituite dalla  legge  n.
56 del 2014, sono destinate a subentrare integralmente  alle  omonime
Province esistenti, la cui istituzione e' di competenza statale. 
    Quanto, infine, alla censura della Regione  Campania  -  per  cui
l'individuazione specifica delle  nove  province  da  trasformare  in
Citta' metropolitane, con esclusione di un procedimento generale  per
l'istituzione delle stesse, renderebbe la disposizione impugnata  una
legge-provvedimento,  e  comporterebbe,  per  cio',  violazione   dei
principi   costituzionali   di   ragionevolezza    (art.    3),    di
proporzionalita' e di imparzialita' (art. 97) - e' agevole  rilevare,
in contrario, che quella impugnata, individua non una sola, ma  tutte
le Province in relazione alle quali e' stata,  al  momento,  ritenuta
opportuna la  trasformazione  in  Citta'  metropolitane.  Si  tratta,
pertanto, di una  legge  a  carattere  innegabilmente  generale  che,
nell'istituire le Citta' metropolitane, contiene  anche  l'elenco  di
quelle effettivamente con essa istituite. 
    Ed a riprova di cio' rileva anche il fatto che  la  normativa  in
esame costituisce, come detto, principio di grande riforma  economica
e sociale per le Regioni a statuto speciale, ai sensi  del  comma  5,
ultimo periodo, dell'impugnato art. 1 della legge n. 56 del 2014. 
    Otto  su  dieci  delle  istituite  Citta'   metropolitane   sono,
peraltro, gia' nell'esercizio delle loro funzioni, e gli  statuti  di
sei di queste sono gia' stati approvati alla  data  del  31  dicembre
2014. 
    3.4.2.- A sua volta non fondata e' anche la successiva  questione
procedimentale, per asserito contrasto  -  con  il  precetto  di  cui
all'art. 133, primo comma, Cost. - della  disposizione  individuativa
del territorio della  Citta'  metropolitana  (fatto  coincidere  «con
quello della provincia omonima»), di cui al comma 6 dell'art. 1 della
legge n. 56 del 2014. 
    Con la legge in esame il legislatore  ha  inteso  realizzare  una
significativa riforma di sistema della geografia istituzionale  della
Repubblica, in vista di una  semplificazione  dell'ordinamento  degli
enti  territoriali,  senza  arrivare  alla  soppressione  di   quelli
previsti  in  Costituzione.  L'intervento  -  che  peraltro  ha  solo
determinato l'avvio della nuova  articolazione  di  enti  locali,  al
quale  potranno   seguire   piu'   incisivi   interventi   di   rango
costituzionale - e' stato necessariamente complesso. 
    Cio' giustifica la mancata applicazione delle regole  procedurali
contenute nell'art. 133  Cost.,  che  risultano  riferibili  solo  ad
interventi singolari, una volta rispettato il principio, espresso  da
quelle regole, del necessario coinvolgimento delle popolazioni locali
interessate, anche se con forme diverse  e  successive,  al  fine  di
consentire il predetto avvio in condizioni di omogeneita' sull'intero
territorio nazionale. 
    Il denunciato comma 6 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, non
manca, infatti, di prevedere espressamente «l'iniziativa dei  comuni,
ivi compresi i comuni capoluogo delle province  limitrofe»,  ai  fini
dell'adesione (sia pure ex post) alla Citta'  metropolitana,  il  che
per implicito comporta la speculare facolta' di uscirne, da parte dei
Comuni della Provincia omonima;  e,  a  tal  fine,  la  stessa  norma
dispone che sia sentita la Regione interessata e che, in caso di  suo
parere contrario, sia promossa una «intesa» tra la Regione stessa  ed
i comuni  che  intendono  entrare  nella  (od  uscire  dalla)  Citta'
metropolitana. E cio'  testualmente,  «ai  sensi  dell'articolo  133,
primo comma, della Costituzione» e «nell'ambito  della  procedura  di
cui al predetto articolo 133».  Il  che  autorizza  una  lettura  del
citato comma 6 conforme al parametro  in  esso  richiamato:  lettura,
questa,  costituzionalmente  adeguata  che,  per  un   principio   di
conservazione,   non   puo'   non   prevalere   su   quella,   contra
Constitutionem, presupposta dalle Regioni ricorrenti. 
    3.4.3.- Anche il modello di governo  di  secondo  grado  adottato
dalla legge n. 56 del 2014 per le neoistituite  Citta'  metropolitane
supera  il  vaglio  di  costituzionalita'  in  relazione  a  tutti  i
parametri evocati dalle quattro ricorrenti. 
    Il   tentativo   delle   difese   regionali   -   di   ricondurre
l'utilizzazione del termine "sovranita'" al  concetto  di  sovranita'
popolare,  di  cui  al  secondo  comma  dell'art.  1  Cost.,   e   di
identificare la sovranita' popolare con gli  istituti  di  democrazia
diretta e con il sistema rappresentativo che si esprime  anche  nella
(diretta) partecipazione popolare nei diversi enti territoriali -  e'
gia' stato, infatti, ritenuto «non condivisibile»  da  questa  Corte,
nella sentenza n. 365 del 2007. 
    La  natura  costituzionalmente  necessaria  degli  enti  previsti
dall'art. 114 Cost.,  come  «costitutivi  della  Repubblica»,  ed  il
carattere autonomistico  ad  essi  impresso  dall'art.  5  Cost.  non
implicano, infatti, cio' che le ricorrenti pretendono di desumerne, e
cioe' l'automatica indispensabilita' che gli  organi  di  governo  di
tutti questi enti siano direttamente eletti. 
    Con la sentenza n. 274 del 2003 e la successiva ordinanza n.  144
del 2009, e' stata, del resto, esclusa la totale equiparazione tra  i
diversi livelli di governo territoriale  e  si  e'  evidenziato  come
proprio i principi di adeguatezza e differenziazione, nei ricorsi  in
esame piu' volte evocati, comportino la possibilita' di diversificare
i modelli di rappresentanza politica ai vari livelli. 
    E nella gia' richiamata  sentenza  n.  365  del  2007,  e'  stato
ribadito che «ne[anche] tra le  pur  rilevanti  modifiche  introdotte
dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione) puo' essere individuata una
innovazione tale da equiparare pienamente tra loro i diversi soggetti
istituzionali, che pure tutti compongono l'ordinamento  repubblicano,
cosi' da rendere omogenea la stessa  condizione  giuridica  di  fondo
dello Stato, delle Regioni e degli enti territoriali». 
    D'altra parte gia' con la sentenza n. 96 del 1968,  questa  Corte
ha affermato la piena compatibilita' di  un  meccanismo  elettivo  di
secondo  grado  con   il   principio   democratico   e   con   quello
autonomistico,  escludendo  che  il  carattere   rappresentativo   ed
elettivo degli organi di governo del territorio venga meno in caso di
elezioni di secondo grado, «che,  del  resto,  sono  prevedute  dalla
Costituzione proprio per la piu' alta carica dello Stato». 
    Ed alla  luce  di  tale  principio  va  escluso  che  la  materia
«legislazione elettorale» di Citta'  metropolitane  -  devoluta  alla
competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma,  lettera
p), Cost. - si  riferisca  specificamente  ed  esclusivamente  ad  un
procedimento  di   elezione   diretta,   attesa   anche   la   natura
polisemantica  dell'espressione  usata  dal  Costituente,  come  tale
riferibile ad entrambi i modelli di «legislazione elettorale». 
    Ne',  infine,  sussiste  la  denunciata  incompatibilita'   della
normativa impugnata con  l'art.  3,  comma  2,  della  Carta  europea
dell'autonomia locale, invocata dalle  ricorrenti  -  come  parametro
interposto ai fini della violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.
- nella parte  in  cui  prevederebbe  che  almeno  uno  degli  organi
collegiali sia ad elezione popolare diretta. 
    A prescindere dalla natura di documento di mero  indirizzo  della
suddetta Carta europea, che lascia ferme «le competenze di base delle
collettivita' locali  [...]  stabilite  dalla  Costituzione  o  della
legge», come riconosciuto nella sentenza di questa Corte n.  325  del
2010, al fine, appunto, di escludere l'idoneita'  delle  disposizioni
della Carta stessa ad attivare la  violazione  dell'art.  117,  primo
comma, Cost., e' comunque decisivo il rilievo che l'espressione usata
dalla  norma  sovranazionale,  nel  richiedere  che  i  membri  delle
assemblee siano "freely elected", ha, si', un rilievo centrale  quale
garanzia della democraticita' del sistema delle autonomie locali,  ma
va intesa nel senso  sostanziale  della  esigenza  di  una  effettiva
rappresentativita' dell'organo rispetto alle comunita' interessate. 
    In questa prospettiva non  e'  esclusa  la  possibilita'  di  una
elezione indiretta, purche' siano previsti meccanismi alternativi che
comunque  permettano  di  assicurare  una  reale  partecipazione  dei
soggetti portatori degli interessi coinvolti. 
    Tali meccanismi, nella specie,  sussistono,  essendo  imposta  la
sostituzione  di  coloro  che  sono  componenti   "ratione   muneris"
dell'organo indirettamente eletto, quando venga meno il  munus  (art.
1, comma 25, ed analogamente, con riguardo ad organi delle  Province,
commi 65 e 69). E di  cio'  non  e'  menzione  nei  ricorsi,  che  si
limitano  a  porre  la  questione  di  costituzionalita'  in  termini
generali e  astratti,  senza  alcun  riferimento  puntuale  ne'  alla
concreta  disciplina  ne'   ai   compiti   attribuiti   alle   Citta'
metropolitane e  alle  nuove  Province,  profilo,  quest'ultimo,  non
irrilevante anche nella prospettiva della Carta europea. 
    Il comma  22  del  denunciato  art.  1  espressamente,  comunque,
dispone che «lo Statuto della  citta'  metropolitana  puo'  prevedere
l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano». 
    Il procedimento per l'elezione del  Consiglio  metropolitano  e',
inoltre,  in  ogni  suo  aspetto,  puntualmente  disciplinato   dalle
disposizioni di cui ai commi da 26 a 39 dell'art. 1 della legge n. 56
del 2014 e  nessuna  censura  le  quattro  Regioni  ricorrenti  hanno
rivolto anche a dette disposizioni. 
    3.4.4.- Superano parimenti la verifica  di  costituzionalita'  le
ulteriori  censurate  piu'  specifiche  disposizioni  disciplinatorie
della Citta' metropolitana: 
    a) quanto alla figura del sindaco metropolitano, perche', per  un
verso, la sua individuazione nel  sindaco  del  Comune  capoluogo  di
Provincia, sub comma 19 dell'art. 1 in esame, non e' irragionevole in
fase di prima attuazione  del  nuovo  ente  territoriale  (attesi  il
particolare ruolo e l'importanza del Comune capoluogo intorno  a  cui
si  aggrega  la  Citta'   metropolitana),   e   non   e',   comunque,
irreversibile, restando demandato, come detto, allo statuto di  detta
citta' di optare per l'elezione diretta del proprio sindaco.  E,  per
altro  verso,  perche'  la  «articolazione  territoriale  del  comune
capoluogo in piu' comuni» - che il  successivo  comma  22  pone  come
presupposto per l'elezione diretta del sindaco  metropolitano  -  non
viola l'art. 133, secondo comma, Cost., non comprimendo in alcun modo
le  prerogative  del  legislatore  regionale  e  non  eliminando   il
coinvolgimento,  nel  procedimento,  delle  popolazioni  interessate,
atteso che la «proposta del Consiglio comunale deve essere sottoposta
a referendum tra tutti i cittadini della citta' metropolitana su base
delle rispettive leggi regionali» - ne'  contrasta  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera p), Cost., essendo il presupposto, di  cui  si
discute, comunque, riconducibile alla competenza  statuale  esclusiva
in  materia  di  «legislazione  elettorale  [...]  di  [...]   citta'
metropolitane»; 
    b) quanto alla conferenza metropolitana - cui il comma 8  (ultimo
periodo) attribuisce «poteri propositivi e consultivi» -  la  censura
formulata in ragione del carattere riduttivo  di  tali  attribuzioni,
nel contesto del sistema di governo della  citta'  metropolitana,  e'
agevolmente superata dalla  considerazione  che  la  conferenza  puo'
vedersi  attribuite  ulteriori   competenze   dallo   statuto,   atto
fondamentale di autorganizzazione dell'ente, il quale viene approvato
dalla conferenza stessa; per cui proprio la conferenza si  configura,
dunque, come organo decisore finale delle proprie  competenze,  fatte
salve quelle riservate in via esclusiva al sindaco metropolitano; 
    c) quanto al personale delle  Citta'  metropolitane,  perche'  la
disposizione di cui  al  comma  48  -  che  applica  allo  stesso  il
trattamento vigente per il personale delle Province,  al  quale,  ove
trasferito mantiene «fino al prossimo  contratto  il  trattamento  in
godimento» - attiene alla sola prima fase del procedimento (per altro
gia' in stato di avanzata attuazione) di riallocazione del  personale
a seguito del riordino delle funzioni attribuite agli enti  coinvolti
e dei profili finanziari connessi alla riforma introdotta dalla legge
n. 56 del 2014. La quale, nella misura in cui  coinvolga  la  materia
«diritto civile», nella quale ricade la disciplina dei  contratti  in
questione, risponde ad un titolo di competenza esclusiva dello Stato; 
    d)   quanto   alle   «norme   fondamentali    dell'organizzazione
dell'ente»,  ivi  comprese  le  attribuzioni  degli  organi,  nonche'
l'articolazione delle loro competenze - che il comma 10 demanda  allo
statuto di stabilire - perche' cio' che si censura rientra, comunque,
nella disciplina complessiva degli «organi di governo»  di  cui  alla
lettera p) del comma secondo dell'art. 117, Cost.,  oltreche'  -  per
quanto gia' detto - in quella relativa alla Citta'  metropolitana  di
cui all'art. 114 Cost.; 
    e) quanto alle modalita' di organizzazione e di  esercizio  delle
funzioni metropolitane - che i commi 10 e 11, lettere b) e c),  fanno
rientrare tra i contenuti disciplinatori dello statuto - perche'  non
ha pregio, per le ragioni di cui sopra,  la  censura  che  presuppone
limitata alla disciplina dei singoli organi di governo la  competenza
statale relativa alla Citta' metropolitana; 
    f)  quanto  all'esercizio  del  potere  statuale  sostitutivo   -
previsto dal comma 17, «in caso di mancata approvazione dello statuto
entro il 30 giugno  2015»  -  perche'  detta  disposizione,  a  torto
censurata in riferimento  agli  artt.  114,  secondo  comma,  e  120,
secondo comma, Cost., trova la sua giustificazione  nell'esigenza  di
realizzare il principio dell'unita' giuridica su tutto il  territorio
nazionale in merito all'attuazione del  nuovo  assetto  ordinamentale
previsto dalla legge n. 56 del 2014. 
    3.4.5.- Puo' dichiararsi cessata la materia  del  contendere  con
riguardo, infine, alla  disposizione  di  cui  al  comma  13  che,  a
distanza di poco piu' di due settimane (e senza possibilita', dunque,
di sua applicazione medio tempore), e' stata abrogata  dall'art.  19,
comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti  per
la  competitivita'  e  la   giustizia   sociale),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 23 giugno  2014,  n.
89. 
    4.- Il secondo gruppo di disposizioni  denunciate  attiene,  come
detto, al nuovo modello ordinamentale delle Province (per  le  quali,
tuttavia, e' in corso l'approvazione di un progetto - da  realizzarsi
nelle forme di legge  costituzionale  -  che  ne  prevede  la  futura
soppressione, con la loro conseguente eliminazione dal  novero  degli
enti  autonomi  riportati  nell'art.  114  Cost.,  come,  del  resto,
chiaramente evincibile dall'incipit contenuto nel comma 51  dell'art.
1 della legge in esame). 
    4.1.- Si tratta, in particolare, delle  disposizioni  di  cui  ai
seguenti commi dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014: 
    - 54, che definisce organi delle Province «esclusivamente: a)  il
presidente  della  provincia,  b)  il   consiglio   provinciale;   c)
l'assemblea dei sindaci»; 
    - 55, 58  e  da  60  a  65,  sulle  funzioni,  sui  requisiti  di
eleggibilita' e sulle modalita' di elezione, nonche' sulle  cause  di
decadenza del Presidente della Provincia; 
    - 56, sulla assemblea dei sindaci («costituita  dai  sindaci  dei
comuni appartenenti alla provincia»); 
    -  57,  sulla  possibilita'  che  gli  statuti   delle   Province
prevedano, d'intesa con la regione, «la costituzione di zone omogenee
per  specifiche  funzioni,  con  organismi  collegati   agli   organi
provinciali senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica»; 
    - 67 e da 69 a 78, sulla composizione del Consiglio provinciale e
sui  requisiti  di  eleggibilita'  e  modalita'   di   elezione   dei
consiglieri provinciali; 
    - 79,  sulla  elezione  del  Presidente  della  Provincia  e  del
Consiglio provinciale «in sede di prima applicazione  della  presente
legge»; 
    - 81 e 83, sulle «modifiche statutarie conseguenti alla  presente
legge», demandate al Consiglio provinciale (ed alla approvazione  del
collegio  dei  sindaci)  ed  all'eventuale   esercizio   del   potere
sostitutivo ex art. 8 della legge 5 giugno 2013, n. 131 (Disposizioni
per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica  alla   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). 
    4.2.- Anche con riguardo a tale complessivo contesto normativo le
ricorrenti convergono nell'ipotizzare la violazione, in primo  luogo,
degli artt. 5 e 114, oltre che all'art. 117, primo comma, Cost.,  con
riferimento al parametro interposto individuabile nel gia' richiamato
art. 3,  comma  2,  della  cosiddetta  Carta  europea  dell'autonomia
locale, sul presupposto che le Province non sarebbero, per l'effetto,
piu' configurate come enti rappresentativi delle  popolazioni  locali
(secondo quanto ancora impone la Costituzione attuale), ma come  enti
di secondo grado, la cui modalita'  elettiva  degli  organi  politici
comporterebbe la totale esclusione  dell'esercizio  della  sovranita'
popolare. 
    Prospettano,   inoltre,   la   violazione   dei    principi    di
sussidiarieta'  verticale  e  di  ragionevolezza,  in  ragione  della
ritenuta inversione logica del modello  di  allocazione/distribuzione
delle funzioni amministrative rispetto  alla  disciplina  contemplata
dalla  Costituzione,  con  conseguente  lesione  del   principio   di
necessaria democraticita' di governo delle autonomie locali, anche in
ordine al riconoscimento della loro  autonomia  finanziaria  e  della
loro autorita' impositiva. 
    Sostiene, altresi', in particolare  la  Regione  Veneto,  che  le
disposizioni in esame violerebbero gli artt. 1, 48, 5, 97, 114,  117,
118, 119 e 120 Cost., nella  parte  relativa  alla  disposta  proroga
delle gestioni commissariali  in  corso  ed  alla  legittimazione  di
proroghe ulteriori. 
    4.3.- Anche le censure rivolte al riordino  delle  Province  sono
non fondate. 
    4.3.1.- In  primo  luogo,  non  pertinente  e'  l'evocazione  del
parametro di cui all'art. 138 Cost. 
    Come, infatti, chiarito  dalla  sentenza  n.  220  del  2013,  il
procedimento di cui al richiamato art. 138 risulterebbe obbligato nel
solo caso di soppressione delle Province, e non  anche  in  quello  -
che, nella specie, viene in rilievo - di riordino dell'ente medesimo. 
    4.3.2.- A loro volta, le censure rivolte al modello di governo di
secondo grado, parimenti adottato per il riordinato  ente  Provincia,
risultano non fondate (anche con riguardo al  vulnus  che  si  assume
derivante  all'autonomia  finanziaria,  di  entrate  di  spesa,   ove
riconducibile ad organi non direttamente rappresentativi) sulla  base
delle medesime ragioni  gia'  esposte  con  riferimento  alle  Citta'
metropolitane e della considerazione  che  inerisce,  comunque,  alla
competenza dello Stato  -  nella  materia  «legislazione  elettorale,
organi di governo e funzioni fondamentali di  [...]  province»  (art.
117, secondo comma, lettera p, Cost., - ogni altro denunciato aspetto
disciplinatorio, appunto, di detto ente territoriale. 
    4.3.3.- Quanto, infine, alla proroga dei commissariamenti, non e'
esatto che questa sarebbe - come si denuncia - sine die. 
    Il comma 82 dell'art. 1 in esame - nel testo sostituito dall'art.
23, comma 1, lettera f), del decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  90
(Misure   urgenti   per   la   semplificazione   e   la   trasparenza
amministrativa  e  per   l'efficienza   degli   uffici   giudiziari),
convertito, con modificazioni dall'art. 1, comma 1,  della  legge  11
agosto 2014, n. 114 - dispone, infatti, che,  per  le  Province  gia'
oggetto di commissariamento, il commissario, a partire dal 1°  luglio
2014, muti natura, e cioe', sostanzialmente, decada, dando vita,  pur
nella coincidenza della persona fisica, ad  un  organo  diverso  che,
privo dei poteri commissariali, e' chiamato ad assicurare,  a  titolo
gratuito, la gestione della fase transitoria  solo  «per  l'ordinaria
amministrazione  e  per  gli  atti  urgenti  e  indifferibili,   fino
all'insediamento del presidente della provincia eletto ai  sensi  dei
commi da 58 a 78». 
    5.- Il terzo gruppo di  censure  e'  rivolto  al  riordino  delle
funzioni ancora attribuite alle Province ed allo scorporo  di  quelle
attribuite ad altri enti. 
    5.1.- Si tratta, in particolare, delle  disposizioni  di  cui  ai
seguenti commi dell'art. 1 della legge in esame: 
    - 89, sulle funzioni (diverse da quelle "fondamentali",  che  «in
attesa della riforma del titolo V, parte seconda, della Costituzione»
continuano ad essere esercitate dalle Province), che «nell'ambito del
processo di riordino sono trasferite dalle  province  ad  altri  enti
territoriali»; 
    - 90, sul procedimento per il trasferimento delle funzioni di cui
sopra; 
    - 91, secondo cui «Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della   presente   legge,   sentite   le   organizzazioni   sindacali
maggiormente rappresentative, lo Stato e le  regioni  individuano  in
modo puntuale, mediante accordo sancito nella  Conferenza  unificata,
le funzioni di cui al comma 89 oggetto del  riordino  e  le  relative
competenze»; 
    -   92,   sul   procedimento   e   sui   criteri   generali   per
«l'individuazione  dei  beni  e  delle  risorse  finanziarie,  umane,
strumentali e organizzative connesse all'esercizio delle funzioni che
devono essere trasferite, ai sensi  dei  commi  da  85  a  97,  dalle
province agli enti subentranti, garantendo i  rapporti  di  lavoro  a
tempo indeterminato in corso, nonche' quelli a tempo  determinato  in
corso fino alla scadenza per essi prevista»; 
    - 95, per il quale «La regione, entro  sei  mesi  dalla  data  di
entrata  in  vigore  della  presente  legge,  provvede,  sentite   le
organizzazioni  sindacali  maggiormente   rappresentative,   a   dare
attuazione all'accordo di cui al comma 91. Decorso il  termine  senza
che la regione abbia provveduto, si applica l'articolo 8 della  legge
5 giugno 2003, n. 131». 
    5.2.- Al riguardo le quattro  ricorrenti  -  con  riferimento  ai
parametri di cui agli artt. 3, 97, 114, 117, secondo  comma,  lettera
p), e 120 Cost. - denunciano, in particolare, le disposizioni di  cui
ai commi 89, 90, 91, 92 e 95 (e la Regione Veneto anche quelle di cui
ai commi 54, 55, 56, 58, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 67 e da  69  a  79),
nella parte in cui dette norme, nel  loro  complesso,  conferirebbero
alla legislazione statale, al di  fuori  della  competenza  esclusiva
nella materia «funzioni fondamentali delle Province»,  un  titolo  di
competenza illegittimo, appartenendo la legittimazione a stabilire le
modalita' e le tempistiche per la riallocazione delle  funzioni  "non
fondamentali" delle  Province,  nonche'  ad  individuare  le  risorse
connesse agli eventuali  trasferimenti,  alla  competenza  regionale,
alla stregua dei  principi  di  sussidiarieta',  differenziazione  ed
adeguatezza  ed  in  conformita'  ai  principi   di   ragionevolezza,
dell'opportunita' e della coerenza con i fini perseguiti,  oltre  che
di  quello  del  buon  andamento  dell'azione  amministrativa  e  del
principio di leale collaborazione a cui deve  informarsi  l'esercizio
del potere sostitutivo. 
    Inoltre, i limiti ed i vincoli imposti dal legislatore regionale,
fuori  dagli  ambiti  di  competenza  dello  Stato,  comprimerebbero,
illegittimamente, il potere regionale di individuare  il  livello  di
governo piu' idoneo all'esercizio delle  funzioni  amministrative  di
propria competenza. 
    In particolare, secondo la  Regione  Puglia,  la  previsione  sub
comma 92 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, - per cui «i criteri
generali per l'individuatone dei beni e  delle  risorse  finanziarie,
umane,  strumentali  e  organizzative  connesse  all'esercizio  delle
funzioni che devono essere trasferite» siano stabiliti  «con  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri», ancorche' «previa  intesa
in sede di Conferenza unificata» - violerebbe, a sua volta, gli artt.
3, primo comma,  e  118,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto  volta  a
determinare una uniforme allocazione di funzioni amministrative  agli
enti di area vasta in tutte le Regioni, in contrasto con il principio
di eguaglianza  e  di  ragionevolezza  (che  imporrebbe,  invece,  di
distinguere il trattamento giuridico di situazioni  non  omogenee)  e
con il principio di differenziazione. E contrasterebbe, altresi', con
l'art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui si rivolgerebbe  a
funzioni ricadenti nelle materie di competenza concorrente in  quanto
tale disposizione costituzionale  impone  che  principi  fondamentali
siano stabiliti dallo Stato, mediante fonte di rango  legislativo,  e
non mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    La medesima  disposizione,  sub  comma  92,  e'  censurata  dalla
Regione Veneto, per contrasto con  gli  artt.  117,  terzo  e  quarto
comma, e 118 Cost., sul presupposto che implichi un rovesciamento nel
procedimento  di  allocazione  delle  funzioni,  una  volta  che  «la
definizione dei criteri del trasferimento delle funzioni fondamentali
[...]  non  avviene  nella  fase  di  previe  disposizioni  di  legge
regionale [...] nel rispetto del riparto  della  competenza  previsto
dall'art. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione [...]». 
    Mentre un vulnus ulteriore ai  parametri  costituzionali  di  cui
sopra e' pressoche' concordemente individuata dalle ricorrenti  anche
con riferimento all'esercizio del potere sostitutivo ricollegato, dal
successivo comma 95, al mancato rispetto, da parte delle Regioni, del
termine (di sei mesi dalla data di entrata in vigore della  legge  n.
56 del 2014) stabilito per  la  individuazione  delle  funzioni,  non
fondamentali, delle Province oggetto del riordino, con  le  modalita'
di cui al comma 91 (id  est:  «sentite  le  organizzazioni  sindacali
maggiormente rappresentative [...]  mediante  accordo  sancito  dalla
Conferenza unificata»). 
    5.3.- L'esame delle questioni che precedono non puo'  prescindere
da  una  sia  pur  sintetica  ricognizione  del  complessivo   quadro
normativo, all'interno del quale si collocano  le  disposizioni  come
sopra specificatamente denunciate. 
    I commi da 85 a 96  dell'art.  1  della  legge  n.  56  del  2014
riguardano le funzioni delle "nuove" Province (in carica  nelle  more
della riforma del Titolo  V  della  Costituzione),  indicando  quelle
"fondamentali" - che rimangono a loro attribuite - e prevedendo,  per
le altre funzioni esercitate all'atto dell'entrata  in  vigore  della
citata  legge  n.  56  del  2014  (ovvero  all'8  aprile  2014),   il
trasferimento delle stesse ad altri enti territoriali (comma 89). 
    Nel menzionato complesso  di  disposizioni  viene,  in  sostanza,
disegnato un dettagliato meccanismo di  determinazione  delle  intere
funzioni, all'esito del quale la Provincia  continuera'  ad  esistere
quale ente territoriale "con  funzioni  di  area  vasta",  le  quali,
peraltro, si riducono a quelle qualificate  "fondamentali"  (elencate
nel comma 85) e a quelle, meramente eventuali, indicate nei commi  88
e 90. 
    Con riferimento al procedimento di riordino delle funzioni ancora
attribuite alle Province e  allo  scorporo  di  quelle  a  tale  ente
sottratte e riassegnate ad altri enti, si prevede che, entro tre mesi
dall'entrata in vigore della legge n.  56  del  2014,  in  attuazione
dell'art. 118 Cost., lo Stato e le Regioni, sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative, individuino in modo puntuale,
mediante accordo sancito in Conferenza unificata, le funzioni di  cui
al comma 89 oggetto della complessiva riorganizzazione e le  relative
competenze  (comma  91).  E  cio'  avendo  riguardo   alle   seguenti
finalita':  determinazione  dell'ambito  territoriale   ottimale   di
esercizio per ciascuna funzione; efficacia  nello  svolgimento  delle
funzioni fondamentali da parte dei Comuni e delle Unioni  di  Comuni;
riconoscimento di esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento
e deleghe di  esercizio  tra  gli  enti  territoriali  coinvolti  nel
processo di riordino, attraverso intese o convenzioni. 
    Allo scopo di rendere concretamente  operativo  il  trasferimento
delle funzioni come descritte, nel termine previsto dal comma 91,  il
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'interno e del Ministro per gli affari regionali, di concerto con
i Ministri per la semplificazione e  la  pubblica  amministrazione  e
dell'economia e delle finanze, previa intesa in  sede  di  Conferenza
unificata, avrebbe dovuto stabilire - con proprio decreto - i criteri
generali per l'individuazione dei beni e delle  risorse  finanziarie,
umane   (previa   consultazione   delle   organizzazioni    sindacali
maggiormente rappresentative), strumentali e  organizzative  connesse
all'esercizio delle funzioni che sarebbero state trasferite agli enti
subentranti, garantendo i rapporti di lavoro in corso. 
    Nell'eventualita'  del  mancato   raggiungimento   in   sede   di
Conferenza  unificata  dell'accordo  circa   l'individuazione   delle
funzioni  oggetto  del  riordino  (previste  dal  comma  91),  ovvero
dell'intesa in ordine alla determinazione dei  criteri  generali  per
l'individuazione di quanto contemplato dal comma  92,  al  Presidente
del Consiglio veniva riconosciuta (dal comma 93) la  possibilita'  di
disporre   quanto   necessario   con   riferimento   alle    funzioni
amministrative delle  Province  di  competenza  statale,  mentre,  in
relazione alle funzioni di competenza delle Regioni, queste avrebbero
dovuto dare attuazione, entro sei mesi dall'entrata in  vigore  della
legge n. 56 del 2014, all'accordo relativo  all'individuazione  delle
funzioni da trasferire agli enti subentranti,  prevedendosi  che,  in
difetto, sarebbe stato possibile ricorrere all'esercizio  del  potere
sostitutivo di cui all'art. 8 della legge n. 131 del 2003 (comma 95),
riguardante l'attuazione dell'art. 120 Cost. 
    Importanza centrale,  nel  descritto  complesso  procedimento  di
riordino, rivestiva, dunque, l'accordo in Conferenza unificata, quale
accordo-quadro demandato  all'individuazione,  in  primo  luogo,  del
concreto perimetro delle  funzioni  fondamentali  (comma  85)  e,  di
conseguenza, alla determinazione  delle  altre  funzioni  oggetto  di
possibile trasferimento. Ed e' sulla base  di  tale  accordo  che  lo
Stato e le Regioni avrebbero  dovuto  emanare  gli  atti  di  propria
competenza, nel rispetto del  riparto  delle  competenze  legislative
previsto dalla  Costituzione,  in  modo  da  ricomporre  le  funzioni
amministrative, in modo  organico,  a  livello  di  governo  ritenuto
adeguato. 
    Piu' in  dettaglio,  l'accordo  previsto  dal  comma  91  avrebbe
dovuto: 
    1)  prioritariamente,  far  confluire  nei  nuovi  cataloghi   di
funzioni fondamentali delle Province e delle Citta' metropolitane  le
funzioni amministrative  gia'  svolte  dalle  Province,  al  fine  di
salvaguardare   l'integrita'    di    funzionamento    degli    enti,
l'organizzazione del  lavoro  e  l'efficienza  dei  servizi,  nonche'
l'equilibrio finanziario, in modo da sostanziare la portata del comma
85 individuante le funzioni fondamentali  residuate  (elencate  dalla
lettera a alla lettera f); 
    2) individuare e puntualizzare, di  conseguenza,  quali  funzioni
diverse  da  quelle  fondamentali  sarebbero   state   rimesse   alla
legislazione regionale, secondo la competenza  per  materia  prevista
dall'art. 117, commi terzo e quarto, Cost. (precisandosi che su  tali
funzioni l'accordo avrebbe dovuto comunque garantire che il  riordino
ad opera delle singole Regioni non poteva comportare la  costituzione
di nuovi enti e agenzie); 
    3) allo stesso modo, individuare le  funzioni  nelle  materie  di
competenza legislativa statale, che  il  d.P.C.m.  attuativo  avrebbe
dovuto, poi, trasferire. 
    5.4.- I riportati passaggi procedimentali risultano, allo  stato,
peraltro, gia'  attuati,  mediante  la  conclusione  dell'Accordo  in
Conferenza unificata previsto dal citato  comma  91,  intervenuto  in
data  11  settembre  2014  (anziche'  entro  l'8  luglio  2014,  come
stabilito dalla stessa disposizione). 
    Con tale accordo e' stato, in particolare, convenuto tra lo Stato
e le Regioni che: 
    - ai sensi  del  comma  89,  Stato  e  Regioni  attribuiscono  le
funzioni  provinciali  diverse  da  quelle  fondamentali  secondo  le
rispettive competenze, per cui lo Stato puo' e deve  provvedere  solo
per le funzioni che rientrano nelle  materie  di  propria  competenza
legislativa esclusiva, ai sensi dell'art. 117, secondo  comma,  Cost.
(oltre che per quelle specificamente a lui attribuite in  materia  di
tutela delle minoranze), mentre alle Regioni spetta di provvedere per
tutte le  altre  attualmente  esercitate  dalle  Province  (punto  9,
lettera a); 
    - quanto alle funzioni il cui riordino spetta alle Regioni, Stato
e Regioni prendono atto e condividono  che  le  funzioni  attualmente
svolte dalle Province che rientrano nelle competenze  regionali  sono
necessariamente differenziate Regione per Regione. Si concorda a  tal
fine che ciascuna Regione provveda a definire l'elenco delle funzioni
fondamentali di cui all'art. 1, comma 85, della legge n. 54 del 2014,
e ad operare il riordino nel  rispetto  dei  principi  e  secondo  le
modalita' concordati nel presente Accordo (punto 9, lettera c); 
    - lo Stato si impegna ad adottare il d.P.C.m. di cui al comma  92
dell'art. 1 della legge, anche per la parte  relativa  alle  funzioni
amministrative degli  enti  di  vasta  area  di  competenza  statale,
contestualmente  alla  sottoscrizione   dell'Accordo   in   sede   di
Conferenza unificata, mentre le Regioni si impegnano ad  adottare  le
iniziative legislative di loro competenza entro il 31  dicembre  2014
(punto 10). 
    E, proprio in virtu' di quest'ultima disposizione, il  Presidente
del Consiglio dei ministri ha adottato in  data  26  settembre  2014,
l'apposito decreto per l'individuazione dei criteri fondamentali  per
la definizione ed il trasferimento dei beni e risorse  connessi  alle
funzioni oggetto del riordino (fondamentali e non), oltreche' per  la
mobilita' del personale, garantendosi l'intervento delle associazioni
sindacali. 
    5.5.- In dipendenza dell'attuazione  del  complesso  procedimento
delineato nei commi da 89 a 92 dell'art. 1  della  legge  n.  56  del
2014,  culminato  nell'Accordo  sancito  nella  Conferenza  unificata
dell'11 settembre 2014 e seguito dall'emissione del d.P.C.m. indicato
nel comma 92, puo' ritenersi venuto meno  l'interesse  delle  Regioni
ricorrenti e si puo',  quindi,  dichiarare  cessata  la  materia  del
contendere sul  complesso  motivo  in  esame,  sia  in  virtu'  della
definizione congiunta delle competenze (in relazione al  processo  di
riordino)  e  della  loro  ripartizione  tra  Stato  e   Regioni   in
conformita' dei titoli di legittimazione stabiliti dalla Costituzione
e delle linee direttrici della stessa legge n. 56 del 2014, sia avuto
riguardo al rispettato principio di  leale  collaborazione  da  parte
dello  Stato.  Atteso  che  quest'ultimo  -  proprio   al   fine   di
concretizzare   il    menzionato    procedimento    complessivo    di
riorganizzazione delle funzioni - ne ha posto in essere la  modalita'
attuativa rispettando il criterio della stipula dell'Accordo in  sede
di  Conferenza  unificata  imposto  dal  comma  91,  ispirata   dalla
necessaria concertazione  con  le  Regioni,  sentite  previamente  le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.  In  tal  modo
non  gia'  agendo  secondo  una  logica  di   esercizio   di   potere
unilaterale, bensi' di garanzia della esplicazione in  una  posizione
paritaria del ruolo delle Regioni partecipanti all'accordo,  e  cosi'
assicurando il rispetto del predetto fondamentale principio. 
    5.6.- Non  fondata  e'  poi  la  questione  di  costituzionalita'
riferita all'art. 1, commi 17, 81 e 83, della legge n. 56 del 2014  -
sollevata dalla Regione Puglia in relazione agli artt.  114,  secondo
comma, e 120, secondo comma Cost.  -  con  riguardo  alla  denunciata
illegittimita' della previsione dell'esercizio del potere sostitutivo
straordinario  dello   Stato   per   l'eventualita'   della   mancata
realizzazione della potesta' statutaria delle Province e delle Citta'
metropolitane.  E  cio'  in  quanto  le  norme  censurate  mirano  ad
assicurare il necessario principio dell'unita' giuridica su tutto  il
territorio  nazionale  (finalita',  tra  le   altre,   esplicitamente
contemplata dal secondo comma dell'art. 120 Cost.)  con  l'attuazione
del nuovo assetto ordinamentale rivisto dalla stessa legge n. 56  del
2014 e perche', in ogni caso, il potere sostitutivo statuale trova il
suo  fondamento  espresso  nella  legge,  dalla  quale   risulta   la
definizione   dei   presupposti   sostanziali,   e   costituisce   la
manifestazione degli  interessi  unitari  alla  cui  salvaguardia  e'
propriamente preordinato l'intervento surrogatorio  dello  Stato  (ex
plurimis, sentenze n. 121 del 2012; n. 73 e n. 43 del 2004). 
    Per di piu', ove la singola Regione  destinataria  dell'esercizio
del  potere  sostitutivo  del  Governo   ritenesse   l'illegittimita'
dell'iniziativa  statale  in  via  sostitutiva  siccome  compiuta  in
difetto delle condizioni normative ed in difformita' dei  presupposti
applicativi statuiti dalla giurisprudenza costituzionale, potrebbe, a
tutela della propria autonomia,  attivare  i  rimedi  giurisdizionali
ritenuti adeguati, ivi compreso il conflitto di attribuzione. 
    5.7.- Analogamente non fondata e' la questione che  attiene  alla
previsione (sub comma 95) del potere sostitutivo dello Stato in  caso
di inerzia delle Regioni rispetto all'attuazione dell'accordo di  cui
al comma 91. 
    E cio' in quanto il procedimento, nel quale si inserisce  un  tal
censurato  potere   sostitutivo,   trova   la   sua   giustificazione
nell'esigenza di garantire che le attivita' attualmente svolte  dalle
Province siano mantenute in capo ai  nuovi  enti  destinatari,  senza
soluzione  di  continuita',  nell'interesse  dei  cittadini  e  della
comunita' nazionale. 
    6. - Il quarto gruppo di questioni ha ad oggetto: 
    a) le disposizioni che concernono le «unioni di comuni»,  di  cui
al comma 4 (che li definisce «enti locali costituiti da  due  o  piu'
comuni per l'esercizio  associato  di  funzioni  o  servizi  di  loro
competenza») ed ai commi 105 e 106 dell'art. 1 della legge impugnata,
sulla correlativa disciplina  («L'unione  ha  potesta'  statutaria  e
regolamentare e ad essa si applicano, in  quanto  compatibili  e  non
derogati con le disposizioni della legge recante  disposizioni  sulle
citta' metropolitane, sulle  province,  sulle  unioni  e  fusioni  di
comuni,  i  principi  previsti  per  l'ordinamento  dei  comuni,  con
particolare    riguardo    allo    status    degli    amministratori,
all'ordinamento   finanziario   e   contabile,   al    personale    e
all'organizzazione»); 
    b) le disposizioni, di cui ai successivi commi 117,  124,  130  e
133 del medesimo art. 1, che disciplinano i procedimenti  di  fusione
di piu' Comuni in un nuovo Comune e di incorporazione di un Comune in
altro contiguo. 
    6.1.- In particolare, la  Regione  Campania  ha,  per  un  verso,
dedotto il supposto difetto del titolo di  competenza  in  capo  allo
Stato, ravvisando - in ordine alla regolamentazione  normativa  delle
Unioni  di  Comuni  -  la  sussistenza  della  competenza   regionale
residuale in relazione al disposto dell'art. 117, quarto comma, Cost.
e,  per  altro  verso,  avuto  riguardo  alle  censure  attinenti  al
procedimento di fusione tra  Comuni  (con  specifico  riferimento  ai
commi 22 e 130 dell'art. 1 della legge in questione),  ha  denunciato
la lesione degli artt. 123, primo comma, e 133, secondo comma, Cost.,
sotto il profilo dell'asserita invasione della  competenza  regionale
nella  materia  concernente  l'istituzione  di  nuovi  enti  comunali
nell'ambito del suo territorio (cosi'  come  la  modificazione  delle
inerenti  circoscrizioni  o   delle   relative   denominazioni),   da
realizzarsi, oltretutto, garantendo  la  preventiva  audizione  delle
popolazioni concretamente interessate, e senza trascurare,  altresi',
la (ritenuta) violazione della riserva statutaria regionale in ordine
alla  disciplina  dei  referendum   riguardanti   le   leggi   ed   i
provvedimenti di competenza, per l'appunto, regionale. 
    La  Regione  Puglia,  dal  suo  canto,  ha  dedotto  -  sia   con
riferimento alla disciplina delle Unioni tra Comuni che con  riguardo
a quella della  fusione  tra  gli  stessi  -  l'illegittimita'  delle
relative disposizioni sotto il  profilo  della  ravvisata  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., dovendosi,  anche  a
suo avviso, a proposito  di  detta  materia,  ritenere  operativa  la
competenza regionale residuale prevista  dal  medesimo  art.  117  al
quarto comma. 
    6.2.- Anche tali questioni sono non fondate. 
    6.2.1.- Non e' ravvisabile, in primo luogo, la dedotta violazione
della  competenza  regionale  con  riguardo  alle  introdotte   nuove
disposizioni disciplinatrici delle Unioni di Comuni. 
    Tali unioni - risolvendosi in forme istituzionali di associazione
tra Comuni per l'esercizio congiunto di funzioni o  servizi  di  loro
competenza e non  costituendo,  percio',  al  di  la'  dell'impropria
definizione sub comma 4 dell'art. 1, un ente territoriale ulteriore e
diverso rispetto all'ente Comune - rientrano, infatti,  nell'area  di
competenza statuale sub art. 117, secondo comma, lettera  p),  e  non
sono, di conseguenza, attratte nell'ambito di competenza residuale di
cui al quarto comma dello stesso art. 117. 
    Per altro verso, le riferite disposizioni - in quanto introducono
misure semplificatorie volte al  contenimento  della  spesa  pubblica
(intervenendo sugli organi, sulla loro composizione, sulla  gratuita'
degli  incarichi  e  sul  divieto  di  avvalersi  di  una  segreteria
comunale) - oltre che  al  conseguimento  di  obiettivi  di  maggiore
efficienza  o  migliore  organizzazione  delle   funzioni   comunali,
riflettono anche principi fondamentali di coordinamento della finanza
pubblica,  non  suscettibili,  per  tal  profilo,   di   violare   le
prerogative degli enti locali (ex plurimis, sentenze n. 44  e  n.  22
del 2014, n. 151 del 2012, n. 237 del 2009). 
    6.2.2.- Allo stesso modo la disposizione (sub comma 130) relativa
alla fusione di Comuni di competenza  regionale  non  ha  ad  oggetto
l'istituzione di un nuovo ente territoriale (che sarebbe senza dubbio
di  competenza  regionale)  bensi'  l'incorporazione  in  un   Comune
esistente di un altro Comune, e  cioe'  una  vicenda  (per  un  verso
aggregativa  e,  per  altro  verso,  estintiva)  relativa,  comunque,
all'ente territoriale Comune, e come tale, quindi,  ricompresa  nella
competenza statale nella materia «ordinamento degli enti locali»,  di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera p), Cost. 
    Ed infatti, l'estinzione di un Comune e la sua incorporazione  in
un altro Comune incidono  sia  sull'ordinamento  del  primo  che  del
secondo, oltre che sulle funzioni fondamentali e  sulla  legislazione
elettorale applicabile. 
    Dal che la non fondatezza, anche in questo caso, della censura di
violazione del titolo di competenza fatto valere dalle ricorrenti, in
prospettiva applicativa del criterio residuale di cui al quarto comma
dell'art. 117 Cost. 
    Del pari insussistente e', a sua  volta,  l'ulteriore  violazione
degli artt. 123 e 133, secondo comma, Cost. denunciata dalla  Regione
Campania, con riferimento al medesimo comma 130 (ed  in  correlazione
con il precedente  comma  22)  dell'art.  1  della  legge  in  esame,
riguardante il procedimento di fusione  per  incorporazione  di  piu'
Comuni. 
    Il censurato  comma  130  demanda,  infatti,  la  disciplina  del
referendum consultivo comunale delle popolazioni  interessate  (quale
passaggio   indefettibile   del   procedimento   di    fusione    per
incorporazione)  proprio  alle  specifiche  legislazioni   regionali,
rimettendo, peraltro, alle singole Regioni l'adeguamento delle stesse
rispettive  legislazioni,  onde  consentire  l'effettiva  attivazione
della nuova procedura, sul  presupposto  che  le  disposizioni  -  di
carattere evidentemente generale (e che rimandano, in ogni caso, alle
discipline regionali) - contenute nella legge  n.  56  del  2014  non
siano,  di  per  se',  esaustive.  Per  cui  non   risulta   scalfita
l'autonomia statutaria spettante in materia a ciascuna Regione. 
    7.- La Regione Campania, con l'ultimo motivo del suo ricorso,  ha
proposto   un'ulteriore,   peculiare   questione   di    legittimita'
costituzionale del comma 149 - nella parte in  cui  prevede  che  «Al
fine di procedere all'attuazione di quanto previsto  dall'articolo  9
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95», il Ministro per  gli  affari
regionali  predispone  appositi  programmi  di  attivita'  contenenti
modalita' operative e altre indicazioni  -  per  sospetta  violazione
degli artt. 97, 117, 118, 123 e 136 Cost. e, cio'  sul  rilievo  che,
con la norma censurata, sarebbe stata prevista la "reviviscenza"  del
richiamato  art.  9  del  d.l.  n.  95  del  2012,  malgrado  la  sua
sopravvenuta abrogazione per effetto dell'art. 1, comma 562,  lettera
a), della legge n. 147 del 2013 e la sua intervenuta dichiarazione di
parziale illegittimita' costituzionale ad opera della sentenza n. 236
del 2013 (con conseguente violazione del  giudicato  costituzionale),
oltre che per lesione delle attribuzioni regionali costituzionalmente
garantite nella materia «organizzazione amministrativa regionale». 
    7.1.- Anche tale ultima questione non e' fondata. 
    La norma censurata puo' essere infatti agevolmente  interpretata,
in senso conforme a Costituzione, considerando la finalita' attuativa
dell'abrogato art. 9 del d.l. n. 95 del 2012 come inutiliter in  essa
enunciata,   posto   che   l'obiettivo,   che   la    norma    stessa
concorrentemente si pone - quello cioe' di «accompagnare e  sostenere
l'applicazione degli interventi di riforma della presente legge» - ne
sorregge, di per se', il contenuto dispositivo: «il Ministro per  gli
affari regionali predispone, entro  sessanta  giorni  dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge e senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica, appositi programmi di  attivita'  contenenti
modalita' operative e altre indicazioni  finalizzate  ad  assicurare,
anche attraverso la nomina di commissari,  il  rispetto  dei  termini
previsti per gli adempimenti di cui alla presente legge e la verifica
dei risultati ottenuti. Su  proposta  del  Ministro  per  gli  affari
regionali, con  accordo  sancito  nella  Conferenza  unificata,  sono
stabilite le modalita' di  monitoraggio  sullo  stato  di  attuazione
della riforma». 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'inammissibilita', per  tardivita',  dell'intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri in  relazione  al  giudizio
instaurato con il ricorso (iscritto al n. 39 del 2014) proposto dalla
Regione Lombardia; 
    2)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dei commi 5, 9, 10, 11, lettere b)  e  c),  12  e  16,
nonche' del comma 6, nei sensi di cui  in  motivazione,  dell'art.  1
della  legge  7  aprile  2014,  n.  56  (Disposizioni  sulle   citta'
metropolitane, sulle province, sulle unioni  e  fusioni  di  comuni),
promosse, in riferimento  agli  artt.  3,  5,  48,  114,  117,  commi
secondo, lettera p), e  quarto,  della  Costituzione,  dalle  Regioni
Veneto e Puglia (rispettivamente, con i ricorsi n. 42  e  n.  44  del
2014); 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dei commi 5 e 12, nonche' del comma 6,  nei  sensi  di
cui in motivazione, dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, promosse,
in riferimento  all'art.  133,  primo  comma,  Cost.,  dalle  Regioni
Veneto, Campania e Puglia (rispettivamente, con i ricorsi n.  42,  n.
43  e  n.  44  del  2014),  nonche'  la  questione  di   legittimita'
costituzionale dei commi da 12 a 18 dello stesso art. 1  della  legge
n. 56 del 2014, promossa, dalla sola Regione Campania (con il ricorso
n. 43 del 2014), in riferimento al medesimo art.  133,  primo  comma,
Cost.; 
    4)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dei commi 7, 8, 9, 19, 25 e 42 dell'art. 1 della legge
n. 56 del 2014, promosse, in riferimento agli artt. 1, 5, 48, 144,  e
117, primo comma, Cost., in relazione  all'art.  3,  comma  2,  della
Carta europea dell'autonomia  locale,  firmata  a  Strasburgo  il  15
ottobre 1985, ratificata e resa esecutiva con legge 30 dicembre 1989,
n. 439), da tutte le Regioni ricorrenti; nonche' dalle  sole  Regioni
Lombardia e Veneto (con i ricorsi n. 39 e n. 42 del 2014)  anche  con
riferimento agli artt. 3  e  118  Cost.  e,  soltanto  dalla  Regione
Lombardia (con il ricorso n. 39 del 2014), in riferimento  agli  art.
119 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 9 della suddetta
Carta europea dell'autonomia locale; 
    5)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dei commi 17, 81 e 83 dell'art. 1 della  legge  n.  56
del 2014, promossa, in riferimento agli artt. 114, secondo  comma,  e
120, secondo comma, Cost., dalla Regione Puglia (con il ricorso n. 44
del 2014); 
    6)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del comma 19 dell'art. 1 della legge n. 56  del  2014,
promossa, in riferimento agli artt. 1, 3, 48, 114, 117, primo comma -
in relazione all'art. 3, comma 2, della Carta europea  dell'autonomia
locale firmata a Strasburgo il 15 ottobre  1985,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 30 dicembre 1989, n. 439 -  e  118  Cost.,  dalla
Regione Lombardia (con il ricorso n. 39 del 2014); 
    7)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del comma 22 dell'art. 1 della legge n. 56  del  2014,
promossa, in riferimento agli artt. 123, primo comma, e 133,  secondo
comma, Cost., dalla Regione Campania (con il ricorso n. 43 del  2014)
e limitatamente al solo art. 133, secondo comma, Cost. dalla  Regione
Puglia (con il ricorso n. 44 del 2014); 
    8)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dei commi 54, 55, 56, 58, 59, 60, 67 e 69 dell'art.  1
della legge n. 56 del 2014, promosse, in riferimento agli artt. 1, 3,
5, 48, 114, 117, primo comma - in  relazione  all'art.  3,  comma  2,
della Carta europea dell'autonomia locale -, 118 e 138  Cost.,  dalle
Regioni Lombardia (con il ricorso n. 39 del 2014) e  Veneto  (con  il
ricorso n. 42 del 2014); 
    9)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dei commi 54, 55, 56, 58, 59, 60, 67 e 69 dell'art.  1
della legge n. 56 del 2014, promosse, in riferimento agli artt. 1, 3,
5, 48, 114, 117, primo comma - in relazione all'art.  9  della  Carta
europea dell'autonomia locale -, 118, 119 e 138 Cost., dalla  Regione
Lombardia (con il ricorso n. 39 del 2014) e dalla Regione Veneto (con
il ricorso n. 42 del 2014); 
    10)  dichiara  non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dei commi 54, 55, 56, 58, 60, 61, 62, 63, 64, 65,  67,
69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 77, 78 e 79 dell'art. 1  della  legge
n. 56 del 2014, promosse, in riferimento agli artt.  1,  5,  48,  97,
114, 118, 119 e 120 Cost., dalla Regione Veneto (con il ricorso n. 42
del 2014); 
    11)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dei commi 57 e 89 dell'art. 1 della legge  n.  56  del
2014, promossa, in riferimento agli 117, commi secondo, lettera p), e
quarto, 118, secondo comma,  Cost.,  dalla  Regione  Puglia  (con  il
ricorso n.  44  del  2014),  nonche'  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dei commi 11 e 89 dell'art. 1 della stessa legge n. 56
del 2014, promossa, in riferimento all'art. 118, primo comma,  Cost.,
dalla medesima Regione Puglia (con il ricorso n. 44 del 2014); 
    12)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del comma 95 dell'art. 1 della legge n. 56  del  2014,
promossa, in riferimento agli artt. 3, 97, 114, 117,  commi  secondo,
lettera p), terzo e quarto, 118, secondo  comma,  120  e  138  Cost.,
dalle Regioni Lombardia (con il ricorso n.  39  del  2014),  Campania
(con il ricorso n. 43 del 2014) e Puglia (con il ricorso  n.  44  del
2014); 
    13)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dei commi 4, 105 e 106 dell'art. 1 della legge  n.  56
del 2014, promossa, in riferimento agli  artt.  117,  commi  secondo,
lettera p), e quarto, e 118 Cost., dalla  Regione  Campania  (con  il
ricorso n.  43  del  2014),  nonche'  la  questione  di  legittimita'
costituzionale degli stessi  commi  105,  lettere  a)  e  b),  e  106
dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, in riferimento all'art.  117,
commi secondo, lettera p), e quarto, Cost., dalla Regione Puglia (con
il ricorso n. 44 del 2014); 
    14)  dichiara  non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del comma 130 dell'art. 1 della legge n. 56 del  2014,
promossa, in riferimento agli artt. 123, primo comma, e 133,  secondo
comma, Cost., dalla Regione Campania (con il ricorso n. 43 del 2014),
nonche' la questione  di  legittimita'  costituzionale  dello  stesso
comma 130, promossa, in  riferimento  all'art.  117,  commi  secondo,
lettera p), e quarto, Cost., dalla Regione Puglia (con il ricorso  n.
44 del 2014); 
    15)  dichiara  non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dei commi 117, 124 e 130 (terzo periodo), nonche'  del
comma 133 dell'art. 1 della  legge  n.  56  del  2014,  promosse,  in
riferimento all'art. 117, commi secondo, lettera p), e quarto, Cost.,
dalla Regione Puglia (con il ricorso n. 44 del 2014); 
    16) dichiara non fondata, nei sensi di  cui  in  motivazione,  la
questione di legittimita' costituzionale del comma  149  dell'art.  1
della legge n. 56 del 2014, promossa, in riferimento agli  artt.  97,
117, 118, 123 e 136 Cost., dalla Regione Campania (con il ricorso  n.
43 del 2014); 
    17) dichiara cessata la materia del contendere in relazione  alle
questioni di legittimita' costituzionale dei commi 89, 90,  91  e  92
dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, promosse, in riferimento agli
artt. 3, 97, 114, 117, commi secondo, lettera  p),  terzo  e  quarto,
118, secondo comma, e 138 Cost., da tutte le Regioni ricorrenti  (con
esclusione, da parte della Regione Puglia, del comma 90); 
    18) dichiara cessata la materia del contendere in relazione  alla
questione di legittimita' costituzionale del  comma  13  dell'art.  1
della legge n. 56 del 2014, promossa, in  riferimento  all'art.  117,
commi secondo, lettera p), e quarto, Cost., dalla Regione Puglia (con
il ricorso n. 44 del 2014). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 26 marzo 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI 
 

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