N. 50
SENTENZA
24 - 26 marzo 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Disposizioni varie concernenti: l'istituzione e la disciplina delle «Citta' metropolitane»; la ridefinizione dei confini territoriali e del quadro delle competenze delle Province; il procedimento di riallocazione delle funzioni non fondamentali delle Province; la disciplina delle unioni e fusioni di Comuni; la prevista predisposizione di appositi programmi di attivita' a sostegno degli interventi di riforma. - Legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle citta' metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), art. 1, commi da 4 a 19, 21, 22, 25, 42, 48, da 54 a 58, da 60 a 65, 67, da 69 a 79, 81, 83, da 89 a 92, 95, 105, 106, 117, 124, 130, 133 e 149. -(GU n.13 del 1-4-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Alessandro CRISCUOLO;
Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI,
Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
de PRETIS, Nicolo' ZANON,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi da
4 a 19, 21, 22, 25, 42, 48, da 54 a 58, da 60 a 65, 67, da 69 a 79,
81, 83, da 89 a 92, 95, 105, 106, 117, 124, 130, 133 e 149 della
legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle citta' metropolitane,
sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), promosso dalle
Regioni Lombardia, Veneto, Campania e Puglia con ricorsi notificati
il 4-10, il 4, il 6 (spedito per la notifica) e il 6-12 giugno 2014,
depositati in cancelleria il 6, il 13 e il 16 giugno 2014 ed iscritti
ai nn. 39, 42, 43 e 44 del registro ricorsi 2014.
Visti gli atti di costituzione, di cui uno fuori termine, del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 2015 il Giudice
relatore Mario Rosario Morelli;
uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini per la Regione
Lombardia, Luca Antonini e Luigi Manzi per la Regione Veneto,
Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Campania, Marcello
Cecchetti per la Regione Puglia e gli avvocati dello Stato Pio
Marrone e Massimo Massella Ducci Teri per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Le Regioni Lombardia, Veneto, Campania e Puglia, con i
ricorsi in epigrafe, hanno proposto varie questioni di legittimita'
costituzionale della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle
citta' metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di
comuni) che, complessivamente, investono cinquantotto commi del suo
articolo 1.
Le disposizioni censurate - per i motivi dalle singole
ricorrenti, rispettivamente, illustrati ed in relazione ai parametri
corrispondentemente evocati (dei quali specificamente si dira' nel
Considerato in diritto) - sono, in particolare, quelle di cui ai
seguenti commi del predetto art. 1:
- da 5 a 19, 21, 22, 25, 42 e 48, sulla istituzione e disciplina
delle «Citta' metropolitane»;
- da 54 a 58, da 60 a 65, 67, da 69 a 79, 81 e 83, sulla
ridefinizione dei confini territoriali e del perimetro delle
competenze delle Province («In attesa della riforma del titolo V
della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di
attuazione»);
- da 89 a 92 e 95, concernenti modalita' e tempistiche del
procedimento di riordino delle funzioni ancora attribuite alle
Province ed allo scorporo di quelle ad esse sottratte e riassegnate
ad altri enti;
- 4, 105, 106, 117, 124, 130 e133, in tema di unioni e fusioni di
Comuni;
- 149, sulla prevista predisposizione, da parte del Ministro per
gli affari regionali, di «appositi programmi di attivita'», per
accompagnare e sostenere l'applicazione degli interventi di riforma.
2.- In tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, contestando la fondatezza di ciascuna delle questioni
sollevate, sulla base di plurime argomentazioni (delle quali anche si
dira' nel Considerato in diritto).
3.- Nella imminenza della udienza di discussione, ciascuna delle
Regioni ricorrenti ha depositato memoria; e, nei quattro correlativi
giudizi, l'Avvocatura dello Stato ha depositato, a sua volta,
altrettante memorie.
Considerato in diritto
1.- Con i quattro ricorsi in epigrafe, che per la comunanza o
connessione dei rispettivi oggetti, possono riunirsi per essere
congiuntamente esaminati, le Regioni Lombardia, Veneto, Campania e
Puglia impugnano, complessivamente, cinquantotto commi dell'art. 1
della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle citta'
metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), per
contrasto con i parametri (congiuntamente o disgiuntamente evocati)
di cui agli artt. 1, 2, 3, 5, 48, 97, 114, 117, commi secondo,
lettera p), terzo e quarto, 118, 119, 120, 123, primo comma, 133,
primo e secondo comma, 136 e 138 della Costituzione, oltreche'
all'art. 117, primo comma Cost., in relazione agli artt. 3 e 9 della
Carta europea dell'autonomia locale, firmata a Strasburgo il 15
ottobre 1985, ratificata e resa esecutiva con legge 30 dicembre 1989,
n. 439.
A ciascun ricorso resiste il Presidente del Consiglio dei
ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato; ma il
suo atto di costituzione nel giudizio instaurato dalla Regione
Lombardia va dichiarato inammissibile, perche' proposto oltre il
termine perentorio di cui all'art 19, terzo comma, delle norme
integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale, risultando
depositato il 22 luglio 2014 e, quindi, il 31° giorno successivo alla
scadenza del termine medesimo stabilito per il deposito del ricorso
principale.
2.- Disaggregate dai singoli ricorsi e riaggregate - in relazione
ai profili di coincidenza o complementarieta' delle disposizioni
impugnate e dei parametri, in relazione a queste evocati - le
questioni proposte dai ricorrenti, rispettivamente, coinvolgono:
- la disciplina delle istituite «Citta' metropolitane», per
quanto attiene ai commi da 5 a 19, 21, 22, 25, 42 e 48 del suddetto
art. 1 della legge n. 56 del 2014;
- la ridefinizione dei confini territoriali e del quadro delle
competenze delle Province, «in attesa della riforma del titolo V,
parte seconda, della Costituzione», quanto ai commi da 54 a 58, da 60
a 65, 67, da 69 a 79, 81 e 83 del medesimo art. 1;
- il procedimento di riallocazione delle funzioni "non
fondamentali" delle Province (commi da 89 a 92 e 95 del citato
articolo);
- la disciplina delle unioni e fusioni di Comuni (commi 4, 105,
106, 117, 124, 130 e 133);
- la prevista predisposizione di «appositi programmi di
attivita'», di fonte ministeriale, per sostenere gli «interventi di
riforma» di cui alla legge impugnata, e per la «attuazione di quanto
previsto dall'art. 9 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95
[Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con
invarianza dei servizi ai cittadini], convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012 n. 135» (comma 149).
3.- Il primo gruppo di norme sottoposte al vaglio di
costituzionalita' attiene, come evidenziato, alla istituzione e
disciplina dell'ente territoriale, cosi' detto di «area vasta», delle
«Citta' metropolitane» (funzionale al prefigurato disegno finale di
soppressione delle Province con fonte legislativa di rango
costituzionale).
3.1.- Si tratta, in particolare, delle disposizioni di cui ai
seguenti commi della legge n. 56 del 2014:
- 5, che istituisce le Citta' metropolitane di Torino, Milano,
Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria, e
qualifica i principi della correlativa disciplina «di grande riforma
economica e sociale», con riguardo alle aree metropolitane da
adottare dalle Regioni autonome, in conformita' ai rispettivi
statuti;
- 6, che disegna il territorio delle Citta' metropolitane in
coincidenza «con quello della provincia omonima», facendo salva
«l'iniziativa dei comuni, ivi compresi i comuni capoluogo delle
province limitrofe [...] per l'adesione alla citta' metropolitana»;
- 7, 8 e 9, individuativi degli organi di dette «citta'» [«a) il
sindaco metropolitano; b) il consiglio metropolitano; c) la
conferenza metropolitana»] e delle correlative funzioni;
- 10 e 11, sulle materie disciplinate dallo statuto, con
previsione di delegabilita' di specifiche funzioni (da Comuni od
unioni) alla Citta' metropolitana e viceversa;
- 12 e 18, sulla tempistica per la costituzione delle Citta'
metropolitane;
- 13, sulla composizione e modalita' di elezione di una
conferenza statutaria per la redazione di una proposta di statuto
della Citta' metropolitana;
- 14, sulla temporanea e limitata prorogatio dei poteri di
Presidenti e Giunte delle Province in carica alla data di entrata in
vigore della legge n. 56 del 2014;
- 15, sulle prime elezioni del Consiglio metropolitano;
- 16, sulla successione delle Citta' metropolitane, nei rapporti
attivi e passivi, e nell'esercizio delle funzioni, delle Province
omonime, cui subentrano;
- 17, sulla procedura del potere sostitutivo ex art. 8 della
legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento
dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3), «in caso di mancata approvazione dello statuto
entro il 30 giugno 2015»;
- 19, per il quale «il sindaco metropolitano e' di diritto il
sindaco del comune capoluogo»;
- 21, sulla durata in carica del Consiglio metropolitano e sul
termine relativo all'indizione delle nuove elezioni dello stesso
Consiglio metropolitano, in caso di rinnovo del Consiglio del comune
capoluogo;
- 22, sulla condizione della previa articolazione, in piu'
Comuni, del territorio del Comune capoluogo, ai fini della
eleggibilita' diretta (ove statutariamente prevista) del sindaco e
del Consiglio metropolitano;
- 25, sulla composizione del «consiglio metropolitano» (eletto
dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni della Citta' metropolitana);
- 42, sulla conferenza metropolitana, «composta dal sindaco
metropolitano, che la convoca e la presiede, e dai sindaci dei comuni
appartenenti alla citta' metropolitana»;
- 48, sulle disposizioni e sul trattamento economico applicabili
al personale delle Citta' metropolitane.
3.2.- Nell'economia delle numerose censure formulate dalle
Regioni ricorrenti con riguardo al quadro delle sopra citate
disposizioni, rilievo preliminare (e potenzialmente assorbente)
assumono, nell'ordine, quella che denuncia il contrasto con l'art.
117, secondo comma, lettera p), Cost., sul presupposto che la
istituzione e la disciplina delle Citta' metropolitane non rientri in
alcuno dei tre ambiti di competenza legislativa statale individuati
tassativamente nella richiamata norma costituzionale; e quella che
deduce la violazione dell'art. 133, primo comma, Cost., per il quale
- ai fini del mutamento delle circoscrizioni provinciali e della
perimetrazione delle Citta' metropolitane nell'ambito di una Regione
- lo Stato potrebbe intervenire con proprie leggi, ma solo "su
iniziativa dei Comuni sentita la stessa Regione" e, quindi, all'esito
di un procedimento legislativo cosiddetto "rinforzato", nella specie,
viceversa, omesso.
3.2.1.- Ulteriori (subordinate) censure sono, poi in particolare,
rivolte alle disposizioni afferenti ai commi 7, 8, 9, 19, 25 e 42
dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, per supposta violazione degli
artt. 1, 5, 48, 114 e 117, primo comma, Cost. (quest'ultimo in
relazione al parametro interposto costituito dall'art. 3, comma 2,
della Carta europea dell'autonomia locale), nella parte in cui le
previste istituzione e disciplina della Citta' metropolitana quale
nuovo ente territoriale con un modello di governo di secondo grado,
caratterizzato totalmente da organi elettivi indiretti, si assume che
verrebbe a risultare in contrasto con il principio della
rappresentanza politica democratica e con quello della sovranita'
popolare, suscettibili, invece, di essere, derogati soltanto con
legge costituzionale, mediante l'osservanza del procedimento di
revisione aggravata previsto dall'art. 138 Cost.
3.2.2.- Le Regioni Lombardia e Veneto hanno anche prospettato la
illegittimita' costituzionale dei commi 7, 8, 9, 16, 19, 21, 25 e 42
dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, per violazione degli artt. 3,
5, 117, primo comma, e 118 Cost., sul presupposto che le censurate
disposizioni contrasterebbero con il principio di autonomia degli
enti territoriali locali, con quello di rappresentativita' e
democraticita' (non risultando prevista l'elezione di almeno un
organo collegiale a suffragio universale e diretto), oltre che con
quelli di sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione, la cui
lesione discenderebbe dalla disposta attribuzione della
regolamentazione dell'allocazione delle funzioni amministrative di
detti nuovi enti territoriali alla competenza statale, in dispregio
della riserva legislativa conferita alle Regioni.
La Regione Lombardia ha, altresi', espresso il dubbio di
violazione anche dell'art. 119 Cost. (oltre che dello stesso art.
117, primo comma, Cost., in relazione al parametro interposto
individuato nell'art. 9 della Carta europea dell'autonomia locale),
nella parte in cui le disposizioni denunciate si porrebbero in
contrasto con il principio di necessaria democraticita' del governo
delle autonomie locali, sotto l'ulteriore profilo del riconoscimento
della loro autonomia finanziaria e della loro autorita' impositiva.
3.2.3.- Per contrasto con gli artt. 114, secondo comma, e 120,
secondo comma, Cost., la Regione Puglia ha poi denunciato
l'incostituzionalita' del comma 17 (in correlazione anche ai
successivi commi 81 e 83) dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, in
ragione della prospettata illegittimita' della previsione
dell'esercizio del potere sostitutivo straordinario dello Stato per
l'eventualita' della mancata realizzazione della potesta' statutaria
delle Province e delle Citta' metropolitane.
3.2.4.- In riferimento ai parametri di cui agli artt. 1, 3, 48,
114, 117, primo comma, e 118 Cost., la Regione Lombardia ha censurato
poi il comma 19 del predetto art. 1, quanto alla adottata soluzione
per cui il sindaco del Comune capoluogo e' di diritto il sindaco
della Citta' metropolitana.
Le Regioni Puglia e Campania hanno esteso l'impugnativa al
successivo comma 22, per il profilo delle gravosita' degli
adempimenti e delle condizioni cui e' subordinata la possibilita' di
successiva elezione diretta del sindaco metropolitano.
3.2.5.- A sua volta, la disposizione di cui al sopra citato comma
48 - relativa alla applicazione al personale metropolitano delle
disposizioni vigenti per il personale delle Province - sarebbe,
secondo la Regione Puglia, «incostituzionale nella misura in cui si
riferisce anche alla disciplina inerente il rapporto d'ufficio, oltre
che a quella concernente il rapporto di servizio, da ritenersi di
competenza statale in virtu' del titolo di intervento "ordinamento
civile"».
3.2.6.- La medesima Regione Puglia, denuncia, infine, i commi 10
e 11, lettere b) e c), e, parallelamente, il comma 89, lettera a),
dell'art. 1 della legge in esame, nella parte in cui
disciplinerebbero aspetti organizzativi delle Citta' metropolitane (e
delle Province) diversi da quelli concernenti gli «organi di governo»
(art. 117, secondo comma, lettera p, Cost.); i commi 9 e 11 (e 89),
in quanto regolerebbero funzioni delle Citta' metropolitane (e delle
Province) non riconducibili alla competenza dello Stato in materia di
funzioni fondamentali o nelle altre materie di competenza esclusiva
di quest'ultimo (art. 118, secondo comma, Cost.).
3.3.- L'Avvocatura dello Stato ha contestato la fondatezza di
ciascuna delle riferite censure sulla premessa di fondo della
riconducibilita' delle norme impugnate alla competenza statuale, in
merito alla istituzione delle Citta' metropolitane, a suo avviso
implicata nell'art. 114 Cost.; sostenendo il sostanziale rispetto,
altresi', del procedimento di cui all'art. 133, primo comma, Cost.,
per quanto attiene alla correlativa conformazione territoriale, la
legittimita' dell'adottato modello di governo, di secondo grado, del
nuovo ente territoriale; ed escludendo, infine, la violazione dei
parametri evocati dalle ricorrenti con riguardo ai sopra menzionati
singoli specifici aspetti disciplinatori dell'ente medesimo.
3.4.- Le questioni sin qui esaminate non sono fondate.
3.4.1.- Non fondata e', innanzitutto, la preliminare questione di
competenza sollevata dalle ricorrenti sul presupposto che la mancata
espressa previsione della "istituzione delle citta' metropolitane"
nell'ambito di materia riservato alla legislazione esclusiva dello
Stato ex art. 117, comma secondo, lettera p), Cost. ne comporti
l'automatica attribuzione alla rivendicata competenza regionale
esclusiva, in applicazione della clausola di residualita' di cui al
quarto comma dello stesso art. 117.
Se esatta fosse, invero, una tale tesi si dovrebbe pervenire, per
assurdo, alla conclusione che la singola Regione sarebbe legittimata
a fare cio' che lo Stato "non potrebbe fare" in un campo che non puo'
verosimilmente considerarsi di competenza esclusiva regionale, quale,
appunto, quello che attiene alla costituzione della Citta'
metropolitana, che e' ente di rilevanza nazionale (ed anche
sovranazionale ai fini dell'accesso a specifici fondi comunitari).
E cio' a maggior ragione ove si consideri che con riguardo al
nuovo ente territoriale, le Regioni non avrebbero le competenze, che
l'evocato art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., riserva in via
esclusiva allo Stato, nella materia «legislazione elettorale, organi
di governo e funzioni fondamentali».
Correttamente, dunque, ha rilevato in contrario, nelle sue
difese, l'Avvocatura dello Stato che il novellato art. 114 Cost., nel
richiamare al proprio interno, per la prima volta, l'ente
territoriale Citta' metropolitana, ha imposto alla Repubblica il
dovere della sua concreta istituzione. E' proprio, infatti, tale
esigenza costituzionale che fonda la competenza legislativa statale
relativa alla istituzione del nuovo ente, che non potrebbe, del
resto, avere modalita' di disciplina e struttura diversificate da
Regione a Regione, senza con cio' porsi in contrasto con il disegno
costituzionale che presuppone livelli di governo che abbiano una
disciplina uniforme, almeno con riferimento agli aspetti essenziali.
D'altro canto, le Citta' metropolitane istituite dalla legge n.
56 del 2014, sono destinate a subentrare integralmente alle omonime
Province esistenti, la cui istituzione e' di competenza statale.
Quanto, infine, alla censura della Regione Campania - per cui
l'individuazione specifica delle nove province da trasformare in
Citta' metropolitane, con esclusione di un procedimento generale per
l'istituzione delle stesse, renderebbe la disposizione impugnata una
legge-provvedimento, e comporterebbe, per cio', violazione dei
principi costituzionali di ragionevolezza (art. 3), di
proporzionalita' e di imparzialita' (art. 97) - e' agevole rilevare,
in contrario, che quella impugnata, individua non una sola, ma tutte
le Province in relazione alle quali e' stata, al momento, ritenuta
opportuna la trasformazione in Citta' metropolitane. Si tratta,
pertanto, di una legge a carattere innegabilmente generale che,
nell'istituire le Citta' metropolitane, contiene anche l'elenco di
quelle effettivamente con essa istituite.
Ed a riprova di cio' rileva anche il fatto che la normativa in
esame costituisce, come detto, principio di grande riforma economica
e sociale per le Regioni a statuto speciale, ai sensi del comma 5,
ultimo periodo, dell'impugnato art. 1 della legge n. 56 del 2014.
Otto su dieci delle istituite Citta' metropolitane sono,
peraltro, gia' nell'esercizio delle loro funzioni, e gli statuti di
sei di queste sono gia' stati approvati alla data del 31 dicembre
2014.
3.4.2.- A sua volta non fondata e' anche la successiva questione
procedimentale, per asserito contrasto - con il precetto di cui
all'art. 133, primo comma, Cost. - della disposizione individuativa
del territorio della Citta' metropolitana (fatto coincidere «con
quello della provincia omonima»), di cui al comma 6 dell'art. 1 della
legge n. 56 del 2014.
Con la legge in esame il legislatore ha inteso realizzare una
significativa riforma di sistema della geografia istituzionale della
Repubblica, in vista di una semplificazione dell'ordinamento degli
enti territoriali, senza arrivare alla soppressione di quelli
previsti in Costituzione. L'intervento - che peraltro ha solo
determinato l'avvio della nuova articolazione di enti locali, al
quale potranno seguire piu' incisivi interventi di rango
costituzionale - e' stato necessariamente complesso.
Cio' giustifica la mancata applicazione delle regole procedurali
contenute nell'art. 133 Cost., che risultano riferibili solo ad
interventi singolari, una volta rispettato il principio, espresso da
quelle regole, del necessario coinvolgimento delle popolazioni locali
interessate, anche se con forme diverse e successive, al fine di
consentire il predetto avvio in condizioni di omogeneita' sull'intero
territorio nazionale.
Il denunciato comma 6 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, non
manca, infatti, di prevedere espressamente «l'iniziativa dei comuni,
ivi compresi i comuni capoluogo delle province limitrofe», ai fini
dell'adesione (sia pure ex post) alla Citta' metropolitana, il che
per implicito comporta la speculare facolta' di uscirne, da parte dei
Comuni della Provincia omonima; e, a tal fine, la stessa norma
dispone che sia sentita la Regione interessata e che, in caso di suo
parere contrario, sia promossa una «intesa» tra la Regione stessa ed
i comuni che intendono entrare nella (od uscire dalla) Citta'
metropolitana. E cio' testualmente, «ai sensi dell'articolo 133,
primo comma, della Costituzione» e «nell'ambito della procedura di
cui al predetto articolo 133». Il che autorizza una lettura del
citato comma 6 conforme al parametro in esso richiamato: lettura,
questa, costituzionalmente adeguata che, per un principio di
conservazione, non puo' non prevalere su quella, contra
Constitutionem, presupposta dalle Regioni ricorrenti.
3.4.3.- Anche il modello di governo di secondo grado adottato
dalla legge n. 56 del 2014 per le neoistituite Citta' metropolitane
supera il vaglio di costituzionalita' in relazione a tutti i
parametri evocati dalle quattro ricorrenti.
Il tentativo delle difese regionali - di ricondurre
l'utilizzazione del termine "sovranita'" al concetto di sovranita'
popolare, di cui al secondo comma dell'art. 1 Cost., e di
identificare la sovranita' popolare con gli istituti di democrazia
diretta e con il sistema rappresentativo che si esprime anche nella
(diretta) partecipazione popolare nei diversi enti territoriali - e'
gia' stato, infatti, ritenuto «non condivisibile» da questa Corte,
nella sentenza n. 365 del 2007.
La natura costituzionalmente necessaria degli enti previsti
dall'art. 114 Cost., come «costitutivi della Repubblica», ed il
carattere autonomistico ad essi impresso dall'art. 5 Cost. non
implicano, infatti, cio' che le ricorrenti pretendono di desumerne, e
cioe' l'automatica indispensabilita' che gli organi di governo di
tutti questi enti siano direttamente eletti.
Con la sentenza n. 274 del 2003 e la successiva ordinanza n. 144
del 2009, e' stata, del resto, esclusa la totale equiparazione tra i
diversi livelli di governo territoriale e si e' evidenziato come
proprio i principi di adeguatezza e differenziazione, nei ricorsi in
esame piu' volte evocati, comportino la possibilita' di diversificare
i modelli di rappresentanza politica ai vari livelli.
E nella gia' richiamata sentenza n. 365 del 2007, e' stato
ribadito che «ne[anche] tra le pur rilevanti modifiche introdotte
dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione) puo' essere individuata una
innovazione tale da equiparare pienamente tra loro i diversi soggetti
istituzionali, che pure tutti compongono l'ordinamento repubblicano,
cosi' da rendere omogenea la stessa condizione giuridica di fondo
dello Stato, delle Regioni e degli enti territoriali».
D'altra parte gia' con la sentenza n. 96 del 1968, questa Corte
ha affermato la piena compatibilita' di un meccanismo elettivo di
secondo grado con il principio democratico e con quello
autonomistico, escludendo che il carattere rappresentativo ed
elettivo degli organi di governo del territorio venga meno in caso di
elezioni di secondo grado, «che, del resto, sono prevedute dalla
Costituzione proprio per la piu' alta carica dello Stato».
Ed alla luce di tale principio va escluso che la materia
«legislazione elettorale» di Citta' metropolitane - devoluta alla
competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera
p), Cost. - si riferisca specificamente ed esclusivamente ad un
procedimento di elezione diretta, attesa anche la natura
polisemantica dell'espressione usata dal Costituente, come tale
riferibile ad entrambi i modelli di «legislazione elettorale».
Ne', infine, sussiste la denunciata incompatibilita' della
normativa impugnata con l'art. 3, comma 2, della Carta europea
dell'autonomia locale, invocata dalle ricorrenti - come parametro
interposto ai fini della violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.
- nella parte in cui prevederebbe che almeno uno degli organi
collegiali sia ad elezione popolare diretta.
A prescindere dalla natura di documento di mero indirizzo della
suddetta Carta europea, che lascia ferme «le competenze di base delle
collettivita' locali [...] stabilite dalla Costituzione o della
legge», come riconosciuto nella sentenza di questa Corte n. 325 del
2010, al fine, appunto, di escludere l'idoneita' delle disposizioni
della Carta stessa ad attivare la violazione dell'art. 117, primo
comma, Cost., e' comunque decisivo il rilievo che l'espressione usata
dalla norma sovranazionale, nel richiedere che i membri delle
assemblee siano "freely elected", ha, si', un rilievo centrale quale
garanzia della democraticita' del sistema delle autonomie locali, ma
va intesa nel senso sostanziale della esigenza di una effettiva
rappresentativita' dell'organo rispetto alle comunita' interessate.
In questa prospettiva non e' esclusa la possibilita' di una
elezione indiretta, purche' siano previsti meccanismi alternativi che
comunque permettano di assicurare una reale partecipazione dei
soggetti portatori degli interessi coinvolti.
Tali meccanismi, nella specie, sussistono, essendo imposta la
sostituzione di coloro che sono componenti "ratione muneris"
dell'organo indirettamente eletto, quando venga meno il munus (art.
1, comma 25, ed analogamente, con riguardo ad organi delle Province,
commi 65 e 69). E di cio' non e' menzione nei ricorsi, che si
limitano a porre la questione di costituzionalita' in termini
generali e astratti, senza alcun riferimento puntuale ne' alla
concreta disciplina ne' ai compiti attribuiti alle Citta'
metropolitane e alle nuove Province, profilo, quest'ultimo, non
irrilevante anche nella prospettiva della Carta europea.
Il comma 22 del denunciato art. 1 espressamente, comunque,
dispone che «lo Statuto della citta' metropolitana puo' prevedere
l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano».
Il procedimento per l'elezione del Consiglio metropolitano e',
inoltre, in ogni suo aspetto, puntualmente disciplinato dalle
disposizioni di cui ai commi da 26 a 39 dell'art. 1 della legge n. 56
del 2014 e nessuna censura le quattro Regioni ricorrenti hanno
rivolto anche a dette disposizioni.
3.4.4.- Superano parimenti la verifica di costituzionalita' le
ulteriori censurate piu' specifiche disposizioni disciplinatorie
della Citta' metropolitana:
a) quanto alla figura del sindaco metropolitano, perche', per un
verso, la sua individuazione nel sindaco del Comune capoluogo di
Provincia, sub comma 19 dell'art. 1 in esame, non e' irragionevole in
fase di prima attuazione del nuovo ente territoriale (attesi il
particolare ruolo e l'importanza del Comune capoluogo intorno a cui
si aggrega la Citta' metropolitana), e non e', comunque,
irreversibile, restando demandato, come detto, allo statuto di detta
citta' di optare per l'elezione diretta del proprio sindaco. E, per
altro verso, perche' la «articolazione territoriale del comune
capoluogo in piu' comuni» - che il successivo comma 22 pone come
presupposto per l'elezione diretta del sindaco metropolitano - non
viola l'art. 133, secondo comma, Cost., non comprimendo in alcun modo
le prerogative del legislatore regionale e non eliminando il
coinvolgimento, nel procedimento, delle popolazioni interessate,
atteso che la «proposta del Consiglio comunale deve essere sottoposta
a referendum tra tutti i cittadini della citta' metropolitana su base
delle rispettive leggi regionali» - ne' contrasta con l'art. 117,
secondo comma, lettera p), Cost., essendo il presupposto, di cui si
discute, comunque, riconducibile alla competenza statuale esclusiva
in materia di «legislazione elettorale [...] di [...] citta'
metropolitane»;
b) quanto alla conferenza metropolitana - cui il comma 8 (ultimo
periodo) attribuisce «poteri propositivi e consultivi» - la censura
formulata in ragione del carattere riduttivo di tali attribuzioni,
nel contesto del sistema di governo della citta' metropolitana, e'
agevolmente superata dalla considerazione che la conferenza puo'
vedersi attribuite ulteriori competenze dallo statuto, atto
fondamentale di autorganizzazione dell'ente, il quale viene approvato
dalla conferenza stessa; per cui proprio la conferenza si configura,
dunque, come organo decisore finale delle proprie competenze, fatte
salve quelle riservate in via esclusiva al sindaco metropolitano;
c) quanto al personale delle Citta' metropolitane, perche' la
disposizione di cui al comma 48 - che applica allo stesso il
trattamento vigente per il personale delle Province, al quale, ove
trasferito mantiene «fino al prossimo contratto il trattamento in
godimento» - attiene alla sola prima fase del procedimento (per altro
gia' in stato di avanzata attuazione) di riallocazione del personale
a seguito del riordino delle funzioni attribuite agli enti coinvolti
e dei profili finanziari connessi alla riforma introdotta dalla legge
n. 56 del 2014. La quale, nella misura in cui coinvolga la materia
«diritto civile», nella quale ricade la disciplina dei contratti in
questione, risponde ad un titolo di competenza esclusiva dello Stato;
d) quanto alle «norme fondamentali dell'organizzazione
dell'ente», ivi comprese le attribuzioni degli organi, nonche'
l'articolazione delle loro competenze - che il comma 10 demanda allo
statuto di stabilire - perche' cio' che si censura rientra, comunque,
nella disciplina complessiva degli «organi di governo» di cui alla
lettera p) del comma secondo dell'art. 117, Cost., oltreche' - per
quanto gia' detto - in quella relativa alla Citta' metropolitana di
cui all'art. 114 Cost.;
e) quanto alle modalita' di organizzazione e di esercizio delle
funzioni metropolitane - che i commi 10 e 11, lettere b) e c), fanno
rientrare tra i contenuti disciplinatori dello statuto - perche' non
ha pregio, per le ragioni di cui sopra, la censura che presuppone
limitata alla disciplina dei singoli organi di governo la competenza
statale relativa alla Citta' metropolitana;
f) quanto all'esercizio del potere statuale sostitutivo -
previsto dal comma 17, «in caso di mancata approvazione dello statuto
entro il 30 giugno 2015» - perche' detta disposizione, a torto
censurata in riferimento agli artt. 114, secondo comma, e 120,
secondo comma, Cost., trova la sua giustificazione nell'esigenza di
realizzare il principio dell'unita' giuridica su tutto il territorio
nazionale in merito all'attuazione del nuovo assetto ordinamentale
previsto dalla legge n. 56 del 2014.
3.4.5.- Puo' dichiararsi cessata la materia del contendere con
riguardo, infine, alla disposizione di cui al comma 13 che, a
distanza di poco piu' di due settimane (e senza possibilita', dunque,
di sua applicazione medio tempore), e' stata abrogata dall'art. 19,
comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per
la competitivita' e la giustizia sociale), convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n.
89.
4.- Il secondo gruppo di disposizioni denunciate attiene, come
detto, al nuovo modello ordinamentale delle Province (per le quali,
tuttavia, e' in corso l'approvazione di un progetto - da realizzarsi
nelle forme di legge costituzionale - che ne prevede la futura
soppressione, con la loro conseguente eliminazione dal novero degli
enti autonomi riportati nell'art. 114 Cost., come, del resto,
chiaramente evincibile dall'incipit contenuto nel comma 51 dell'art.
1 della legge in esame).
4.1.- Si tratta, in particolare, delle disposizioni di cui ai
seguenti commi dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014:
- 54, che definisce organi delle Province «esclusivamente: a) il
presidente della provincia, b) il consiglio provinciale; c)
l'assemblea dei sindaci»;
- 55, 58 e da 60 a 65, sulle funzioni, sui requisiti di
eleggibilita' e sulle modalita' di elezione, nonche' sulle cause di
decadenza del Presidente della Provincia;
- 56, sulla assemblea dei sindaci («costituita dai sindaci dei
comuni appartenenti alla provincia»);
- 57, sulla possibilita' che gli statuti delle Province
prevedano, d'intesa con la regione, «la costituzione di zone omogenee
per specifiche funzioni, con organismi collegati agli organi
provinciali senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica»;
- 67 e da 69 a 78, sulla composizione del Consiglio provinciale e
sui requisiti di eleggibilita' e modalita' di elezione dei
consiglieri provinciali;
- 79, sulla elezione del Presidente della Provincia e del
Consiglio provinciale «in sede di prima applicazione della presente
legge»;
- 81 e 83, sulle «modifiche statutarie conseguenti alla presente
legge», demandate al Consiglio provinciale (ed alla approvazione del
collegio dei sindaci) ed all'eventuale esercizio del potere
sostitutivo ex art. 8 della legge 5 giugno 2013, n. 131 (Disposizioni
per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
4.2.- Anche con riguardo a tale complessivo contesto normativo le
ricorrenti convergono nell'ipotizzare la violazione, in primo luogo,
degli artt. 5 e 114, oltre che all'art. 117, primo comma, Cost., con
riferimento al parametro interposto individuabile nel gia' richiamato
art. 3, comma 2, della cosiddetta Carta europea dell'autonomia
locale, sul presupposto che le Province non sarebbero, per l'effetto,
piu' configurate come enti rappresentativi delle popolazioni locali
(secondo quanto ancora impone la Costituzione attuale), ma come enti
di secondo grado, la cui modalita' elettiva degli organi politici
comporterebbe la totale esclusione dell'esercizio della sovranita'
popolare.
Prospettano, inoltre, la violazione dei principi di
sussidiarieta' verticale e di ragionevolezza, in ragione della
ritenuta inversione logica del modello di allocazione/distribuzione
delle funzioni amministrative rispetto alla disciplina contemplata
dalla Costituzione, con conseguente lesione del principio di
necessaria democraticita' di governo delle autonomie locali, anche in
ordine al riconoscimento della loro autonomia finanziaria e della
loro autorita' impositiva.
Sostiene, altresi', in particolare la Regione Veneto, che le
disposizioni in esame violerebbero gli artt. 1, 48, 5, 97, 114, 117,
118, 119 e 120 Cost., nella parte relativa alla disposta proroga
delle gestioni commissariali in corso ed alla legittimazione di
proroghe ulteriori.
4.3.- Anche le censure rivolte al riordino delle Province sono
non fondate.
4.3.1.- In primo luogo, non pertinente e' l'evocazione del
parametro di cui all'art. 138 Cost.
Come, infatti, chiarito dalla sentenza n. 220 del 2013, il
procedimento di cui al richiamato art. 138 risulterebbe obbligato nel
solo caso di soppressione delle Province, e non anche in quello -
che, nella specie, viene in rilievo - di riordino dell'ente medesimo.
4.3.2.- A loro volta, le censure rivolte al modello di governo di
secondo grado, parimenti adottato per il riordinato ente Provincia,
risultano non fondate (anche con riguardo al vulnus che si assume
derivante all'autonomia finanziaria, di entrate di spesa, ove
riconducibile ad organi non direttamente rappresentativi) sulla base
delle medesime ragioni gia' esposte con riferimento alle Citta'
metropolitane e della considerazione che inerisce, comunque, alla
competenza dello Stato - nella materia «legislazione elettorale,
organi di governo e funzioni fondamentali di [...] province» (art.
117, secondo comma, lettera p, Cost., - ogni altro denunciato aspetto
disciplinatorio, appunto, di detto ente territoriale.
4.3.3.- Quanto, infine, alla proroga dei commissariamenti, non e'
esatto che questa sarebbe - come si denuncia - sine die.
Il comma 82 dell'art. 1 in esame - nel testo sostituito dall'art.
23, comma 1, lettera f), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90
(Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza
amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari),
convertito, con modificazioni dall'art. 1, comma 1, della legge 11
agosto 2014, n. 114 - dispone, infatti, che, per le Province gia'
oggetto di commissariamento, il commissario, a partire dal 1° luglio
2014, muti natura, e cioe', sostanzialmente, decada, dando vita, pur
nella coincidenza della persona fisica, ad un organo diverso che,
privo dei poteri commissariali, e' chiamato ad assicurare, a titolo
gratuito, la gestione della fase transitoria solo «per l'ordinaria
amministrazione e per gli atti urgenti e indifferibili, fino
all'insediamento del presidente della provincia eletto ai sensi dei
commi da 58 a 78».
5.- Il terzo gruppo di censure e' rivolto al riordino delle
funzioni ancora attribuite alle Province ed allo scorporo di quelle
attribuite ad altri enti.
5.1.- Si tratta, in particolare, delle disposizioni di cui ai
seguenti commi dell'art. 1 della legge in esame:
- 89, sulle funzioni (diverse da quelle "fondamentali", che «in
attesa della riforma del titolo V, parte seconda, della Costituzione»
continuano ad essere esercitate dalle Province), che «nell'ambito del
processo di riordino sono trasferite dalle province ad altri enti
territoriali»;
- 90, sul procedimento per il trasferimento delle funzioni di cui
sopra;
- 91, secondo cui «Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, sentite le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative, lo Stato e le regioni individuano in
modo puntuale, mediante accordo sancito nella Conferenza unificata,
le funzioni di cui al comma 89 oggetto del riordino e le relative
competenze»;
- 92, sul procedimento e sui criteri generali per
«l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane,
strumentali e organizzative connesse all'esercizio delle funzioni che
devono essere trasferite, ai sensi dei commi da 85 a 97, dalle
province agli enti subentranti, garantendo i rapporti di lavoro a
tempo indeterminato in corso, nonche' quelli a tempo determinato in
corso fino alla scadenza per essi prevista»;
- 95, per il quale «La regione, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, provvede, sentite le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, a dare
attuazione all'accordo di cui al comma 91. Decorso il termine senza
che la regione abbia provveduto, si applica l'articolo 8 della legge
5 giugno 2003, n. 131».
5.2.- Al riguardo le quattro ricorrenti - con riferimento ai
parametri di cui agli artt. 3, 97, 114, 117, secondo comma, lettera
p), e 120 Cost. - denunciano, in particolare, le disposizioni di cui
ai commi 89, 90, 91, 92 e 95 (e la Regione Veneto anche quelle di cui
ai commi 54, 55, 56, 58, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 67 e da 69 a 79),
nella parte in cui dette norme, nel loro complesso, conferirebbero
alla legislazione statale, al di fuori della competenza esclusiva
nella materia «funzioni fondamentali delle Province», un titolo di
competenza illegittimo, appartenendo la legittimazione a stabilire le
modalita' e le tempistiche per la riallocazione delle funzioni "non
fondamentali" delle Province, nonche' ad individuare le risorse
connesse agli eventuali trasferimenti, alla competenza regionale,
alla stregua dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed
adeguatezza ed in conformita' ai principi di ragionevolezza,
dell'opportunita' e della coerenza con i fini perseguiti, oltre che
di quello del buon andamento dell'azione amministrativa e del
principio di leale collaborazione a cui deve informarsi l'esercizio
del potere sostitutivo.
Inoltre, i limiti ed i vincoli imposti dal legislatore regionale,
fuori dagli ambiti di competenza dello Stato, comprimerebbero,
illegittimamente, il potere regionale di individuare il livello di
governo piu' idoneo all'esercizio delle funzioni amministrative di
propria competenza.
In particolare, secondo la Regione Puglia, la previsione sub
comma 92 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, - per cui «i criteri
generali per l'individuatone dei beni e delle risorse finanziarie,
umane, strumentali e organizzative connesse all'esercizio delle
funzioni che devono essere trasferite» siano stabiliti «con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri», ancorche' «previa intesa
in sede di Conferenza unificata» - violerebbe, a sua volta, gli artt.
3, primo comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto volta a
determinare una uniforme allocazione di funzioni amministrative agli
enti di area vasta in tutte le Regioni, in contrasto con il principio
di eguaglianza e di ragionevolezza (che imporrebbe, invece, di
distinguere il trattamento giuridico di situazioni non omogenee) e
con il principio di differenziazione. E contrasterebbe, altresi', con
l'art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui si rivolgerebbe a
funzioni ricadenti nelle materie di competenza concorrente in quanto
tale disposizione costituzionale impone che principi fondamentali
siano stabiliti dallo Stato, mediante fonte di rango legislativo, e
non mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
La medesima disposizione, sub comma 92, e' censurata dalla
Regione Veneto, per contrasto con gli artt. 117, terzo e quarto
comma, e 118 Cost., sul presupposto che implichi un rovesciamento nel
procedimento di allocazione delle funzioni, una volta che «la
definizione dei criteri del trasferimento delle funzioni fondamentali
[...] non avviene nella fase di previe disposizioni di legge
regionale [...] nel rispetto del riparto della competenza previsto
dall'art. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione [...]».
Mentre un vulnus ulteriore ai parametri costituzionali di cui
sopra e' pressoche' concordemente individuata dalle ricorrenti anche
con riferimento all'esercizio del potere sostitutivo ricollegato, dal
successivo comma 95, al mancato rispetto, da parte delle Regioni, del
termine (di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge n.
56 del 2014) stabilito per la individuazione delle funzioni, non
fondamentali, delle Province oggetto del riordino, con le modalita'
di cui al comma 91 (id est: «sentite le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative [...] mediante accordo sancito dalla
Conferenza unificata»).
5.3.- L'esame delle questioni che precedono non puo' prescindere
da una sia pur sintetica ricognizione del complessivo quadro
normativo, all'interno del quale si collocano le disposizioni come
sopra specificatamente denunciate.
I commi da 85 a 96 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014
riguardano le funzioni delle "nuove" Province (in carica nelle more
della riforma del Titolo V della Costituzione), indicando quelle
"fondamentali" - che rimangono a loro attribuite - e prevedendo, per
le altre funzioni esercitate all'atto dell'entrata in vigore della
citata legge n. 56 del 2014 (ovvero all'8 aprile 2014), il
trasferimento delle stesse ad altri enti territoriali (comma 89).
Nel menzionato complesso di disposizioni viene, in sostanza,
disegnato un dettagliato meccanismo di determinazione delle intere
funzioni, all'esito del quale la Provincia continuera' ad esistere
quale ente territoriale "con funzioni di area vasta", le quali,
peraltro, si riducono a quelle qualificate "fondamentali" (elencate
nel comma 85) e a quelle, meramente eventuali, indicate nei commi 88
e 90.
Con riferimento al procedimento di riordino delle funzioni ancora
attribuite alle Province e allo scorporo di quelle a tale ente
sottratte e riassegnate ad altri enti, si prevede che, entro tre mesi
dall'entrata in vigore della legge n. 56 del 2014, in attuazione
dell'art. 118 Cost., lo Stato e le Regioni, sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative, individuino in modo puntuale,
mediante accordo sancito in Conferenza unificata, le funzioni di cui
al comma 89 oggetto della complessiva riorganizzazione e le relative
competenze (comma 91). E cio' avendo riguardo alle seguenti
finalita': determinazione dell'ambito territoriale ottimale di
esercizio per ciascuna funzione; efficacia nello svolgimento delle
funzioni fondamentali da parte dei Comuni e delle Unioni di Comuni;
riconoscimento di esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento
e deleghe di esercizio tra gli enti territoriali coinvolti nel
processo di riordino, attraverso intese o convenzioni.
Allo scopo di rendere concretamente operativo il trasferimento
delle funzioni come descritte, nel termine previsto dal comma 91, il
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro
dell'interno e del Ministro per gli affari regionali, di concerto con
i Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione e
dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza
unificata, avrebbe dovuto stabilire - con proprio decreto - i criteri
generali per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie,
umane (previa consultazione delle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative), strumentali e organizzative connesse
all'esercizio delle funzioni che sarebbero state trasferite agli enti
subentranti, garantendo i rapporti di lavoro in corso.
Nell'eventualita' del mancato raggiungimento in sede di
Conferenza unificata dell'accordo circa l'individuazione delle
funzioni oggetto del riordino (previste dal comma 91), ovvero
dell'intesa in ordine alla determinazione dei criteri generali per
l'individuazione di quanto contemplato dal comma 92, al Presidente
del Consiglio veniva riconosciuta (dal comma 93) la possibilita' di
disporre quanto necessario con riferimento alle funzioni
amministrative delle Province di competenza statale, mentre, in
relazione alle funzioni di competenza delle Regioni, queste avrebbero
dovuto dare attuazione, entro sei mesi dall'entrata in vigore della
legge n. 56 del 2014, all'accordo relativo all'individuazione delle
funzioni da trasferire agli enti subentranti, prevedendosi che, in
difetto, sarebbe stato possibile ricorrere all'esercizio del potere
sostitutivo di cui all'art. 8 della legge n. 131 del 2003 (comma 95),
riguardante l'attuazione dell'art. 120 Cost.
Importanza centrale, nel descritto complesso procedimento di
riordino, rivestiva, dunque, l'accordo in Conferenza unificata, quale
accordo-quadro demandato all'individuazione, in primo luogo, del
concreto perimetro delle funzioni fondamentali (comma 85) e, di
conseguenza, alla determinazione delle altre funzioni oggetto di
possibile trasferimento. Ed e' sulla base di tale accordo che lo
Stato e le Regioni avrebbero dovuto emanare gli atti di propria
competenza, nel rispetto del riparto delle competenze legislative
previsto dalla Costituzione, in modo da ricomporre le funzioni
amministrative, in modo organico, a livello di governo ritenuto
adeguato.
Piu' in dettaglio, l'accordo previsto dal comma 91 avrebbe
dovuto:
1) prioritariamente, far confluire nei nuovi cataloghi di
funzioni fondamentali delle Province e delle Citta' metropolitane le
funzioni amministrative gia' svolte dalle Province, al fine di
salvaguardare l'integrita' di funzionamento degli enti,
l'organizzazione del lavoro e l'efficienza dei servizi, nonche'
l'equilibrio finanziario, in modo da sostanziare la portata del comma
85 individuante le funzioni fondamentali residuate (elencate dalla
lettera a alla lettera f);
2) individuare e puntualizzare, di conseguenza, quali funzioni
diverse da quelle fondamentali sarebbero state rimesse alla
legislazione regionale, secondo la competenza per materia prevista
dall'art. 117, commi terzo e quarto, Cost. (precisandosi che su tali
funzioni l'accordo avrebbe dovuto comunque garantire che il riordino
ad opera delle singole Regioni non poteva comportare la costituzione
di nuovi enti e agenzie);
3) allo stesso modo, individuare le funzioni nelle materie di
competenza legislativa statale, che il d.P.C.m. attuativo avrebbe
dovuto, poi, trasferire.
5.4.- I riportati passaggi procedimentali risultano, allo stato,
peraltro, gia' attuati, mediante la conclusione dell'Accordo in
Conferenza unificata previsto dal citato comma 91, intervenuto in
data 11 settembre 2014 (anziche' entro l'8 luglio 2014, come
stabilito dalla stessa disposizione).
Con tale accordo e' stato, in particolare, convenuto tra lo Stato
e le Regioni che:
- ai sensi del comma 89, Stato e Regioni attribuiscono le
funzioni provinciali diverse da quelle fondamentali secondo le
rispettive competenze, per cui lo Stato puo' e deve provvedere solo
per le funzioni che rientrano nelle materie di propria competenza
legislativa esclusiva, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, Cost.
(oltre che per quelle specificamente a lui attribuite in materia di
tutela delle minoranze), mentre alle Regioni spetta di provvedere per
tutte le altre attualmente esercitate dalle Province (punto 9,
lettera a);
- quanto alle funzioni il cui riordino spetta alle Regioni, Stato
e Regioni prendono atto e condividono che le funzioni attualmente
svolte dalle Province che rientrano nelle competenze regionali sono
necessariamente differenziate Regione per Regione. Si concorda a tal
fine che ciascuna Regione provveda a definire l'elenco delle funzioni
fondamentali di cui all'art. 1, comma 85, della legge n. 54 del 2014,
e ad operare il riordino nel rispetto dei principi e secondo le
modalita' concordati nel presente Accordo (punto 9, lettera c);
- lo Stato si impegna ad adottare il d.P.C.m. di cui al comma 92
dell'art. 1 della legge, anche per la parte relativa alle funzioni
amministrative degli enti di vasta area di competenza statale,
contestualmente alla sottoscrizione dell'Accordo in sede di
Conferenza unificata, mentre le Regioni si impegnano ad adottare le
iniziative legislative di loro competenza entro il 31 dicembre 2014
(punto 10).
E, proprio in virtu' di quest'ultima disposizione, il Presidente
del Consiglio dei ministri ha adottato in data 26 settembre 2014,
l'apposito decreto per l'individuazione dei criteri fondamentali per
la definizione ed il trasferimento dei beni e risorse connessi alle
funzioni oggetto del riordino (fondamentali e non), oltreche' per la
mobilita' del personale, garantendosi l'intervento delle associazioni
sindacali.
5.5.- In dipendenza dell'attuazione del complesso procedimento
delineato nei commi da 89 a 92 dell'art. 1 della legge n. 56 del
2014, culminato nell'Accordo sancito nella Conferenza unificata
dell'11 settembre 2014 e seguito dall'emissione del d.P.C.m. indicato
nel comma 92, puo' ritenersi venuto meno l'interesse delle Regioni
ricorrenti e si puo', quindi, dichiarare cessata la materia del
contendere sul complesso motivo in esame, sia in virtu' della
definizione congiunta delle competenze (in relazione al processo di
riordino) e della loro ripartizione tra Stato e Regioni in
conformita' dei titoli di legittimazione stabiliti dalla Costituzione
e delle linee direttrici della stessa legge n. 56 del 2014, sia avuto
riguardo al rispettato principio di leale collaborazione da parte
dello Stato. Atteso che quest'ultimo - proprio al fine di
concretizzare il menzionato procedimento complessivo di
riorganizzazione delle funzioni - ne ha posto in essere la modalita'
attuativa rispettando il criterio della stipula dell'Accordo in sede
di Conferenza unificata imposto dal comma 91, ispirata dalla
necessaria concertazione con le Regioni, sentite previamente le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. In tal modo
non gia' agendo secondo una logica di esercizio di potere
unilaterale, bensi' di garanzia della esplicazione in una posizione
paritaria del ruolo delle Regioni partecipanti all'accordo, e cosi'
assicurando il rispetto del predetto fondamentale principio.
5.6.- Non fondata e' poi la questione di costituzionalita'
riferita all'art. 1, commi 17, 81 e 83, della legge n. 56 del 2014 -
sollevata dalla Regione Puglia in relazione agli artt. 114, secondo
comma, e 120, secondo comma Cost. - con riguardo alla denunciata
illegittimita' della previsione dell'esercizio del potere sostitutivo
straordinario dello Stato per l'eventualita' della mancata
realizzazione della potesta' statutaria delle Province e delle Citta'
metropolitane. E cio' in quanto le norme censurate mirano ad
assicurare il necessario principio dell'unita' giuridica su tutto il
territorio nazionale (finalita', tra le altre, esplicitamente
contemplata dal secondo comma dell'art. 120 Cost.) con l'attuazione
del nuovo assetto ordinamentale rivisto dalla stessa legge n. 56 del
2014 e perche', in ogni caso, il potere sostitutivo statuale trova il
suo fondamento espresso nella legge, dalla quale risulta la
definizione dei presupposti sostanziali, e costituisce la
manifestazione degli interessi unitari alla cui salvaguardia e'
propriamente preordinato l'intervento surrogatorio dello Stato (ex
plurimis, sentenze n. 121 del 2012; n. 73 e n. 43 del 2004).
Per di piu', ove la singola Regione destinataria dell'esercizio
del potere sostitutivo del Governo ritenesse l'illegittimita'
dell'iniziativa statale in via sostitutiva siccome compiuta in
difetto delle condizioni normative ed in difformita' dei presupposti
applicativi statuiti dalla giurisprudenza costituzionale, potrebbe, a
tutela della propria autonomia, attivare i rimedi giurisdizionali
ritenuti adeguati, ivi compreso il conflitto di attribuzione.
5.7.- Analogamente non fondata e' la questione che attiene alla
previsione (sub comma 95) del potere sostitutivo dello Stato in caso
di inerzia delle Regioni rispetto all'attuazione dell'accordo di cui
al comma 91.
E cio' in quanto il procedimento, nel quale si inserisce un tal
censurato potere sostitutivo, trova la sua giustificazione
nell'esigenza di garantire che le attivita' attualmente svolte dalle
Province siano mantenute in capo ai nuovi enti destinatari, senza
soluzione di continuita', nell'interesse dei cittadini e della
comunita' nazionale.
6. - Il quarto gruppo di questioni ha ad oggetto:
a) le disposizioni che concernono le «unioni di comuni», di cui
al comma 4 (che li definisce «enti locali costituiti da due o piu'
comuni per l'esercizio associato di funzioni o servizi di loro
competenza») ed ai commi 105 e 106 dell'art. 1 della legge impugnata,
sulla correlativa disciplina («L'unione ha potesta' statutaria e
regolamentare e ad essa si applicano, in quanto compatibili e non
derogati con le disposizioni della legge recante disposizioni sulle
citta' metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di
comuni, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni, con
particolare riguardo allo status degli amministratori,
all'ordinamento finanziario e contabile, al personale e
all'organizzazione»);
b) le disposizioni, di cui ai successivi commi 117, 124, 130 e
133 del medesimo art. 1, che disciplinano i procedimenti di fusione
di piu' Comuni in un nuovo Comune e di incorporazione di un Comune in
altro contiguo.
6.1.- In particolare, la Regione Campania ha, per un verso,
dedotto il supposto difetto del titolo di competenza in capo allo
Stato, ravvisando - in ordine alla regolamentazione normativa delle
Unioni di Comuni - la sussistenza della competenza regionale
residuale in relazione al disposto dell'art. 117, quarto comma, Cost.
e, per altro verso, avuto riguardo alle censure attinenti al
procedimento di fusione tra Comuni (con specifico riferimento ai
commi 22 e 130 dell'art. 1 della legge in questione), ha denunciato
la lesione degli artt. 123, primo comma, e 133, secondo comma, Cost.,
sotto il profilo dell'asserita invasione della competenza regionale
nella materia concernente l'istituzione di nuovi enti comunali
nell'ambito del suo territorio (cosi' come la modificazione delle
inerenti circoscrizioni o delle relative denominazioni), da
realizzarsi, oltretutto, garantendo la preventiva audizione delle
popolazioni concretamente interessate, e senza trascurare, altresi',
la (ritenuta) violazione della riserva statutaria regionale in ordine
alla disciplina dei referendum riguardanti le leggi ed i
provvedimenti di competenza, per l'appunto, regionale.
La Regione Puglia, dal suo canto, ha dedotto - sia con
riferimento alla disciplina delle Unioni tra Comuni che con riguardo
a quella della fusione tra gli stessi - l'illegittimita' delle
relative disposizioni sotto il profilo della ravvisata violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., dovendosi, anche a
suo avviso, a proposito di detta materia, ritenere operativa la
competenza regionale residuale prevista dal medesimo art. 117 al
quarto comma.
6.2.- Anche tali questioni sono non fondate.
6.2.1.- Non e' ravvisabile, in primo luogo, la dedotta violazione
della competenza regionale con riguardo alle introdotte nuove
disposizioni disciplinatrici delle Unioni di Comuni.
Tali unioni - risolvendosi in forme istituzionali di associazione
tra Comuni per l'esercizio congiunto di funzioni o servizi di loro
competenza e non costituendo, percio', al di la' dell'impropria
definizione sub comma 4 dell'art. 1, un ente territoriale ulteriore e
diverso rispetto all'ente Comune - rientrano, infatti, nell'area di
competenza statuale sub art. 117, secondo comma, lettera p), e non
sono, di conseguenza, attratte nell'ambito di competenza residuale di
cui al quarto comma dello stesso art. 117.
Per altro verso, le riferite disposizioni - in quanto introducono
misure semplificatorie volte al contenimento della spesa pubblica
(intervenendo sugli organi, sulla loro composizione, sulla gratuita'
degli incarichi e sul divieto di avvalersi di una segreteria
comunale) - oltre che al conseguimento di obiettivi di maggiore
efficienza o migliore organizzazione delle funzioni comunali,
riflettono anche principi fondamentali di coordinamento della finanza
pubblica, non suscettibili, per tal profilo, di violare le
prerogative degli enti locali (ex plurimis, sentenze n. 44 e n. 22
del 2014, n. 151 del 2012, n. 237 del 2009).
6.2.2.- Allo stesso modo la disposizione (sub comma 130) relativa
alla fusione di Comuni di competenza regionale non ha ad oggetto
l'istituzione di un nuovo ente territoriale (che sarebbe senza dubbio
di competenza regionale) bensi' l'incorporazione in un Comune
esistente di un altro Comune, e cioe' una vicenda (per un verso
aggregativa e, per altro verso, estintiva) relativa, comunque,
all'ente territoriale Comune, e come tale, quindi, ricompresa nella
competenza statale nella materia «ordinamento degli enti locali», di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera p), Cost.
Ed infatti, l'estinzione di un Comune e la sua incorporazione in
un altro Comune incidono sia sull'ordinamento del primo che del
secondo, oltre che sulle funzioni fondamentali e sulla legislazione
elettorale applicabile.
Dal che la non fondatezza, anche in questo caso, della censura di
violazione del titolo di competenza fatto valere dalle ricorrenti, in
prospettiva applicativa del criterio residuale di cui al quarto comma
dell'art. 117 Cost.
Del pari insussistente e', a sua volta, l'ulteriore violazione
degli artt. 123 e 133, secondo comma, Cost. denunciata dalla Regione
Campania, con riferimento al medesimo comma 130 (ed in correlazione
con il precedente comma 22) dell'art. 1 della legge in esame,
riguardante il procedimento di fusione per incorporazione di piu'
Comuni.
Il censurato comma 130 demanda, infatti, la disciplina del
referendum consultivo comunale delle popolazioni interessate (quale
passaggio indefettibile del procedimento di fusione per
incorporazione) proprio alle specifiche legislazioni regionali,
rimettendo, peraltro, alle singole Regioni l'adeguamento delle stesse
rispettive legislazioni, onde consentire l'effettiva attivazione
della nuova procedura, sul presupposto che le disposizioni - di
carattere evidentemente generale (e che rimandano, in ogni caso, alle
discipline regionali) - contenute nella legge n. 56 del 2014 non
siano, di per se', esaustive. Per cui non risulta scalfita
l'autonomia statutaria spettante in materia a ciascuna Regione.
7.- La Regione Campania, con l'ultimo motivo del suo ricorso, ha
proposto un'ulteriore, peculiare questione di legittimita'
costituzionale del comma 149 - nella parte in cui prevede che «Al
fine di procedere all'attuazione di quanto previsto dall'articolo 9
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95», il Ministro per gli affari
regionali predispone appositi programmi di attivita' contenenti
modalita' operative e altre indicazioni - per sospetta violazione
degli artt. 97, 117, 118, 123 e 136 Cost. e, cio' sul rilievo che,
con la norma censurata, sarebbe stata prevista la "reviviscenza" del
richiamato art. 9 del d.l. n. 95 del 2012, malgrado la sua
sopravvenuta abrogazione per effetto dell'art. 1, comma 562, lettera
a), della legge n. 147 del 2013 e la sua intervenuta dichiarazione di
parziale illegittimita' costituzionale ad opera della sentenza n. 236
del 2013 (con conseguente violazione del giudicato costituzionale),
oltre che per lesione delle attribuzioni regionali costituzionalmente
garantite nella materia «organizzazione amministrativa regionale».
7.1.- Anche tale ultima questione non e' fondata.
La norma censurata puo' essere infatti agevolmente interpretata,
in senso conforme a Costituzione, considerando la finalita' attuativa
dell'abrogato art. 9 del d.l. n. 95 del 2012 come inutiliter in essa
enunciata, posto che l'obiettivo, che la norma stessa
concorrentemente si pone - quello cioe' di «accompagnare e sostenere
l'applicazione degli interventi di riforma della presente legge» - ne
sorregge, di per se', il contenuto dispositivo: «il Ministro per gli
affari regionali predispone, entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge e senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica, appositi programmi di attivita' contenenti
modalita' operative e altre indicazioni finalizzate ad assicurare,
anche attraverso la nomina di commissari, il rispetto dei termini
previsti per gli adempimenti di cui alla presente legge e la verifica
dei risultati ottenuti. Su proposta del Ministro per gli affari
regionali, con accordo sancito nella Conferenza unificata, sono
stabilite le modalita' di monitoraggio sullo stato di attuazione
della riforma».
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l'inammissibilita', per tardivita', dell'intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione al giudizio
instaurato con il ricorso (iscritto al n. 39 del 2014) proposto dalla
Regione Lombardia;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dei commi 5, 9, 10, 11, lettere b) e c), 12 e 16,
nonche' del comma 6, nei sensi di cui in motivazione, dell'art. 1
della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle citta'
metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni),
promosse, in riferimento agli artt. 3, 5, 48, 114, 117, commi
secondo, lettera p), e quarto, della Costituzione, dalle Regioni
Veneto e Puglia (rispettivamente, con i ricorsi n. 42 e n. 44 del
2014);
3) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dei commi 5 e 12, nonche' del comma 6, nei sensi di
cui in motivazione, dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, promosse,
in riferimento all'art. 133, primo comma, Cost., dalle Regioni
Veneto, Campania e Puglia (rispettivamente, con i ricorsi n. 42, n.
43 e n. 44 del 2014), nonche' la questione di legittimita'
costituzionale dei commi da 12 a 18 dello stesso art. 1 della legge
n. 56 del 2014, promossa, dalla sola Regione Campania (con il ricorso
n. 43 del 2014), in riferimento al medesimo art. 133, primo comma,
Cost.;
4) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dei commi 7, 8, 9, 19, 25 e 42 dell'art. 1 della legge
n. 56 del 2014, promosse, in riferimento agli artt. 1, 5, 48, 144, e
117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 3, comma 2, della
Carta europea dell'autonomia locale, firmata a Strasburgo il 15
ottobre 1985, ratificata e resa esecutiva con legge 30 dicembre 1989,
n. 439), da tutte le Regioni ricorrenti; nonche' dalle sole Regioni
Lombardia e Veneto (con i ricorsi n. 39 e n. 42 del 2014) anche con
riferimento agli artt. 3 e 118 Cost. e, soltanto dalla Regione
Lombardia (con il ricorso n. 39 del 2014), in riferimento agli art.
119 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 9 della suddetta
Carta europea dell'autonomia locale;
5) dichiara non fondata la questione di legittimita'
costituzionale dei commi 17, 81 e 83 dell'art. 1 della legge n. 56
del 2014, promossa, in riferimento agli artt. 114, secondo comma, e
120, secondo comma, Cost., dalla Regione Puglia (con il ricorso n. 44
del 2014);
6) dichiara non fondata la questione di legittimita'
costituzionale del comma 19 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014,
promossa, in riferimento agli artt. 1, 3, 48, 114, 117, primo comma -
in relazione all'art. 3, comma 2, della Carta europea dell'autonomia
locale firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985, ratificata e resa
esecutiva con legge 30 dicembre 1989, n. 439 - e 118 Cost., dalla
Regione Lombardia (con il ricorso n. 39 del 2014);
7) dichiara non fondata la questione di legittimita'
costituzionale del comma 22 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014,
promossa, in riferimento agli artt. 123, primo comma, e 133, secondo
comma, Cost., dalla Regione Campania (con il ricorso n. 43 del 2014)
e limitatamente al solo art. 133, secondo comma, Cost. dalla Regione
Puglia (con il ricorso n. 44 del 2014);
8) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dei commi 54, 55, 56, 58, 59, 60, 67 e 69 dell'art. 1
della legge n. 56 del 2014, promosse, in riferimento agli artt. 1, 3,
5, 48, 114, 117, primo comma - in relazione all'art. 3, comma 2,
della Carta europea dell'autonomia locale -, 118 e 138 Cost., dalle
Regioni Lombardia (con il ricorso n. 39 del 2014) e Veneto (con il
ricorso n. 42 del 2014);
9) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dei commi 54, 55, 56, 58, 59, 60, 67 e 69 dell'art. 1
della legge n. 56 del 2014, promosse, in riferimento agli artt. 1, 3,
5, 48, 114, 117, primo comma - in relazione all'art. 9 della Carta
europea dell'autonomia locale -, 118, 119 e 138 Cost., dalla Regione
Lombardia (con il ricorso n. 39 del 2014) e dalla Regione Veneto (con
il ricorso n. 42 del 2014);
10) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dei commi 54, 55, 56, 58, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 67,
69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 77, 78 e 79 dell'art. 1 della legge
n. 56 del 2014, promosse, in riferimento agli artt. 1, 5, 48, 97,
114, 118, 119 e 120 Cost., dalla Regione Veneto (con il ricorso n. 42
del 2014);
11) dichiara non fondata la questione di legittimita'
costituzionale dei commi 57 e 89 dell'art. 1 della legge n. 56 del
2014, promossa, in riferimento agli 117, commi secondo, lettera p), e
quarto, 118, secondo comma, Cost., dalla Regione Puglia (con il
ricorso n. 44 del 2014), nonche' la questione di legittimita'
costituzionale dei commi 11 e 89 dell'art. 1 della stessa legge n. 56
del 2014, promossa, in riferimento all'art. 118, primo comma, Cost.,
dalla medesima Regione Puglia (con il ricorso n. 44 del 2014);
12) dichiara non fondata la questione di legittimita'
costituzionale del comma 95 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014,
promossa, in riferimento agli artt. 3, 97, 114, 117, commi secondo,
lettera p), terzo e quarto, 118, secondo comma, 120 e 138 Cost.,
dalle Regioni Lombardia (con il ricorso n. 39 del 2014), Campania
(con il ricorso n. 43 del 2014) e Puglia (con il ricorso n. 44 del
2014);
13) dichiara non fondata la questione di legittimita'
costituzionale dei commi 4, 105 e 106 dell'art. 1 della legge n. 56
del 2014, promossa, in riferimento agli artt. 117, commi secondo,
lettera p), e quarto, e 118 Cost., dalla Regione Campania (con il
ricorso n. 43 del 2014), nonche' la questione di legittimita'
costituzionale degli stessi commi 105, lettere a) e b), e 106
dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, in riferimento all'art. 117,
commi secondo, lettera p), e quarto, Cost., dalla Regione Puglia (con
il ricorso n. 44 del 2014);
14) dichiara non fondata la questione di legittimita'
costituzionale del comma 130 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014,
promossa, in riferimento agli artt. 123, primo comma, e 133, secondo
comma, Cost., dalla Regione Campania (con il ricorso n. 43 del 2014),
nonche' la questione di legittimita' costituzionale dello stesso
comma 130, promossa, in riferimento all'art. 117, commi secondo,
lettera p), e quarto, Cost., dalla Regione Puglia (con il ricorso n.
44 del 2014);
15) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dei commi 117, 124 e 130 (terzo periodo), nonche' del
comma 133 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, promosse, in
riferimento all'art. 117, commi secondo, lettera p), e quarto, Cost.,
dalla Regione Puglia (con il ricorso n. 44 del 2014);
16) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la
questione di legittimita' costituzionale del comma 149 dell'art. 1
della legge n. 56 del 2014, promossa, in riferimento agli artt. 97,
117, 118, 123 e 136 Cost., dalla Regione Campania (con il ricorso n.
43 del 2014);
17) dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle
questioni di legittimita' costituzionale dei commi 89, 90, 91 e 92
dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, promosse, in riferimento agli
artt. 3, 97, 114, 117, commi secondo, lettera p), terzo e quarto,
118, secondo comma, e 138 Cost., da tutte le Regioni ricorrenti (con
esclusione, da parte della Regione Puglia, del comma 90);
18) dichiara cessata la materia del contendere in relazione alla
questione di legittimita' costituzionale del comma 13 dell'art. 1
della legge n. 56 del 2014, promossa, in riferimento all'art. 117,
commi secondo, lettera p), e quarto, Cost., dalla Regione Puglia (con
il ricorso n. 44 del 2014).
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 marzo 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI
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