N. 11
SENTENZA
9 - 11 febbraio 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Matrimonio - Divorzio - Attribuzione dell'assegno divorzile - Quantificazione, in base al diritto vivente, sulla base del parametro del "tenore di vita goduto in costanza di matrimonio". - Legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), art. 5, sesto comma, come modificato dall'art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio). -(GU n.6 del 11-2-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Alessandro CRISCUOLO;
Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI,
Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA,
Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana
SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5, sesto
comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di
scioglimento del matrimonio), come modificato dall'art. 10 della
legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di
scioglimento di matrimonio), promosso dal Tribunale ordinario di
Firenze nel procedimento vertente tra F.G. e M.P., con ordinanza del
22 maggio 2013, iscritta al n. 239 del registro ordinanze 2013 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima
serie speciale, dell'anno 2013.
Visti l'atto di costituzione di F.G., nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 2015 il Giudice
relatore Mario Rosario Morelli;
uditi l'avvocato Filippo Donati per F.G. e l'avvocato dello Stato
Paolo Marchini per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Nel corso di un giudizio civile per scioglimento di
matrimonio, l'adito Tribunale ordinario di Firenze ha ritenuto
rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt.
2, 3 e 29 della Costituzione - ed ha, per cio', sollevato, con
l'ordinanza in epigrafe - questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 5, sesto comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898
(Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), come modificato
dall'art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla
disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio),
nell'interpretazione, che assume consolidatasi in termini di diritto
vivente, per cui, in presenza di una disparita' economica tra
coniugi, «l'assegno divorzile [...] deve necessariamente garantire al
coniuge economicamente piu' debole il medesimo tenore di vita goduto
in costanza di matrimonio».
Ad avviso del rimettente, la norma, cosi' censurata si porrebbe,
infatti, in contrasto con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della
ragionevolezza, in quanto l'assegno di divorzio, pur avendo una
finalita' meramente assistenziale, finirebbe con l'attribuire
l'obbligo di garantire per tutta la vita un tenore di vita agiato in
favore del coniuge ritenuto economicamente piu' debole; con l'art. 2
Cost., sotto il profilo del dovere di solidarieta', in quanto la
tutela del coniuge debole non comporterebbe l'obbligo di consentire,
ben oltre il contesto matrimoniale, il mantenimento delle medesime
condizioni economiche godute durante lo stesso matrimonio; con l'art.
29 Cost., in quanto risulterebbe anacronistico ricondurre l'assegno
divorzile al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, senza
considerare l'attuale portata del divorzio, della famiglia e del
ruolo dei coniugi.
2.- In questo giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato,
che ha eccepito l'inammissibilita' e, in subordine, la non fondatezza
della questione.
3.- Opposte conclusioni (adesive alla prospettazione del
Tribunale a quo) ha formulato, invece, la difesa del coniuge F.G.,
attore nel giudizio principale.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale ordinario di Firenze solleva, in riferimento
agli artt. 2, 3 e 29 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 5, sesto comma, della legge 1° dicembre
1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio),
come modificato dall'art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove
norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio),
«nell'interpretazione di diritto vivente per cui [...] l'assegno
divorzile deve necessariamente garantire al coniuge economicamente
piu' debole il medesimo tenore di vita goduto in costanza di
matrimonio».
Ad avviso del rimettente, il «diritto vivente», fatto oggetto di
censura, violerebbe, infatti, l'art. 3 Cost., sotto il profilo della
ragionevolezza, per la «contraddizione logica» che, quel giudice
ravvisa, «fra l'istituto del divorzio, che ha come scopo proprio
quello della cessazione del matrimonio e dei suoi effetti, e la
disciplina in questione, che di fatto proietta oltre l'orizzonte
matrimoniale il "tenore di vita" in costanza di matrimonio»;
contrasterebbe, inoltre, "per eccesso" con il dovere di solidarieta'
di cui all'art. 2 Cost., e violerebbe, infine, anche l'art. 29 Cost.,
«esprimendo una concezione "criptoindissolubilista" del matrimonio
che appare oggi anacronistica».
2.- Della questione cosi' sollevata il Tribunale a quo ha
plausibilmente motivato la rilevanza, con riferimento alla rispettiva
situazione economica, pregressa ed attuale, dei due coniugi: per cui
non ha fondamento l'eccezione di inammissibilita', per tal profilo,
sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato.
3.- Sempre in punto di ammissibilita' della riferita questione,
non puo' addebitarsi al rimettente di non aver previamente verificato
la possibilita' di una interpretazione della normativa censurata,
conforme ai parametri costituzionali da lui evocati.
L'obbligo di una siffatta verifica e', infatti, ineludibile per
il giudice a quo solo «in assenza di un diritto vivente» (sentenze n.
190 del 2000, n. 427 del 1999, per tutte). Mentre, in presenza di una
interpretazione del dato normativo consolidatasi - come nella specie
si assume - in termini di "diritto vivente", quel giudice ha la
facolta' di uniformarvisi o meno (sentenze n. 117 del 2012 e n. 91
del 2004), restando quindi libero, nel secondo caso, di assumere
proprio quel "diritto vivente" ad oggetto delle proprie censure
(ordinanza n. 253 del 2012).
4.- Nel merito, la questione non e' fondata.
L'esistenza, presupposta dal rimettente, di un "diritto vivente"
secondo cui l'assegno divorzile ex art. 5, sesto comma, della legge
n. 898 del 1970 «deve necessariamente garantire al coniuge
economicamente piu' debole il medesimo tenore di vita goduto in
costanza di matrimonio» non trova, infatti, riscontro nella
giurisprudenza del giudice della nomofilachia (che costituisce il
principale formante del diritto vivente), secondo la quale,
viceversa, il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non
costituisce l'unico parametro di riferimento ai fini della
statuizione sull'assegno divorzile.
La Corte di cassazione, in sede di esegesi della normativa
impugnata, ha anche di recente, in tal senso, appunto, ribadito il
proprio «consolidato orientamento», secondo il quale il parametro del
«tenore di vita goduto in costanza di matrimonio» rileva, bensi', per
determinare «in astratto [...] il tetto massimo della misura
dell'assegno» (in termini di tendenziale adeguatezza al fine del
mantenimento del tenore di vita pregresso), ma, «in concreto», quel
parametro concorre, e va poi bilanciato, caso per caso, con tutti gli
altri criteri indicati nello stesso denunciato art. 5.
Tali criteri (condizione e reddito dei coniugi, contributo
personale ed economico dato da ciascuno alla formazione del
patrimonio comune, durata del matrimonio, ragioni della decisione)
«agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma
considerata in astratto» e possono «valere anche ad azzerarla» (cosi'
testualmente, da ultimo, Corte di cassazione, prima sezione civile,
sentenza 5 febbraio 2014, n. 2546; in senso conforme, sentenze 28
ottobre 2013, n. 24252; 21 ottobre 2013, n. 23797; 12 luglio 2007, n.
15611; 22 agosto 2006, n. 18241; 19 marzo 2003, n. 4040, ex
plurimis).
5.- L'erronea interpretazione della norma denunciata, da cui
muove il rimettente, travolge conseguentemente, in radice, tutte le
censure, in ragione di tale premessa, dallo stesso formulate.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 5, sesto comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898
(Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), come modificato
dall'art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla
disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), sollevata, in
riferimento agli artt. 2, 3 e 29 della Costituzione, dal Tribunale
ordinario di Firenze, con l'ordinanza in epigrafe indicata.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 febbraio 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI
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