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giovedì 30 aprile 2015

N. 22 SENTENZA 27 gennaio - 27 febbraio 2015 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Straniero - Condizioni per la concessione della pensione ex art. 8 legge 10 febbraio 1962, n. 66 e dell'indennita' di accompagnamento ex art. 3, comma 1, legge 21 novembre 1988, n. 508 - Possesso della carta di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. - Legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2001), art. 80, comma 19. - (GU n.9 del 4-3-2015 )



  N. 22 SENTENZA 27 gennaio - 27 febbraio 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero - Condizioni per la concessione della pensione  ex  art.  8
  legge 10 febbraio 1962, n. 66 e dell'indennita' di  accompagnamento
  ex art. 3, comma 1, legge 21 novembre 1988, n. 508 - Possesso della
  carta di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. 
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione  del
  bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  −  legge  finanziaria
  2001), art. 80, comma 19. 
-   
(GU n.9 del 4-3-2015 )

  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  80,  comma
19, della legge  23  dicembre  2000,  n.  388  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2001), in combinato disposto con l'art. 9, comma  1,  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), come modificato dall'art. 9, comma
1, della legge 30 luglio 2002, n. 189  (Modifica  alla  normativa  in
materia di immigrazione e di  asilo),  poi  sostituito  dall'art.  1,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8  gennaio  2007,  n.  3
(Attuazione della  direttiva  2003/109/CE  relativa  allo  status  di
cittadini di Paesi terzi soggiornanti  di  lungo  periodo),  promosso
dalla Corte d'appello di Bologna con ordinanza del 20 settembre  2012
e nel giudizio di legittimita' costituzionale del predetto  art.  80,
comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2001), promosso dalla Corte di cassazione  con  ordinanza
del 20 maggio 2014, iscritte rispettivamente al  n.  4  del  registro
ordinanze 2013 e al n. 148 del registro ordinanze 2014  e  pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale,
dell'anno 2013 e n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visti gli atti  di  costituzione  dell'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale (INPS); 
    udito nell'udienza  pubblica  del  27  gennaio  2015  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    udito l'avvocato Clementina Pulli per l'INPS. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 20 settembre 2012, la  Corte  d'appello  di
Bologna ha sollevato, in riferimento  agli  artt.  2,  3,  10,  primo
comma, 32, 38 e 117, primo comma, della  Costituzione,  in  relazione
all'art. 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU)  e  all'art.  1  del
relativo Primo  Protocollo  addizionale,  questione  di  legittimita'
costituzionale del «combinato disposto» dell'art. 80, comma 19, della
legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria  2001)
e dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25  luglio  1998,  n.
286  (Testo  unico  delle  disposizioni  concernenti  la   disciplina
dell'immigrazione e norme sulla  condizione  dello  straniero),  come
modificato dall'art. 9, comma 1, della legge 30 luglio 2002,  n.  189
(Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo),  poi
sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera a), del decreto  legislativo
8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa
allo status  di  cittadini  di  Paesi  terzi  soggiornanti  di  lungo
periodo), «in correlazione» con l'art.  8  della  legge  10  febbraio
1962, n. 66 (Nuove disposizioni relative all'Opera  nazionale  per  i
ciechi civili) e con l'art. 3, comma 1, della legge 21 novembre 1988,
n. 508 (Norme integrative in materia  di  assistenza  economica  agli
invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti). 
    Alla   luce   dei   principi   affermati   nella   giurisprudenza
costituzionale,   il   giudice   rimettente   reputa   manifestamente
irragionevole  subordinare   «l'attribuzione   di   una   prestazione
assistenziale quale la indennita' di accompagnamento riconosciuta  al
c.d. cieco civile  ventesimista»,  al  possesso  di  un  titolo  alla
permanenza nel territorio dello Stato che richiede, tra  l'altro,  la
titolarita' di un  reddito;  con  «incidenza  negativa»,  anche,  sul
diritto alla salute (art. 32 Cost.), sui diritti  riconosciuti  dagli
altri parametri evocati (artt. 2, 3 e 38 Cost.) nonche'  sui  diritti
inviolabili  della  persona  tutelati   dalle   norme   del   diritto
internazionale  generalmente  riconosciute  (art.  10,  primo  comma,
Cost.), che vietano la discriminazione nei confronti degli  stranieri
legalmente soggiornanti; con violazione anche  dell'art.  117,  primo
comma, Cost., in relazione all'art. 14 della CEDU e  all'art.  1  del
relativo Primo Protocollo addizionale. 
    Tutti questi rilievi varrebbero «a maggiore ragione» anche per il
diritto alla pensione; con la conseguenza che la subordinazione della
attribuzione  di  tale  prestazione  al  possesso  di  un  titolo  di
soggiorno, a sua volta subordinato alla titolarita'  di  un  reddito,
«rende  ancora  piu'  evidente  la  intrinseca  irragionevolezza  del
complesso normativo in esame». 
    In punto di rilevanza, la questione appare  pregiudiziale,  posto
che l'appellato possiederebbe tutti i requisiti per il riconoscimento
delle prestazioni domandate, ad eccezione di quello  richiesto  dalla
disposizione censurata. 
    2.- Nel giudizio si  e'  costituito  l'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale,  (d'ora  in  avanti  «INPS»),  chiedendo  che  la
questione sia dichiarata non fondata. 
    L'INPS  osserva  come,  alla  luce  della  stessa  giurisprudenza
costituzionale,  debba  considerarsi  legittima   l'introduzione   di
limitazioni   all'attribuzione   di   prestazioni   assistenziali   e
pensionistiche in relazione a taluni requisiti, come il reddito e  la
stabile permanenza nel territorio dello Stato. 
    Quanto, poi, alla CEDU, nel suo ambito  «(peraltro,  di  evidente
contenuto  politico-programmatico)»,  non  sarebbero   «individuabili
norme  di  rango  costituzionale  che  impongano  al  legislatore  di
equiparare gli stranieri  ai  cittadini  dell'Unione  ai  fini  della
concessione di provvidenze economiche di  mera  assistenza  sociale»,
mentre la condizione giuridica dello straniero, regolata dalla legge,
rispetterebbe il parametro di cui all'art. 10,  primo  comma,  Cost.,
«in quanto le diverse prestazioni di assistenza sociale, riconosciute
ai possessori  di  carta  di  soggiorno  rispetto  ai  possessori  di
permesso  di   soggiorno,   appaiono   ispirate   al   principio   di
ragionevolezza e di rispetto della condizione dello straniero». 
    La  norma  censurata,  d'altra  parte,  «inserita   nella   legge
finanziaria»,  mirerebbe  evidentemente  anche  a   contemperare   la
concessione dei benefici  alle  esigenze  connesse  alla  limitatezza
delle «risorse finanziarie disponibili»: da un lato,  basandosi  «sul
presupposto della equiparazione del disabile  straniero  al  disabile
cittadino  italiano  ai  fini  dell'ottenimento   delle   provvidenze
economiche di  natura  assistenziale»  come  quelle  in  discorso  e,
dall'altro, correlandosi  al  principio  della  non  "esportabilita'"
delle provvidenze medesime in sede comunitaria, ai fini, anche, della
prevenzione del fenomeno del cosiddetto "turismo assistenziale". 
    3.- Con ordinanza depositata il  20  maggio  2014,  la  Corte  di
cassazione ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 80, comma 19, della  richiamata  legge  n.  388  del  2000,
«nella parte in cui subordina al requisito  della  titolarita'  della
carta  di  soggiorno  la  concessione   agli   stranieri   legalmente
soggiornanti nel  territorio  dello  Stato  della  pensione  e  della
indennita' di accompagnamento  per  ciechi  assoluti  e  dell'assegno
sociale maggiorato». 
    Passati in rassegna i motivi di ricorso ed enunciata la rilevanza
della questione, il giudice rimettente ne illustra anche  le  ragioni
di  non  manifesta  infondatezza,   richiamando   la   giurisprudenza
costituzionale piu' volte soffermatasi sulla disciplina di  cui  alla
disposizione censurata, dichiarata costituzionalmente illegittima  in
riferimento ai diversi istituti assistenziali di volta in volta presi
in considerazione. 
    Viene, in particolare, rammentata la sentenza n. 40 del  2013,  i
cui principi - enunciati in riferimento alla condizione  di  soggetti
«portatori di handicap  fortemente  invalidanti»  -  si  ritiene  non
possano  «non  valere  anche   con   riferimento   alle   prestazioni
assistenziali, richieste nel giudizio  principale»:  si  tratterebbe,
infatti, di prestazioni destinate a «fornire alla persona  un  minimo
"sostentamento" idoneo ad assicurare la sopravvivenza», in  relazione
a «una condizione fisica  gravemente  menomata»,  e  predisposte  per
«consentire  il  concreto  soddisfacimento  dei   "bisogni   primari"
inerenti alla stessa sfera di tutela  della  persona  umana,  che  e'
compito della Repubblica promuovere e salvaguardare». 
    Si  sottolinea,   in   particolare,   la   peculiarita'   propria
dell'indennita' di accompagnamento per  ciechi  rispetto  all'omonima
provvidenza  prevista  per  altri  invalidi  e  si  osserva,   quanto
all'assegno sociale maggiorato, che nel giudizio  principale  risulta
«inapplicabile "ratione temporis"» la disciplina di cui all'art.  20,
comma 10, del decreto-legge 25  giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133. 
    Si esclude, infine, sia la possibilita' di  «una  interpretazione
costituzionalmente   orientata»   sia   una   disapplicazione   della
disposizione censurata  per  contrasto  con  l'art.  14  della  CEDU,
«"norma  di  principio"»  priva,  come  tutte  «le  previsioni  della
Convenzione», di «efficacia diretta nel nostro ordinamento». 
    4.-  Nel  giudizio  si  e'  costituito  l'INPS,  che  ha  chiesto
dichiararsi infondata la proposta questione. 
    Evidenziate  le  caratteristiche  dell'assegno  sociale,   l'INPS
osserva come, a seguito  delle  modifiche  introdotte  dall'art.  20,
comma  10,  del  d.l.  n.  112  del  2008,  come  convertito,  questa
provvidenza e'  corrisposta  a  condizione  che  gli  aventi  diritto
abbiano soggiornato legalmente in  via  continuativa  nel  territorio
nazionale per almeno dieci anni, cosi' che il  trattamento  riservato
allo straniero  dalla  norma  denunciata  risulta  «sicuramente  piu'
favorevole rispetto a quello previsto per il cittadino italiano». 
    Effettivamente,  peraltro,  si  sarebbero  rimodulati  «in  senso
restrittivo i requisiti costitutivi  che  consentono  l'accesso  alle
provvidenze  in  questione»,  senza,  tuttavia,  che  la   risultante
disciplina possa ritenersi illogica o irrazionale. 
    Quanto  al  profilo  relativo  alle  norme  CEDU  come  parametro
interposto ed a quello concernente le esigenze  di  finanza  pubblica
alle quali riconnettere la  norma  censurata,  l'INPS  ripropone,  in
sostanza, gli argomenti gia' esposti. 
    5.-  In  una  ulteriore  memoria,   depositata   in   prossimita'
dell'udienza,  l'INPS  ha  insistito   nella   richiesta   formulata,
sottolineando, in particolare, «la differenza tra l'assegno sociale e
le  altre  prestazioni  assistenziali»,  anche   in   ragione   della
«disciplina differenziata prevista  dal  Legislatore  per  l'accesso»
alle medesime. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  La  Corte  e'  chiamata  a  giudicare   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre  2000,
n. 388  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001),  denunciato  dalla
Corte d'appello di Bologna, con ordinanza del 20 settembre  2012,  in
riferimento agli artt. 2, 3, 10, primo comma, 32,  38  e  117,  primo
comma, della Costituzione, in relazione all'art. 14 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali (CEDU)  e  all'art.  1  del  relativo  Primo  Protocollo
addizionale - in «combinato disposto» con  l'art.  9,  comma  1,  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), come modificato dall'art. 9, comma
1, della legge 30 luglio 2002, n. 189  (Modifica  alla  normativa  in
materia di immigrazione e di  asilo),  poi  sostituito  dall'art.  1,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8  gennaio  2007,  n.  3
(Attuazione della  direttiva  2003/109/CE  relativa  allo  status  di
cittadini di Paesi  terzi  soggiornanti  di  lungo  periodo),  e  «in
correlazione» con l'art. 8 della legge 10 febbraio 1962, n. 66 (Nuove
disposizioni relative all'Opera nazionale per i ciechi civili) e  con
l'art. 3, comma 1, della  legge  21  novembre  1988,  n.  508  (Norme
integrative in materia di assistenza economica agli invalidi  civili,
ai  ciechi  civili  ed  ai  sordomuti)  -;  nonche'  dalla  Corte  di
cassazione, con ordinanza depositata il 20 maggio 2014, «nella  parte
in cui subordina  al  requisito  della  titolarita'  della  carta  di
soggiorno la concessione agli stranieri legalmente  soggiornanti  nel
territorio  dello  Stato  della  pensione  e  della   indennita'   di
accompagnamento  per   ciechi   assoluti   e   dell'assegno   sociale
maggiorato». 
    2.- Avendo ad oggetto una medesima disposizione, i giudizi  vanno
riuniti per essere definiti con un'unica pronuncia. 
    La  questione  prospettata  dalla  Corte  d'appello  di   Bologna
relativamente all'art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del
1998, come modificato, «in combinato disposto» con il  predetto  art.
80, comma 19, della legge n. 388 del 2000, appare priva di  autonomia
agli   effetti   del   petitum   perseguito,   essendo   quest'ultimo
evidentemente diretto a rimuovere la preclusione  prevista  in  linea
generale per i cittadini  extracomunitari  e  riferibile  anche  alle
provvidenze in discorso. 
    3.- Va preliminarmente rilevato  che  l'ordinanza  rimessa  dalla
Corte di cassazione presenta insuperabili carenze nella  motivazione,
tanto in ordine all'esatta e specifica individuazione  dei  parametri
costituzionali che si assumono violati, quanto in merito alle ragioni
della non manifesta infondatezza, ponendo, dunque, una questione  che
va dichiarata manifestamente inammissibile. Il giudice rimettente  si
limita, infatti, ad  operare  un  semplice  rinvio,  per  relationem,
all'eccezione sollevata dalla parte ricorrente e ad una rievocazione,
peraltro generica, dei principi posti a base di numerose pronunce  di
questa  Corte  relativamente   alla   stessa   materia.   Viene,   in
particolare, richiamata la sentenza n. 40 del 2013, con la  quale  fu
dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  della  disposizione  qui
all'esame,  nella  parte  in  cui  subordinava  al  requisito   della
titolarita' della carta di soggiorno la  concessione  agli  stranieri
legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell'indennita' di
accompagnamento, di cui all'art. 1 della legge 11 febbraio  1980,  n.
18 (Indennita' di accompagnamento  agli  invalidi  civili  totalmente
inabili), e della pensione di inabilita', di cui  all'art.  12  della
legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del D.L. 30 gennaio
1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili). 
    Occorre ribadire, al riguardo, secondo la costante giurisprudenza
di  questa  Corte,  che,  ai  fini  del  necessario  scrutinio  della
rilevanza della questione sottoposta nonche' dei  profili  della  sua
non manifesta infondatezza, il giudice rimettente non  puo'  esimersi
dal fornire, nell'atto di  promovimento,  un'esauriente  ed  autonoma
motivazione (ordinanza n. 33 del 2014): dovendosi, invece,  escludere
che il mero recepimento o la  semplice  prospettazione  di  argomenti
sviluppati  dalle  parti  o  rinvenuti  nella  giurisprudenza,  anche
costituzionale, equivalgano a chiarire, per se'  stessi,  le  ragioni
per le quali "quel" giudice reputi che la norma applicabile in "quel"
processo risulti in contrasto con il  dettato  costituzionale  (nello
stesso senso, sentenza n. 7 del 2014). 
    L'enunciata carenza, d'altra parte,  non  appare,  nella  specie,
emendabile  neppure  attraverso   una   sorta   di   "interpretazione
contenutistica" del provvedimento: se si esclude, infatti, un  fugace
accenno alla violazione del principio di solidarieta', non  risultano
additati,  con  autonomo  apprezzamento,   specifici   "vizi"   della
normativa censurata, ne' risulta operata alcuna autonoma selezione di
profili di illegittimita',  in  riferimento  a  specifici  parametri,
rispetto  a  quelli  complessivamente  rintracciati   nelle   "fonti"
richiamate. 
    Nel dubitare della legittimita' della norma denunciata, la  Corte
rimettente   non   sembra   abbia,   d'altra    parte,    considerato
significativo,  sotto  alcun  profilo,  un  eventuale   problema   di
compatibilita'    -    astrattamente    riguardante    i    cittadini
extracomunitari cosi'  come  gli  italiani  -  tra  le  varie  misure
assistenziali  in  discussione  (e,  in  particolare,  tra  l'assegno
sociale  e  la   pensione   di   inabilita'):   le   quali   appaiono
immotivatamente  accomunate  sul  versante  delle  garanzie  di  "non
discriminazione", peraltro solo implicitamente evocate, nonostante le
differenze nella ratio, nella disciplina positiva e nelle finalita' -
in ipotesi, appunto, perfino alternative - che le caratterizzano. 
    4.- E'  fondata,  invece,  la  questione  sollevata  dalla  Corte
d'appello di Bologna e riferita alla previsione  che  subordina  alla
titolarita' della carta di soggiorno la concessione,  in  favore  dei
ciechi extracomunitari, della pensione di cui all'art. 8 della  legge
n. 66 del 1962, a norma del quale «Tutti coloro che siano colpiti  da
cecita' assoluta o abbiano un residuo  visivo  non  superiore  ad  un
ventesimo in entrambi  gli  occhi  con  eventuale  correzione,  hanno
diritto alla corresponsione della pensione a decorrere dal compimento
del 18° anno di  eta'»  nonche'  della  speciale  indennita'  di  cui
all'art. 3, comma 1, della legge n. 508  del  1988,  secondo  cui  «A
decorrere dal 1° gennaio 1988, ai cittadini riconosciuti ciechi,  con
residuo visivo non superiore ad un ventesimo in  entrambi  gli  occhi
con eventuale correzione, e' concessa  una  speciale  indennita'  non
reversibile al solo titolo della minorazione di L. 50.000 mensili per
dodici mensilita'». 
    Al riguardo, appare  utile,  anzitutto,  muovere  dal  precedente
specifico costituito dalla gia' richiamata sentenza n. 40 del 2013. 
    In questa decisione, prendendo  in  esame  l'identica  condizione
ostativa della necessaria titolarita' della carta di  soggiorno  (ora
permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo,  a  norma
del decreto legislativo 8 gennaio 2007,  n.  3,  recante  «Attuazione
della direttiva 2003/109/CE relativa  allo  status  di  cittadini  di
Paesi  terzi  soggiornanti  di   lungo   periodo»),   ai   fini   del
riconoscimento  agli  stranieri  extracomunitari  dell'indennita'  di
accompagnamento (di cui all'art. 1 della legge  n.  18  del  1980)  e
della pensione di inabilita' (di cui all'art. 12 della legge  n.  118
del 1971) (provvidenze del tutto simili a quelle in esame), la  Corte
rilevo' in particolare, sulla scia  di  proprie  analoghe  precedenti
pronunce, come, nell'ipotesi in cui vengano  in  rilievo  provvidenze
destinate al sostentamento della persona nonche' alla salvaguardia di
condizioni di vita accettabili per il contesto familiare  in  cui  il
disabile si trova inserito, «qualsiasi  discrimine  fra  cittadini  e
stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato
su requisiti diversi  da  quelli  previsti  per  la  generalita'  dei
soggetti, finisce per risultare in contrasto con il principio di  non
discriminazione di cui all'art. 14 della CEDU», per come interpretato
dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. 
    Questi principi dovevano trovare applicazione  -  si  osservo'  -
anche   in   riferimento   alle   misure   assistenziali   prese   in
considerazione nel frangente, in riferimento  a  benefici  rivolti  a
soggetti in gravi condizioni  di  salute,  portatori  di  impedimenti
fortemente invalidanti, la cui tutela implicava il coinvolgimento  di
una serie  di  valori  di  essenziale  risalto  e  tutti  di  rilievo
costituzionale, a cominciare da quello della solidarieta',  enunciato
all'art. 2 Cost. Del resto - si disse - anche le diverse  convenzioni
internazionali, che parimenti  presidiano  i  corrispondenti  valori,
rendevano «priva  di  giustificazione  la  previsione  di  un  regime
restrittivo  (ratione  temporis,  cosi'  come  ratione  census)   nei
confronti di cittadini extracomunitari, legalmente  soggiornanti  nel
territorio  dello  Stato  da  tempo  apprezzabile  ed  in  modo   non
episodico». 
    I  rilievi  appena  richiamati  debbono,   a   fortiori,   essere
riaffermati in riferimento allo stato delle persone non  vedenti.  La
specificita', infatti, dei  connotati  invalidanti  -  resa  evidente
dalla particolare attenzione e dal favor che caratterizzano, da epoca
ormai risalente, la  normativa  di  settore,  con  la  previsione  di
diverse provvidenze per le persone  che  risultino  averne  titolo  -
renderebbe  ancora  piu'   arduo   giustificare,   nella   dimensione
costituzionale della convivenza solidale, una condizione  ostativa  -
inevitabilmente discriminatoria - che  subordini  al  possesso  della
carta  di  soggiorno  la  fruizione   di   benefici   intrinsecamente
raccordati alla necessita' di assicurare a  ciascuna  persona,  nella
piu' ampia e compatibile misura,  condizioni  minime  di  vita  e  di
salute. 
    Ove cosi' non fosse, d'altra  parte,  specifiche  provvidenze  di
carattere assistenziale  -  inerenti  alla  sfera  di  protezione  di
situazioni  di  inabilita'  gravi  e   insuscettibili   di   efficace
salvaguardia al di fuori degli interventi che la  Repubblica  prevede
in adempimento degli inderogabili  doveri  di  solidarieta'  (art.  2
Cost.)  -  verrebbero  fatte  dipendere,  nel  caso  degli  stranieri
extracomunitari, da requisiti di carattere meramente "temporale", del
tutto  incompatibili  con  l'indifferibilita'  e  la  pregnanza   dei
relativi bisogni: i quali requisiti ineluttabilmente finirebbero  per
innestare nel tessuto normativo condizioni incoerenti e incompatibili
con  la  natura   stessa   delle   provvidenze,   generando   effetti
irragionevolmente pregiudizievoli rispetto al valore fondamentale  di
ciascuna persona. 
    La disposizione denunciata, pertanto, risultando in contrasto con
gli evocati parametri costituzionali e  con  i  relativi  principi  -
oltre che con quelli piu' volte affermati dalla giurisprudenza  della
Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo  -,  deve  essere  dichiarata
costituzionalmente illegittima. 
      
 
                          per questi motivi 
                       La Corte costituzionalE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  80,  comma
19, della legge  23  dicembre  2000,  n.  388  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2001), nella parte in cui subordina  al  requisito  della
titolarita' della carta di soggiorno la  concessione  agli  stranieri
legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione  di
cui  all'art.  8  della  legge  10  febbraio  1962,  n.   66   (Nuove
disposizioni relative all'Opera nazionale  per  i  ciechi  civili)  e
dell'indennita' di cui all'art. 3, comma 1, della legge  21  novembre
1988, n. 508 (Norme integrative in materia  di  assistenza  economica
agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti); 
    2) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata dalla Corte di  cassazione  con
l'ordinanza in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                       Paolo GROSSI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI 
 

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