N. 22
SENTENZA
27 gennaio - 27 febbraio 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Straniero - Condizioni per la concessione della pensione ex art. 8 legge 10 febbraio 1962, n. 66 e dell'indennita' di accompagnamento ex art. 3, comma 1, legge 21 novembre 1988, n. 508 - Possesso della carta di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. - Legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2001), art. 80, comma 19. -(GU n.9 del 4-3-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Alessandro CRISCUOLO;
Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI,
Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA,
Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana
SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 80, comma
19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2001), in combinato disposto con l'art. 9, comma 1, del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), come modificato dall'art. 9, comma
1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in
materia di immigrazione e di asilo), poi sostituito dall'art. 1,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3
(Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di
cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), promosso
dalla Corte d'appello di Bologna con ordinanza del 20 settembre 2012
e nel giudizio di legittimita' costituzionale del predetto art. 80,
comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2001), promosso dalla Corte di cassazione con ordinanza
del 20 maggio 2014, iscritte rispettivamente al n. 4 del registro
ordinanze 2013 e al n. 148 del registro ordinanze 2014 e pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale,
dell'anno 2013 e n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2014.
Visti gli atti di costituzione dell'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS);
udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 2015 il Giudice
relatore Paolo Grossi;
udito l'avvocato Clementina Pulli per l'INPS.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 20 settembre 2012, la Corte d'appello di
Bologna ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 10, primo
comma, 32, 38 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione
all'art. 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU) e all'art. 1 del
relativo Primo Protocollo addizionale, questione di legittimita'
costituzionale del «combinato disposto» dell'art. 80, comma 19, della
legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001)
e dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come
modificato dall'art. 9, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189
(Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), poi
sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera a), del decreto legislativo
8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa
allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo
periodo), «in correlazione» con l'art. 8 della legge 10 febbraio
1962, n. 66 (Nuove disposizioni relative all'Opera nazionale per i
ciechi civili) e con l'art. 3, comma 1, della legge 21 novembre 1988,
n. 508 (Norme integrative in materia di assistenza economica agli
invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti).
Alla luce dei principi affermati nella giurisprudenza
costituzionale, il giudice rimettente reputa manifestamente
irragionevole subordinare «l'attribuzione di una prestazione
assistenziale quale la indennita' di accompagnamento riconosciuta al
c.d. cieco civile ventesimista», al possesso di un titolo alla
permanenza nel territorio dello Stato che richiede, tra l'altro, la
titolarita' di un reddito; con «incidenza negativa», anche, sul
diritto alla salute (art. 32 Cost.), sui diritti riconosciuti dagli
altri parametri evocati (artt. 2, 3 e 38 Cost.) nonche' sui diritti
inviolabili della persona tutelati dalle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute (art. 10, primo comma,
Cost.), che vietano la discriminazione nei confronti degli stranieri
legalmente soggiornanti; con violazione anche dell'art. 117, primo
comma, Cost., in relazione all'art. 14 della CEDU e all'art. 1 del
relativo Primo Protocollo addizionale.
Tutti questi rilievi varrebbero «a maggiore ragione» anche per il
diritto alla pensione; con la conseguenza che la subordinazione della
attribuzione di tale prestazione al possesso di un titolo di
soggiorno, a sua volta subordinato alla titolarita' di un reddito,
«rende ancora piu' evidente la intrinseca irragionevolezza del
complesso normativo in esame».
In punto di rilevanza, la questione appare pregiudiziale, posto
che l'appellato possiederebbe tutti i requisiti per il riconoscimento
delle prestazioni domandate, ad eccezione di quello richiesto dalla
disposizione censurata.
2.- Nel giudizio si e' costituito l'Istituto nazionale della
previdenza sociale, (d'ora in avanti «INPS»), chiedendo che la
questione sia dichiarata non fondata.
L'INPS osserva come, alla luce della stessa giurisprudenza
costituzionale, debba considerarsi legittima l'introduzione di
limitazioni all'attribuzione di prestazioni assistenziali e
pensionistiche in relazione a taluni requisiti, come il reddito e la
stabile permanenza nel territorio dello Stato.
Quanto, poi, alla CEDU, nel suo ambito «(peraltro, di evidente
contenuto politico-programmatico)», non sarebbero «individuabili
norme di rango costituzionale che impongano al legislatore di
equiparare gli stranieri ai cittadini dell'Unione ai fini della
concessione di provvidenze economiche di mera assistenza sociale»,
mentre la condizione giuridica dello straniero, regolata dalla legge,
rispetterebbe il parametro di cui all'art. 10, primo comma, Cost.,
«in quanto le diverse prestazioni di assistenza sociale, riconosciute
ai possessori di carta di soggiorno rispetto ai possessori di
permesso di soggiorno, appaiono ispirate al principio di
ragionevolezza e di rispetto della condizione dello straniero».
La norma censurata, d'altra parte, «inserita nella legge
finanziaria», mirerebbe evidentemente anche a contemperare la
concessione dei benefici alle esigenze connesse alla limitatezza
delle «risorse finanziarie disponibili»: da un lato, basandosi «sul
presupposto della equiparazione del disabile straniero al disabile
cittadino italiano ai fini dell'ottenimento delle provvidenze
economiche di natura assistenziale» come quelle in discorso e,
dall'altro, correlandosi al principio della non "esportabilita'"
delle provvidenze medesime in sede comunitaria, ai fini, anche, della
prevenzione del fenomeno del cosiddetto "turismo assistenziale".
3.- Con ordinanza depositata il 20 maggio 2014, la Corte di
cassazione ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 80, comma 19, della richiamata legge n. 388 del 2000,
«nella parte in cui subordina al requisito della titolarita' della
carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente
soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione e della
indennita' di accompagnamento per ciechi assoluti e dell'assegno
sociale maggiorato».
Passati in rassegna i motivi di ricorso ed enunciata la rilevanza
della questione, il giudice rimettente ne illustra anche le ragioni
di non manifesta infondatezza, richiamando la giurisprudenza
costituzionale piu' volte soffermatasi sulla disciplina di cui alla
disposizione censurata, dichiarata costituzionalmente illegittima in
riferimento ai diversi istituti assistenziali di volta in volta presi
in considerazione.
Viene, in particolare, rammentata la sentenza n. 40 del 2013, i
cui principi - enunciati in riferimento alla condizione di soggetti
«portatori di handicap fortemente invalidanti» - si ritiene non
possano «non valere anche con riferimento alle prestazioni
assistenziali, richieste nel giudizio principale»: si tratterebbe,
infatti, di prestazioni destinate a «fornire alla persona un minimo
"sostentamento" idoneo ad assicurare la sopravvivenza», in relazione
a «una condizione fisica gravemente menomata», e predisposte per
«consentire il concreto soddisfacimento dei "bisogni primari"
inerenti alla stessa sfera di tutela della persona umana, che e'
compito della Repubblica promuovere e salvaguardare».
Si sottolinea, in particolare, la peculiarita' propria
dell'indennita' di accompagnamento per ciechi rispetto all'omonima
provvidenza prevista per altri invalidi e si osserva, quanto
all'assegno sociale maggiorato, che nel giudizio principale risulta
«inapplicabile "ratione temporis"» la disciplina di cui all'art. 20,
comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133.
Si esclude, infine, sia la possibilita' di «una interpretazione
costituzionalmente orientata» sia una disapplicazione della
disposizione censurata per contrasto con l'art. 14 della CEDU,
«"norma di principio"» priva, come tutte «le previsioni della
Convenzione», di «efficacia diretta nel nostro ordinamento».
4.- Nel giudizio si e' costituito l'INPS, che ha chiesto
dichiararsi infondata la proposta questione.
Evidenziate le caratteristiche dell'assegno sociale, l'INPS
osserva come, a seguito delle modifiche introdotte dall'art. 20,
comma 10, del d.l. n. 112 del 2008, come convertito, questa
provvidenza e' corrisposta a condizione che gli aventi diritto
abbiano soggiornato legalmente in via continuativa nel territorio
nazionale per almeno dieci anni, cosi' che il trattamento riservato
allo straniero dalla norma denunciata risulta «sicuramente piu'
favorevole rispetto a quello previsto per il cittadino italiano».
Effettivamente, peraltro, si sarebbero rimodulati «in senso
restrittivo i requisiti costitutivi che consentono l'accesso alle
provvidenze in questione», senza, tuttavia, che la risultante
disciplina possa ritenersi illogica o irrazionale.
Quanto al profilo relativo alle norme CEDU come parametro
interposto ed a quello concernente le esigenze di finanza pubblica
alle quali riconnettere la norma censurata, l'INPS ripropone, in
sostanza, gli argomenti gia' esposti.
5.- In una ulteriore memoria, depositata in prossimita'
dell'udienza, l'INPS ha insistito nella richiesta formulata,
sottolineando, in particolare, «la differenza tra l'assegno sociale e
le altre prestazioni assistenziali», anche in ragione della
«disciplina differenziata prevista dal Legislatore per l'accesso»
alle medesime.
Considerato in diritto
1.- La Corte e' chiamata a giudicare della legittimita'
costituzionale dell'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000,
n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), denunciato dalla
Corte d'appello di Bologna, con ordinanza del 20 settembre 2012, in
riferimento agli artt. 2, 3, 10, primo comma, 32, 38 e 117, primo
comma, della Costituzione, in relazione all'art. 14 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali (CEDU) e all'art. 1 del relativo Primo Protocollo
addizionale - in «combinato disposto» con l'art. 9, comma 1, del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), come modificato dall'art. 9, comma
1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in
materia di immigrazione e di asilo), poi sostituito dall'art. 1,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3
(Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di
cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), e «in
correlazione» con l'art. 8 della legge 10 febbraio 1962, n. 66 (Nuove
disposizioni relative all'Opera nazionale per i ciechi civili) e con
l'art. 3, comma 1, della legge 21 novembre 1988, n. 508 (Norme
integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili,
ai ciechi civili ed ai sordomuti) -; nonche' dalla Corte di
cassazione, con ordinanza depositata il 20 maggio 2014, «nella parte
in cui subordina al requisito della titolarita' della carta di
soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel
territorio dello Stato della pensione e della indennita' di
accompagnamento per ciechi assoluti e dell'assegno sociale
maggiorato».
2.- Avendo ad oggetto una medesima disposizione, i giudizi vanno
riuniti per essere definiti con un'unica pronuncia.
La questione prospettata dalla Corte d'appello di Bologna
relativamente all'art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del
1998, come modificato, «in combinato disposto» con il predetto art.
80, comma 19, della legge n. 388 del 2000, appare priva di autonomia
agli effetti del petitum perseguito, essendo quest'ultimo
evidentemente diretto a rimuovere la preclusione prevista in linea
generale per i cittadini extracomunitari e riferibile anche alle
provvidenze in discorso.
3.- Va preliminarmente rilevato che l'ordinanza rimessa dalla
Corte di cassazione presenta insuperabili carenze nella motivazione,
tanto in ordine all'esatta e specifica individuazione dei parametri
costituzionali che si assumono violati, quanto in merito alle ragioni
della non manifesta infondatezza, ponendo, dunque, una questione che
va dichiarata manifestamente inammissibile. Il giudice rimettente si
limita, infatti, ad operare un semplice rinvio, per relationem,
all'eccezione sollevata dalla parte ricorrente e ad una rievocazione,
peraltro generica, dei principi posti a base di numerose pronunce di
questa Corte relativamente alla stessa materia. Viene, in
particolare, richiamata la sentenza n. 40 del 2013, con la quale fu
dichiarata l'illegittimita' costituzionale della disposizione qui
all'esame, nella parte in cui subordinava al requisito della
titolarita' della carta di soggiorno la concessione agli stranieri
legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell'indennita' di
accompagnamento, di cui all'art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n.
18 (Indennita' di accompagnamento agli invalidi civili totalmente
inabili), e della pensione di inabilita', di cui all'art. 12 della
legge 30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del D.L. 30 gennaio
1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili).
Occorre ribadire, al riguardo, secondo la costante giurisprudenza
di questa Corte, che, ai fini del necessario scrutinio della
rilevanza della questione sottoposta nonche' dei profili della sua
non manifesta infondatezza, il giudice rimettente non puo' esimersi
dal fornire, nell'atto di promovimento, un'esauriente ed autonoma
motivazione (ordinanza n. 33 del 2014): dovendosi, invece, escludere
che il mero recepimento o la semplice prospettazione di argomenti
sviluppati dalle parti o rinvenuti nella giurisprudenza, anche
costituzionale, equivalgano a chiarire, per se' stessi, le ragioni
per le quali "quel" giudice reputi che la norma applicabile in "quel"
processo risulti in contrasto con il dettato costituzionale (nello
stesso senso, sentenza n. 7 del 2014).
L'enunciata carenza, d'altra parte, non appare, nella specie,
emendabile neppure attraverso una sorta di "interpretazione
contenutistica" del provvedimento: se si esclude, infatti, un fugace
accenno alla violazione del principio di solidarieta', non risultano
additati, con autonomo apprezzamento, specifici "vizi" della
normativa censurata, ne' risulta operata alcuna autonoma selezione di
profili di illegittimita', in riferimento a specifici parametri,
rispetto a quelli complessivamente rintracciati nelle "fonti"
richiamate.
Nel dubitare della legittimita' della norma denunciata, la Corte
rimettente non sembra abbia, d'altra parte, considerato
significativo, sotto alcun profilo, un eventuale problema di
compatibilita' - astrattamente riguardante i cittadini
extracomunitari cosi' come gli italiani - tra le varie misure
assistenziali in discussione (e, in particolare, tra l'assegno
sociale e la pensione di inabilita'): le quali appaiono
immotivatamente accomunate sul versante delle garanzie di "non
discriminazione", peraltro solo implicitamente evocate, nonostante le
differenze nella ratio, nella disciplina positiva e nelle finalita' -
in ipotesi, appunto, perfino alternative - che le caratterizzano.
4.- E' fondata, invece, la questione sollevata dalla Corte
d'appello di Bologna e riferita alla previsione che subordina alla
titolarita' della carta di soggiorno la concessione, in favore dei
ciechi extracomunitari, della pensione di cui all'art. 8 della legge
n. 66 del 1962, a norma del quale «Tutti coloro che siano colpiti da
cecita' assoluta o abbiano un residuo visivo non superiore ad un
ventesimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione, hanno
diritto alla corresponsione della pensione a decorrere dal compimento
del 18° anno di eta'» nonche' della speciale indennita' di cui
all'art. 3, comma 1, della legge n. 508 del 1988, secondo cui «A
decorrere dal 1° gennaio 1988, ai cittadini riconosciuti ciechi, con
residuo visivo non superiore ad un ventesimo in entrambi gli occhi
con eventuale correzione, e' concessa una speciale indennita' non
reversibile al solo titolo della minorazione di L. 50.000 mensili per
dodici mensilita'».
Al riguardo, appare utile, anzitutto, muovere dal precedente
specifico costituito dalla gia' richiamata sentenza n. 40 del 2013.
In questa decisione, prendendo in esame l'identica condizione
ostativa della necessaria titolarita' della carta di soggiorno (ora
permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, a norma
del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, recante «Attuazione
della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di
Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo»), ai fini del
riconoscimento agli stranieri extracomunitari dell'indennita' di
accompagnamento (di cui all'art. 1 della legge n. 18 del 1980) e
della pensione di inabilita' (di cui all'art. 12 della legge n. 118
del 1971) (provvidenze del tutto simili a quelle in esame), la Corte
rilevo' in particolare, sulla scia di proprie analoghe precedenti
pronunce, come, nell'ipotesi in cui vengano in rilievo provvidenze
destinate al sostentamento della persona nonche' alla salvaguardia di
condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui il
disabile si trova inserito, «qualsiasi discrimine fra cittadini e
stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato
su requisiti diversi da quelli previsti per la generalita' dei
soggetti, finisce per risultare in contrasto con il principio di non
discriminazione di cui all'art. 14 della CEDU», per come interpretato
dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Questi principi dovevano trovare applicazione - si osservo' -
anche in riferimento alle misure assistenziali prese in
considerazione nel frangente, in riferimento a benefici rivolti a
soggetti in gravi condizioni di salute, portatori di impedimenti
fortemente invalidanti, la cui tutela implicava il coinvolgimento di
una serie di valori di essenziale risalto e tutti di rilievo
costituzionale, a cominciare da quello della solidarieta', enunciato
all'art. 2 Cost. Del resto - si disse - anche le diverse convenzioni
internazionali, che parimenti presidiano i corrispondenti valori,
rendevano «priva di giustificazione la previsione di un regime
restrittivo (ratione temporis, cosi' come ratione census) nei
confronti di cittadini extracomunitari, legalmente soggiornanti nel
territorio dello Stato da tempo apprezzabile ed in modo non
episodico».
I rilievi appena richiamati debbono, a fortiori, essere
riaffermati in riferimento allo stato delle persone non vedenti. La
specificita', infatti, dei connotati invalidanti - resa evidente
dalla particolare attenzione e dal favor che caratterizzano, da epoca
ormai risalente, la normativa di settore, con la previsione di
diverse provvidenze per le persone che risultino averne titolo -
renderebbe ancora piu' arduo giustificare, nella dimensione
costituzionale della convivenza solidale, una condizione ostativa -
inevitabilmente discriminatoria - che subordini al possesso della
carta di soggiorno la fruizione di benefici intrinsecamente
raccordati alla necessita' di assicurare a ciascuna persona, nella
piu' ampia e compatibile misura, condizioni minime di vita e di
salute.
Ove cosi' non fosse, d'altra parte, specifiche provvidenze di
carattere assistenziale - inerenti alla sfera di protezione di
situazioni di inabilita' gravi e insuscettibili di efficace
salvaguardia al di fuori degli interventi che la Repubblica prevede
in adempimento degli inderogabili doveri di solidarieta' (art. 2
Cost.) - verrebbero fatte dipendere, nel caso degli stranieri
extracomunitari, da requisiti di carattere meramente "temporale", del
tutto incompatibili con l'indifferibilita' e la pregnanza dei
relativi bisogni: i quali requisiti ineluttabilmente finirebbero per
innestare nel tessuto normativo condizioni incoerenti e incompatibili
con la natura stessa delle provvidenze, generando effetti
irragionevolmente pregiudizievoli rispetto al valore fondamentale di
ciascuna persona.
La disposizione denunciata, pertanto, risultando in contrasto con
gli evocati parametri costituzionali e con i relativi principi -
oltre che con quelli piu' volte affermati dalla giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell'uomo -, deve essere dichiarata
costituzionalmente illegittima.
per questi motivi
La Corte costituzionalE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma
19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2001), nella parte in cui subordina al requisito della
titolarita' della carta di soggiorno la concessione agli stranieri
legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione di
cui all'art. 8 della legge 10 febbraio 1962, n. 66 (Nuove
disposizioni relative all'Opera nazionale per i ciechi civili) e
dell'indennita' di cui all'art. 3, comma 1, della legge 21 novembre
1988, n. 508 (Norme integrative in materia di assistenza economica
agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti);
2) dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione con
l'ordinanza in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Paolo GROSSI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI
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