N. 60
SENTENZA
10 marzo - 16 aprile 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Rifiuti (abbruciamento dei residui vegetali provenienti dai lavori di forestazione e dalla potatura delle coltivazioni in legno) - Impiego pubblico (trasferimento nei ruoli organici della Regione anche del personale a tempo determinato appartenente dell'agenzia regionale ARBEA). - Legge della Regione Basilicata 30 aprile 2014, n. 7 (Collegato alla Legge di bilancio 2014-2016), artt. 10, commi 2, 3 e 4, e 29. -(GU n.16 del 22-4-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Alessandro CRISCUOLO;
Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Aldo
CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,
Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 10, commi
2, 3 e 4, e 29 della legge della Regione Basilicata 30 aprile 2014,
n. 7 (Collegato alla Legge di bilancio 2014-2016), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 30
giugno-2 luglio 2014, depositato in cancelleria il 3 luglio 2014 ed
iscritto al n. 48 del registro ricorsi 2014.
Udito nell'udienza pubblica del 10 marzo 2015 il Giudice relatore
Marta Cartabia;
udito l'avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso spedito per la notifica il 30 giugno 2014,
ricevuto dalla resistente il 2 luglio 2014, depositato nella
cancelleria di questa Corte il 3 luglio 2014 ed iscritto al n. 48 del
registro ricorsi 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha
promosso questione di legittimita' costituzionale degli artt. 10,
commi 2, 3 e 4, e 29 della legge della Regione Basilicata 30 aprile
2014, n. 7 (Collegato alla Legge di bilancio 2014-2016), in
riferimento agli artt. 3, 81, terzo comma, 97 e 117, commi primo,
secondo, lettere l) ed s), e terzo, della Costituzione.
1.1.- Il ricorrente ha anzitutto censurato l'art. 10, commi 2, 3
e 4, della legge reg. Basilicata n. 7 del 2014 - che contiene una
serie di modifiche agli artt. 7 e 8 della legge della Regione
Basilicata 22 febbraio 2005, n. 13 (Norme per la protezione dei
boschi dagli incendi) -, in riferimento all'art. 117, primo comma e
secondo comma, lettera s), Cost.
Mentre l'art. 10, comma 1, non impugnato, ha introdotto,
nell'art. 7, comma 1, lettera m), della legge reg. Basilicata n. 13
del 2005, il divieto di eliminare mediante abbruciamento i residui
vegetali, cosi' come definiti dall'art. 184, commi 2, lettera e), e
3, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme
in materia ambientale), d'ora in poi «codice dell'ambiente», il comma
2 del medesimo art. 10, oggetto invece di impugnazione al pari dei
due commi successivi, ha modificato l'art. 7, comma 2, lettera b),
della legge reg. Basilicata n. 13 del 2005, includendo, tra le
deroghe ammesse (valide solo dall'alba al tramonto e nelle giornate
senza vento), anche la seguente fattispecie: «l'eliminazione mediante
abbruciamento dei residui vegetali, provenienti dai lavori di
forestazione eseguito da idoneo personale addetto al settore
forestale, in esecuzion[e] di Piani di Forestazione nel rispetto di
quanto previsto dal successivo art. 8 comma 8».
I successivi commi 3 e 4 del medesimo art. 10 hanno apportato
altrettante novelle all'art. 8 della legge reg. Basilicata n. 13 del
2005, rispettivamente modificando il comma 3 e introducendo il comma
8. In particolare, l'art. 10, comma 3, consente di bruciare i residui
della potatura delle coltivazioni legnose e dei complessi boscati,
ivi compresi quelli derivanti dagli interventi di spalcatura, purche'
nel rispetto di una serie di condizioni: ossia, se disposti in cumuli
e in aree sgombre da piantagioni e distanti dai boschi e solo per
esigenze di carattere fitosanitario al fine di eliminare fonti di
diffusione di organismi nocivi per le piante e per l'uomo, nonche'
nei casi in cui l'accumulo di tale materiale possa provocare un
rischio per l'innesco di incendi. L'art. 10, comma 4, pone invece una
serie di condizioni, a tutela della salute e dell'ambiente, alle
quali deve sottostare la combustione dei residui vegetali in
esecuzione degli interventi previsti nei piani di forestazione:
attinenti l'orario (dal sorgere del sole fino alle ore 10), lo
spegnimento in caso di vento o altre condizioni di pericolosita'
sopravvenute, la larghezza dell'area da destinare alla bruciatura
(almeno 3 metri privi di vegetazione), la presenza di personale
idoneo, le dimensioni dei cumuli (al massimo pari a 3 metri steri ad
ettaro al giorno), la previa comunicazione al Corpo forestale dello
Stato (almeno 24 ore prima dall'inizio dell'attivita').
Il ricorrente ha quindi richiamato la disciplina contenuta nel
codice dell'ambiente, e in particolare negli artt. 183, comma 1,
lettera a), 184, comma 4, lettera e), 184-bis e 185, comma 1, lettera
f). Da tale disciplina ha ricavato che i residui vegetali provenienti
dai lavori di forestazione e i residui della potatura delle
coltivazioni legnose e dei complessi boscati, oggetto della
disciplina impugnata, non sarebbero qualificabili come sottoprodotti,
in quanto la nozione di sottoprodotto di cui all'art. 184-bis del
codice dell'ambiente si incentrerebbe sulla certezza di un riutilizzo
nel corso di un processo di produzione (in proposito il ricorrente
richiama la decisione della Corte di giustizia CE, 11 novembre 2004,
causa C-457/02, Niselli, punti n. 44 e n. 45); ne' tanto meno
potrebbero ritenersi esclusi dal campo di applicazione della parte IV
del codice dell'ambiente, relativa ai rifiuti, in quanto l'esclusione
prevista dall'art. 185, comma 1, lettera f), di tale codice si
baserebbe sul successivo utilizzo mediante processi o metodi che non
danneggino l'ambiente e non mettano in pericolo la salute umana (e'
richiamata la medesima sentenza della Corte di giustizia, al punto n.
32). Ne discenderebbe, sempre nella ricostruzione proposta
dall'Avvocatura generale dello Stato, che i materiali in questione
costituirebbero - salvo il caso di un loro riutilizzo nei termini di
cui agli artt. 184-bis e 185, comma 1, lettera f), del codice
dell'ambiente - veri e propri rifiuti e andrebbero assoggettati alle
prescrizioni di cui alla parte IV del codice dell'ambiente, e in
particolare agli artt. 179, comma 1, e 182 di tale codice.
Poiche' con queste disposizioni il legislatore statale ha
puntualmente recepito le direttive comunitarie in materia di rifiuti
(da ultimo, la direttiva del 19 novembre 2008, n. 2008/98/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai rifiuti e che abroga
alcune direttive), le impugnate norme regionali violerebbero, in
primo luogo, l'art. 117, primo comma, Cost., laddove richiede che la
potesta' legislativa statale e regionale sia esercitata nel rispetto
dei «vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario»; e altresi', in
secondo luogo, l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., dal
momento che la disciplina dei rifiuti afferirebbe alla materia della
tutela dell'ambiente, rientrante nella legislazione esclusiva dello
Stato, nell'ambito della quale le Regioni non possono legiferare,
neppure in via sussidiaria, apportando deroghe alle norme statali (si
richiama la sentenza n. 249 del 2009 di questa Corte).
1.2.- Relativamente all'art. 29 della legge reg. Basilicata n. 7
del 2014, il ricorrente ha osservato che tale articolo modifica
l'art. 4, comma 1, della legge della Regione Basilicata 15 aprile
2014, n. 4 (Riorganizzazione delle funzioni regionali in materia di
erogazioni comunitarie in agricoltura), estendendo anche al personale
a tempo determinato, purche' nei ruoli di altra pubblica
amministrazione, il trasferimento nei ruoli organici della Regione
Basilicata (o degli altri enti strumentali da essa dipendenti) del
personale dell'Agenzia della Regione Basilicata per le Erogazioni in
Agricoltura (d'ora in poi «ARBEA»), trasferimento che originariamente
era stato previsto per il solo personale a tempo indeterminato della
medesima Agenzia, soppressa in applicazione della legge reg.
Basilicata n. 4 del 2014.
Il ricorrente ha censurato questa disposizione per violazione
anzitutto dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che
attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato la materia
dell'ordinamento civile, in quanto si porrebbe in contrasto con
l'art. 30, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
(Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), laddove dispone che le amministrazioni
pubbliche possono ricoprire posti vacanti in organico mediante
passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica,
in servizio presso altre amministrazioni, i quali facciano domanda di
trasferimento. A questo fine, l'Avvocatura generale dello Stato ha
richiamato quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 324 del
2010, secondo cui la disciplina dell'istituto della mobilita'
volontaria rientra nella materia di rapporti di diritto privato, in
quanto essa si configura come una fattispecie di cessione del
contratto, che e' negozio tipico disciplinato dagli artt. 1406 e
seguenti del codice civile.
Inoltre, sempre ad avviso del ricorrente, l'impugnato art. 29
sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., laddove enunciano i
principi di eguaglianza, imparzialita' e buon andamento della
pubblica amministrazione, dal momento che esso disporrebbe
l'inquadramento nei ruoli regionali con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato di personale assunto a tempo determinato che non ha
superato un pubblico concorso.
In terzo luogo, la disposizione impugnata violerebbe altresi'
l'art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui riserva allo Stato
i principi in materia di coordinamento della finanza pubblica, in
quanto non rispetterebbe le disposizioni sui vincoli di assunzione di
cui all'art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la
perequazione tributaria), convertito in legge, con modificazioni,
dall'art 1, comma 1, della, legge 6 agosto 2008, n. 133,
richiamandosi, a supporto, la sentenza n. 148 del 2012 di questa
Corte.
In quarto e ultimo luogo, l'art. 29 della legge reg. Basilicata
n. 7 del 2014 contrasterebbe con "il principio fondamentale del
coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 81, 3° comma,
Cost.", in quanto non prevedrebbe che il trasferimento del personale
sia accompagnato dal trasferimento delle relative risorse
finanziarie.
2.- La Regione Basilicata non si e' costituita in giudizio.
Considerato in diritto
1.- Con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente del
Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimita'
costituzionale degli artt. 10, commi 2, 3 e 4, e 29 della legge della
Regione Basilicata 30 aprile 2014, n. 7 (Collegato alla Legge di
bilancio 2014-2016), in riferimento agli artt. 3, 81, terzo comma, 97
e 117 della Costituzione, quest'ultimo relativamente sia al primo
comma, sia al secondo comma, lettere l) ed s), sia al terzo comma. La
Regione Basilicata non si e' costituita in giudizio.
2.- L'art. 10, commi 2, 3 e 4, della legge reg. Basilicata n. 7
del 2014 e' censurato nella parte in cui, modificando gli artt. 7 e 8
della legge della Regione Basilicata 22 febbraio 2005, n. 13 (Norme
per la protezione dei boschi dagli incendi), consente, a determinate
condizioni, l'eliminazione mediante abbruciamento dei residui
vegetali, inclusi quelli provenienti dall'attuazione dei piani di
forestazione e dalla potatura dei complessi boscati.
2.1.- Ad avviso del ricorrente, tale disciplina si porrebbe in
contrasto con l'art. 117, primo comma e secondo comma, lettera s),
Cost., che riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, in quanto violerebbe la
normativa sullo smaltimento dei rifiuti contenuta negli artt. 183,
184, 184-bis e 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e nella direttiva
del 19 novembre 2008, n. 2008/98/CE (Direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive).
2.2.- La questione non e' fondata.
Questa Corte ha gia' avuto modo di esprimersi recentemente su
leggi di altre Regioni recanti disposizioni simili, e approvate nel
medesimo periodo di tempo. Essa ha giudicato non fondate analoghe
censure (sentenze n. 38 e n. 16 del 2015), ritenendo che la
disciplina dell'abbruciamento di residui vegetali rientri nella
materia dell'agricoltura, di competenza residuale regionale, ai sensi
dell'art. 117, quarto comma, Cost.
La Corte ha affermato tale principio anche a prescindere
dall'intervento del legislatore statale che - nel nuovo art. 182,
comma 6-bis, introdotto nel codice dell'ambiente con l'art. 14, comma
8, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni
urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e
l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e
universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per
la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa
europea), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 11 agosto 2014, n. 116 - ha esplicitato che «le attivita' di
raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantita'
giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali
vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel
luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole
consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o
ammendanti, e non attivita' di gestione dei rifiuti». Nei precedenti
sopra citati, infatti, questa Corte ha ritenuto - in linea con la
giurisprudenza della Corte di cassazione (ex plurimis, terza sezione
penale, sentenza 7 marzo 2013, n. 16474; e sentenza 7 gennaio 2015,
n. 76) - che tanto l'art. 185, comma 1, lettera f), del codice
dell'ambiente, quanto le corrispondenti disposizioni della direttiva
n. 2008/98/CE consentivano, anche prima della ricordata introduzione
del comma 6-bis nell'art. 182 del codice dell'ambiente, di annoverare
tra le attivita' escluse dall'ambito di applicazione della normativa
sui rifiuti l'abbruciamento in loco dei residui vegetali, in quanto
pratica ordinariamente applicata in agricoltura e nella selvicoltura.
Di conseguenza, il legislatore regionale e' legittimamente
intervenuto in tale ambito, trattandosi di una disciplina che rientra
nella materia dell'agricoltura, riconducibile alle competenze di
carattere residuale, di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. (ex
plurimis, sentenze n. 62 del 2013, n. 116 del 2006, n. 283 e n. 12
del 2004).
I medesimi principi conducono a dichiarare non fondate le censure
riferite all'art. 10, commi 2, 3 e 4, della legge reg. Basilicata n.
7 del 2014, i quali, nel consentire a determinate condizioni
l'attivita' di abbruciamento dei rifiuti vegetali, contengono una
disciplina che per taluni profili risulta persino piu' restrittiva
rispetto a quella disposta dalle leggi regionali precedentemente
giunte all'attenzione della Corte costituzionale e che gia' hanno
superato il vaglio di costituzionalita'.
3.- L'art. 29 della legge reg. Basilicata n. 7 del 2014 e'
censurato nella parte in cui, modificando l'art. 4, comma 1, della
legge della Regione Basilicata 15 aprile 2014, n. 4 (Riorganizzazione
delle funzioni regionali in materia di erogazioni comunitarie in
agricoltura), dispone il trasferimento nei ruoli organici della
Regione Basilicata o degli altri enti strumentali da essa dipendenti
anche del personale a tempo determinato appartenente all'ARBEA
(Agenzia della Regione Basilicata per le Erogazioni in Agricoltura),
purche' nei ruoli di altra pubblica amministrazione. Tale
disposizione violerebbe, anzitutto, l'art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost., laddove affida alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato la materia dell'«ordinamento civile», in quanto
contrasterebbe con la disciplina sulla mobilita' nel pubblico impiego
contenuta nell'art. 30, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche); in secondo luogo, gli
artt. 3 e 97 Cost., in quanto comporterebbe l'immissione nei ruoli
della Regione a tempo indeterminato di personale assunto a tempo
determinato e che non ha superato un pubblico concorso; in terzo
luogo, l'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto contrasterebbe con i
principi di coordinamento della finanza pubblica sui vincoli di
assunzione nel pubblico impiego di cui all'art. 76, comma 7, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 6 agosto 2008, n. 133; in quarto ed ultimo luogo, l'art. 81,
terzo comma, Cost., in quanto non prevedrebbe che il trasferimento
del personale sia accompagnato dal trasferimento delle relative
risorse finanziarie.
3.1.- La questione e' inammissibile.
Il ricorrente muove dal presupposto che l'impugnato art. 29 della
legge reg. Basilicata n. 7 del 2014 configuri una forma di mobilita'
del personale pubblico o, alternativamente, di stabilizzazione di
personale assunto, senza concorso a tempo determinato, presso
l'ARBEA. Le censure, che peraltro si sviluppano in poche succinte
righe dell'atto introduttivo del presente giudizio, non tengono conto
in alcun modo del contesto normativo in cui si inserisce la
disposizione impugnata, la quale modifica l'art. 4, comma 1, della
legge regionale n. 4 del 2014, che dispone lo scioglimento di una
agenzia regionale, l'ARBEA appunto, con contestuale trasferimento
delle relative funzioni alla Regione, nonche' del personale, del
patrimonio e di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi gia'
facenti capo all'Agenzia. Ai sensi dell'art. 2 della legge regionale
n. 4 del 2014, infatti, la Regione «subentra in tutte le posizioni
attive e passive facenti capo ad ARBEA, nei rapporti di lavoro in
essere, nonche' nelle componenti patrimoniali, cosi' come presenti
nell'inventario dei beni dell'ente». L'impugnato art. 29 deve percio'
essere inquadrato nell'ambito del trasferimento di attivita' dalla
disciolta Agenzia alla Regione, previsto e disciplinato dall'art. 31
del decreto legislativo n. 165 del 2001 (si veda per una ipotesi
analoga la sentenza n. 226 del 2012), mentre il richiamato parametro
interposto - l'art. 30 del medesimo decreto legislativo, relativo
alla mobilita' volontaria del personale pubblico tra amministrazioni
diverse - risulta del tutto inconferente. Inoltre, il ricorso non da'
conto in alcun modo del fatto che due dei parametri interposti
invocati sono stati oggetto di interventi modificativi, in
particolare ad opera del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure
urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per
l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, entrato in
vigore dopo la deliberazione del ricorso da parte del Consiglio dei
ministri, ma anteriormente alla data in cui il ricorso e' stato
sottoscritto e inviato per la notifica. Anche sotto questo profilo,
dunque, le censure non appaiono supportate da sufficiente ed adeguata
motivazione. Ne risulta l'inammissibilita' della questione di
legittimita', per erronea e incompleta ricostruzione del quadro
normativo di riferimento (ex plurimis, sentenza n. 165 del 2014,
sentenza n. 114 del 2013 e ordinanza n. 174 del 2012).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 29 della legge della Regione Basilicata 30
aprile 2014, n. 7 (Collegato alla Legge di bilancio 2014-2016),
promossa, in riferimento agli artt. 3, 81, terzo comma, 97 e 117,
secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione, dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in
epigrafe;
2) dichiara non fondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 10, commi 2, 3 e 4, della legge reg.
Basilicata n. 7 del 2014, promossa, in riferimento all'art. 117,
primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente
del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 aprile 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI
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