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giovedì 30 aprile 2015

N. 60 SENTENZA 10 marzo - 16 aprile 2015 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Rifiuti (abbruciamento dei residui vegetali provenienti dai lavori di forestazione e dalla potatura delle coltivazioni in legno) - Impiego pubblico (trasferimento nei ruoli organici della Regione anche del personale a tempo determinato appartenente dell'agenzia regionale ARBEA). - Legge della Regione Basilicata 30 aprile 2014, n. 7 (Collegato alla Legge di bilancio 2014-2016), artt. 10, commi 2, 3 e 4, e 29. - (GU 1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n.16 del 22-4-2015)



  N. 60 SENTENZA 10 marzo - 16 aprile 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Rifiuti (abbruciamento dei residui vegetali provenienti dai lavori di
  forestazione e  dalla  potatura  delle  coltivazioni  in  legno)  -
  Impiego pubblico (trasferimento nei ruoli  organici  della  Regione
  anche del personale a tempo determinato  appartenente  dell'agenzia
  regionale ARBEA). 
- Legge della Regione Basilicata 30 aprile 2014, n. 7 (Collegato alla
  Legge di bilancio 2014-2016), artt. 10, commi 2, 3 e 4, e 29. 
-   
(GU n.16 del 22-4-2015 )

  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo  GROSSI,  Aldo
  CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo  CORAGGIO,
  Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 10, commi
2, 3 e 4, e 29 della legge della Regione Basilicata 30  aprile  2014,
n. 7 (Collegato alla  Legge  di  bilancio  2014-2016),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  30
giugno-2 luglio 2014, depositato in cancelleria il 3 luglio  2014  ed
iscritto al n. 48 del registro ricorsi 2014. 
    Udito nell'udienza pubblica del 10 marzo 2015 il Giudice relatore
Marta Cartabia; 
    udito l'avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per il Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito  per  la  notifica  il  30  giugno  2014,
ricevuto  dalla  resistente  il  2  luglio  2014,  depositato   nella
cancelleria di questa Corte il 3 luglio 2014 ed iscritto al n. 48 del
registro ricorsi 2014, il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questione di legittimita'  costituzionale  degli  artt.  10,
commi 2, 3 e 4, e 29 della legge della Regione Basilicata  30  aprile
2014,  n.  7  (Collegato  alla  Legge  di  bilancio  2014-2016),   in
riferimento agli artt. 3, 81, terzo comma, 97  e  117,  commi  primo,
secondo, lettere l) ed s), e terzo, della Costituzione. 
    1.1.- Il ricorrente ha anzitutto censurato l'art. 10, commi 2,  3
e 4, della legge reg. Basilicata n. 7 del 2014  -  che  contiene  una
serie di modifiche agli  artt.  7  e  8  della  legge  della  Regione
Basilicata 22 febbraio 2005, n.  13  (Norme  per  la  protezione  dei
boschi dagli incendi) -, in riferimento all'art. 117, primo  comma  e
secondo comma, lettera s), Cost. 
    Mentre  l'art.  10,  comma  1,  non  impugnato,  ha   introdotto,
nell'art. 7, comma 1, lettera m), della legge reg. Basilicata  n.  13
del 2005, il divieto di eliminare mediante  abbruciamento  i  residui
vegetali, cosi' come definiti dall'art. 184, commi 2, lettera  e),  e
3, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152  (Norme
in materia ambientale), d'ora in poi «codice dell'ambiente», il comma
2 del medesimo art. 10, oggetto invece di impugnazione  al  pari  dei
due commi successivi, ha modificato l'art. 7, comma  2,  lettera  b),
della legge reg. Basilicata  n.  13  del  2005,  includendo,  tra  le
deroghe ammesse (valide solo dall'alba al tramonto e  nelle  giornate
senza vento), anche la seguente fattispecie: «l'eliminazione mediante
abbruciamento  dei  residui  vegetali,  provenienti  dai  lavori   di
forestazione  eseguito  da  idoneo  personale  addetto   al   settore
forestale, in esecuzion[e] di Piani di Forestazione nel  rispetto  di
quanto previsto dal successivo art. 8 comma 8». 
    I successivi commi 3 e 4 del medesimo  art.  10  hanno  apportato
altrettante novelle all'art. 8 della legge reg. Basilicata n. 13  del
2005, rispettivamente modificando il comma 3 e introducendo il  comma
8. In particolare, l'art. 10, comma 3, consente di bruciare i residui
della potatura delle coltivazioni legnose e  dei  complessi  boscati,
ivi compresi quelli derivanti dagli interventi di spalcatura, purche'
nel rispetto di una serie di condizioni: ossia, se disposti in cumuli
e in aree sgombre da piantagioni e distanti dai  boschi  e  solo  per
esigenze di carattere fitosanitario al fine  di  eliminare  fonti  di
diffusione di organismi nocivi per le piante e  per  l'uomo,  nonche'
nei casi in cui l'accumulo  di  tale  materiale  possa  provocare  un
rischio per l'innesco di incendi. L'art. 10, comma 4, pone invece una
serie di condizioni, a tutela  della  salute  e  dell'ambiente,  alle
quali  deve  sottostare  la  combustione  dei  residui  vegetali   in
esecuzione degli  interventi  previsti  nei  piani  di  forestazione:
attinenti l'orario (dal sorgere  del  sole  fino  alle  ore  10),  lo
spegnimento in caso di vento  o  altre  condizioni  di  pericolosita'
sopravvenute, la larghezza dell'area  da  destinare  alla  bruciatura
(almeno 3 metri privi  di  vegetazione),  la  presenza  di  personale
idoneo, le dimensioni dei cumuli (al massimo pari a 3 metri steri  ad
ettaro al giorno), la previa comunicazione al Corpo  forestale  dello
Stato (almeno 24 ore prima dall'inizio dell'attivita'). 
    Il ricorrente ha quindi richiamato la  disciplina  contenuta  nel
codice dell'ambiente, e in particolare  negli  artt.  183,  comma  1,
lettera a), 184, comma 4, lettera e), 184-bis e 185, comma 1, lettera
f). Da tale disciplina ha ricavato che i residui vegetali provenienti
dai  lavori  di  forestazione  e  i  residui  della  potatura   delle
coltivazioni  legnose  e  dei  complessi   boscati,   oggetto   della
disciplina impugnata, non sarebbero qualificabili come sottoprodotti,
in quanto la nozione di sottoprodotto di  cui  all'art.  184-bis  del
codice dell'ambiente si incentrerebbe sulla certezza di un riutilizzo
nel corso di un processo di produzione (in  proposito  il  ricorrente
richiama la decisione della Corte di giustizia CE, 11 novembre  2004,
causa C-457/02, Niselli, punti  n.  44  e  n.  45);  ne'  tanto  meno
potrebbero ritenersi esclusi dal campo di applicazione della parte IV
del codice dell'ambiente, relativa ai rifiuti, in quanto l'esclusione
prevista dall'art. 185, comma  1,  lettera  f),  di  tale  codice  si
baserebbe sul successivo utilizzo mediante processi o metodi che  non
danneggino l'ambiente e non mettano in pericolo la salute  umana  (e'
richiamata la medesima sentenza della Corte di giustizia, al punto n.
32).  Ne   discenderebbe,   sempre   nella   ricostruzione   proposta
dall'Avvocatura generale dello Stato, che i  materiali  in  questione
costituirebbero - salvo il caso di un loro riutilizzo nei termini  di
cui agli artt. 184-bis  e  185,  comma  1,  lettera  f),  del  codice
dell'ambiente - veri e propri rifiuti e andrebbero assoggettati  alle
prescrizioni di cui alla parte IV  del  codice  dell'ambiente,  e  in
particolare agli artt. 179, comma 1, e 182 di tale codice. 
    Poiche'  con  queste  disposizioni  il  legislatore  statale   ha
puntualmente recepito le direttive comunitarie in materia di  rifiuti
(da ultimo, la direttiva del 19  novembre  2008,  n.  2008/98/CE  del
Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai rifiuti e che  abroga
alcune direttive), le  impugnate  norme  regionali  violerebbero,  in
primo luogo, l'art. 117, primo comma, Cost., laddove richiede che  la
potesta' legislativa statale e regionale sia esercitata nel  rispetto
dei «vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario»; e altresi',  in
secondo luogo, l'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  dal
momento che la disciplina dei rifiuti afferirebbe alla materia  della
tutela dell'ambiente, rientrante nella legislazione  esclusiva  dello
Stato, nell'ambito della quale le  Regioni  non  possono  legiferare,
neppure in via sussidiaria, apportando deroghe alle norme statali (si
richiama la sentenza n. 249 del 2009 di questa Corte). 
    1.2.- Relativamente all'art. 29 della legge reg. Basilicata n.  7
del 2014, il ricorrente  ha  osservato  che  tale  articolo  modifica
l'art. 4, comma 1, della legge della  Regione  Basilicata  15  aprile
2014, n. 4 (Riorganizzazione delle funzioni regionali in  materia  di
erogazioni comunitarie in agricoltura), estendendo anche al personale
a  tempo  determinato,  purche'   nei   ruoli   di   altra   pubblica
amministrazione, il trasferimento nei ruoli  organici  della  Regione
Basilicata (o degli altri enti strumentali da  essa  dipendenti)  del
personale dell'Agenzia della Regione Basilicata per le Erogazioni  in
Agricoltura (d'ora in poi «ARBEA»), trasferimento che originariamente
era stato previsto per il solo personale a tempo indeterminato  della
medesima  Agenzia,  soppressa  in  applicazione  della   legge   reg.
Basilicata n. 4 del 2014. 
    Il ricorrente ha censurato  questa  disposizione  per  violazione
anzitutto dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  che
attribuisce  alla  legislazione  esclusiva  dello  Stato  la  materia
dell'ordinamento civile, in  quanto  si  porrebbe  in  contrasto  con
l'art. 30, comma 1, del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche), laddove dispone  che  le  amministrazioni
pubbliche  possono  ricoprire  posti  vacanti  in  organico  mediante
passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla  stessa  qualifica,
in servizio presso altre amministrazioni, i quali facciano domanda di
trasferimento. A questo fine, l'Avvocatura generale  dello  Stato  ha
richiamato quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 324 del
2010,  secondo  cui  la  disciplina  dell'istituto  della   mobilita'
volontaria rientra nella materia di rapporti di diritto  privato,  in
quanto essa  si  configura  come  una  fattispecie  di  cessione  del
contratto, che e' negozio tipico  disciplinato  dagli  artt.  1406  e
seguenti del codice civile. 
    Inoltre, sempre ad avviso del  ricorrente,  l'impugnato  art.  29
sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., laddove enunciano  i
principi  di  eguaglianza,  imparzialita'  e  buon  andamento   della
pubblica  amministrazione,   dal   momento   che   esso   disporrebbe
l'inquadramento nei ruoli regionali con rapporto di  lavoro  a  tempo
indeterminato di personale assunto a tempo  determinato  che  non  ha
superato un pubblico concorso. 
    In terzo luogo, la  disposizione  impugnata  violerebbe  altresi'
l'art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui riserva allo Stato
i principi in materia di coordinamento  della  finanza  pubblica,  in
quanto non rispetterebbe le disposizioni sui vincoli di assunzione di
cui all'art. 76, comma 7, del decreto-legge 25 giugno  2008,  n.  112
(Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito  in  legge,  con  modificazioni,
dall'art  1,  comma  1,  della,  legge  6  agosto   2008,   n.   133,
richiamandosi, a supporto, la sentenza n.  148  del  2012  di  questa
Corte. 
    In quarto e ultimo luogo, l'art. 29 della legge  reg.  Basilicata
n. 7 del 2014  contrasterebbe  con  "il  principio  fondamentale  del
coordinamento della finanza pubblica di cui all'art.  81,  3°  comma,
Cost.", in quanto non prevedrebbe che il trasferimento del  personale
sia   accompagnato   dal   trasferimento   delle   relative   risorse
finanziarie. 
    2.- La Regione Basilicata non si e' costituita in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con  il  ricorso  indicato  in  epigrafe  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  promosso  questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 10, commi 2, 3 e 4, e 29 della legge della
Regione Basilicata 30 aprile 2014, n.  7  (Collegato  alla  Legge  di
bilancio 2014-2016), in riferimento agli artt. 3, 81, terzo comma, 97
e 117 della Costituzione, quest'ultimo  relativamente  sia  al  primo
comma, sia al secondo comma, lettere l) ed s), sia al terzo comma. La
Regione Basilicata non si e' costituita in giudizio. 
    2.- L'art. 10, commi 2, 3 e 4, della legge reg. Basilicata  n.  7
del 2014 e' censurato nella parte in cui, modificando gli artt. 7 e 8
della legge della Regione Basilicata 22 febbraio 2005, n.  13  (Norme
per la protezione dei boschi dagli incendi), consente, a  determinate
condizioni,  l'eliminazione  mediante   abbruciamento   dei   residui
vegetali, inclusi quelli provenienti  dall'attuazione  dei  piani  di
forestazione e dalla potatura dei complessi boscati. 
    2.1.- Ad avviso del ricorrente, tale disciplina  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 117, primo comma e secondo  comma,  lettera  s),
Cost., che riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la
tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  in  quanto  violerebbe  la
normativa sullo smaltimento dei rifiuti contenuta  negli  artt.  183,
184, 184-bis e 185, comma 1, lettera f), del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e  nella  direttiva
del 19 novembre 2008, n. 2008/98/CE (Direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive). 
    2.2.- La questione non e' fondata. 
    Questa Corte ha gia' avuto modo  di  esprimersi  recentemente  su
leggi di altre Regioni recanti disposizioni simili, e  approvate  nel
medesimo periodo di tempo. Essa ha  giudicato  non  fondate  analoghe
censure (sentenze  n.  38  e  n.  16  del  2015),  ritenendo  che  la
disciplina  dell'abbruciamento  di  residui  vegetali  rientri  nella
materia dell'agricoltura, di competenza residuale regionale, ai sensi
dell'art. 117, quarto comma, Cost. 
    La  Corte  ha  affermato  tale  principio  anche  a   prescindere
dall'intervento del legislatore statale che -  nel  nuovo  art.  182,
comma 6-bis, introdotto nel codice dell'ambiente con l'art. 14, comma
8, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91  (Disposizioni
urgenti  per  il   settore   agricolo,   la   tutela   ambientale   e
l'efficientamento    energetico    dell'edilizia     scolastica     e
universitaria,  il  rilancio  e  lo  sviluppo   delle   imprese,   il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per
la definizione immediata di  adempimenti  derivanti  dalla  normativa
europea), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge 11 agosto 2014, n. 116 - ha esplicitato che  «le  attivita'  di
raggruppamento e abbruciamento  in  piccoli  cumuli  e  in  quantita'
giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei  materiali
vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel
luogo  di  produzione,  costituiscono   normali   pratiche   agricole
consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti  o
ammendanti, e non attivita' di gestione dei rifiuti». Nei  precedenti
sopra citati, infatti, questa Corte ha ritenuto -  in  linea  con  la
giurisprudenza della Corte di cassazione (ex plurimis, terza  sezione
penale, sentenza 7 marzo 2013, n. 16474; e sentenza 7  gennaio  2015,
n. 76) - che tanto l'art.  185,  comma  1,  lettera  f),  del  codice
dell'ambiente, quanto le corrispondenti disposizioni della  direttiva
n. 2008/98/CE consentivano, anche prima della ricordata  introduzione
del comma 6-bis nell'art. 182 del codice dell'ambiente, di annoverare
tra le attivita' escluse dall'ambito di applicazione della  normativa
sui rifiuti l'abbruciamento in loco dei residui vegetali,  in  quanto
pratica ordinariamente applicata in agricoltura e nella selvicoltura.
Di  conseguenza,   il   legislatore   regionale   e'   legittimamente
intervenuto in tale ambito, trattandosi di una disciplina che rientra
nella materia  dell'agricoltura,  riconducibile  alle  competenze  di
carattere residuale, di cui all'art. 117,  quarto  comma,  Cost.  (ex
plurimis, sentenze n. 62 del 2013, n. 116 del 2006, n. 283  e  n.  12
del 2004). 
    I medesimi principi conducono a dichiarare non fondate le censure
riferite all'art. 10, commi 2, 3 e 4, della legge reg. Basilicata  n.
7  del  2014,  i  quali,  nel  consentire  a  determinate  condizioni
l'attivita' di abbruciamento dei  rifiuti  vegetali,  contengono  una
disciplina che per taluni profili risulta  persino  piu'  restrittiva
rispetto a quella  disposta  dalle  leggi  regionali  precedentemente
giunte all'attenzione della Corte costituzionale  e  che  gia'  hanno
superato il vaglio di costituzionalita'. 
    3.- L'art. 29 della legge  reg.  Basilicata  n.  7  del  2014  e'
censurato nella parte in cui, modificando l'art. 4,  comma  1,  della
legge della Regione Basilicata 15 aprile 2014, n. 4 (Riorganizzazione
delle funzioni regionali in  materia  di  erogazioni  comunitarie  in
agricoltura), dispone  il  trasferimento  nei  ruoli  organici  della
Regione Basilicata o degli altri enti strumentali da essa  dipendenti
anche  del  personale  a  tempo  determinato  appartenente  all'ARBEA
(Agenzia della Regione Basilicata per le Erogazioni in  Agricoltura),
purche'  nei  ruoli   di   altra   pubblica   amministrazione.   Tale
disposizione  violerebbe,  anzitutto,  l'art.  117,  secondo   comma,
lettera  l),  Cost.,  laddove  affida  alla  competenza   legislativa
esclusiva dello Stato la materia dell'«ordinamento civile», in quanto
contrasterebbe con la disciplina sulla mobilita' nel pubblico impiego
contenuta nell'art. 30, comma 1, del  decreto  legislativo  30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche); in  secondo  luogo,  gli
artt. 3 e 97 Cost., in quanto comporterebbe  l'immissione  nei  ruoli
della Regione a tempo indeterminato  di  personale  assunto  a  tempo
determinato e che non ha superato  un  pubblico  concorso;  in  terzo
luogo, l'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto contrasterebbe con i
principi di coordinamento  della  finanza  pubblica  sui  vincoli  di
assunzione nel pubblico impiego di cui  all'art.  76,  comma  7,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 6 agosto 2008, n. 133; in quarto ed ultimo  luogo,  l'art.  81,
terzo comma, Cost., in quanto non prevedrebbe  che  il  trasferimento
del personale  sia  accompagnato  dal  trasferimento  delle  relative
risorse finanziarie. 
    3.1.- La questione e' inammissibile. 
    Il ricorrente muove dal presupposto che l'impugnato art. 29 della
legge reg. Basilicata n. 7 del 2014 configuri una forma di  mobilita'
del personale pubblico o,  alternativamente,  di  stabilizzazione  di
personale  assunto,  senza  concorso  a  tempo  determinato,   presso
l'ARBEA. Le censure, che peraltro si  sviluppano  in  poche  succinte
righe dell'atto introduttivo del presente giudizio, non tengono conto
in  alcun  modo  del  contesto  normativo  in  cui  si  inserisce  la
disposizione impugnata, la quale modifica l'art. 4,  comma  1,  della
legge regionale n. 4 del 2014, che dispone  lo  scioglimento  di  una
agenzia regionale, l'ARBEA  appunto,  con  contestuale  trasferimento
delle relative funzioni alla  Regione,  nonche'  del  personale,  del
patrimonio e di tutti i rapporti  giuridici  attivi  e  passivi  gia'
facenti capo all'Agenzia. Ai sensi dell'art. 2 della legge  regionale
n. 4 del 2014, infatti, la Regione «subentra in  tutte  le  posizioni
attive e passive facenti capo ad ARBEA, nei  rapporti  di  lavoro  in
essere, nonche' nelle componenti patrimoniali,  cosi'  come  presenti
nell'inventario dei beni dell'ente». L'impugnato art. 29 deve percio'
essere inquadrato nell'ambito del trasferimento  di  attivita'  dalla
disciolta Agenzia alla Regione, previsto e disciplinato dall'art.  31
del decreto legislativo n. 165 del 2001  (si  veda  per  una  ipotesi
analoga la sentenza n. 226 del 2012), mentre il richiamato  parametro
interposto - l'art. 30 del  medesimo  decreto  legislativo,  relativo
alla mobilita' volontaria del personale pubblico tra  amministrazioni
diverse - risulta del tutto inconferente. Inoltre, il ricorso non da'
conto in alcun modo  del  fatto  che  due  dei  parametri  interposti
invocati  sono  stati  oggetto   di   interventi   modificativi,   in
particolare ad opera del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90  (Misure
urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e  per
l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, entrato  in
vigore dopo la deliberazione del ricorso da parte del  Consiglio  dei
ministri, ma anteriormente alla data  in  cui  il  ricorso  e'  stato
sottoscritto e inviato per la notifica. Anche sotto  questo  profilo,
dunque, le censure non appaiono supportate da sufficiente ed adeguata
motivazione.  Ne  risulta  l'inammissibilita'  della   questione   di
legittimita', per  erronea  e  incompleta  ricostruzione  del  quadro
normativo di riferimento (ex plurimis,  sentenza  n.  165  del  2014,
sentenza n. 114 del 2013 e ordinanza n. 174 del 2012). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 29 della legge della Regione  Basilicata  30
aprile 2014, n. 7  (Collegato  alla  Legge  di  bilancio  2014-2016),
promossa, in riferimento agli artt. 3, 81, terzo  comma,  97  e  117,
secondo comma, lettera l), e terzo  comma,  della  Costituzione,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 10,  commi  2,  3  e  4,  della  legge  reg.
Basilicata n. 7 del 2014,  promossa,  in  riferimento  all'art.  117,
primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente
del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 16 aprile 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI 
 

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