N. 41
ORDINANZA
25 febbraio - 17 marzo 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Impiego pubblico - Incarichi extraistituzionali retribuiti previamente non autorizzati - Devoluzione del compenso al bilancio dell'amministrazione di appartenenza. - Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), art. 53, comma 7. -(GU n.12 del 25-3-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Alessandro CRISCUOLO;
Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI,
Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario
MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
de PRETIS, Nicolo' ZANON,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 53, comma
7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la
Puglia, sezione di Lecce, nel procedimento vertente tra la Residenze
anni azzurri srl e il Ministero della difesa ed altri con ordinanza
del 27 giugno 2013, iscritta al n. 242 del registro ordinanze 2013 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima
serie speciale, dell'anno 2013.
Visti gli atti di costituzione della Residenze Anni Azzurri srl,
di C.G., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 2015 il Giudice
relatore Paolo Grossi;
uditi gli avvocati Stefano Claudio Tani per la Residenze Anni
Azzurri srl, Alessandro Lucchetti per Campa Giovanni e l'avvocato
dello Stato Mario Antonio Scino per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ritenuto che, con ordinanza del 27 giugno 2013 (r.o. n. 242 del
2013), il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione
di Lecce, ha sollevato, in riferimento agli artt. 36, primo comma,
41, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 53, comma 7, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nella
parte in cui prevede che, per i dipendenti pubblici che abbiano
svolto incarichi retribuiti non conferiti o previamente autorizzati
dalla amministrazione di appartenenza, «il compenso dovuto per le
prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura
dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata
del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per
essere destinato ad incremento del fondo di produttivita' o di fondi
equivalenti»;
che il giudice rimettente premette di essere stato investito da
un ricorso in opposizione di terzo, proposto da una societa' a
responsabilita' limitata, a norma dell'art. 108 dell'Allegato 1 del
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'art. 44
della legge 18 giugno 2009, n. 69 recante delega al Governo per il
riordino del processo amministrativo), contro la sentenza che, in
accoglimento del ricorso di un sottufficiale della Marina militare,
aveva annullato gli atti con i quali era stata a quest'ultimo
richiesta, ai sensi della norma ora censurata, la restituzione dei
compensi percepiti per prestazioni lavorative di tipo infermieristico
svolte in favore della societa' opponente senza l'autorizzazione
dell'amministrazione di appartenenza;
che, nel ricorso in opposizione, detta societa' aveva rilevato di
essere stata richiesta, dalla predetta amministrazione, del
versamento della somma erogata in favore del militare, in
applicazione del principio affermato nella pronuncia impugnata,
secondo cui l'amministrazione di appartenenza deve prioritariamente
escutere il soggetto che ha ricevuto le prestazioni non autorizzate,
senza che a nulla rilevi l'eventuale gia' avvenuto pagamento a favore
del prestatore d'opera;
che la societa' medesima, lamentando di essere stata pretermessa
nel giudizio opposto, ha chiesto l'annullamento della relativa
sentenza per violazione della regola del contraddittorio, oltre che
per falsa applicazione della disposizione qui denunciata, osservando,
a quest'ultimo riguardo, che il principio affermato dal TAR
presupponeva la consapevolezza, da parte della societa' opponente,
della sussistenza del rapporto di pubblico impiego, contrastata, nel
caso di specie, a vantaggio della buona fede dell'opponente, dalla
dichiarazione, da parte del militare, di non trovarsi in situazioni
di incompatibilita';
che, secondo il giudice a quo, l'interpretazione della
disposizione denunciata adottata nella sentenza opposta si porrebbe
in termini di dubbia compatibilita' con il principio di buon
andamento della pubblica amministrazione, di cui all'art. 97 Cost.,
non risultando chiaro come dell'obbligo di esclusivita' del rapporto
di pubblico impiego "possa essere chiamato a rispondere un soggetto
estraneo alla P.A. e, quindi, non sottoposto al regime giuridico
proprio dei dipendenti pubblici";
che, peraltro, dal momento che la norma in discorso "sembra
prescindere totalmente dal fatto" che le prestazioni siano state o
meno pagate, esponendo l'ente a "versare nuovamente
all'Amministrazione" somme gia' erogate al lavoratore, si
configurerebbe un contrasto anche con il principio di liberta' di
iniziativa economica privata, di cui all'art. 41 Cost.;
che, d'altra parte, nel tentativo di rinvenire una soluzione
ermeneutica costituzionalmente compatibile, il giudice rimettente
individua un "recente orientamento giurisprudenziale" secondo cui
andrebbe riconosciuto rilievo dirimente all'avvenuto pagamento delle
prestazioni lavorative in assenza della prescritta autorizzazione,
consentendo all'amministrazione di agire direttamente nei confronti
del proprio dipendente;
che, tuttavia, neppure questa opzione si sottrarrebbe a dubbi di
costituzionalita', risultando, in questo caso, in contrasto sia con
l'art. 36 Cost. - nella misura in cui, indipendentemente dal doveroso
procedimento disciplinare, essa "pone a carico del dipendente
pubblico l'obbligo di restituire all'Amministrazione di appartenenza
i compensi percepiti per incarichi extraistituzionali privi della
prescritta autorizzazione preventiva", senza una verifica circa
l'incidenza negativa che lo svolgimento di tali incarichi abbia
prodotto sugli obblighi istituzionali o, in genere, sul buon
andamento dell'azione amministrativa - sia con l'art. 97 Cost., in
quanto la restituzione di quanto percepito in assenza di pregiudizio
determinerebbe, in capo alla amministrazione, un arricchimento
ingiustificato, in violazione del principio di imparzialita' e di
buon andamento;
che, infine, la questione sarebbe rilevante non apparendo
ravvisabile, "oltre a quelle sospettate di incostituzionalita',
un'interpretazione alternativa, costituzionalmente orientata" della
disposizione oggetto di denuncia;
che nel giudizio si e' costituita la Residenze Anni Azzurri srl,
chiedendo dichiararsi inammissibile la questione proposta in quanto
non rilevante o, in subordine, manifestamente infondata;
che, sul presupposto che la sentenza opposta sia stata
pronunciata, con pregiudizio dei diritti della societa' opponente, in
assenza della medesima, sicuramente controinteressata, e che la
mancata notificazione integrerebbe un vizio della sentenza rilevabile
anche d'ufficio, con conseguente "inammissibilita' del giudizio di
primo grado, concluso in violazione degli artt. 27 e 42 c.p.a.", la
questione relativa alla norma denunciata non rileverebbe in alcun
modo agli effetti della decisione richiesta, potendo semmai
riguardare un eventuale successivo giudizio;
che, quanto al merito, in contrasto alla tesi dell'obbligo della
"preventiva escussione", la norma in discorso coinvolgerebbe
l'"erogante" solo in quanto il compenso non sia stato corrisposto,
dovendo diversamente essere versato dal percettore;
che questa lettura parrebbe avvalorata dalla norma di cui al
comma 7-bis dello stesso art. 53 denunciato, che assoggetta a
giudizio di responsabilita' erariale soltanto il pubblico dipendente
"indebito percettore" di quel compenso che abbia omesso di versare
alla amministrazione;
che si e' anche costituito il militare originario ricorrente nel
giudizio opposto, il quale ha chiesto dichiararsi l'illegittimita'
costituzionale della norma censurata;
che, rievocata diffusamente la vicenda processuale e le
considerazioni svolte nell'ordinanza di rimessione, la memoria di
costituzione segnala la rilevanza della questione in quanto,
nell'ipotesi del rigetto, il militare si troverebbe esposto
all'ingiustificato versamento della somma percepita, sottolineandosi,
peraltro, che, in base all'art. 896 del codice dell'ordinamento
militare, incomprensibilmente ritenuto ratione temporis inapplicabile
dal TAR, la norma denunciata non si applicherebbe al personale
militare;
che la questione sarebbe, nel merito, fondata per piu' ragioni ed
in riferimento a vari parametri: in riferimento agli artt. 3 e 36
Cost., in quanto la disciplina della prestazione di lavoro resa in
violazione di norme imperative non potrebbe determinare la negazione
del compenso; in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., in quanto il
recupero delle somme, da un lato, sarebbe irragionevole "per difetto
di proporzionalita'" e, d'altro lato, l'entita' del reintegro sarebbe
stabilita astrattamente, senza possibilita' di prova contraria; in
riferimento agli artt. 3, 97, 23 e 53 Cost., in quanto si
determinerebbe un ingiustificato arricchimento per l'amministrazione,
con introduzione per il dipendente di una sanzione per illecito di
"pericolo", in assenza, inoltre, delle condizioni previste per
pretendere prestazioni patrimoniali personali; in relazione agli
artt. 3, 24 e 103 Cost., infine, in quanto non sarebbe consentito al
lavoratore di dedurre l'inesistenza di un concreto pregiudizio per la
pubblica amministrazione;
che, quanto ai principi di cui all'art. 36 Cost., la rilevanza
disciplinare della condotta serbata dal militare non dovrebbe,
comunque, pregiudicare il diritto alla remunerazione per il lavoro
svolto, senza che risulti dimostrata la sussistenza di un pregiudizio
a danno dell'amministrazione;
che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;
che, secondo l'Avvocatura, l'ordinanza di rimessione non
chiarirebbe l'opzione interpretativa del giudice rimettente e,
dunque, la norma sulla quale egli appunta le censure;
che nel dispositivo dell'ordinanza sarebbe, infatti, enunciato
come parametro anche l'art. 41 Cost., richiamato nella motivazione a
sostegno dei dubbi che riguardano l'interpretazione cui ha aderito la
sentenza opposta, dandosi cosi' vita a due questioni di legittimita'
costituzionale fra loro alternative, restando, nella sostanza,
immotivato il riferimento alla violazione dell'art. 97 Cost.;
che, nel merito, i dubbi sarebbero infondati, atteso che, quanto
al principio di buon andamento della pubblica amministrazione, la
norma denunciata mirerebbe a rafforzare la garanzia che il lavoro dei
pubblici dipendenti a favore di terzi non si riverberi negativamente
sul servizio d'istituto e, quanto alla liberta' di iniziativa
economica, la stessa prevedrebbe limiti in ragione dell'interesse
generale;
che il richiamo dell'art. 36 Cost. si rivelerebbe "palesemente
improprio", dal momento che la norma censurata non inciderebbe in
alcun modo sul diritto del pubblico dipendente alla propria
retribuzione;
che, infine, "non sembra possa avere diritto di cittadinanza il
beneficio dell'escussione a carico dell'erogante disciplinato
dall'articolo 53 comma 7, soprattutto nel caso in cui il soggetto
obbligato a dover versare per primo il compenso non sia una pubblica
amministrazione come nella fattispecie concreta qui all'esame
(societa' opponente)" e tanto piu' quando i compensi siano stati gia'
erogati;
che, in prossimita' dell'udienza, la Residenze Anni Azzurri srl
ha depositato una memoria nella quale ha ribadito la richiesta di una
declaratoria di inammissibilita' della questione, sul fondamento dei
rilievi gia' esposti, sottolineando, peraltro, come, poco dopo la
pubblicazione della sentenza opposta, sia entrata in vigore la norma
di cui al comma 7-bis dello stesso art. 53 del d.lgs. n. 165 del
2001, che stabilisce un'ipotesi di responsabilita' contabile per il
pubblico dipendente in relazione alle somme indebitamente percepite
per attivita' non autorizzate;
che, in prossimita' dell'udienza, ha depositato memoria anche la
parte privata ricorrente nell'originario giudizio, insistendo nella
richiesta di accoglimento della questione, per gli argomenti gia'
esposti;
che la disposizione denunciata, oltre che imporre il versamento
della retribuzione percepita dal pubblico dipendente senza alcun
"titolo causale" per l'amministrazione, si rivelerebbe, per il suo
"automatismo", irragionevolmente afflittiva e in contrasto con la
tradizione civilistica, dal momento che: a) si cumulerebbe con le
sanzioni disciplinari; b) priverebbe il dipendente di tutti i
corrispettivi percepiti senza limiti temporali di recupero; c)
prescinderebbe da qualsiasi accertamento in ordine al pregiudizio
subito dall'amministrazione;
che lo ius superveniens, di cui al comma 7-bis dell'art. 53 del
d.lgs. n. 165 del 2001, avvalorerebbe, d'altra parte, la tesi secondo
la quale, al pari di ogni altra ipotesi di responsabilita' erariale,
sarebbe necessario accertare se la prestazione non autorizzata abbia
determinato un danno in concreto alla pubblica amministrazione,
diversamente evidenziandosi l'ulteriore irragionevolezza
dell'automatismo sanzionatorio, in contrasto con l'art. 36 Cost.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la
Puglia, sezione di Lecce, con ordinanza depositata il 27 giugno 2013,
ha sollevato, in riferimento agli artt. 36, primo comma, 41, primo
comma, e 97, primo comma, della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 53, comma 7, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nella
parte in cui prevede che, per i dipendenti pubblici che abbiano
svolto incarichi retribuiti non conferiti o previamente autorizzati
dalla amministrazione di appartenenza, «il compenso dovuto per le
prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura
dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata
del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per
essere destinato ad incremento del fondo di produttivita' o di fondi
equivalenti»;
che il giudice rimettente preliminarmente rileva di essere
chiamato a pronunciarsi sulla opposizione di terzo proposta, a norma
dell'art. 108 dell'Allegato 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010,
n. 104 (Attuazione dell'art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69
recante delega al Governo per il riordino del processo
amministrativo) dalla societa' Residenze Anni Azzurri srl, intesa ad
ottenere la caducazione della sentenza pronunciata dal medesimo
giudice, che aveva accolto il ricorso presentato da un sottufficiale
della Marina militare avverso il provvedimento con il quale
l'amministrazione di appartenenza aveva richiesto, in base alla norma
ora censurata, la restituzione dei compensi percepiti per le
prestazioni lavorative di tipo infermieristico dal medesimo svolte in
favore della societa' opponente, la quale appunto si doleva,
attraverso l'atto di opposizione, di essere stata indebitamente
pretermessa da quel giudizio, con conseguente lesione dei propri
diritti e interessi;
che la disposizione denunciata era stata interpretata, nella
sentenza oggetto di opposizione, nel senso che, "in presenza di
incarichi extraistituzionali non autorizzati, l'Amministrazione di
appartenenza deve prioritariamente escutere il soggetto che ha
ricevuto le prestazioni lavorative non autorizzate da parte del
dipendente pubblico e che a nulla rilevi l'eventuale gia' avvenuto
pagamento delle medesime, essendo la restituzione delle somme erogate
diretta ad integrare il 'fondo di produttivita' o 'fondi
equivalenti'";
che, alla stregua di tale interpretazione, la normativa censurata
si porrebbe in contrasto con l'art. 97, primo comma, Cost., in quanto
- considerato che la sua finalita' "e' quella di tutelare il
principio di esclusivita' del rapporto di pubblico impiego" - "non si
vede perche' della violazione di questo obbligo possa essere chiamato
a rispondere un soggetto estraneo alla P.A. e, quindi, non sottoposto
al regime giuridico proprio dei dipendenti pubblici";
che inoltre - sottolinea il Tribunale rimettente - "richiedendo
al dipendente pubblico sic et simpliciter la restituzione di quanto
percepito per incarichi non autorizzati, senza una preventiva
verifica dell'incidenza di questi incarichi sullo svolgimento delle
prestazioni lavorative che connotano l'oggetto del rapporto di
pubblico impiego, l'Amministrazione verrebbe anche a conseguire un
arricchimento ingiustificato, di dubbia compatibilita' con il
principio di imparzialita' e buon andamento di cui all'art. 97
Cost.";
che, in base alla richiamata interpretazione, risulterebbe
violato anche l'art. 41, primo comma, Cost., in quanto "la
disposizione in questione sembra prescindere totalmente dal fatto che
le prestazioni lavorative siano state o meno pagate, con la
conseguenza che l'ente che si sia avvalso" di tali prestazioni,
"ignorando in buona fede lo status di pubblico dipendente del
soggetto incaricato" e che abbia regolarmente pagato le relative
prestazioni, "potrebbe essere costretto a versare nuovamente
all'Amministrazione di appartenenza gli importi gia' erogati al
lavoratore", cosi' configurandosi "una possibile violazione della
liberta' di iniziativa economica privata";
che, peraltro, anche a voler aderire ad un diverso recente
orientamento giurisprudenziale - secondo cui, in ipotesi di avvenuto
pagamento delle prestazioni lavorative del pubblico dipendente non
autorizzate, l'amministrazione di appartenenza avrebbe titolo per
agire direttamente nei confronti del medesimo, avendo questi
disatteso l'obbligo di esclusivita' del rapporto di pubblico impiego
- si incorrerebbe parimenti in censure di illegittimita'
costituzionale;
che, infatti, alla stregua di tale ultima opzione ermeneutica, la
disciplina in discorso contrasterebbe con l'art. 36, primo comma,
Cost., in quanto finirebbe per porre "a carico del dipendente
pubblico l'obbligo di restituire all'Amministrazione di appartenenza
i compensi percepiti per incarichi extraistituzionali privi della
prescritta autorizzazione preventiva", senza una previa verifica
circa la "incidenza negativa dello svolgimento dei predetti incarichi
lavorativi sul corretto adempimento degli obblighi istituzionali del
dipendente o, in generale, sul buon andamento dell'azione
amministrativa";
che la questione risulta, dunque, proposta sulla base di una
duplice e irrisolta prospettiva interpretativa, senza che il giudice
rimettente abbia optato per l'una o per l'altra delle segnalate
ricostruzioni ermeneutiche, ciascuna delle quali orientata a un
proprio petitum e a una differente soluzione decisoria, a seconda
della posizione soggettiva che si consideri meritevole di tutela, e
in riferimento, oltre che a parametri costituzionali diversi, a
interessi sostanziali riferibili a soggetti concretamente posti in
posizione antagonistica;
che, di conseguenza, secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte (tra le pronunce, ordinanze n. 91 del 2014 e n. 265 del 2011),
la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 53, comma 7, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche),
sollevata, in riferimento agli artt. 36, primo comma, 41, primo
comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale
amministrativo per la Puglia, sezione di Lecce, con l'ordinanza in
epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Paolo GROSSI, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI
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