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giovedì 30 aprile 2015

N. 58 SENTENZA 11 marzo - 10 aprile 2015 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Tributi - Imposizione ai gestori di impianti di pretrattamento e trattamento di scarti animali ad alto rischio dell'obbligo di corrispondere un contributo annuo ai Comuni sede degli impianti. - Legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti), art. 16, comma 4. - (GU n.15 del 15-4-2015



  N. 58 SENTENZA 11 marzo - 10 aprile 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Tributi - Imposizione ai gestori  di  impianti  di  pretrattamento  e
  trattamento di scarti  animali  ad  alto  rischio  dell'obbligo  di
  corrispondere un contributo annuo ai Comuni sede degli impianti. 
- Legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme  per  la
  gestione dei rifiuti), art. 16, comma 4. 
-   
(GU n.15 del 15-4-2015 )

  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario  Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  16,  comma
4, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n.  24  (Norme
per la gestione dei rifiuti), promosso dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Cuneo nel procedimento  vertente  tra  la  IN.PRO.MA.-
Industria produzione mangimi srl e il Comune di  Ceresole  d'Alba  ed
altra, con ordinanza del 7 gennaio  2013,  iscritta  al  n.  230  del
registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visti l'atto di costituzione di IN.PRO.MA. - Industria produzione
mangimi srl, nonche' l'atto di intervento della Regione Piemonte; 
    udito nell'udienza pubblica  del  24  febbraio  2015  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    uditi gli avvocati Marco Pizzetti per la IN.PRO.MA.  -  Industria
produzione mangimi s.l e Giovanna Scollo per la Regione Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Commissione tributaria provinciale di Cuneo, con ordinanza
del 7 gennaio 2013, ha sollevato, per la terza volta nel corso  dello
stesso giudizio, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
16, comma 4, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre  2002,  n.
24 (Norme per la gestione dei rifiuti),  in  riferimento  agli  artt.
117, secondo comma, lettere e) e s), terzo  e  quarto  comma,  e  119
della Costituzione. 
    La  disposizione  censurata  prevede  che:  «[i]   soggetti   che
gestiscono impianti di pre-trattamento e  di  trattamento  di  scarti
animali  tali  quali  ad  alto  rischio  e  a  rischio  specifico  di
encefalopatia spongiforme bovina BSE  corrispondono  ai  comuni  sede
degli impianti un contributo minimo  annuo  di  0,25  euro  ogni  100
chilogrammi  di  materiale  trattato  nell'anno.   I   soggetti   che
gestiscono impianti di riutilizzo di scarti animali trattati ad  alto
rischio e a rischio specifico BSE corrispondono ai comuni sede  degli
impianti un contributo minimo annuo di 0,15 euro ogni 100 chilogrammi
di materiale riutilizzato nell'anno». 
    1.1.- Il giudice rimettente premette che IN.PRO.MA.  -  Industria
produzione  mangimi  srl  (d'ora  in  avanti,  IN.PRO.MA.   srl)   ha
impugnato, nei confronti del Comune di Ceresole d'Alba e di G.E.C.  -
Gestione     esazioni     convenzionata     spa,     l'avviso      di
accertamento-liquidazione con il quale la seconda le aveva  ingiunto,
per conto del primo, il pagamento  della  somma  di  euro  78.157,50,
oltre ad accessori, a titolo di contributo previsto per  l'anno  2006
dalla disposizione di legge regionale impugnata, quale gestore di  un
impianto di pre-trattamento e di trattamento  di  scarti  animali  ad
alto rischio e a rischio specifico di BSE. 
    Con ordinanza del 9 luglio 2008, la Commissione tributaria  adita
aveva  trasmesso  gli  atti  alla  Corte  costituzionale,   ritenendo
rilevante  e   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
incostituzionalita' della disposizione,  sollevata  dalla  ricorrente
IN.PRO.MA. srl con riferimento agli artt. 117 e 119 Cost. 
    La Corte,  con  ordinanza  n.  309  del  2009,  preso  atto  che,
successivamente  all'ordinanza   di   rimessione,   la   disposizione
censurata era stata abrogata dall'art. 21 della legge  della  Regione
Piemonte 30 settembre  2008,  n.  28  (Assestamento  al  bilancio  di
previsione per l'anno finanziario 2008 e  disposizioni  finanziarie),
aveva  restituito  gli  atti  al  giudice  a  quo  perche'  valutasse
nuovamente  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione. 
    Con ordinanza del 16 maggio 2011, la Commissione tributaria aveva
sollevato  per  la  seconda   volta   questione   di   illegittimita'
costituzionale della disposizione di legge regionale, in  riferimento
agli stessi parametri. 
    Nelle more del  giudizio  incidentale  di  costituzionalita',  la
societa' IN.PRO.MA. aveva presentato  nei  confronti  del  Comune  di
Ceresole d'Alba e di G.E.C. spa  due  ulteriori  e  separati  ricorsi
(aventi ad oggetto il recupero a tassazione  di  euro  129.948,00,  a
titolo di contributo regionale dovuto per l'anno 2007, e la  connessa
sanzione  amministrativa  per  omesso  pagamento),  nei  quali  aveva
riproposto la stessa eccezione di illegittimita' costituzionale. 
    Con ordinanza n. 156 del  2012,  la  Corte  costituzionale  aveva
dichiarato manifestamente inammissibile la  riproposta  questione  di
legittimita' della disposizione di legge regionale, rilevando che  il
giudice rimettente non  aveva  operato  le  valutazioni  demandategli
dalla medesima con l'ordinanza n. 309 del  2009.  Non  aveva  infatti
motivato sulla perdurante rilevanza della  questione,  nonostante  la
sopravvenuta abrogazione della disposizione denunciata; aveva inoltre
lasciato  irrisolta  l'alternativa  sulla  natura  tributaria  o  non
tributaria del contributo  regionale,  cosi'  omettendo  di  valutare
anche sotto tale profilo la rilevanza della  questione;  ancora,  non
aveva preso posizione su eventuali  connotati  di  specialita'  della
disciplina degli scarti animali rispetto alla generalita' dei rifiuti
e,  quindi,  sull'incidenza  sulla  questione   di   tale   eventuale
specialita'; non aveva dedotto alcun contrasto rispetto agli  evocati
parametri, perche', quanto all'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost., aveva  omesso  di  prospettare  qualsiasi  censura  e,  quanto
all'art. 119, Cost., si era mostrato perplesso («pare»),  escludendo,
per un verso, che la disposizione violasse i principi fondamentali di
coordinamento dettati dalla legge  statale  e  ritenendo,  per  altro
verso, meramente «opinabile» che il contributo  regionale  avesse  lo
stesso presupposto del tributo speciale statale per  il  deposito  in
discarica dei rifiuti solidi previsto dall'art. 3, commi da 24 a  40,
della legge 28 dicembre 1995, n.  549  (Misure  di  razionalizzazione
della finanza pubblica). 
    1.2.- La Commissione  tributaria  provinciale  di  Cuneo,  tenuto
conto dei rilievi formulati dalla Corte  nell'ordinanza  n.  156  del
2012, espone, in primo luogo, che la rilevanza perdura nonostante  la
sopravvenuta  abrogazione  della  disposizione  denunciata  ad  opera
dell'art. 21 della legge reg. Piemonte n. 28  del  2008,  poiche'  la
norma abrogata  e'  applicabile  ratione  temporis  alla  fattispecie
oggetto  del  giudizio  a  quo,   relativa   all'esistenza   o   meno
dell'obbligo di pagamento del contributo (e della sanzione per il suo
omesso   pagamento)   con   riguardo    ad    annualita'    anteriori
all'abrogazione, che non ha effetto retroattivo. 
    Aggiunge,  sempre  sotto  il  profilo  della  rilevanza,  che  il
«contributo» regionale in esame si  deve  qualificare  come  tributo,
poiche'  ricorrono  gli  elementi  che,  secondo  la   giurisprudenza
costituzionale (sentenze n. 238, n. 146 e n. 141 del 2009, n.  335  e
n. 64 del 2008, n. 334 del 2006, n.  73  del  2005),  individuano  la
natura tributaria di un'entrata, consistenti,  per  un  verso,  nella
doverosita'  della  prestazione,   in   mancanza   di   un   rapporto
sinallagmatico tra le parti e,  per  altro  verso,  nel  collegamento
della prestazione alla spesa pubblica in relazione a  un  presupposto
economicamente rilevante. 
    La rimettente  prosegue  escludendo  che  sulla  questione  possa
incidere  l'eventuale  specialita'  della  disciplina  degli   scarti
animali  rispetto  a  quella  della  generalita'  dei   rifiuti.   In
particolare, secondo il giudice a quo il trattamento e lo smaltimento
di scarti animali sono disciplinati dal  regolamento  del  Parlamento
europeo e del Consiglio Reg. (CE) 3 ottobre 2002, 1774 (recante norme
sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non  destinati
al consumo umano) solo  sotto  il  profilo  sanitario  e  di  polizia
veterinaria della fase  di  trasformazione  dei  rifiuti  di  origine
animale, con esclusione  dei  profili  di  loro  gestione,  che  sono
regolati dalla disciplina generale della materia, fatta eccezione per
la categoria dei sottoprodotti, alla quale tuttavia non  appartengono
gli scarti animali ad alto rischio  e  a  rischio  specifico  di  BSE
trattati dalla ricorrente  societa'  IN.PRO.MA.,  che  devono  essere
necessariamente  inceneriti  o  «coinceneriti»,  come  le  parti  del
giudizio a quo non hanno contestato. 
    Esaminando, infine, l'eventuale  influenza  sul  requisito  della
rilevanza degli ulteriori motivi di ricorso proposti  dalla  societa'
IN.PRO.MA.  nei  due  giudizi  sopravvenuti  aventi  ad  oggetto   il
contributo e la  sanzione  dovuti  per  l'anno  2007  (nel  frattempo
riuniti a quello precedente relativo all'anno di  imposta  2006),  la
Commissione   tributaria   provinciale   argomenta,   da   un   lato,
l'infondatezza della censura di  illegittimita'  dell'ingiunzione  di
pagamento del  contributo  per  il  2007,  per  essere  stata  questa
notificata  in  pendenza  della  sospensione  del   procedimento   di
accertamento disposta in via di autotutela  dal  Comune  di  Ceresole
d'Alba. Dall'altro, sottolinea che ogni decisione  sull'eccezione  di
illegittimita'  della  sanzione,  per  violazione  dell'art.  13  del
decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (Riforma delle  sanzioni
tributarie non penali in materia di imposte dirette, di  imposta  sul
valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a  norma  dell'art.  3,
comma 133, lettera q), della legge  23  dicembre  1996,  n.  662),  e
dell'art. 3, comma 2, del decreto legislativo 18  dicembre  1997,  n.
472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative  per
le violazioni di norme tributarie, a  norma  dell'articolo  3,  comma
133, della legge 23  dicembre  1996,  n.  662),  lascerebbe  comunque
"impregiudicata la rilevanza della questione sulla debenza o meno del
tributo". 
    1.3.-  La  rimettente  prosegue  sostenendo  la   non   manifesta
infondatezza della questione sollevata in riferimento agli artt. 117,
secondo comma,  lettera  e),  terzo  e  quarto  comma,  e  119  della
Costituzione, alla luce di quanto statuito dalla sentenza della Corte
costituzionale  n.  102  del  2008,   secondo   cui,   nell'esercizio
dell'autonomia tributaria di cui all'art. 119 della Costituzione, «le
Regioni a statuto  ordinario  sono  assoggettate  al  duplice  limite
costituito  dall'obbligo  di  esercitare   il   proprio   potere   di
imposizione in coerenza con i principi fondamentali di  coordinamento
e dal divieto di istituire o disciplinare tributi gia'  istituiti  da
legge statale o di stabilirne altri  aventi  lo  stesso  presupposto,
almeno   fino   all'emanazione   della   legislazione   statale    di
coordinamento». 
    In particolare, confrontando la disciplina  statale  sul  tributo
speciale per il deposito in discarica  dei  rifiuti  solidi  (dettata
dall'art. 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995,  n.  549
(Misure di razionalizzazione  della  finanza  pubblica)  e  la  norma
regionale istitutiva del «contributo» per  il  pre-trattamento  e  il
trattamento  degli  scarti  animali  ad  alto  rischio  e  a  rischio
specifico di BSE, afferma che il tributo regionale,  oltre  ad  avere
presupposti «non diversi» rispetto al tributo statale, si pone  anche
in  contrasto  con  le  finalita'  perseguite  dalla  legge  statale,
consistenti nel  favorire  la  minore  produzione  di  rifiuti  e  il
recupero da essi di materia prima e di energia, ai sensi dell'art. 3,
comma 24, della legge n. 549 del 1995. Difatti, il tributo  regionale
colpisce la fase intermedia del  trattamento,  indipendentemente  dal
fatto che questa sia finalizzata alla trasformazione in  rifiuto  dal
quale possa essere recuperata materia prima o energia. 
    1.4.- Quanto all'altro profilo di illegittimita'  costituzionale,
la rimettente osserva che il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti
solidi  rientra  a  pieno  titolo  nella  «tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema», che l'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,
riserva  all'esclusiva  potesta'   legislativa   dello   Stato,   non
versandosi in materia di mera  valorizzazione  dei  beni  ambientali,
prevista dal terzo comma dello stesso art. 117 Cost. 
    2.- Con atto depositato il 14 ottobre 2014 si  e'  costituita  la
ricorrente nel giudizio principale IN.PRO.MA. srl, chiedendo  che  la
questione venga accolta. 
    3.- Con atto depositato l'11  novembre  2013  e'  intervenuta  la
Regione Piemonte, contestando, in primo luogo, la  natura  tributaria
del  contributo  in  oggetto.  In  subordine,  argomentando  che   il
contributo in esame e' stato legittimamente istituito  nell'esercizio
della potesta' legislativa  attribuita  alle  Regioni  dall'art.  119
Cost. 
    4.- In prossimita' dell'udienza IN.PRO.MA. srl ha depositato  una
memoria illustrativa, nella quale, richiamate le  condizioni  a  cui,
secondo la giurisprudenza costituzionale espressa fra le altre  nelle
sentenze n. 102 del 2008 e n. 37 del 2004, e' subordinato l'esercizio
della potesta' legislativa esclusiva regionale in materia tributaria,
osserva che nel caso di specie sussiste un  contrasto  tra  la  norma
regionale   denunciata   e   i   principi   stabiliti   in    materia
dall'ordinamento tributario, ed in particolare con  quelli  stabiliti
dalla legge n. 549 del  1995,  il  cui  art.  3,  comma  35,  prevede
espressamente che le disposizioni dei commi da 24 a 41  del  medesimo
articolo,  istitutive  del  tributo  speciale  per  il  deposito   in
discarica dei rifiuti e per il loro smaltimento tal quali in impianti
di incenerimento senza recupero  d'energia,  «costituiscono  principi
fondamentali ai sensi dell'art.  119  della  Costituzione».  Aggiunge
che, anche qualora si ritenesse  che  i  presupposti  del  contributo
regionale siano diversi da quelli  del  tributo  statale  e  che  non
sussista alcun contrasto con i principi della legge statale, la norma
denunciata sarebbe comunque illegittima, avendo introdotto un tributo
in materia ambientale (ed in  particolare  in  materia  di  rifiuti),
appartenente alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato  secondo
la costante giurisprudenza costituzionale, con conseguente violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  in  correlazione  all'art.
119 Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Commissione tributaria provinciale di Cuneo  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 4, della legge  della
Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per  la  gestione  dei
rifiuti), secondo  cui  «[i]  soggetti  che  gestiscono  impianti  di
pre-trattamento e di trattamento di scarti animali tali quali ad alto
rischio e a rischio specifico BSE corrispondono ai comuni sede  degli
impianti un contributo minimo annuo di 0,25 euro ogni 100 chilogrammi
di materiale trattato nell'anno. I soggetti che  gestiscono  impianti
di riutilizzo di scarti animali trattati ad alto rischio, e a rischio
specifico  BSE  corrispondono  ai  comuni  sede  degli  impianti   un
contributo  minimo  annuo  di  0,15  euro  ogni  100  chilogrammi  di
materiale riutilizzato nell'anno». 
    1.1.- La questione e' stata sollevata, per la  terza  volta,  nel
corso di un giudizio introdotto da IN.PRO.MA. - Industria  produzione
mangimi srl, con ricorso avverso l'atto di  accertamento-liquidazione
dell'importo di euro 78.157,50, oltre ad accessori, dovuto  ai  sensi
della predetta norma regionale in relazione all'attivita' di gestione
di un impianto di pre-trattamento e di trattamento di scarti  animali
ad alto rischio e a rischio specifico  di  encefalopatia  spongiforme
bovina (BSE), svolta nell'anno 2006  nel  territorio  del  Comune  di
Ceresole d'Alba, ente per conto del quale ha proceduto, ai fini della
riscossione  della  predetta  somma,  l'esattore  G.E.C.  -  Gestione
Esazioni Convenzionata s.p.a. Sono seguite altre due impugnazioni  da
parte di IN.PRO.MA. s.r.l., riunite alla prima nello stesso processo,
aventi     ad      oggetto,      rispettivamente,      l'atto      di
accertamento-liquidazione dell'importo dovuto,  allo  stesso  titolo,
per l'anno 2007 ed  il  provvedimento  con  il  quale  il  Comune  di
Ceresole d'Alba ha irrogato una sanzione pecuniaria  per  il  mancato
pagamento di tale importo. 
    2.- Secondo il rimettente la norma denunciata e'  invasiva  delle
competenze statali, ponendosi in contrasto con i  seguenti  parametri
costituzionali: 
    a) l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in  correlazione
con l'art. 119 Cost., poiche' il  «contributo»  regionale,  oltre  ad
avere presupposti  «non  diversi»  da  quelli  del  tributo  speciale
statale per il deposito in  discarica  dei  rifiuti  e  per  il  loro
smaltimento tal quali in impianti  di  incenerimento  senza  recupero
d'energia, previsto dall'art. 3, commi da 24 a  40,  della  legge  28
dicembre 1995, n. 549  (Misure  di  razionalizzazione  della  finanza
pubblica), contraddice le finalita'  perseguite  dalla  citata  legge
statale, recante i principi fondamentali della materia; 
    b) l'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  in  quanto  la
disposizione regionale incide sulla  materia  ambientale,  attribuita
all'esclusiva potesta' legislativa statale. 
    2.1.- Occorre precisare che i commi terzo (erroneamente  indicato
nell'ordinanza di rimessione citando  un  inesistente  «n.  3»  della
disposizione)   e   quarto,    dell'art.    117,    Cost.,    vengono
(impropriamente) richiamati dal giudice a quo non gia' come parametro
cui  riferire  la  denunciata  violazione,   ma   come   disposizioni
costituzionali non applicabili alla fattispecie normativa  impugnata,
la quale non sarebbe riconducibile ne' alla «valorizzazione dei  beni
ambientali», ne' alla potesta' legislativa residuale delle Regioni. 
    2.2.- Ancora preliminarmente, e' utile ricordare che  non  esiste
una preclusione alla riproponibilita' della questione incidentale  di
legittimita' da parte dello stesso giudice e nello  stesso  giudizio,
quando sia  intervenuta  ad  opera  di  questa  Corte  una  pronuncia
meramente processuale ed il giudice a quo abbia rimosso gli  elementi
ostativi ad una pronuncia sulla fondatezza o  meno  della  questione,
poiche' tale iniziativa non contrasta  con  il  disposto  dell'ultimo
comma dell'art. 137  Cost.,  in  tema  di  non  impugnabilita'  delle
decisioni della Corte stessa (ex plurimis, sentenze n. 189 del  2001,
n. 42 del 1996, n. 433 del 1995; ordinanze n. 371 del 2004, n. 63 del
2003, n. 399 del 2002 e n. 87 del 2000). 
    3.- Sotto altro profilo, l'abrogazione  dell'art.  16,  comma  4,
della legge reg. Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 ad  opera  dell'art.
21. legge reg. Piemonte n. 28 del 2008, non comporta  il  venir  meno
del requisito della rilevanza. La norma, infatti, come plausibilmente
rimarcato dal rimettente,  resta  applicabile  ratione  temporis  nel
giudizio principale, il cui oggetto e'  incentrato  sull'accertamento
dell'obbligo di pagare il contributo regionale in relazione  ad  anni
di imposta antecedenti alla sua abrogazione (2006 e 2007). 
    4.- Prima di procedere all'esame nel merito  della  questione  di
costituzionalita'  sollevata,  la  Corte  deve  accertare  la  natura
tributaria del «contributo» in esame. Una sua diversa qualificazione,
infatti, prima ancora di ripercuotersi sulla incongruita' delle norme
parametro   invocate,   escluderebbe   finanche   la    giurisdizione
dell'autorita' rimettente, circoscritta, dall'art. 2,  comma  1,  del
decreto legislativo  31  dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul
processo tributario in attuazione della delega al  Governo  contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),  alla  cognizione
«di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni  genere
o specie», con esclusione quindi delle entrate patrimoniali pubbliche
extratributarie. 
    4.1.- A  questi  fini  e'  necessario  muovere  dall'esame  degli
elementi  di  identificazione  dei  tributi,  come  enucleati   dalla
giurisprudenza costituzionale, vale a dire: l'irrilevanza  del  nomen
iuris usato dal legislatore, «occorrendo riscontrare  in  concreto  e
caso per caso se si sia o no in presenza di un tributo» (sentenze  n.
141 del 2009, n.  334  del  2006  e  n.  73  del  2005);  la  matrice
legislativa della prestazione imposta, in  quanto  il  tributo  nasce
«direttamente in forza della  legge»  (sentenza  n.  141  del  2009),
risultando irrilevante l'autonomia contrattuale (sentenza n.  73  del
2005); la doverosita' della prestazione (sentenze n. 141 del 2009, n.
335 e n. 64 del 2008, n. 334 del 2006, n. 73 del 2005), che  comporta
una ablazione delle somme con attribuzione delle stesse  ad  un  ente
pubblico (sentenze n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995 e n. 26  del
1982);  il  nesso  con  la  spesa  pubblica,  dovendo  sussistere  un
collegamento della prestazione alla pubblica spesa «in relazione a un
presupposto economicamente rilevante» (sentenza n. 141 del 2009), nel
senso che la prestazione stessa e' destinata allo scopo di apprestare
i mezzi per il fabbisogno finanziario dell'ente impositore  (sentenze
n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995, n. 26 del 1982). 
    4.2.- L'esito cui e' pervenuto il giudice a quo circa  la  natura
tributaria, e non commutativa,  del  contributo  e'  coerente  con  i
criteri ermeneutici appena passati in rassegna. 
    L'obbligo  del  pagamento  del  contributo  trova  la  sua  fonte
esclusiva nella legge regionale e non in un  rapporto  sinallagmatico
tra le parti. La prestazione imposta  non  costituisce  remunerazione
dell'uso in generale di beni collettivi comunali, come il  territorio
e l'ambiente, potendo il Comune disporre solo dei  singoli  beni  che
fanno parte del suo demanio o patrimonio (sentenza n. 141 del  2009),
ne' e' correlata alla fruizione dei servizi necessari per la gestione
o la funzionalita' dell'impianto forniti dal  Comune.  Tantomeno,  si
pone come corrispettivo dell'atto  amministrativo  di  localizzazione
del sito, in quanto, a tacer d'altro, tale atto  costituisce  l'esito
di  un  procedimento  amministrativo   autonomo,   in   nessun   modo
condizionato alla corresponsione del contributo in questione. 
    Sotto il profilo del necessario collegamento  del  prelievo  alla
pubblica  spesa  a  un  presupposto  economicamente   rilevante,   la
disposizione censurata, anche  nella  ricostruzione  offertane  dalla
Regione, sarebbe destinata a finanziare i "costi  supplementari,  non
solo patrimoniali, derivanti al territorio  per  ragioni  ascrivibili
all'insediamento dell'impianto in quel determinato luogo", dunque, in
ultima analisi, alla finalita' di dotare l'ente  pubblico  dei  mezzi
finanziari necessari ad assolvere le funzioni di cura concreta  degli
interessi generali. Questa connotazione funzionale, e il fatto che il
prelievo  si  colleghi  all'attivita'  economica  di  gestione  degli
impianti, consentono di ritenere il  «contributo»  uno  strumento  di
riparto, ai sensi dell'art. 53 Cost., del carico della spesa pubblica
in ragione della capacita' economica manifestata dai soggetti gestori
degli impianti (sentenza n. 280 del 2011). 
    In  definitiva,  la  prestazione  "contributiva"  in  esame   non
costituisce altro che un tributo, avente: a) quali soggetti  passivi,
i  «soggetti  che  gestiscono  impianti  di  pre-trattamento   e   di
trattamento di scarti animali tali quali ad alto rischio e a  rischio
specifico di encefalopatia spongiforme bovina BSE»; b) quali soggetti
attivi,  i  «comuni  sede  degli  impianti»;  c)  quale   presupposto
economicamente rilevante, la gestione di  detti  impianti;  d)  quale
base imponibile,  una  entita'  monetaria  commisurata  a  «ogni  100
chilogrammi di materiale riutilizzato nell'anno». 
    4.3.- Da ultimo, non pare offrire elementi  decisivi  a  sostegno
della soluzione opposta la previsione del comma 5 dello  stesso  art.
16 della legge reg. Piemonte n. 24 del 2002, a mente del quale  «[la]
misura minima dei contributi di cui ai commi 1,  2,  3  e  4,  previo
accordo con i gestori dei succitati impianti, puo' essere aumentata e
puo' essere destinata parzialmente o totalmente a favore  dei  comuni
limitrofi alla sede di ubicazione degli impianti di cui ai  commi  1,
2, 3 e 4 dei comuni interessati dall'aumento del  traffico  veicolare
conseguente all'attivazione degli impianti  nonche'  dei  comuni  nei
quali si evidenzino criticita' a causa dell'attivazione dei  suddetti
impianti». Tale disposizione, infatti, lungi dal dimostrare la natura
"volontaristica"  del  contributo  in  parola,  non  individua  alcun
servizio ne' alcuna prestazione che giustifichi la corresponsione  di
un contributo da parte di chi ne beneficia. L'accordo fra i Comuni  e
i soggetti tenuti a versare i «contributi» viene richiamato  soltanto
in relazione alla destinazione dell'introito,  senza  peraltro  alcun
vincolo in capo all'ente che lo percepisce. 
    5.- Qualificato il prelievo  regionale  in  termini  di  tributo,
resta da verificare se la disposizione che lo prevede rispetta o meno
i parametri evocati nell'ordinanza di rimessione  per  denunciare  la
lesione delle competenze legislative statali. 
    5.1.- Secondo il giudice a quo la norma denunciata interviene  in
una materia, quale il  trattamento  e  lo  smaltimento  dei  rifiuti,
rientrante nella  «tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema»,  che  e'
riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    La censura e' fondata. 
    5.2.-  La  risoluzione  della   questione   presuppone   che   si
identifichi l'ambito materiale nel quale si colloca  la  disposizione
impugnata. 
    Gli scarti animali ricadono nella nozione di rifiuto,  che  viene
definito, dall'art. 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo
3 aprile 2006 n. 152 (Norme in materia ambientale),  come  «qualsiasi
sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione
o abbia l'obbligo  di  disfarsi».  Correlativamente,  l'attivita'  di
trattamento e trasformazione costituisce modalita' di "gestione"  dei
rifiuti, secondo la  definizione  normativa  che  vi  ricomprende  la
raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento (art. 183, comma
1, lettera n), del d.lgs. n. 152 del 2006). 
    Va precisato che, ai sensi dell'art. 185, comma  2,  lettera  b),
del citato d.lgs. n. 152 del 2006, gli scarti di origine animale sono
sottratti all'applicazione della normativa in materia  di  rifiuti  e
sottoposti alla disciplina contenuta nel regolamento  del  Parlamento
europeo e del Consiglio Reg. (CE) 3 ottobre 2002, 1774 (recante norme
sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non  destinati
al consumo umano),  solo  se  qualificabili  come  sottoprodotti  (ed
«eccetto quelli  destinati  all'incenerimento,  allo  smaltimento  in
discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o  di
compostaggio»). In ogni altro caso,  in  cui  il  produttore  intenda
destinarli allo smaltimento, essi restano  pertanto  sottoposti  alla
disciplina sui rifiuti dettata dal codice dell'ambiente, vertendo  il
citato regolamento comunitario solo sui profili sanitari e di polizia
veterinaria. La stessa giurisprudenza penale ha piu' volte  rimarcato
come, fra la disciplina comunitaria di cui  al  Regolamento  (CE)  n.
1774/2002 e la disciplina nazionale in materia di rifiuti di  cui  al
d.lgs. n. 152 del 2006, esista un rapporto di complementarita' e  non
di specialita', se non limitatamente ai rifiuti  di  origine  animale
qualificabili  come  sottoprodotti  (Corte  di   cassazione   penale,
sentenze 23 gennaio 2012, n. 2710, 4 dicembre  2008,  n.  45057  e  4
giugno 2007, n. 21676). 
    D'altro canto, e' escluso che alla categoria dei sottoprodotti (i
cui caratteri essenziali, in base all'art. 184-bis del d.lgs. n.  152
del 2006, consistono nell'originare la sostanza  da  un  processo  di
produzione di cui non costituisce scopo primario e nella certezza, al
momento della sua produzione, della sua riutilizzazione  senza  alcun
ulteriore trattamento  diverso  dalla  normale  pratica  industriale)
appartengano gli scarti animali ad alto rischio e a rischio specifico
di   BSE   che   debbano   essere   necessariamente   inceneriti    o
«coinceneriti». 
    Per quanto la circostanza non possa essere considerata di per se'
decisiva, non e' inutile segnalare  infine  che  la  riconducibilita'
degli scarti animali alla materia dei rifiuti, e' ben presente  anche
al legislatore regionale, il quale ha previsto il contributo in esame
nel corpo di un testo di legge (la legge della Regione Piemonte n. 24
del 2002, recante «Norme per la gestione dei rifiuti»)  espressamente
destinato a disciplinare la gestione e la riduzione dei rifiuti. 
    5.3.-  Cio'  posto  quanto  alla  riconducibilita'  degli  scarti
animali alla nozione di rifiuto, va  ulteriormente  considerato  che,
secondo la costante giurisprudenza della  Corte,  la  disciplina  dei
rifiuti   e'   riconducibile    alla    «tutela    dell'ambiente    e
dell'ecosistema», di competenza esclusiva statale ai sensi  dell'art.
117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  anche  se  interferisce  con
altri interessi e competenze, di modo che deve  intendersi  riservato
allo  Stato  il  potere  di  fissare  livelli  di   tutela   uniforme
sull'intero territorio nazionale, ferma restando la competenza  delle
Regioni alla cura di interessi funzionalmente  collegati  con  quelli
propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67  del  2014,  n.
285 del 2013, n. 54 del 2012 e n. 244 del 2011, n. 225 del  2009,  n.
164 del 2009 e n. 437 del 2008). Tale disciplina inoltre, «in  quanto
rientrante principalmente nella tutela dell'ambiente, e dunque in una
materia che, per la molteplicita' dei settori di  intervento,  assume
una  struttura  complessa,  riveste  un  carattere  di   pervasivita'
rispetto anche alle attribuzioni  regionali»  (sentenza  n.  249  del
2009). Con la conseguenza che, avendo  anche  riguardo  alle  diverse
fasi e attivita' di gestione del ciclo  dei  rifiuti  stessi  e  agli
ambiti  materiali   ad   esse   connessi,   la   disciplina   statale
«costituisce, anche  in  attuazione  degli  obblighi  comunitari,  un
livello  di  tutela  uniforme  e  si  impone  sull'intero  territorio
nazionale, come un  limite  alla  disciplina  che  le  Regioni  e  le
Province autonome dettano in altre materie di  loro  competenza,  per
evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale  stabilito
dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenze n. 314 del 2009,  n.  62
del 2008 e n. 378 del 2007). 
    5.4.-  Il   quadro   estremamente   composito   degli   interessi
sottostanti  alla  fattispecie  normativa  in  esame  determina   una
inevitabile  interferenza  tra  titoli  di   competenza   formalmente
ripartiti  tra  Stato  (tutela  dell'ambiente)  e  Regioni  (potesta'
impositiva di  tributi  propri),  ovvero  concorrenti  (tutela  della
salute, governo  del  territorio).  Tale  interferenza  deve  trovare
composizione attraverso l'adozione del principio di  prevalenza,  cui
questa Corte ha fatto piu'  volte  ricorso,  quando  appaia  evidente
l'appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una
materia piuttosto che ad altre (sentenze n. 50 del 2005 e n. 370  del
2003),  ovvero  quando  l'azione   unitaria   dello   Stato   risulti
giustificata dalla necessita' di garantire  livelli  adeguati  e  non
riducibili di tutela ambientale  su  tutto  il  territorio  nazionale
(sentenza n. 67 del 2014). 
    Nell'ipotesi all'esame, in cui la Regione ha istituito un tributo
gravante sul presupposto dello svolgimento  di  attivita'  rientrante
nella gestione dei rifiuti,  la  riserva  di  legge  statale  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., deve essere applicata
nell'accezione  che  consenta  di  preservare   il   bene   giuridico
«ambiente» dai possibili  effetti  distorsivi  derivanti  da  vincoli
imposti in modo differenziato in ciascuna Regione. E, in questo caso,
una disciplina unitaria  rimessa  in  via  esclusiva  allo  Stato  e'
all'evidenza diretta allo scopo di prefigurare un  quadro  regolativo
uniforme degli incentivi  e  disincentivi  inevitabilmente  collegati
alla imposizione fiscale, tenuto conto dell'influenza dispiegata  dal
tributo (i cosiddetti «effetti allocativi») sulle  scelte  economiche
di investimento e finanziamento delle imprese  operanti  nel  settore
dei rifiuti e della loro attitudine a  ripercuotersi,  per  l'oggetto
stesso dell'attivita' esercitata da  tali  imprese,  sugli  equilibri
ambientali. 
    6.-  Va  pertanto  dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 16, comma 4, della legge della Regione Piemonte 24  ottobre
2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti). 
    7.- Rimane assorbita l'altra questione sollevata con  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera e), in correlazione  con  l'art.
119 Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 16,  comma  4,
della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme  per
la gestione dei rifiuti). 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 marzo 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                     Daria de PRETIS, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI 
 

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