pubblico impiego, rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Già disciplinato, fondamentalmente, da un testo legislativo del 1993, modificato in modo sostanziale da un successivo testo del 1998, in attuazione dei criteri di riforma stabiliti dalle leggi Bassanini (v. Bassanini, leggi) (D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80), con l'adozione di nuove norme in materia di dirigenza (v. dirigente pubblico) e di passaggio delle controversie di lavoro riguardanti dipendenti pubblici dal giudice amministrativo al giudice ordinario (v. lavoro, processo del), è stato ridisciplinato nel 2001 (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.)
Pubblico impiego
1. Ambito di applicazione
2. Criteri generali
3. Adeguamento al lavoro privato
4. Contrattazione collettiva
5. Rapporto di lavoro
6. Organizzazione degli uffici e selezione del personale
7. Eccedenza di personale e mobilità
1. Ambito di applicazione. Le disposizioni sul pubblico impiego si applicano ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato, compresi tutti coloro che lavorano nell'amministrazione scolastica; ai dipendenti della aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, delle Regioni, delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane e dei loro consorzi ed associazioni; ai dipendenti delle università, degli istituti per le case popolari, delle Camere di commercio, delle amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, degli enti pubblici economici sia statali sia regionali e locali.
2. Criteri generali. Il rapporto di pubblico impiego è modellato sulle esigenze di organizzazione degli uffici e la sua disciplina tiene conto della necessità di accrescerne l'efficienza anche in relazione ai livelli medi delle pubbliche amministrazioni degli altri Stati dell'Unione europea. Le linee fondamentali dell'organizzazione degli uffici sono stabilite dalle amministrazioni pubbliche secondo i principi generali indicati dalla legge, mediante appositi atti organizzativi. Questi atti devono prevedere revisioni periodiche della destinazione del personale e dell'attribuzione delle risorse; ampia flessibilità; garanzia dell'imparzialità e della trasparenza dell'attività amministrativa. Il rapporto di pubblico impiego sottostà alle regole contenute nel codice civile e nelle leggi speciali attinenti al rapporto di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse previsioni che lo riguardano specificamente (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 2). Da questa privatizzazione di massima del rapporto restano escluse le posizioni di coloro che, pur legati da un vincolo di subordinazione rispetto a istituzioni pubbliche, sono sottratti all'applicazione delle regole che riguardano la totalità degli altri dipendenti pubblici (si tratta dei magistrati, degli avvocati dello Stato, del personale militare e della polizia di Stato, dei diplomatici, dei dipendenti della Banca d'Italia, della CONSOB, dell'Autorità antitrust, dei professori e ricercatori universitari, categorie per le quali restano operanti particolari trattamenti normativi).
3. Adeguamento al lavoro privato. La riforma del 1998 del rapporto di pubblico impiego confermata nelle norme del 2001, ha accentuato l'avvicinamento della posizione del dipendente pubblico a quella del dipendente privato. I rapporti individuali di lavoro del personale della pubblica amministrazione sono perciò regolati contrattualmente. I contratti individuali, riguardanti ogni singolo lavoratore, sono stipulati uniformandosi alle regole contenute nei contratti collettivi di lavoro relativi alla categoria di appartenenza anche per ciò che riguarda il trattamento economico (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 45). Misura significativa nella direzione della privatizzazione è stata, inoltre, quella che ha attribuito al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro la cognizione delle controversie tra dipendente pubblico e amministrazione, utilizzando le regole già previste per le controversie di lavoro dei dipendenti da imprese private (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 63).
4. Contrattazione collettiva. La contrattazione collettiva riguardante il pubblico impiego si svolge su tutte le materie che attengono al rapporto di lavoro e alle relazioni sindacali. In sede di contrattazione la pubblica amministrazione è rappresentata da un apposito organismo, l'ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale). Preliminarmente alla stipulazione dei contratti collettivi, l'ARAN e le confederazioni rappresentative (quelle che hanno nei comparti interessati una rappresentatività dei lavoratori non inferiore al 5%, valore determinato in base alla media tra il dato associativo, numero delle tessere e quello elettorale, numero dei voti ottenuti nelle consultazioni sindacali) stabiliscono di comune accordo i comparti della contrattazione. I dirigenti costituiscono un'area contrattuale autonoma. La contrattazione collettiva definisce, coerentemente a quanto previsto per il settore privato (il che significa, secondo gli stessi obiettivi e tendendo a un'uniformità sostanziale di trattamento, garantita anche dal fatto che sia nel settore privato sia in quello pubblico operano le stesse organizzazioni sindacali più rappresentative), la struttura del contratto (i suoi contenuti concreti) e i rapporti tra i diversi livelli. L'osservanza dei contratti collettivi è vincolante per la pubblica amministrazione. Nei confronti dell'ARAN le amministrazioni pubbliche esercitano poteri di indirizzo. Altro strumento di privatizzazione del rapporto di pubblico impiego è rappresentato dall'estensione ai dipendenti pubblici dei diritti e delle garanzie assicurate ai dipendenti privati dallo statuto dei lavoratori (v.): anche nelle pubbliche amministrazioni, infatti, la libertà e l'attività sindacale sono tutelate nelle forme previste dallo statuto. In ciascuna amministrazione o struttura dell'amministrazione pubblica le rappresentanze sindacali possono costituire proprie diramazioni aziendali e anche, mediante elezione aperta a tutti i lavoratori operanti nella struttura, rappresentanze unitarie del personale. Oltre a prevedere il trattamento economico generalizzato, i contratti collettivi possono definire trattamenti economici accessori, legati alla produttività individuale, alla produttività collettiva (tenuto conto dell'apporto di ciascun dipendente coinvolto), allo svolgimento di compiti particolarmente disagiati, pericolosi o dannosi per la salute (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. 40-50).
5. Rapporto di lavoro. Il prestatore di lavoro deve essere assegnato alle mansioni per le quali è stato assunto o a mansioni professionalmente equivalenti, e considerate come tali dai contratti collettivi. L'esercizio di fatto di mansioni diverse (se superiori) non dà titolo per l'inquadramento in una qualifica diversa o per l'assegnazione di incarichi direttivi. Tuttavia, quando le funzioni superiori sono svolte transitoriamente per vacanza di posti in organico o sostituzione di altri lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, per il periodo di effettiva prestazione delle relative mansioni è dovuto il trattamento corrispondente (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52). Restano operanti per i dipendenti pubblici le incompatibilità con diversi rapporti di lavoro già stabilite fin dal 1957 (D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3.) In generale, i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati loro conferiti dall'amministrazione di appartenenza. In caso di inosservanza del divieto (che prevede eccezioni per i professori universitari a tempo pieno) vi è una responsabilità disciplinare che può dar luogo all'applicazione delle sanzioni previste dall'ordinamento, e il compenso dovuto per le prestazioni esterne all'amministrazione di appartenenza deve essere versato alla stessa (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 53). La condotta dei dipendenti pubblici deve uniformarsi al codice di comportamento elaborato dal Dipartimento della funzione pubblica sentite le organizzazioni sindacali rappresentative, codice che si preoccupa di garantire la qualità dei servizi e l'attuazione degli indirizzi dell'attività amministrativa (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 54). La responsabilità penale, civile, amministrativa dei dipendenti pubblici viene collegata a una tipologia di comportamenti censurabili (a parte quelli che dipendono da norme generali, come ad es. quella che si connette al mancato rispetto del segreto d'ufficio) definita dai contratti collettivi. Per ogni provvedimento disciplinare è prevista la contestazione preventiva in forma scritta e la possibilità dell'interessato di essere sentito a propria difesa. Contro l'applicazione della sanzione il dipendente può ricorrere al collegio arbitrale di disciplina dell'amministrazione in cui lavora (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 55). La pari opportunità uomo-donna è garantita dalle pubbliche amministrazioni, tra l'altro, riservando alle donne almeno un terzo dei posti nelle commissioni di concorso e valorizzando il lavoro femminile (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 57).
6. Organizzazione degli uffici e selezione del personale. L'organizzazione degli uffici si adegua ai criteri generali dettati dagli organi di governo. Nel loro àmbito, le amministrazioni pubbliche assumono le proprie determinazioni organizzative. La distribuzione degli uffici e delle qualifiche previste dalle loro dotazioni organiche possono essere modificate con decreto del presidente del Consiglio dei ministri (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. 5 e 6). Nell'àmbito di ogni loro struttura, le amministrazioni pubbliche istituiscono i Servizi relazioni con il pubblico, che provvedono sia a prestare servizi all'utenza relativamente agli atti e allo stato dei procedimenti, sia alla formulazione di proposte alla propria amministrazione sugli aspetti organizzativi del rapporto con i cittadini (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 11). L'assunzione del personale avviene mediante contratto individuale di lavoro, tramite procedure selettive che garantiscano in misura adeguata l'accesso degli aspiranti e mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento per le qualifiche che richiedano il solo requisito della scuola dell'obbligo (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 35). I concorsi pubblici si svolgono, di regola, a livello regionale. Possono esservi anche assunzioni nelle forme contrattuali flessibili già previste per l'impiego privato. Negli enti locali interessati a mutamenti demografici stagionali (per motivi turistici) possono aversi assunzioni di dipendenti a tempo determinato (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 92). Ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto di pubblici poteri o non attengono alla tutela dell'interesse nazionale, possono accedere i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea.
7. Eccedenza di personale e mobilità. Le assegnazioni numeriche di personale ai singoli uffici sono fatte in base a rilevazioni preventive, ripetute periodicamente, delle effettive necessità e dei carichi di lavoro. Le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze di personale sono obbligate a informarne le organizzazioni sindacali, d'intesa con le quali viene promosso un esame della situazione e delle cause che l'hanno determinata. Se vi è accordo sulla riduzione proposta, questa diventa operante secondo apposite procedure riguardanti l'amministrazione. Se non vi è accordo, le organizzazioni sindacali possono chiedere che il confronto prosegua presso la presidenza del Consiglio tramite il Dipartimento della funzione pubblica. I contratti collettivi possono prevedere l'avvio del personale in eccesso ad altre amministrazioni della stessa Provincia o di diversi ambiti territoriali (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 33). Quando non risulta possibile impiegare diversamente nella stessa amministrazione di appartenenza il personale in eccesso, né è possibile destinarlo ad altra amministrazione, questo viene posto in disponibilità. Dalla data del collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni relative al rapporto di lavoro, e i lavoratori hanno diritto a un'indennità pari all'80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, per la durata massima di 24 mesi, alla cui scadenza il rapporto di lavoro si intende risolto. I periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti ai fini della pensione. (D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. 33 e 34).
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