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martedì 16 febbraio 2016

TAR: Comparto Sicurezza e Difesa - Edilizia e urbanistica - Opere pubbliche



Comparto Sicurezza e Difesa - Edilizia e urbanistica - Opere pubbliche
EDILIZIA E URBANISTICA   -   FORZE ARMATE   -   OPERE PUBBLICHE
T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, 08-03-2010, n. 718
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo

1. Come espongono i ricorrenti, oggetto del presente ricorso sono i provvedimenti con i quali lo Stato italiano ha autorizzato il governo degli Stati Uniti d'America a realizzare presso l'aeroporto Dal Molin di Vicenza una nuova base militare americana, essendo tale l'insediamento, in un primo momento denominato Ederle due, così impropriamente definito, ad avviso dei medesimi, dato che non si tratta di un ampliamento e allargamento della base esistente da decenni, quanto piuttosto di una base completamente nuova localizzata a NordOvest del centro storico, mentre la base Ederle è collocata a sudest.
Dal punto di vista amministrativo -giurisdizionale la questione è stata esaminata nell'ambito del procedimento numero di registro 1587 del 2007 che si è concluso con sentenza di declaratoria di sostanziale improcedibilità essendo stato soddisfatto l'interesse partecipativo dei ricorrenti (confronta sentenza 3619 del 2008 della sezione).
2. La ricostruzione in fatto presenta i seguenti momenti significativi.
Dapprima venne presentato un progetto che collocava gli insediamenti sul lato est della base esistente:
16 marzo 2006 presentazione del progetto;
15 giugno 2006 parere favorevole del Comitato misto paritetico del Veneto;
17 luglio 2007 determinazione di autorizzazione del Direttore generale GENIODIFE;
31 luglio 2007 approvazione del progetto da parte dello Stato maggiore della Difesa.
Successivamente, anche per venire incontro a quanto richiesto dal Comune, venne elaborato un progetto sul lato ovest:
26 settembre 2007 presentazione al Comitato misto paritetico di un progetto di massima;
19 novembre 2007 parere favorevole al progetto;
7 dicembre 2007 presa d'atto del Ministro della Difesa;
18 dicembre 2007 parere favorevole sulla valutazione di incidenza ambientale - V.INC.A. da parte della Regione Veneto;
4 gennaio 2008 determinazione del Direttore generale di approvazione del progetto;
30 luglio 2008 consegna del terreno dell'aeroporto alle autorità statunitensi; atti tutti impugnati con il ricorso introduttivo del giudizio.
3. Con un primo ricorso per motivi aggiunti è stato impugnato il decreto del presidente della Repubblica 25 settembre 2008 con il quale l'onorevole Paolo Costa è stato confermato nella funzione di Commissario straordinario del governo per la realizzazione dell'attività necessaria a favorire l'ampliamento dell'insediamento militare americano, nella parte in cui detto provvedimento possa costituire atto di sanatoria o ratifica di atti precedenti impugnati.
Con ulteriore atto di motivi aggiunti è stato impugnato il provvedimento che ha approvato il progetto definitivo, il provvedimento che ha autorizzato ai fini paesaggistici la medesima opera, il verbale della conferenza di servizi: 5 dicembre 2008 - prima seduta della conferenza di servizi chiamata a esprimersi sull'autorizzazione paesaggistica, e 20 gennaio 2009 adozione del parere favorevole sotto il profilo paesaggistico della conferenza di servizi.
Nel frattempo - ottobre 2008 - si era avuta la presentazione degli elaborati di progetto definitivi unitamente alla relazione paesaggistica.
4. Il ricorso premette in diritto che l'insediamento de quo non possa essere considerato opera destinata alla difesa nazionale, posto che non vi è alcun atto amministrativo che lo ha definito tale, non vi è un atto di rango legislativo che tale qualificazione ha assunto, e se anche si applicasse l'articolo 2 comma 10 lettera s) del d.p.r. n. 170 del 19 aprile 2005 recante il Regolamento concernente la disciplina dell'attività del Genio militare, a norma della legge Merloni, tale disposizione sarebbe finalizzata a disciplinare l'attività del Genio militare e non a stabilire quali siano tali attività.
Conseguentemente, mancando un'esplicita declaratoria ministeriale, e dovendosi ritenere insufficiente una declaratoria contenuta in atto non legislativo, e comunque illegittimo, i ricorrenti chiedono l'accertamento della violazione delle discipline urbanistiche, paesaggistiche, ambientali illustrate con i motivi di ricorso.
4.1 In particolare, con il primo motivo di ricorso deducono violazione delle norme sulla valutazione di impatto ambientale, violazione per falsa e omessa applicazione del combinato disposto degli articoli 6,7, 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152, nonché dell'allegato IV del medesimo decreto legislativo, in relazione all'articolo 4 del decreto legislativo 16 gennaio 2008 n.4.
Inoltre nel primo motivo contenuto nel ricorso per motivi aggiunti deducono la violazione della legge regionale n.10 del 26 marzo 1999, articoli 3,4, allegato C3, 7 in relazione all'articolo 4 del decreto legislativo 16 gennaio 2008 n.4.
In tali doglianze si sostiene che la disciplina applicabile sarebbe quella del codice dell'ambiente attualmente vigente come modificato a opera del decreto legislativo n.4 del 2008, e, in quanto compatibile, quella prevista dalla legge regionale in materia di valutazione di impatto ambientale.
Sostengono i ricorrenti che, nonostante il codice dell'ambiente sia stato oggetto di reiterate e profonde revisioni, la riconducibilità della questione alla disciplina attualmente vigente risulterebbe alla luce della normativa transitoria, che all'articolo 4 del decreto legislativo 16 gennaio 2008 n.4 stabilisce "che ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, la VIA è in corso, con l'avvenuta presentazione del progetto e dello studio di impatto, si applicano le norme vigenti al momento dell'avvio del relativo procedimento."; conseguentemente non essendosi proceduto alla presentazione dello studio di impatto ambientale, la norma di salvaguardia non sarebbe applicabile.
Evidenziano poi che se l'articolo 6 del codice dell'ambiente stabilisce che spetta all'autorità competente per la valutazione di impatto ambientale " valutare caso per caso i progetti relativi a opere e interventi destinati esclusivamente a scopo di difesa nazionale. L'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione del decreto, se ciò possa pregiudicare gli scopi della difesa nazionale, è determinata con decreto interministeriale dei ministri della difesa e della tutela del territorio del mare", non risulta peraltro adottato alcun decreto interministeriale in proposito.
In ogni caso il progetto rientra sicuramente nel campo di applicazione della valutazione di impatto ambientale regionale, in relazione alla previsione dell'allegato IV, n.7, lettera b) del codice dell'ambiente, che riguarda "progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiore ai 40 ha; progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all'interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ha", e la nuova base si sviluppa su una superficie di oltre 58 ha.
In relazione a tale previsione, rilevano i ricorrenti, la disciplina del codice l'ambiente prevede che debba essere preliminarmente effettuata la "verifica di assoggettabilità a un eventuale valutazione di impatto ambientale", il cosiddetto screening.
La disciplina vigente dettata dell'articolo 20 del codice prevede "che il proponente trasmette all'autorità competente il progetto preliminare, lo studio preliminare ambientale e una loro copia secondo le modalità stabilite dalle Regioni", mentre nel caso di specie tali adempimenti non risulterebbero svolti.
In realtà, sostengono sempre i ricorrenti che il progetto dovrebbe essere assoggettato non tanto a una previa verifica, quanto direttamente alla valutazione d'impatto ambientale di competenza provinciale, posto che l'articolo 35 del codice dispone al comma 1 "che le regioni adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni del presente decreto, entro 12 mesi dall'entrata in vigore. In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto" e al comma 2 che "trascorso il termine di cui al comma 1, trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili."
Risulterebbe dunque perfettamente compatibile la previsione di cui al combinato disposto dell'articolo 3, della legge regionale n.10 del 1999 che assoggetta direttamente alla procedura di VIA "i progetti di sviluppo di aree urbane..." qualora ricadano in aree sensibili individuate nell'allegato D, fra cui rientrano località e ambiti soggetti a vincolo paesaggistico, e l'area su cui ricade la nuova base è assoggettata, per la presenza del fiume Bacchiglione, a vincolo ex articolo 142, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n.42 del 2004.
4.2 In subordine, con il secondo motivo viene dedotta la nullità o annullabilità della procedura per violazione delle norme sulla valutazione di impatto ambientale anteriori all'entrata in vigore del decreto legislativo n.4 del 2008, la violazione per falsa e omessa applicazione degli articoli 4, 5, 23, 35 del codice dell'ambiente nonché dell'elenco B, n.7, lett.B, dell'allegato III del medesimo.
Affermano i ricorrenti che se non valesse la disciplina prevista dal "correttivo" al codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo n.4 del 2008, se quindi si dovesse applicare la normativa anteriore, l'esito non sarebbe sostanzialmente diverso.
A parte la competenza dell'adozione della valutazione d'impatto ambientale che sarebbe statale e non regionale, sarebbe comunque stato necessario lo screening in base al combinato disposto dell'articolo 35 e 23, e ciò anche ammettendo per ipotesi che si tratti di opera destinata esclusivamente alla difesa nazionale, dato che la disciplina dell'articolo 23 allora vigente prevedeva che l'autorità competente per la valutazione di impatto ambientale potesse escluderla solo nella ricorrenza di due condizioni, costituite la prima dalla effettuazione dello screening, la seconda dalla comunicazione alla commissione europea dei motivi che giustificavano la mancata sottoposizione alla valutazione.
4.3 Con il terzo motivo, in ulteriore subordine, osservano che la procedura sarebbe nulla o annullabile anche per violazione della direttiva 2003/35/CE, con disapplicazione della norma transitoria di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 152 del 2006.
A tale proposito sostengono che, benché risulti che la prima istanza relativa al progetto di cui si discute, quello sul lato ovest, sia la presentazione avvenuta al Comitato misto paritetico in data 26 settembre 2007, se anche si sostenesse che il procedimento diretto alla realizzazione della base americana fosse già in corso a far data dal 31 luglio 2007, cioè prima dell'entrata in vigore della seconda parte del codice dell'ambiente, e quindi essendo il procedimento già in corso andrebbe concluso in mera conformità a quanto disciplinato dal DPCM n.377/88, dunque in ogni caso senza VIA, perché opera destinata alla difesa nazionale, la direttiva in epigrafe che è andata modificare sul punto le precedenti direttive 85/337/CEE stabilisce che gli Stati membri possono decidere una valutazione caso per caso se è così disposto dalla normativa nazionale di non applicare la presente direttiva a progetti destinati a scopi di difesa nazionale, qualora ritengano che la sua applicazione possa pregiudicare tali scopi, e l'articolo 6 della direttiva stabiliva che gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 25 giugno 2005; i ricorrenti dunque chiedono la disapplicazione dell'articolo 52 di cui si discute.
4.4 Con il quarto motivo deducono la violazione di legge per omessa o falsa applicazione del combinato disposto dell'articolo 7, comma 3 e dell'allegato II del medesimo decreto legislativo n.152.
Il progetto presuppone, per permettere a tutta la zona nord della città di Vicenza di sopportare il peso insediativo derivante dalla nuova base, la realizzazione di un'opera viaria di grande scorrimento denominata "tangenziale Nord, sicché seppure tale viabilità avrà una propria autonomia funzionale, servendo tutta la viabilità vicentina e non solo quella della nuova base, trattandosi di progetto complesso sarebbe a maggior ragione opportuna una valutazione unitaria del progetto e della VIA.
4.5 La quinta doglianza censura la violazione degli articoli 239 e seguenti del codice dell'ambiente in materia di bonifica ambientale, latamente intesa, dei siti inquinati, essendo obbligato il proprietario o gestore di procedere alle attività previste ex lege e propedeutiche alla bonifica del sito.
4.6 Con il sesto motivo di ricorso viene dedotta l'illegittimità dell'autorizzazione a fini paesaggistici per falsa rappresentazione dei luoghi, violazione degli articoli 142 e seguenti del decreto legislativo 42 del 2004, nonché violazione per falsa od omessa applicazione dell'articolo 15 del regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357, poiché il regolamento per l'applicazione della legge n.1497 del 1939 prevede che venga individuato l'aspetto esteriore dell'immobile in modo che sia possibile apprezzare in che cosa precisamente consiste la modificazione che aspetto dell'immobile debba subire per effetto dei progettati lavori, mentre alcuni elaborati presenti nella relazione paesaggistica sarebbero stati formati e presentati in modo del tutto inveritiero.
4.7 Il settimo e l'ottavo motivo sono stati rinunciati in prossimità dell'udienza di discussione, mentre con il nono motivo viene dedotto l'eccesso di potere per falsità o travisamento degli elementi presupposti, difetto di istruttoria e contraddittorietà interna, eccesso di potere per genericità e indeterminatezza delle prescrizioni autorizzative, violazione del principio di precauzione prevenzione di cui all'articolo 174 del trattato CE, articolo uno comma uno legge 241 del 90, articolo 3ter del codice dell'ambiente. Violazione delle direttive numero 79/409/CEE, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici e 92/43/CEE cosiddetta "direttiva Habitat", nonché violazione del d.p.r. 8 settembre 1997 n.357, dato che il progetto del nuovo insediamento militare è stato sottoposto a valutazione di incidenza ambientale in quanto l'area interferisce con il reticolo idrologico è stato designato quale sito di importanza comunitaria ed è ubicato e adiacente alla zona di protezione speciale.
Orbene da tale studio risulterebbe l'esistenza di elementi che produrrebbero diffuse situazioni di pericolo di gravi danni all'ambiente agli animali e alle persone, con l'integrazione dei dedotti vizi.
4.8 Con il decimo e ultimo motivo infine viene dedotta la violazione dei principi generali sull'attività della pubblica amministrazione sugli obblighi di trasparenza, posto che nella specie non sarebbero state applicate le norme sul procedimento amministrativo, con particolare riguardo agli obblighi di trasparenza in relazione alla individuazione dell'area su cui ubicare la nuova base.
5. Si è costituita l'amministrazione statale che ha controdedotto puntualmente, chiedendo la reiezione del ricorso e formulando nella propria memoria conclusionale anche l'eccezione di difetto assoluto di giurisdizione risultando interessato alla vicenda un paese estero al quale le opere sarebbero state commesse, con la consegna dei fondi ove le stesse insistono.
Si è costituita anche la regione Veneto, che ha difeso la legittimità dei propri provvedimenti contestando le tesi contenute nel ricorso e chiedendone la reiezione.
Ha spiegato atto di intervento ad adiuvandum il comune di Vicenza.
Con ordinanza numero dell'11 marzo 1009 è stata respinta la domanda cautelare.
All'odierna udienza, dopo deposito di memoria conclusionale da parte di tutti i soggetti processuali e discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

6. Ritiene anzitutto il Collegio di poter prescindere dall'esame delle numerose eccezioni di irricevibilità e inammissibilità del ricorso avanzate dalle parti resistenti essendo il ricorso infondato, non senza rilevare come sia palesemente infondata l'eccezione volta alla declaratoria di difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo in quanto si tratterebbe di opera riguardante un paese estero, trattandosi pacificamente di un procedimento governato dalle norme di diritto interno, risultando peraltro ammissibile che un soggetto notificato originariamente come parte controinteressata assuma poi la veste di interveniente ad adiuvandum, come accaduto per il Comune di Vicenza, con il limite tuttavia del divieto di ampliamento dell'oggetto del giudizio, come perimetrato dal ricorso e dal controricorso.
6.1 Presupposto di tutto l'argomentare dei ricorrenti è costituito dal fatto che nella specie non si tratterebbe di opere destinate alla difesa militare, con la conseguente inapplicabilità di tutto il coacervo di norme di favore o di esenzione da procedure di valutazione urbanistica o ambientale.
Sicchè vi sarebbe l'evidente violazione di tutta la disciplina connessa a tali ambiti.
Invero non può non ricordarsi che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, tutte le opere eseguite all'interno di basi, impianti o installazioni militari sono considerate infrastrutture militari e quindi opere destinate alla difesa militare, ivi compresi gli alloggi di servizio per il personale militare (C.d.S., Sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4543; 28 ottobre 1999, n. 1638; 25 giugno 1983, n. 470) con la conseguenza, tra l'altro, che esse non sono soggette alla richiesta di rilascio di concessione edilizia.
Il primo profilo di criticità che presenta la materia rimane tuttora, nonostante le sentenze intervenute e le specifiche norme emanate, anche di recente, quello dell'esatto significato da attribuire al concetto di opera destinata alla difesa militare.
Il discriminare le opere militari da quelle che tali non sono, ha una sua indubbia importanza proprio in considerazione della normativa di favore di cui le prime hanno usufruito e tuttora - seppur in parte - continuano a godere.
Va precisato che nel nostro ordinamento manca una definizione in termini normativi e generali di opere destinate alla difesa nazionale, riferendosi le scarne e sporadiche indicazioni che in proposito si rinvengono ad ambiti ben delimitati (è il caso degli alloggi di servizio); così come è mancata, quanto meno fino all'entrata in vigore del Regolamento per i lavori del Genio Militare, approvato con D.P.R. 19.4.2005 n. 170, un" elencazione più o meno completa di esse.
L'individuazione di tali opere, pertanto, è sempre stata effettuata con particolare rigore dalla giurisprudenza mediante la ricerca di un nesso teleologico che le ricollegasse alle esigenze di difesa del Paese.
Esigenze di difesa che, ovviamente, non sono solo quelle necessarie in caso di guerra, ma, più in generale, sono tutte quelle finalizzate ad assicurare la sicurezza esterna e interna dello Stato; e ciò indipendentemente dal soggetto che realizzi l'opera, Ministero della Difesa o altra amministrazione.
Principio questo efficacemente precisato dalla Corte Costituzionale che ha infatti escluso che possa, ai fini dell'individuazione di tale tipologia di opere, considerarsi sufficiente il solo criterio soggettivo, "cioè la natura militare dell'Amministrazione interessata ai lavori", essendo viceversa necessaria la contestuale presenza di specifiche caratteristiche oggettive - teleologiche, finalizzate proprio alla difesa e alla sicurezza del paese (sentenza n. 150 dell'1.4.1992).
Oltre che per le sue caratteristiche intrinseche e oggettive (si pensi a una postazione missilistica o a un deposito di armi), un'opera può presentare natura militare anche quando un'apposita norma definitoria la qualifichi come tale, oppure se interviene un formale atto di destinazione (per esempio attraverso un decreto ministeriale).
Nella seconda ipotesi, però, secondo la giurisprudenza (C.d.S., sez. VI; 3.11.1999 n. 1712; Tar Liguria, 12.12.2003 n. 1652) è sempre necessaria una manifestazione di assenso del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, dal momento che tale qualificazione comporta - per effetto dell'art. 81 del d.P.R. 616/1977- la sottrazione dell'opera stessa al controllo di quest'ultimo, altrimenti competente ad accertarne la conformità alla disciplina urbanistica o comunque a stabilirne la localizzazione d'intesa con la regione e gli enti locali interessati.
Delineati dunque i criteri ermeneutici che governano l'individuazione di tali opere si può procedere a una panoramica degli orientamenti giurisprudenziali intervenuti in materia.
Così, l'ampliamento di un poligono di tiro, a meno di un uso esclusivo di esso da parte del personale militare, non è stato considerato intervento finalizzato alla difesa, e ciò in quanto l'attività di tiro a segno ha perso da tempo qualsiasi implicazione militare per assumere contenuti e profili esclusivamente sportivi (C.d.S., sez. IV, 27.5.2002 n. 2930).
Al contrario, è ritenuta legittima l'espropriazione per ragioni militari di terreni adiacenti ai poligoni di tiro: in questo caso si è ravvisata l'esistenza di uno stabile vincolo di connessione funzionale tra l'opera già esistente e le aree circostanti essendo quest'ultime destinate a garantire la sicurezza e la pubblica incolumità oltre che una migliore agibilità del poligono stesso (C.d.S., sez. IV, 27 ottobre 1981, n. 801).
Non costituisce opera militare, poi, la costruzione di una "scuola di polizia giudiziaria, amministrativa ed investigativa" per il perfezionamento degli impiegati civili dello Stato. (T.A.R. Pescara, 10 aprile 1997, n. 172).
E' stato qualificato come opera pubblica, ma non militare, sebbene realizzato dal Ministero della Difesa, un oleodotto costruito per garantire l'approvvigionamento di carburante per esigenze sia militari che civili (TAR Liguria, sez. I, 20.1.1998 n. 16).
Particolare è la disciplina in materia di alloggi.
Con l'art. 1 della L. 18.8.1978 n. 497, fu finanziato un programma decennale di costruzioni di alloggi di servizio per i comandi e i reparti delle forze armate. In base all'art. 5, comma 1 della legge, tutti i fabbricati realizzati su aree ubicate all'interno di basi, impianti, installazioni militari, o posti al loro diretto e funzionale servizio furono considerati, a tutti gli effetti, infrastrutture militari.
Analogamente, con una successiva legge, la n. 16 del 6.2.1985, fu approvato un programma straordinario quinquennale di interventi per la costruzione di nuove sedi di servizio per gli appartenenti all'Arma dei Carabinieri nonché per la ristrutturazione e l'ampliamento di quelle già esistenti. L'art. 3 della legge, al fine di sottrarle all'accertamento di conformità previsto dall'art. 81 del d.P.R. 24.7.1977 n. 616, equiparò le predette opere di edilizia abitativa a quelle destinate alla difesa nazionale.
Con riferimento proprio all'art. 3 fu sollevata questione di legittimità costituzionale da parte della sez. IV del Consiglio di Stato (ordinanza 19.3.1991).
La sezione rilevò che la disposizione aveva esteso artificiosamente lo speciale regime previsto per le opere militari alle strutture edilizie logisticheoperative dell'Arma dei Carabinieri; strutture concepite invece essenzialmente (o almeno prevalentemente) per funzioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, ma non per compiti di difesa nazionale.
Investita della questione, la Consulta non riscontrò la denunciata illegittimità (sentenza n. 150 dell'1.4.1992), osservando che l'Arma dei Carabinieri, pur espletando un servizio soprattutto di pubblica sicurezza, costituiva comunque un corpo militare; pertanto le relative sedi di servizio rappresentavano beni strumentali con riferimento anche alle altre attività, quali, per esempio, la polizia militare, la raccolta di informazioni attinenti la difesa interna ed esterna, il controspionaggio; compiti tutti preordinati e strumentali alla difesa e all'integrità nazionale: "d'altra parte, la Corte Costituzionale con la decisione 1° aprile 1992, n. 150, scrutinando la legittimità di una disposizione sostanzialmente analoga a quella dell'articolo 29 della legge 18 febbraio 1999, n. 28 (in particolare l'articolo 3 della legge 6 febbraio 1985, n. 16) ha espressamente affermato che "la compressione che la destinazione militare dell'opera può determinare in misura assai rilevante, nei confronti di altri interessi costituzionalmente protetti, quali quelli urbanistici, edilizi e paesaggistici impone, peraltro, l'esigenza che tanto in sede legislativa che amministrativa, risultino precisati con il dovuto rigore i criteri suscettibili di qualificare l'opera come " destinata alla difesa militare"", chiarendo che tali criteri non possono fare riferimento esclusivamente al solo profilo soggettivo (cioè alla natura militare dell'amministrazione interessata), dovendo essi investire sia le caratteristiche che le finalità dell'opera. Invero deve ritenersi pienamente operante in subiecta materia il principio, riaffermato da Corte costituzionale n. 150/1992, secondo cui le opere militari sono esonerate dal controllo di conformità urbanistica in relazione all'essenziale interesse statuale alla difesa del Paese e alla conseguente recessività di ogni altro interesse anche pubblicistico astrattamente confliggente con il primo" (CDS n. 1593/01)
Norme analoghe a quelle appena citate furono emanate anche per le caserme e gli alloggi di servizio degli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, fabbricati anch'essi equiparati a opere destinate alla difesa militare (cfr. art. 4 della L. 1.12.1986 n. 831 e art. 29 della L. 18.2.1999 n. 28).
Non riconducibili in quest'ultima tipologia gli edifici adibiti a Capitaneria di Porto.
Pur essendo stato previsto anche per le Capitanerie (con l'art. 39 della L. 31.12.1982 n. 979) un programma quadriennale di potenziamento delle infrastrutture logistiche ed operative, tuttavia, nessuna norma di legge ha equiparato quest'ultime alle opere destinate alla difesa nazionale. (TAR EmiliaRomagna 13.10.2000 n. 862); così come è stato escluso che la Delegazione di spiaggia (che è un ufficio istituito nei porti dove non ha sede la Capitaneria) svolga funzioni dirette a soddisfare le esigenze di sicurezza del Paese, essendo a essa attribuiti solo compiti di polizia marittima e portuale (C.d.S., sez. VI, 28.3.2000, n. 1799).
Più controverso è l'aspetto relativo alle caserme di Polizia.
Alcune volte esse sono state considerate (Tar Lazio, sez. I, 15.10.1993 n. 1484) opere destinate alla difesa nazionale in quanto ritenute necessarie a soddisfare le esigenze di sicurezza del Paese; altre volte, e più di recente (TAR Liguria 12.12.2003 n. 1652), tale equiparazione è stata esclusa sul rilievo che la Polizia di  Stato è in realtà un corpo smilitarizzato, assegnato alla sicurezza interna.
Si è accennato in precedenza alla mancanza di una elencazione di opere destinate alla difesa nazionale.
Tale carenza è stata in un certo senso colmata con l'art. 2 del d.P.R. 19.4.2005 n. 170, contenente il Regolamento relativo alla disciplina delle attività del Genio Militare.
La norma, al suo comma 9, innanzitutto distingue le infrastrutture per la difesa dalle vere e proprie opere militari (le installazioni permanenti e quelle temporanee relative a specifiche esigenze di dispiegamento, destinate al sostegno operativo, addestrativo e logistico di reparti militari operanti sia all'interno che all'esterno del territorio nazionale).
Il successivo comma 10 definisce come opere destinate alla difesa militare, ai sensi dell'art. 2 del D.P.R. 383/1994, dell'art. 7 del D.P.R. 380/2001 e dell'art. 1 del d.P.C.M. 377/1988, tutte quelle ricadenti in una delle categorie indicate nell'elenco contenuto in esso.
Tale elenco annovera, oltre alle classiche opere quali aeroporti, basi missilistiche, depositi di armi e munizioni, anche le caserme, i poligoni e le strutture di addestramento, gli alloggi di servizio per il personale militare, anche con famiglia, da realizzare ai sensi della L. 18.8.1978 n. 497; le opere di protezione ambientale correlate a quelle di difesa nazionale; le attività finanziate con fondi comuni della NATO e da utenti alleati sul territorio nazionale.
Il successivo comma 11, peraltro, consente la realizzazione, nei casi di urgenza, di singole infrastrutture riconducibili a opere destinate alla difesa nazionale, ma non comprese nelle categorie di cui al precedente comma 10, mediante provvedimento del Ministro della difesa.
In ottemperanza al dettato della delega disposta con l'articolo 10 della legge n. 137/2002, si è infine stabilito che, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministero della difesa e le altre amministrazioni statali coinvolte, vengano individuate le modalità per la valutazione congiunta e preventiva della localizzazione di opere di difesa nazionale che incidano su beni o aree sottoposti a tutela.
Si veda la sentenza CDS n. 2449/2001, relativa a opere all'interno del porto di Ancona:"A parte ciò, la ricorrente pone in discussione - a torto - la natura dell'opera, mettendo in dubbio la sua destinazione alla difesa militare (come tale riconducibile nella deroga contenuta nel secondo comma dell'art. 81 D.P.R. n. 616 del 1977) ed in ogni caso la sua sottrazione all'intesa prevista nel successivo secondo comma.
Come emerge chiaramente dalla documentazione in giudizio, l'anticipazione dell'opera di recinzione, per il tratto che interessa, rispetto alle altre previsione di piano, è stata decisa da un apposito organo costituito presso il Porto di Ancona, sulla base delle decisioni assunte, al riguardo, dal Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica.
L'organo in questione, denominato "Comitato di sicurezza portuale", è costituito da rappresentanti degli organi di polizia ed è presieduto del Comandante del porto il quale, come è noto, in funzione dei compiti di sicurezza militare allo stesso affidati, è inquadrato militarmente, indipendentemente dalla prevalente destinazione (mercantile o militare) del Porto in cui ha sede il comando.
Nel porto di Ancona esistono strutture militari, quali una base navale con unità della Marina militare della Guardia di finanza e della Capitaneria di porto, è sede di ormeggio di navi militari anche di paesi terzi.
Esso, pertanto, deve essere classificato fra le strutture di interesse per la difesa militare a norma dell'art. 1 della L. 24 dicembre 1976 n. 898.
L'anticipazione dell'opera di recinzione rispetto alle altre realizzazioni previste dal piano è stata decisa nell'obiettivo di dotare il Porto di opere di difesa passiva delle quali era sprovvisto, sulla base di esigenze già da tempo emerse e comunque rese maggiormente significative in un momento particolarmente delicato, per il Paese, nell'ambito dell'alleanza atlantica, come è dato evincere dalla documentazione depositata in giudizio.
I ritardi nella realizzazione dell'intervento, in parte dovuti alla mancanza dei necessari finanziamenti, in parte determinati dall'avvertita esigenza di coordinare, per i profili tecnici ed esecutivi, la scelta difensiva con le istanze dei privati (fra cui la Fincantieri ed i dipendenti della società) e delle Autorità coinvolte, non incidono sulla natura, sugli obiettivi e, in definitiva, sulla legittimità dell'operato.
La destinazione alla difesa militare è, infatti, in re ipsa, sia con riferimento all'organo che ne ha deciso la realizzazione (Comitato di sicurezza portuale), sia con riguardo all'obiettivo perseguito (difesa nazionale) sia infine alla sua localizzazione (in zona demaniale, al confine dell'ambito portuale propriamente definito).
Sfugge al sindacato del giudice amministrativo la congruità della scelta anticipatoria, rispetto alle previsioni del piano (con il quale, peraltro è coerente), in rapporto al livello di sicurezza in concreto raggiungibile con la realizzazione, effettuata con taluni accorgimenti diretti, fra l'altro, a venire incontro (transitoriamente) alle esigenze della Fincantieri, trattandosi di materia nella quale la discrezionalità strategica ed operativa, spettante alle amministrazioni investite, a vari livelli e nei diversi ambiti, della sicurezza nazionale, non lascia intravedere posizioni soggettive degli amministrati, meritevoli di tutela, con riferimento all'interesse pubblico primario."
E ancora:"E' evidente che le disposizioni appena richiamate, che hanno ad oggetto un programma specifico finalizzato alla realizzazione di alloggi per il personale militare (trattandosi di normativa relativa ad "autorizzazione di spesa per la costruzione di alloggi di servizio per il personale militare e disciplina delle relative concessioni") non possono essere invocate per disciplinare interventi (come quello in esame) da porre in essere in una struttura militare rispetto ai quali va fatta applicazione delle diverse norme relative alle opere attinenti alla difesa nazionale.
Ed invero, non pare contestabile che queste ultime richiedano, per loro natura, un regime urbanistico differenziato rispetto alla generalità delle opere pubbliche statali. Ciò si dice non tanto con riferimento ad una gerarchia di valori fra diversi interessi pubblici: benché sembri tuttora sostenibile che l'interesse dello Stato a conservare l'integrità del territorio, la sovranità e l'indipendenza s'identifichi con l'interesse della comunità nazionale a sopravvivere come tale, e sia, pertanto, un interesse primario: primum vivere. Si dice piuttosto perché, secondo la comune esperienza, le esigenze connesse alla distribuzione territoriale delle opere di difesa ed alla loro progettazione trascendono le possibilità di apprezzamento delle autorità urbanistiche.
E ciò è tanto vero che il secondo comma dell'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 esclude le opere destinate alla difesa militare dall'accertamento di conformità alle previsioni urbanistiche.
Diventa, a questo punto, priva di rilievo, oltre che infondata, la circostanza, evidenziata da parte appellante, della mancata valutazione dell'impatto delle nuove strutture sul tessuto urbanistico esistente.(4543/01).
7.Ricorda al proposito il Collegio che anche il giudice di appello in sede di delibazione dell'istanza cautelare, nel ripercorrere in fatto e diritto la vicenda, spende alcune significative affermazioni che mette conto ricordare per esteso:
"che con determinazione del 17 luglio 2007 del direttore generale del Ministero della DifesaDirezione generale dei lavori del demanio:
è stato autorizzato lo sviluppo dell'area dell'aeroporto "Dal Molin" per l'insediamento delle strutture dell'esercito americano secondo le linee descritte nelle schede presentate per i singoli fabbricati di cui alla lista di progetti allegata;
è stata riservata l'approvazione finale del progetto base presentato dall'esercito americano al positivo compimento di una serie di condizioni;
è stata autorizzata la pubblicazione del bando di gara per l'affidamento della progettazione e della realizzazione dei lavori pur in pendenza di approvazione del progetto base, previo il rispetto di una serie di condizioni;
è stata riservata l'approvazione del progetto finale elaborato dal contraente aggiudicatario al positivo riscontro circa il rispetto delle previste prescrizioni e indicazioni;
che le opere oggetto di autorizzazione, non riconducibili alle attività a diretto finanziamento NATO (per le quali è previsto un diverso iter programmatorio e autorizzatorio), si inquadrano nelle attività a finanziamento diretto statunitense, regolamentate dall'accordo bilaterale ItaliaStati Uniti d'America del 20 ottobre 1954, stipulato nell'ambito della mutua collaborazione tra gli Stati aderenti alla Nato, che prevede che la realizzazione dei programmi sia eseguita a cura di apposita Commissione Mista Costruzioni, attualmente collocata nell'ambito della direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della Difesa;
che il promemoria di intesa fra Italia Stati Uniti d'America del 20 ottobre 1954 sulle procedure delle costruzioni da eseguirsi nel quadro delle infrastrutture bilaterali prevede, tra l'altro, che le costruzioni non saranno eseguite con fondi italiani e che a esse saranno applicabili soltanto le leggi italiane di carattere generale che governano le costruzioni e non quelle che disciplinano e controllano le spese pubbliche;
che inoltre il memorandum d'intesa tra il Ministero della Difesa e il dipartimento della difesa degli Stati Uniti del 2 febbraio 1995 ribadisce le competenze della commissione mista costruzioni in merito alla costruzione finanziate esclusivamente con fondi statunitensi;
che un'apposita direttiva tecnica dello Stato maggiore della difesa sottoscritto dalle due parti regolamenta le procedure da seguire per la realizzazione di infrastrutture di interesse degli Stati Uniti nel quadro dell'accordo bilaterale del 1954;
che l'articolo 5 del decreto del presidente Repubblica n. 170 del 19 aprile 2005 ("regolamento concernente disciplina dell'attività del genio militare a norma dell'articolo 3, comma 7 bis, della legge 11 febbraio 1994 n.109) prevede che la realizzazione di infrastrutture sul territorio nazionale, finanziate da paesi alleati, è disciplinata da appositi memorandum d'intesa; che le attività connesse alla realizzazione di infrastrutture sono espletate da Geniodife sulla base di progetti redatti dal paese alleato, fatti salvi particolari i casi nei quali, su proposta di Geniodife, lo stato maggiore della difesa autorizzi il paese alleato all'espletamento di tutte le attività connesse alla realizzazione; che in entrambi i casi appositi accordi regolano le modalità di controllo da parte delle autorità nazionali;
... che il nulla osta prestato dal Ministero della Difesa si inquadra correttamente nella procedura fissata dal memorandum del 1995, per ciò che attiene agli obblighi assunti dal ministero stesso tramite gli organi competenti;
che gli atti di natura internazionale che disciplinano le attività in questione prevalgono sull'ordinaria disciplina interna in materia di procedure a evidenza pubblica per l'assegnazione di commesse pubbliche come previsto dall'articolo 5 del richiamato d.p.r. 170 del 2005;".
8. Dunque, ad avviso del Consiglio di Stato, le attività di cui si discute sono regolamentate dall'accordo bilaterale internazionale tra Italia Stati Uniti d'America, sono regolate da una procedura speciale pattizia e non dalle norme interne, salvo per le norme italiane di carattere generale regolanti le costruzioni, la determinazione autorizzatoria impugnata è rispettosa delle condizioni previste per l'approvazione del progetto.
Ritiene dunque il Collegio che non sia accoglibile la premessa logica svolta in ricorso che mira a escludere la natura di opere di difesa militare, o a ciò connesse, della installazione militare per cui è causa, trattandosi in punto di fatto di alloggiamenti delle truppe, di officine per manutenzione di veicoli tattici, di edifici adibiti al quartiere generale di battaglione, quartiere generale di brigata, comando compagnia, come risulta dalla deliberazione 15 giugno 2006 del Comitato misto paritetico della Regione Veneto che costituisce l'atto in cui è stato acquisito il parere sulla realizzazione negli anni 20062009 di 16 progetti degli Stati Uniti presso l'aeroporto Dal Molin di Vicenza.
9. Le procedure previste dal Memorandum d'intesa e dalla direttiva tecnica SMD PLInfra 11/78, infatti, richiedono che per le nuove opere la sezione americana della commissione mista costruzioni (CMC) ItaliaStati Uniti presenti alla sezione italiana richiesta di nuovi lavori, corredandola con piani tecnici (disegni schematici delle opere da realizzare) e una breve relazione che illustri lo scopo, le esigenze, il carattere delle costruzioni nonché il costo e le ripercussioni dei lavori, e tutto ciò costituisce il progetto base.
La sezione italiana, valutata l'esigenza americana e verificata la necessità di sottoporre il progetto base alla valutazione dei comitati misti paritetici regionali competenti per territorio, inoltra la richiesta allo stato maggiore di forza armata competente e allo SMD.
Questo, ricevuto il parere motivato della forza armata competente e previa rappresentazione per le decisioni al ministro di eventuali casi che presentino rilevanti aspetti, impartisce disposizioni alla sezione italiana della C.MC affinché autorizzi l'avvio del procedimento di progettazione, appalto e costruzione.
La sezione americana provvede, con la compartecipazione della paritetica sezione italiana, all'elaborazione del progetto, all'esperimento della gara d'appalto dei lavori e alla realizzazione degli stessi.
Attualmente, in virtù di tali accordi sia l'attività di progettazione che quella di appalto e realizzazione dell'infrastruttura viene svolta da parte statunitense attraverso propri enti tecnici in Italia (principalmente attraverso il Naval Facilities Engineering Command di Napoli), che agiscono come stazione appaltante.
Corre ancora l'obbligo di richiamare il DPR n.170 del 2005, all'art.2:
"comma 9 " Si definiscono infrastrutture per la difesa militare le installazioni permanenti e quelle temporanee relative a specifiche esigenze di dispiegamento, destinate al sostegno operativo, addestrativo e logistico di reparti militari operanti sia all'interno che all'esterno del territorio nazionale.
Comma 10 "Si definiscono opere destinate alla difesa nazionale, ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, dell'articolo 7, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dell'articolo 1, comma 5, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, le infrastrutture ricadenti nelle seguenti categorie:
a) aeroporti ed eliporti;
b) basi navali;
c) caserme;
d) stabilimenti ed arsenali;
e) reti, depositi carburanti e lubrificanti;
f) depositi munizioni e di sistemi d'arma;
g) comandi di unità operative e di supporto logistico;
h) basi missilistiche;
i) strutture di comando e di controllo dello spazio terrestre, marittimo ed aereo;
l) segnali ed ausili alla navigazione marittima ed aerea;
m) strutture relative alle telecomunicazioni e ai sistemi di allarme;
n) poligoni e strutture di addestramento;
o) centri sperimentali di manutenzione dei sistemi d'arma;
p) alloggi di servizio per il personale militare, anche con famiglia, da realizzare ai sensi degli articoli 4, primo comma, e 5, primo comma, della legge 18 agosto 1978, n. 497;
q) opere di protezione ambientale correlate alle opere della difesa nazionale;
r) installazioni temporanee per esigenze di rapido dispiegamento;
s) attività finanziate con fondi comuni della NATO e da utenti alleati sul territorio nazionale."
Il comma 11, poi, sopra richiamato, come norma di chiusura, prevede che " Ove sia necessario realizzare singole infrastrutture riconducibili a opere destinate alla difesa nazionale, ma non comprese nelle categorie di cui al comma 10, si provvede, nei casi di urgenza, mediante provvedimento del Ministro della difesa."
Il caso in esame è regolato, come ripetutamente detto, dall'art.5 rubricato "Infrastrutture sul territorio nazionale finanziate da Paesi alleati", a tenore del quale "1. La realizzazione di infrastrutture sul territorio nazionale, finanziate da Paesi alleati, è disciplinata da appositi memorandum di intesa" e "2. Le attività connesse alla realizzazione delle infrastrutture di cui al comma 1, sono espletate da Geniodife sulla base di progetti redatti dal paese alleato, fatti salvi i particolari casi nei quali, su proposta di Geniodife, lo Stato maggiore della difesa autorizzi il paese alleato all'espletamento di tutte le attività connesse alla realizzazione."
Contestano i ricorrenti la legittimità di tale decreto - che altrimenti sarebbe idoneo a disciplinare la materia, evidentemente - assumendo:
che nessuno dei provvedimenti impugnati dichiara esplicitamente che la Ederle due sia opera destinata alla difesa nazionale;
che come detto non è sufficiente il riferimento al mero profilo soggettivo, senza considerare anche le caratteristiche oggettive e le finalità dell'opera;
che non vi è alcun atto amministrativo in tal senso;
che non vi è nessun atto di rango legislativo che ha operato una tale qualificazione a favore della nuova base americana, non applicandosi il richiamato articolo 2 comma 10 lettera s, in quanto:
non è atto di rango legislativo; è illegittimo, e difatti si richiede la disapplicazione, perché il governo, attraverso l'atto di natura regolamentare non era legittimato a disciplinare in tal senso. Il regolamento in parola prende le mosse dalla disposizione dell'articolo 3, comma 7 bis della legge n.109 del 1994, che attribuiva al governo il potere di emanare apposito regolamento, in armonia con le disposizioni alla presente legge, per la disciplina dell'attività del genio militare, in relazione a lavori connessi alle esigenze della difesa militare. Si tratterebbe dunque, ad avviso dei ricorrenti, di una delega finalizzata a disciplinare l'attività del genio militare e non a stabilire quali siano tale attività, men che meno a definire un oggetto del tutto estraneo alla disciplina dei lavori pubblici quali il carattere militare di un'opera: di tale assunto costituirebbe, ad avviso sempre dei ricorrenti, la controprova il fatto che la realizzazione in esame non sarebbe di competenza del genio militare ma sarebbe realizzata direttamente dagli Stati Uniti d'America.
Né, d'altra parte, potrebbe sostenersi che il decreto del presidente della Repubblica n.170 del 2005 sarebbe un regolamento di delegificazione, e ciò sia perché pur essendo l'articolo 3 della legge Merloni intitolato delegificazione il comma 7bis non ne avrebbe i requisiti, difettando la determinazione delle norme generali regolatrici della materia come previsto dall'articolo 17 comma due della legge n. 400 del 1988, sia perché l'articolo 196 del codice dei contratti, che è intitolato "disciplina speciale per gli appalti nel settore della difesa" prevede l'adozione di apposito regolamento per la disciplina degli interventi di eseguire in Italia e all'estero per effetto di accordi internazionali, multilaterali e bilaterali, regolamento da adottarsi con decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell'articolo 17, comma uno della legge n. 400 del 1988, sicché la disciplina al momento non risulterebbe delegificata.
Inoltre non potrebbe argomentarsi al contrario che il regolamento non avrebbe carattere innovativo dell'ordinamento, limitandosi a operare una sorta di ricognizione in termini generali dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla giurisprudenza per la qualificazione di un'opera destinata alla difesa nazionale, poiché ogni caso difetterebbe il rango legislativo di questa ricognizione:a tale proposito viene ricordata la vicenda relativa alle strutture da realizzarsi dall'Arma dei Carabinieri che condusse all'adozione della sentenza n.150 del 1992 della Corte costituzionale più volte menzionata che costituisce la decisione più importante in subiecta materia.
Orbene ritiene il Collegio che nessuna delle tesi, pur elegantemente argomentate, sia fondata.
Anzitutto non può sostenersi che laddove una norma consenta di emanare apposito regolamento per la disciplina dell'attività del genio militare, in relazione ai lavori connessi alle esigenze della difesa militare, essa limiti la propria valenza al solo profilo esecutivo e non anche a quello definitorio, consentendosi in altri termini esclusivamente di precisare come debbano essere realizzati i lavori ma non quali siano i lavori medesimi.
Del resto la categoria del demanio militare - rectius: patrimonio indisponibile ex art.826 c.c. -cui pacificamente appartengono i compendi in esame prescinde, ai fini della individuazione dei beni che ne fanno parte, dall'indicazione puntuale di come questi beni possono essere utilizzati.
Ma nel caso in esame anche i requisiti richiesti dalla sentenza della Corte costituzionale, vale a dire quelli oggettivi, paiono pienamente sussistere, trattandosi di accasermamenti, vale a dire della realizzazione di strutture alloggiative di truppe (barracks) la cui presenza sul territorio nazionale rientra negli accordi bilaterali cui sopra si faceva riferimento, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, mirando alla risposta alle esigenze di carattere difensivo eventualmente occorrenti, sotto il profilo finalistico, come del resto ben noto ai ricorrenti medesimi per l'esistenza sul territorio di Vicenza di una delle basi americane più importanti d'Europa, ricorrenti i quali certamente non potrebbero contestarne la natura di struttura connessa alla difesa nazionale.
Anche i rilievi attinenti alla non applicabilità del decreto del presidente Repubblica n.170 non sono pertinenti, posto che se anche fosse che il codice dei contratti, laddove prevede l'adozione di un regolamento per disciplinare gli interventi di eseguire in Italia per effetto di accordi bilaterali, nel prevedere che tale strumento sia un regolamento ex comma 1 dell'articolo 17 della legge n.400 del 23 agosto 1988, dimostrerebbe la mancata natura di regolamento di delegificazione del decreto n.170, ciò non varrebbe a sancirne la disapplicabilità, anche tenendo conto del comma 7 dell'articolo 196, il quale prevede espressamente che fino alla data di entrata in vigore del regolamento si applicano le norme vigenti in materia, tra cui certamente rientra il medesimo d.p.r. 170 del 2005.
La riconosciuta natura militare delle opere in questione comporta dunque la sussunzione delle stesse fra quei progetti destinati a scopi di difesa nazionale per i quali la direttiva 2003/35/CE consente la propria disapplicazione:"gli Stati membri possono decidere, dopo una valutazione caso per caso, se è così disposto dalla normativa nazionale, di non applicare la presente direttiva a progetti destinati a scopi di difesa nazionale, qualora ritengano che la sua applicazione possa pregiudicare tali scopi" (articolo uno).
Tuttavia preliminare a ogni delibazione della censura in materia di mancato rispetto della normativa latu sensu ambientale è la corretta ricostruzione volta a individuare il momento di inizio del procedimento.
Nella tesi dei ricorrenti il momento rilevante sarebbe quello in cui è stato presentato il progetto della base a ovest, posto che il progetto a est sarebbe stato abbandonato, tra l'altro, proprio per venire incontro alle richieste dell'amministrazione comunale in quanto costituirebbe una allocazione più opportuna, evitando la compromissione dell'area a verde ivi insistente, tale momento è individuato nella data del 26 settembre 2007, vale a dire il giorno in cui il nuovo progetto è stato presentato al comitato misto paritetico per il Veneto.
Se tale è la data a cui far risalire l'inizio del procedimento, assumono i ricorrenti che sarebbero applicabili la disciplina del codice dell'ambiente attualmente vigente, come da ultimo modificato a opera del decreto legislativo n.4 del 2008, argomentandosi poi in via subordinata nella richiesta almeno di una valutazione ambientale strategica laddove non si ritenga applicabile il predetto coacervo normativo.
Tuttavia sono gli stessi ricorrenti ad affermare che l'articolo 52 del codice dell'ambiente (contenuto nelle disposizioni transitorie della parte seconda, quella relativa a valutazione di impatto ambientale e valutazione ambientale strategica), nella sua formulazione valida alla data del 31 luglio 2007 stabiliva che "i procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto... si concludono in conformità alle disposizioni e alle attribuzioni di competenza in vigore all'epoca della presentazione di detta istanza": "ebbene, qual era nel caso in esame il "procedimento" in corso al momento dell'entrata in vigore della norma del codice sulla VIA? era il procedimento relativo alla soluzione progettuale "ad est" della Ederle due. Quel progetto - astrattamente da sottoporsi a VIA per le sue caratteristiche e dimensioni - sarebbe stato pacificamente sottoposto alla disciplina previgente al codice dell'ambiente." (confronta a pagina 18 della memoria conclusionale dei ricorrenti).
Ritiene il Collegio che effettivamente la data indicata nell'ordinanza con cui è stata respinta la domanda cautelare, indicata al 15 giugno 2005 costituisca una evidente errore materiale, posto che la data correttamente individuata è bensì il 15 giugno, ma dell'anno 2006, vale a dire la data in cui il progetto venne presentato al comitato misto paritetico.
Ma il ragionamento dei ricorrenti non può essere condiviso laddove distinguono fra i due progetti a est e a ovest senza cogliere invece l'intrinseca unitarietà della valutazione fatta dal comitato misto paritetico nella individuazione dell'area in cui le opere sarebbero state realizzate, di talchè la diversa allocazione in una medesima area non può essere tale da comportare un ripensamento alla scelta azzonativa già effettuata; in altri termini è il momento in cui viene deciso l'insediamento militare in una determinata area, potendosi poi diversamente collocarsi all'interno della medesima.
Del resto, come è stato evidenziato nell'ordinanza 3992/08 del Consiglio di Stato, il commissario straordinario del governo aveva richiesto di utilizzare l'area posta a ovest della pista di volo, così da utilizzare i fabbricati già esistenti, riducendo l'occupazione di superfici ancora non edificate e permettendo la conservazione a verde dell'area aeroportuale precedentemente individuata, concentrando l'intervento in un'area, già ampiamente infrastrutturata, confinante a nord ovest con il fiume Bacchiglione, a est, con la pista di atterraggio e il prato circostante all'aeroporto, e a sud con un'area agricola di proprietà privata, ove hanno sede gli impianti aeroportuali già utilizzati per usi militari dell'esercito italiano, e solo parzialmente, anche per usi commerciali privati, mentre l'area a est si caratterizza per non essere densamente infrastrutturata.
Infatti anche lo studio di incidenza ambientale (V.INC.A.) effettuato dalla Regione su cui si appuntano alcuni motivi di ricorso risulta condotto con riferimento a tutta l'area di pertinenza dell'aeroporto Dal Molin, posto che la medesima confina con il perimetro del sito di importanza comunitaria IT 3220040.
Tornando dunque a quanto sopra affermato, alla data del 15 giugno 2006 risultava applicabile la direttiva richiamata, nella parte in cui consente allo Stato membro la disapplicazione della valutazione d'impatto ambientale ai progetti destinati a scopi di difesa nazionale, qualora ritengano che la sua applicazione possa pregiudicare tali scopi.
Sostengono i ricorrenti a tale proposito che siccome la traduzione normativa del legislatore nazionale di tale previsione si è sostanziata nell'articolo 6, comma 10 del codice dell'ambiente, l'esclusione sarebbe subordinata all'adozione di decreto interministeriale; rileva il Collegio, al proposito, che se effettivamente la norma oggi dice "che l'autorità competente in sede statale valuta caso per caso i progetti relativi a opere interventi destinati esclusivamente a scopo di difesa nazionale. L'esclusione di tali progetti del campo di applicazione del decreto, se ciò possa pregiudicare gli scopi della difesa nazionale, è determinata con decreto interministeriale del ministro della difesa e del ministro dell'ambiente della tutela del territorio", sarebbe comunque possibile, ove ritenuto indispensabile, l'adozione di tale decreto interministeriale, e ciò a prescindere dunque dalla fondatezza della doglianza.
Dalle esposte premesse di principio si può ora scendere all'esame dei singoli motivi di ricorso.
Come più volte affermato il procedimento di approvazione della nuova base è stato avviato prima del 31 luglio 2007, giorno di entrata in vigore delle norme del codice dell'ambiente sulla valutazione di impatto ambientale e contestuale superamento della vecchia disciplina di cui al DPCM n.377/88, che prevedeva una deroga secca della VIA per le opere destinate alla difesa nazionale: il DPCM, Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della L. 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale, rubricato "Categorie di opere" dispone: Sono sottoposti alla procedura di valutazione di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, i progetti delle opere rientranti nelle seguenti categorie:
a) raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 t al giorno di carbone o di scisti bituminosi;
b) centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW, nonché centrali nucleari e altri reattori nucleari (esclusi gli impianti di ricerca per la produzione e la lavorazione delle materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera 1 KW di durata permanente termica);
c) impianti destinati esclusivamente allo stoccaggio definitivo o all'eliminazione definitiva dei residui radioattivi;
d) acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio;
e) impianti per l'estrazione di amianto, nonché per il trattamento e la trasformazione dell'amianto e dei prodotti contenenti amianto: per i prodotti di amiantocemento, una produzione annua di oltre 20.000 t di prodotti finiti; per le guarnizioni da attrito, una produzione annua di oltre 50 t di prodotti finiti e, per gli altri impieghi dell'amianto, un'utilizzazione annua di oltre 200 t;
f) impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro: per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base; per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base; per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti); per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi; per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico; per la fabbricazione di esplosivi;
g) tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza nonché aeroporti con piste di atterraggio superiori a 1.500 m di lunghezza; autostrade e strade riservate alla circolazione automobilistica o tratti di esse, accessibili solo attraverso svincoli o intersezioni controllate e sulle quali sono vietati tra l'altro l'arresto e la sosta di autoveicoli; strade extraurbane, o tratti di esse, a quattro o più corsie o raddrizzamento e/o allargamento di strade esistenti a due corsie al massimo per renderle a quattro o più corsie;
h) porti commerciali marittimi, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a battelli con stazza superiore a 1350 t;
i) impianti di eliminazione dei rifiuti tossici e nocivi mediante incenerimento, trattamento chimico o stoccaggio a terra;
l) impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di altezza superiore a 15 m o che determinano un volume d'invaso superiore ad 1.000.000 mc, nonché impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fini energetici in modo durevole, di altezza superiore a 10 m o che determinano un volume d'invaso superiore a 100.000 mc;
m) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale di esercizio superiore a 150 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 15 km;
n) oleodotti e gasdotti di lunghezza superiore a 40 km e diametro superiore o uguale a 800 mm, esclusi quelli disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 526;
o) stoccaggio di prodotti chimici, petrolchimici con capacità complessiva superiore a 80.000 mc; stoccaggio superficiale di gas naturali con una capacità complessiva superiore a 80.000 mc; stoccaggio di prodotti di gas di petrolio liquefatto con capacità complessiva superiore a 40.000 mc; stoccaggio di prodotti petroliferi liquidi di capacità complessiva superiore a 80.000 mc;
p) impianti termoelettrici con potenza elettrica complessiva superiore a 50 MW con esclusione di quelli con potenza termica fino a 300 MW di cui agli accordi di programma previsti dall'art. 22, comma 11, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
q) impianti per la produzione dell'energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti;
r) stoccaggio di prodotti combustibili solidi con capacità complessiva superiore a 150.000 t;
s) impianti di gassificazione e liquefazione;
t) impianti destinati: al ritrattamento di combustibili nucleari irradiati; alla produzione o all'arricchimento di combustibili nucleari; al trattamento di combustibile nucleare irradiato o residui altamente radioattivi; esclusivamente allo stoccaggio (previsto per più di dieci anni) di combustibile nucleare irradiato o residui radioattivi in un sito diverso da quello di produzione o l'arricchimento di combustibili nucleari irradiati, per la raccolta e il trattamento di residui radioattivi;
u) attività minerarie per la ricerca, la coltivazione ed il trattamento minerallurgico delle sostanze minerali di miniera ai sensi dell'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e successive modifiche, ivi comprese le pertinenziali discariche di residui derivanti dalle medesime attività ed alle relative lavorazioni, i cui lavori interessino direttamente aree di superficie complessiva superiore a 20 ettari.....
5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle opere destinate alla difesa nazionale.
L'articolo 52 del codice dell'ambiente, contenuto nelle disposizioni transitorie della parte II, relativa a valutazione di impatto ambientale e valutazione strategica, stabiliva dunque, come già visto, "che i procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto si concludono in conformità alle disposizioni e alle attribuzioni di competenza in vigore all'epoca della presentazione di detta istanza".
Inoltre la parte seconda del Codice è entrata in vigore solo 120 giorni dopo la sua pubblicazione (cfr. art.52, comma 1) dunque alla data dell'avvio del procedimento la disposizione invocata non er ancora entrata in vigore.
La norma dunque parla di procedimenti, non di progetti, sicché i ricorrenti non possono insistere contestando l'unicità del procedimento avente a oggetto due progetti diversi, quello a est e quello a ovest, trattandosi invece proprio di un procedimento unico volto a individuare l'area più confacente, nella comparazione di interessi pubblici e privati, in una sorta di applicazione del principio di proporzionalità, vale a dire cercando la soluzione meno incidente sugli interessi paesaggistico ambientali, all'insediamento della base americana, alla luce delle disposizioni del Memorandum d'intesa anche se più volte ricordate nel corso della narrativa.
Conseguentemente i primi tre motivi di ricorso devono essere respinti.
Devono essere parimenti respinti motivi con i quali viene censurata la mancata acquisizione delle autorizzazioni a fini paesaggistici di cui al sesto e nono motivo di ricorso, posto che risulta correttamente acquisito il parere paesaggistico ed è legittima la procedura di valutazione di incidenza ambientale svolta dalla Regione, dato che tale valutazione non è volta a precludere a priori la realizzazione di progetti e interventi, ma a prevedere ogni possibile intervento volto a limitare gli eventuali pregiudizi che l'intervento stesso possa arrecare, come risulta dallo studio di incidenza in relazione alla valutazione delle interferenze ambientali delle opere progettate sull'habitat in cui sarà realizzato l'insediamento statunitense.
Come già affermato lo studio di incidenza ha avuto come oggetto tutta l'area interessata e non solo quella a est relativa al primo progetto, sicché non ha pregio la censura volta a dimostrarne la inapplicabilità alla scelta poi effettuata.
Del resto il provvedimento regionale ha dettato molteplici prescrizioni, di oltre a quelle già indicate nello studio di incidenza, sicché appare infondata anche la censura volta a denunciare la violazione del principio di precauzione e prevenzione, traducendosi eventualmente il mancato rispetto delle prescrizioni non come vizio della procedura ma come violazione successiva da sanzionare autonomamente in caso di accertata sussistenza (in tale quadro, per esempio, potrebbe essere valutata la difformità alle prescrizioni in ordine all'utilizzo non di micropali, a profondità non maggiore di 20 m e senza creare diaframmi, laddove fossero utilizzati pali troncoconici di lunghezza superiore a 20 m, a profondità superiore e con l'effetto di creare diaframmi).
Il ricorso deve dunque essere respinto, pur sussistendo giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nelle camere di consiglio del giorno 22 ottobre 2009 e 20 gennaio 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente
Fulvio Rocco, Consigliere
Riccardo Savoia, Consigliere, Estensore

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