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martedì 16 febbraio 2016

Corte Costituzionale: avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri



FORZE ARMATE   -   PENSIONI
Corte cost., Ord., 22-07-2009, n. 231
Fatto - Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

ORDINANZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 54-bis del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri), introdotto dall'art. 29, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 83 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri), promosso dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, nel procedimento vertente tra B.O. e il Comando Regione Carabinieri Sardegna, con ordinanza del 20 novembre 2008, iscritta al n. 39 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2009.
Udito nella camera di consiglio del 24 giugno 2009 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.
Ritenuto che, con ordinanza del 20 novembre 2008, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, ha sollevato questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione - dell'art. 54-bis del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri), introdotto dall'art. 29, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 83 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri), nella parte in cui non prevede l'attribuzione anche ai marescialli aiutanti dell'Arma dei carabinieri, collocati in quiescenza nel periodo dal 2 gennaio 1998 al 1° gennaio 2001, del beneficio previsto dall'art. 73-quinquies, comma 4, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza), introdotto dall'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 67 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza);
che la questione viene sollevata nel corso di un giudizio in cui il ricorrente, ex maresciallo aiutante sostituto ufficiale pubblica sicurezza dell'Arma dei carabinieri, agisce nei confronti del Comando Regione Carabinieri Sardegna al fine di ottenere l'adeguamento del proprio trattamento pensionistico, sulla base dell'estensione alla propria posizione del più favorevole regime previsto a favore del solo personale del Corpo della Guardia di finanza dal citato art. 73-quinquies, comma 4, del d.lgs. n. 199 del 1995;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo rileva che l'art. 3, comma 2, della legge 28 marzo 1997, n. 85 (Disposizioni in materia di avanzamento, di reclutamento e di adeguamento del trattamento economico degli ufficiali delle Forze armate e qualifiche equiparate delle Forze di polizia), ha previsto l'erogazione, a favore degli ispettori superiori delle Forze di polizia ad ordinamento civile, dei marescialli aiutanti di quelle ad ordinamento militare, nonché dei marescialli aiutanti delle Forze armate con maggiore anzianità di servizio, di un emolumento pensionabile pari alla differenza tra il proprio livello di inquadramento ed il livello retributivo superiore, secondo decorrenza, modalità e sulla base di requisiti determinati in sede di contrattazione collettiva, ovvero nell'ambito delle procedure di concertazione ivi previste ed in relazione alle risorse finanziarie disponibili;
che il giudice rimettente sottolinea come tale previsione è stata realizzata, in sede di prima applicazione, con disposizioni analoghe per tutti i soggetti prima indicati - in particolare, dall'art. 65 del d.P.R. 16 marzo 1999, n. 254 (Recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione delle Forze di polizia ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999), per i marescialli aiutanti dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, dall'art. 38 del medesimo d.P.R. per i pari grado appartenenti al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile ed, infine, dall'art. 22 del d.P.R. 16 marzo 1999, n. 255 (Recepimento del provvedimento di concertazione per le Forze armate relativo al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999), per i pari grado appartenenti al personale delle Forze armate - prevedendo, in tutte tali ipotesi normative, l'erogazione di un eguale emolumento pensionabile per ciascun anno del triennio 1998-2000 definito in misura lorda pari a lire 660.000 non cumulabili;
che tale sostanziale parità di trattamento è stata, successivamente, alterata a seguito dell'emanazione dei decreti delegati previsti dall'art. 9, comma l, della legge 31 marzo 2000, n. 78 (Delega al Governo in materia di riordino dell'Arma dei carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di finanza e della Polizia di Stato. Norme in materia di coordinamento delle Forze di polizia);
che, infatti, benché tutti i citati decreti legislativi abbiano previsto l'eguale rideterminazione, dal 1° gennaio 2001, dell'importo dell'emolumento pensionabile, solo nell'ambito del regime relativo al personale della Guardia di finanza è stato previsto - dal comma 4 dell'art. 73-quinquies del d.lgs. n. 199 del 1995 - che l'emolumento in questione fosse corrisposto, ai soli fini pensionistici, anche al personale collocato in quiescenza nel periodo 2 gennaio 1998 - 1° gennaio 2001;
che, quindi, a detta del giudice a quo, tale ultima previsione determina una violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., comportando una irragionevole e ingiustificata disparità di trattamento tra il personale della Guardia di finanza - cessato dal servizio con diritto a pensione nel periodo dal 2 gennaio 1998 al 1° gennaio 2001, il quale ottiene il diritto alla riliquidazione del trattamento di quiescenza, a decorrere dal 1° gennaio 2001, con il calcolo, nella base pensionabile, dell'emolumento in questione - ed il personale di tutti gli altri Corpi militari e/o di Polizia, tra i quali, per quanto rileva nel giudizio a quo, gli appartenenti all'Arma dei carabinieri, che, collocati in quiescenza, come il ricorrente, nel triennio 1998-2000, di tale riliquidazione non beneficiano;
che, a tale proposito, il giudice rimettente prosegue ricordando l'orientamento di questa Corte per quanto riguarda l'impossibilità di assumere quale tertium comparationis una norma derogatoria «rispetto alla regola desumibile dal sistema normativo e perciò insuscettibile di estensione ad altri casi, pena l'aggravamento, anziché l'eliminazione, dei difetti di coerenza di esso» (sentenze n. 427 del 1990 e n. 448 del 1993), orientamento ritenuto, però, superabile là dove, come nel caso di specie, «la ratio della disposizione derogatoria, tertium comparationis, ne imponeva l'estensione anche ad altri casi da essa non ricompresi [sentenza n. 398 del 1988], per i quali doveva considerarsi priva di razionalità la loro esclusione dall'ambito di operatività della norma, stante la loro assimilabilità a quelli viceversa contemplati»;
che, secondo il giudice a quo, l'estensione nei confronti dei marescialli aiutanti dell'Arma dei carabinieri della normativa dettata a favore dei pari grado appartenenti alla Guardia di finanza risulterebbe ragionevole in considerazione della circostanza per cui, mentre l'art. 3, comma 2, della legge n. 85 del 1997, è stato in prima attuazione applicato con l'attribuzione di un beneficio in misura inferiore all'importo che sarebbe spettato ove l'emolumento in questione fosse stato attribuito - in base all'originaria previsione contenuta nella disposizione in ultimo citata - in misura pari alla differenza tra il livello di inquadramento ed il livello retributivo superiore, solo a fare data dal 1° gennaio 2001 il legislatore ha dato attuazione piena a tale ultima previsione;
che, perciò, l'estensione retroattiva del nuovo importo, sia pure con effetti esclusivamente pensionistici, anche al personale già collocato in quiescenza (che di tale maggiore importo non aveva goduto né sul trattamento di attività, né di riflesso sulla pensione) appare alla Corte dei conti rispondente ad un ragionevole intento perequativo;
che, infine, l'asserita irragionevole sperequazione tra il personale della Guardia di finanza e quello delle altre Forze armate e di polizia, si pone altresì in contrasto, per la Corte rimettente, anche con l'art. 76 Cost., per violazione del principio direttivo di cui all'art. 3 della legge n. 216 del 1992, il quale ha previsto il «riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti economici [del personale delle Forze di polizia anche ad ordinamento militare, ai sensi della legge 1° aprile 1981, n. 123, nonché del personale delle Forze armate, ad esclusione dei dirigenti civili e militari e del personale di leva], allo scopo di conseguire una disciplina omogenea, fermi restando i rispettivi compiti istituzionali, le norme fondamentali di stato, nonché le attribuzioni delle autorità dì pubblica sicurezza, previsti dalle vigenti disposizioni di legge»;
che il rimettente ritiene, pertanto, rilevante la questione di legittimità costituzionale della norma censurata - pur essendo intervenuta, in forza del disposto dell'art. 15 del decreto legislativo 30 maggio del 2003, n. 193 (Sistema dei parametri stipendiali per il personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate, a norma dell'articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 86), l'abrogazione della stessa - in quanto essa ha comunque prodotto, durante il relativo periodo di vigenza, gli effetti sperequativi lamentati dal ricorrente nel giudizio a quo;
che, conseguentemente, in caso di mancato accoglimento della questione di legittimità, la domanda del ricorrente finalizzata alla riliquidazione del trattamento pensionistico sulla base del maggiore importo decorrente dal 1° gennaio 2001 non potrebbe essere accolta.
Considerato che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, solleva questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione - dell'art. 54-bis del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri), introdotto dall'art. 29, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 83 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri);
che la Corte dei conti rimettente precisa di sollevare la questione nella parte in cui la norma censurata non prevede per i pari grado dell'Arma dei carabinieri lo stesso beneficio contemplato dall'art. 73-quinquies, comma 4, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza), introdotto dall'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 67 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, in materia di nuovo inquadramento del personale non direttivo e non dirigente del Corpo della Guardia di finanza), per gli appartenenti alla Guardia di finanza;
che, infatti, ad avviso del rimettente, la difformità della disciplina dettata per il personale dell'Arma dei carabinieri e per il personale appartenente al Corpo della Guardia di finanza determina un'ingiustificata disparità di trattamento - riguardo al regime della riliquidazione pensionistica dell'emolumento previsto dalle citate disposizioni - tra i marescialli aiutanti appartenenti all'Arma dei carabinieri ed i pari grado in servizio presso la Guardia di finanza;
che, ad avviso del rimettente, la norma censurata viola, altresì, l'art. 76 Cost., in ragione del contrasto del suddetto regime normativo con il principio direttivo di cui all'art. 3 della legge n. 216 del 1992, il quale avrebbe imposto al legislatore delegato la tendenziale omogeneizzazione dei trattamenti economici e normativi degli appartenenti al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare e del personale delle Forze armate;
che, anche se la disposizione censurata è stata abrogata - a decorrere dal 1° gennaio 2005 - dall'art. 15 del decreto legislativo 30 maggio 2003, n. 193 (Sistema dei parametri stipendiali per il personale non dirigente delle Forze di polizia e delle Forze armate, a norma dell'articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 86), la questione non presenta profili di inammissibilità, in quanto la sezione rimettente motiva non implausibilmente in ordine ai motivi che la inducono, ratione temporis, ad applicare la censurata disposizione per decidere la controversia;
che, nel merito, la questione è manifestamente infondata sotto entrambi i profili;
che, per quanto riguarda la lamentata violazione dell'art. 3 Cost. per ingiustificata disparità di trattamento, secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, non è invocabile la violazione del principio di eguaglianza quando la disposizione di legge - da cui viene tratto il tertium comparationis - si riveli derogatoria rispetto alla regola desumibile dal sistema normativo e, come tale, non estensibile ad altri casi, pena l'aggravamento anziché l'eliminazione dei difetti di incoerenza (sentenze n. 344 del 2008 e n. 206 del 2004; ordinanza n. 178 del 2006);
che l'art. 73-quinquies del d.lgs. n. 199 del 1995, assunto come tertium comparationis, rideterminando per il futuro (a decorrere dal 1° gennaio 2001) il valore di un emolumento pensionabile e prevedendo, solo per i marescialli aiutanti appartenenti al Corpo della Guardia di finanza, la possibilità di rideterminazione del calcolo delle pensioni «anche al personale collocato in quiescenza nel periodo 2 gennaio 1998 - 1° gennaio 2001», costituisce un'eccezione al principio generale secondo cui i trattamenti pensionistici (pubblici e privati) devono essere computati solo sulla base degli emolumenti effettivamente percepiti;
che, peraltro, sempre riguardo alla violazione dell'art. 3 Cost., va anche ricordato che questa Corte ha già escluso «la possibilità di istituire un utile raffronto, a causa della mancanza di omogeneità, tra le categorie degli appartenenti a corpi diversi, anche se caratterizzati dalla comune appartenenza all'ordinamento militare» (ordinanza n. 83 del 2009);
che, quindi, «non è configurabile una violazione dell'art. 3 della Costituzione in relazione al principio di uguaglianza invocato dal giudice rimettente in quanto, in ragione della specialità degli ordinamenti posti a confronto in relazione alle funzioni assolte dalle singole Armi, le posizioni poste in comparazione non sono tra loro omogenee, così che la scelta compiuta dal legislatore con la norma censurata non può considerarsi arbitraria» (ordinanza n. 83 del 2009);
che, pertanto, sia per il carattere eccezionale e derogatorio della norma assunta quale tertium comparationis, che non consente la sua estensibilità ad altri casi quali quello in esame, sia in quanto non si ravvisano le medesime ragioni giustificatrici per l'estensione del trattamento in deroga, stante la specialità degli ordinamenti posti a confronto, è esclusa la violazione del principio di uguaglianza da parte della disposizione censurata;
che, parimenti, manifestamente infondata è la censura svolta in riferimento all'art. 76 Cost.;
che «questa Corte ha [...] ripetutamente affermato, con riferimento al contenuto dell'art. 76 Cost., che i principi e i criteri direttivi della legge di delegazione devono essere interpretati sia tenendo conto delle finalità ispiratrici della delega, sia verificando, nel silenzio del legislatore-delegante sullo specifico tema, che le scelte operate dal legislatore delegato non siano in contrasto con gli indirizzi generali della stessa legge delega [...] e che occorre tener conto delle finalità che, attraverso i principi e i criteri enunciati, la legge delega si prefigge con il complessivo contesto delle norme nel significato compatibile con quei principi e criteri» (sentenza n. 341 del 2007; si veda anche la sentenza n. 426 del 2008);
che il significato della delega contenuta nell'art. 3 della legge n. 216 del 1992 - i cui principi e criteri direttivi sono posti a riferimento della censurata disposizione - è stato già chiarito da questa Corte con l'ordinanza n. 296 del 2000, nella quale si è precisato che «né tale legge, né le norme successive, hanno inteso perseguire un'assoluta identità di posizioni e trattamenti e, del resto, le funzioni svolte e i compiti demandati [...] differiscono sensibilmente [...] sicché, data la non comparabilità delle rispettive posizioni, la scelta, nella specie operata dal legislatore, rientra nel corretto esercizio, non arbitrario né manifestamente irragionevole, della discrezionalità a lui riservata»;
che il legislatore delegato, nell'attuare, con il censurato art. 54-bis del d.lgs. n. 198 del 1995, la delega contenuta nel citato art. 3 della legge n. 216 del 1992, non ha, quindi, violato i criteri fissati dalla stessa, in quanto la norma censurata non si pone in contrasto con la ratio della legge delega, il cui obiettivo era quello di realizzare «una sostanziale equiordinazione di compiti e dei connessi trattamenti economici» delle diverse forze di polizia (sentenza n. 451 del 2000; ordinanze n. 331 e n. 151 del 1999; sentenze n. 63 del 1998, n. 465 e n. 65 del 1997).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

P.Q.M.

LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 54-bis del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, (Attuazione dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri), introdotto dall'art. 29, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 83 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 198, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 2009.

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