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domenica 25 febbraio 2024

Cassazione 2024- Pur ritenendo che il giudicato sul mobbing coprisse solo il periodo fino al OMISSIS, tuttavia ricollegava le successive vicende al medesimo comportamento datoriale.

 


Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 21/11/2023) 19-02-2024, n. 4348 


REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE LAVORO CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 

Dott. TRIA Lucia - Presidente 

Dott. MAROTTA Caterina - Consigliere rel. 

Dott. ZULIANI Andrea - Consigliere 

Dott. DE MARINIS Nicola - Consigliere 

Dott. BUCONI Maria Lavinia - Consigliere 

ha pronunciato la seguente 

ORDINANZA 

sul ricorso iscritto al n. 29219/2018 R.G. proposto da: 

AZIENDA SANITARIA LOCALE CE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata  

- ricorrente - 

contro 

OMISSIS, elettivamente domiciliato in  

- controricorrente - 

avverso SENTENZA di CORTE D'APPELLO NAPOLI n. 4608/2018 depositata il 01/08/2018. 

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2023 dal Consigliere CATERINA MAROTTA. 

Svolgimento del processo 

1. La vicenda qui all'esame è complessa e riguarda la situazione lavorativa del dott. OMISSIS medico chirurgo presso la ASL di OMISSIS. 

2. Con un primo giudizio definito con sentenza n. 6039 del 2010, passata in giudicato, si erano ravvisati dal Tribunale di S. Maria C.V. comportamenti mobbizzanti ai suoi danni fino al dicembre OMISSIS. 

Nelle more di tale giudizio il OMISSIS aveva continuato a presentare certificati medici per cui a periodi di attività lavorativa si si erano contrapposti periodi di assenza per malattia. 

Convocato dal medico competente era stato diagnosticato al OMISSIS un disturbo della personalità cui faceva seguito la certificazione di idoneità del medico competente per le sole mansioni ambulatoriali di medico ortopedico non anche per le mansioni di chirurgia operatoria. 

A tale provvedimento il OMISSIS ricollegava una recrudescenza della patologia cui seguiva una nuova astensione per malattia. 

Con determina aziendale dell'11/4/2007 era quindi disposta la sospensione con effetto immediato della retribuzione ai sensi degli art. 24 e 25 OMISSISn.l. area medica per superamento del periodo di comporto ed altresì disposto il recupero delle somme corrisposte e non dovute dal 3/3/2006 al 31/3/2007. 

Infine, con determina del 2008 interveniva il licenziamento per superamento del periodo di comporto. 

3. Il Tribunale di S. Maria C.V., nuovamente adito dal OMISSIS, dichiarava l'illegittimità di tutti gli indicati provvedimenti. 

4. La Corte d'appello di Napoli confermava tale pronuncia. 

Pur ritenendo che il giudicato sul mobbing coprisse solo il periodo fino al OMISSIS, tuttavia ricollegava le successive vicende al medesimo comportamento datoriale. 

Richiamava le relazioni peritali svolte nell'inziale giudizio ex art. 700 c.p.c. e quelle svolte in sede penale. 

Riteneva irrilevante l'assoluzione dei dirigenti Asl imputati di lesioni personali. 

Riteneva che gli art. 24 e 25 del OMISSISn.l. non consentissero di ritenere sussistente un obbligo di sospensione della retribuzione anche in caso di superamento del periodo di comporto dovuto a responsabilità del datore di lavoro. 

5. Avverso tale sentenza propone ricorso l'Azienda Sanitaria Locale CE (già ASL CE 2) con due motivi. 

6. Resiste il OMISSIS con controricorso successivamente illustrato da memoria. 

Motivi della decisione 

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 24 e 25 CCNL (normativo OMISSIS - 2005 economico OMISSIS - 2003) nonché degli artt. 2110 e 2087 cod. civ. per avere la Corte territoriale erroneamente ricondotto l'infermità del OMISSIS a responsabilità del datore di lavoro sulla scorta di una accertata dequalificazione professionale relativa al circoscritto periodo dal febbraio 2001 al dicembre OMISSIS. 

Assume che tale accertata condotta datoriale, esauritasi nel OMISSIS, non può aver giustificato l'indiscriminata persistenza nel OMISSIS dell'assenza per malattia fino al superamento del periodo di comporto previsto dalla legge. 

Rileva che è stata immotivatamente attribuita rilevanza alla percezione soggettiva di disagio e frustrazione che non integrano una situazione di mobbing. 

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione e contraddittorietà ed illogicità. 

Riporta una serie di precedenti di questa Corte di legittimità in tema di consulenza tecnica d'ufficio e di licenziamento per superamento del periodo di comporto ed evidenzia che nella specie erano state mosse critiche alla consulenza ed era stato improprio il riferimento all'aggravamento della malattia. 

3. Il primo motivo non può trovare accoglimento. 

Esso, innanzitutto, tende ad una rivisitazione del fatto e contesta, senza argomenti convincenti, la ricostruzione della Corte territoriale che è conforme alla giurisprudenza di questa Corte di legittimità. 

Si ricorda che è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758). 

Nello specifico la Corte territoriale ha evidenziato che le assenze per malattia dal 3.3.2003 al 3.3.2006 erano riferibili alla condotta mobbizzante della datrice di lavoro precisando che, se pure era vero che la sentenza n. 6039/2010, coperta da giudicato, aveva accertato la sussistenza del mobbing fino al dicembre OMISSIS, tuttavia la riferibilità delle assenze successive pur sempre a responsabilità dell'Asl risultava fondata (come chiarito dal primo giudice) su ulteriori elementi, quali la perizia medico-legale del dott. OMISSIS ovvero le relazioni svolte in sede penale, avverso le quali non erano stati formulati rilievi di sorta. 

Tale passaggio argomentativo non è scalfito dai rilievi della ricorrente. 

Né, invero, sono adeguatamente contestati il principio - e la ratio decidendi - su cui ruota tutta pronuncia impugnata in base al quale le assenze del lavoratore dovute ad una malattia per causa di servizio devono essere detratte dal periodo di comporto se, in relazione alla situazione patologica sofferta dal lavoratore e alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cod. civ. 

Ed infatti, come da questa Corte già affermato, quando il datore di lavoro sia responsabile di una determinata situazione nociva e dannosa, per essere egli inadempiente all'obbligazione contrattuale a lui facente carico ai sensi dell'art. 2087 cod. civ., norma che gli impone di porre in essere le misure necessarie secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica - per la tutela dell'integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, l'impossibilità della prestazione lavorativa è imputabile al comportamento della stessa parte cui detta prestazione è destinata, le assenze del lavoratore non sono computabili nel periodo di comporto (Cass. 28 marzo 2011, n. 7037; Cass., Sez. Un., 1° luglio 2016, n. 13535; Cass. 4 febbraio 2020, n. 2527). 

Non ha maggior pregio la censura afferente alla violazione del CCNL che va interpretato in armonia con il suddetto principio, come, appunto, ha fatto la Corte territoriale là dove ha ritenuto che gli artt. 24 e 25 del CCNL sanità (normativo OMISSIS - 2005 economico OMISSIS - 2003) vanno intesi nel senso che dal computo delle assenze rilevanti ai fini del comporto vanno detratte quelle ricollegabili all'omissione di cautele doverose da parte del datore di lavoro. 

4. È inammissibile il secondo motivo. 

In primo luogo, va osservato che la censura è formulata sotto il profilo della contraddittorietà ed illogicità della motivazione, benché il vizio della motivazione non costituisca più ragione cassatoria a seguito della riformulazione dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., disposta con l'art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis (Cass. 5 luglio 2016, n. 13641). 

In base a tale ultima disposizione, l'anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all'esistenza della motivazione in sé, quale risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, sicché la ricostruzione del fatto operata dai Giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia meramente apparente, oppure sia affetta da vizi giuridici consistenti nell'essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. Un., 20 ottobre 2015, n. 21216; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928; Cass. 5 luglio 2016, n. 13641; Cass. 7 ottobre 2016, n. 20207). 

Tali evenienze qui non si riscontrano, mentre nella sostanza anche le censure proposte con il secondo motivo si risolvono nella denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito. 

5. Da tanto consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 

6. La regolamentazione delle spese segue la soccombenza. 

7. Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/OMISSIS. 

P.Q.M. 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna l'Azienda ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%. 

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del OMISSIS, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto. 

Così deciso nella Adunanza camerale del 21 novembre 2023. 

Depositata in Cancelleria il 19 febbraio 2024. 


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