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domenica 25 febbraio 2024

Consiglio di Stato 2024- La Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Funzione Pubblica ed i Ministeri dell'interno, dell'economia e delle finanze e della giustizia impugnano la sentenza in epigrafe, con la quale il T.a.r. per il Lazio ha parzialmente accolto il ricorso proposto in primo grado da alcuni appartenenti alla Polizia di Stato in proprio e quali legali rappresentanti delle rispettive organizzazioni sindacali per l'annullamento dell'art. 30, comma 2, lett. f), del D.P.R. n. 57 del 2022, di recepimento dell'accordo sindacale per il personale non dirigente delle FF.PP. a ordinamento civile e del provvedimento di concertazione per le FF.PP. a ordinamento militare per il triennio 2019/2021, che ha sostituito l'art. 35 del D.P.R. n. 164 del 2022.

 





Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 06/02/2024) 19-02-2024, n. 1603 

Fatto Diritto P.Q.M. 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Consiglio di Stato 

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 8039 del 2023, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica, dal Ministero dell'interno, dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero della giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 

contro 

il signor OMISSIS, in proprio e quale segretario generale del OMISSIS, ed il signor OMISSIS, in proprio e quale segretario generale del OMISSIS, rappresentati e difesi dagli avvocati Roberto Colagrande e Michele Mammone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;C.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;F. Polizia di Stato (già U.) e Patto affiliativo denominato F. Polizia - ES-LSCONSAP-M., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Emanuela Origlia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Francesco Denza, n. 3;il signor G.I., L.E., e OMISSIS, non costituiti in giudizio; 

nei confronti 

di OMISSIS e OMISSIS, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Ignazio Tranquilli e Luca Fiasconaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

per l'annullamento e/o la riforma, previa sospensione cautelare 

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. Prima quater, n. 4914/2023 (RG n. 8576/2022), pubblicata il 21 marzo 2023, resa tra le parti. 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori OMISSIS e OMISSIS, nonché di OMISSIS, OMISSIS, F. Polizia di Stato (già U. Polizia di Stato), C.I., OMISSIS, OMISSIS; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2024 il consigliere Giancarlo Carmelo Pezzuto e uditi per le parti gli avvocati Ignazio Tranquilli, Emanuela Origlia, Michele Mammone per sé e per OMISSIS, nonché l'avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi; 

Svolgimento del processo 

1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Funzione Pubblica ed i Ministeri dell'interno, dell'economia e delle finanze e della giustizia impugnano la sentenza in epigrafe, con la quale il T.a.r. per il Lazio ha parzialmente accolto il ricorso proposto in primo grado da alcuni appartenenti alla Polizia di Stato in proprio e quali legali rappresentanti delle rispettive organizzazioni sindacali per l'annullamento dell'art. 30, comma 2, lett. f), del D.P.R. n. 57 del 2022, di recepimento dell'accordo sindacale per il personale non dirigente delle FF.PP. a ordinamento civile e del provvedimento di concertazione per le FF.PP. a ordinamento militare per il triennio 2019/2021, che ha sostituito l'art. 35 del D.P.R. n. 164 del 2022. 

2. In estrema sintesi, il primo giudice - rigettate le eccezioni di inammissibilità a suo tempo proposte dalle Amministrazioni interessate e dai cointeressati - ha respinto nel merito due dei tre motivi originariamente proposti dai ricorrenti accogliendone uno (il secondo), relativo alla parte in cui la norma impugnata impone l'imputazione delle relative trattenute a carico degli aderenti su un unico codice meccanografico (e dunque su un unico conto corrente) intestato all'aggregazione associativa anziché, come per il passato, mediante la previsione di un doppio codice per il versamento diretto dei relativi importi a favore delle singole organizzazioni federate, ritenendo che detta disposizione sarebbe illegittima in quanto imporrebbe la creazione di una cassa comune, nonché irragionevole e sproporzionata rispetto alla libertà delle associazioni sindacali garantita dagli artt. 18 e 39 Cost. e dall'art. 36 c.c., non potendo per contro condurre a conclusioni di segno diverso le difficoltà tecniche a tal fine opposte dall'Amministrazione. 

3. Le Amministrazioni appellanti deducono l'erroneità in parte qua della sentenza sostenendo, sempre in estrema sintesi, che: 

- il ricorso proposto in primo grado avrebbe dovuto essere considerato inammissibile per carenza di legittimazione attiva, dal momento che i ricorrenti avevano posto in essere comportamenti di acquiescenza al testo contrattuale incompatibili con l'impugnazione avendo concorso alla stipula stessa dell'accordo siglato in data 23 dicembre 2021, frutto di trattative avviate il 27 ottobre 2020 e protrattesi per circa 14 mesi; e ciò in quanto tutte le organizzazioni rappresentative a livello nazionale hanno sottoscritto l'accordo e le originarie ricorrenti sono parte di aggregazioni con le OO.SS. (tutte) firmatarie delle intese alla base della disposizione impugnata; nessuna organizzazione "dissenziente" si sarebbe, inoltre, avvalsa della facoltà di esprimere le proprie osservazioni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri entro i 5 giorni successivi alla sottoscrizione dell'accordo, come espressamente previsto dall'art. 7 del D.Lgs. n. 195 del 1995, che disciplina la procedura in questione ed è indicato nel preambolo del d.P.R. in questione; né risulterebbero revoche del mandato delle organizzazioni sindacali (di seguito anche OO.SS.) in ipotesi dissenzienti, anche in virtù della palesata situazione di conflitto di interessi rispetto all'operato delle organizzazioni affilianti; 

- il giudice di prime cure non avrebbe considerato che l'art. 35 non comporterebbe, in realtà, alcuna violazione dell'autonomia delle singole OO.SS. per la gestione dei contributi degli iscritti, dal momento che lo stesso comma 7 della norma prevede la possibilità per le organizzazioni che compongono aggregazioni associative di prevedere nell'atto costitutivo e nello statuto disposizioni a salvaguardia della propria autonomia anche per la gestione dei contributi dei propri iscritti; inoltre l'adesione alle federazioni è una scelta e non un obbligo delle singole OO.SS., che ben possono negoziare con l'affiliante condizioni e modalità organizzative; il codice unico consente, al contrario, di misurare correttamente la rappresentatività sindacale (è tale, in base al D.Lgs. n. 195 del 1995, l'organizzazione sindacale che abbia conseguito nel comparto o nell'area di contrattazione un percentuale non inferiore al 5% del dato associativo, non essendo ancora previste forme di rappresentanza elettiva per il personale della Polizia di Stato) e tale dato si rileverebbe necessariamente proprio dai contributi trattenuti in busta paga in base all'art. 25, comma 2, del CCNQ del 4 dicembre 2017 in materia di pubblico impiego privatizzato, in analogia peraltro con quanto già previsto nell'accordo sindacale per il personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, di cui all'art. 37 del D.P.R. 7 maggio 2008; ed ancora, nulla aveva eccepito al riguardo la Corte dei conti in sede di controllo preventivo di legittimità ex art. 7, comma 11-bis, del D.Lgs. n. 195 del 1995 ed il Tribunale di Roma - Sez. Lavoro si è recentemente pronunciato, con decreto del 24 marzo 2023, in atti, in ordine ad un'asserita condotta antisindacale del Ministero dell'interno con riferimento al previgente art. 35 del D.P.R. n. 164 del 2002, ritenendo corretta la procedura del codice unico in modo da adottare un conteggio non meramente formale e scongiurando così il rischio che la delega del lavoratore venga trasferita alla federazione contro la propria volontà; 

- la decisione gravata sarebbe, altresì, incorsa nella violazione della normativa in materia di misurazione della rappresentatività sindacale: a tal proposito il D.Lgs. n. 195 del 1995 dispone all'art. 2 che le OO.SS. rappresentative sul piano nazionale siano "individuate con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione in conformità alle disposizioni vigenti per il pubblico impiego in materia di accertamento della rappresentatività sindacale", prevedendosi a tal fine nell'art. 25, comma 2, del CCNQ del 4 dicembre 2017, ai sensi dell'art. 43 del D.Lgs. n. 165 del 2001, una soglia non inferiore al cinque per cento del dato associativo, da rilevare dal numero delle trattenute operate dalla busta paga del lavoratore, impostazione, questa, confermata dall'art. 35, comma 3, del D.P.R. n. 164 del 2002; da ciò conseguirebbe l'asserita impossibilità di esprimere una delega in maniera disgiunta dal correlato contributo sindacale, come confermato nell'accordo sottoscritto e recepito nel D.P.R. n. 57 del 2022, risultando quindi necessaria l'effettiva imputazione delle deleghe, in caso di aggregazione associativa, al codice unico del "nuovo" soggetto, il che può avvenire per conferma espressa del singolo lavoratore oppure, nei casi di fusione o di incorporazione, attraverso una delibera del competente organo statutario; le conclusioni sul punto del giudice di prime cure imporrebbero l'adozione di subcodici, ovvero l'imputazione della delega e del relativo contributo attraverso la sommatoria dei subcodici medesimi, il che contrasterebbe con il presupposto sancito dall'ARAN dell'assoluta inscindibilità della delega dal contributo sindacale e non sarebbe coerente con l'impianto disegnato dal novellato art. 35, che al comma 3 prevede specificamente che "ai fini della misurazione della consistenza associativa si conteggiano esclusivamente le deleghe confluite nel relativo codice unico del nuovo soggetto conferite alla data del 31 dicembre di ciascun anno e trattenute sulla busta paga a decorrere dal mese successivo (…)", con il risultato che le deleghe conferite sul subcodice dell'organizzazione federata sarebbero considerate distintamente da quelle della federazione; sarebbero, quindi, asseritamente necessarie a tal fine due distinte deleghe, con relativi contributi da imputare ai codici unici della singola sigla e della federazione, il che sarebbe incompatibile con la legittimità del comma 7 dell'art. 35 in parola, dichiarata dal Tribunale e comunque complesso ed oneroso per i singoli lavoratori. 

4. Gli appellati ed i controinteressati o cointeressati si sono costituiti in giudizio ed hanno prodotto distinte ed invero articolate memorie, confutando analiticamente le tesi delle Amministrazioni appellanti ed insistendo per il rigetto dell'appello. 

Per quanto di precipuo interesse: 

4.1. Con memorie del 20 ottobre 2023 e del 5 gennaio 2024 la F. Polizia di Stato (già U. Polizia di Stato) ed il Patto affiliativo F. Polizia - ES-LSCONSAP-M., in estrema sintesi, premettono di essere controinteressati nel presente giudizio e di aver sin da subito contestato la legittimità dell'accordo sindacale siglato il 23 dicembre 2021 e di averlo sottoscritto, peraltro formulando talune espresse "riserve", al solo fine di non esporre a possibili conseguenze negative i loro rappresentati, le organizzazioni componenti e la federazione stessa; in ordine ai motivi del presente appello sostengono l'inammissibilità e/o l'infondatezza della censura relativa all'asserita inammissibilità del ricorso in primo grado, tenuto anche conto del fatto che detto gravame era stato proposto non solo dalle organizzazioni sindacali ma anche da singoli appartenenti alla Polizia di Stato, circostanza peraltro non oggetto di specifica censura; inoltre, sia la F. sia il Patto affiliativo avevano specificamente manifestato, come detto, le proprie contrarietà all'atto della sottoscrizione dell'accordo nel dicembre 2021, facendo, tra l'altro, espressa riserva di proseguire il confronto con l'Amministrazione sulle modalità attuative del testo contestato e "di adire ogni altra sede competente per tutelare il rispetto della volontà degli associati", non essendo quindi necessario revocare il mandato di rappresentanza all'aggregazione associativa al fine di non concorrere alla formazione del provvedimento ritenuto lesivo; come confermato dalla documentazione a tal fine versata in atti in data 27 dicembre 2023, inoltre, l'Amministrazione, nonostante la sospensione della sentenza gravata, avrebbe comunque seguito le regole antecedenti alla riforma per cui è causa, così confermando, di fatto, la non necessarietà di apportare da parte del MEF modifiche alle procedure sinora adottate ai fini della rilevazione della consistenza associativa delle organizzazioni sindacali; l'assunto di parte appellante sarebbe, inoltre, in contraddizione con quanto difensivamente sostenuto dalle stesse Amministrazioni in primo grado in ordine al meccanismo del doppio codice, e ciò anche in linea con quanto a suo tempo stabilito dal Consiglio di Stato nei pareri (RG) n. 4659/2003 e n. 74/2010, laddove in particolare viene affermato che la rappresentatività del soggetto aggregante va "valutata, già al momento della costituzione, sulla base della sommatoria delle deleghe stesse" e che le organizzazioni sindacali potevano (nel previgente assetto) formare associazioni, aderirvi o recederne con atti di vertice, purché sottoscritti e comunicati con adeguato anticipo rispetto al 31 dicembre di ogni anno ai singoli aderenti, che avrebbero così potuto eventualmente confermare o revocare la propria adesione. 

4.2. Con atto di Costituzione in data 6 novembre 2023 e successiva memoria del 3 gennaio 2024 i signori C. e A., unitamente a M. e M., sostengono a loro volta, in primo luogo, l'inammissibilità del motivo concernente l'asserito difetto di legittimazione attiva ai fini della proposizione del ricorso in primo grado, ritenendo che non sia stato specificamente appellato il relativo capo della sentenza gravata e che non si sia tenuto conto del fatto che detto gravame era stato comunque proposto anche da singoli appartenenti alla Polizia di Stato aderenti alle organizzazioni sindacali ricorrenti; nel merito, tale doglianza sarebbe comunque infondata dal momento che negli accordi di affiliazione prodotti in giudizio non figurerebbe "alcun mandato con rappresentanza, tantomeno riferito alle contrattazioni in oggetto", né potrebbe ricavarsene una sorta di mandato illimitato alla federazione/aggregazione da parte dei soggetti che entrano a farne parte; la stessa situazione di conflitto di interessi riconosciuta dal T.a.r. ed a tal fine invocata dalle Amministrazioni appellanti renderebbe, semmai, ancor più evidente la legittimazione a proporre il gravame; quanto, poi, alle censure di merito, gli appellati in questione sostengono l'irrilevanza del richiamo al CCNQ del 4 dicembre 2017, stipulato con le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative (C., C., U., ecc.), che nulla hanno a che fare con le organizzazioni sindacali del comparto della pubblica sicurezza, le quali sono disciplinate da disposizioni specifiche e che trovano nelle norme generali esclusivamente il riferimento alla soglia non inferiore al cinque per cento ai fini della rappresentatività a livello nazionale; sarebbe non condivisibile anche il riferimento operato da parte appellante alla possibilità di stabilire all'interno degli statuti e degli atti costitutivi disposizioni di salvaguardia dell'autonomia patrimoniale a rilevanza esclusivamente interna, non comprendendosi per quale ragione sarebbe necessario fare a tal fine riferimento all'assegnazione delle trattenute in busta paga, trattandosi di disposizione "idonea esclusivamente ad introdurre una inopinata confusione dei patrimoni delle associazioni, aggregate e non già estinte, ovvero (il che è lo stesso) a privare quest'ultime della gestione dei contributi dei rispettivi iscritti e dunque a procurarne la già censurata indisponibilità da parte delle organizzazioni", così giungendo a "legittimare la costituzione di un ibrido associativo per il quale una struttura che tiene ferma la soggettività delle rispettive organizzazioni associate dovrebbe essere governata da un principio di confusione patrimoniale"; e ciò, asseritamente, in spregio alle disposizioni del codice civile; del resto, anche il parere del 2003 Consiglio di Stato, reso sull'affare RG 4569/2003, avrebbe a suo tempo riconosciuto la necessità di salvaguardare l'autonomia delle singole organizzazioni sindacali federate in ordine al profilo della gestione dei contributi dei propri iscritti e in ogni caso l'accreditamento su distinti conti correnti bancari senza la confluenza in un unico fondo comune affidato alla gestione dell'aggregazione associativa; ed ancora, "è da circa venti anni (ossia dal citato parere del 2003) che la rappresentatività in capo alle aggregazioni (fisiologicamente non estintive …) viene accertata mediante i c.d. sotto-codici, ossia i codici di cui sono assegnatarie le singole organizzazioni sindacali ai fini dell'attribuzione delle trattenute sindacali, e che sono identificativi delle organizzazioni medesime all'atto del rilascio delle deleghe da parte dei singoli iscritti. (…) tale è stata la prassi, adottata dal Ministero dell'Interno, ufficio Relazioni Sindacali, anche successivamente all'adozione della citata riforma (…)"; ed anche all'indomani della pubblicazione della norma oggetto della controversia l'Amministrazione, con circolare n. 555/VCP/27 del 20 luglio 2022, avrebbe consentito "in fase di prima applicazione e in via eccezionale", di applicare il D.P.R. n. 57 del 2022 secondo quanto disposto nel citato parere di questo Consiglio del 2003 con riguardo all'imputazione delle deleghe alla federazione ai fini della rappresentatività; detto regime derogatorio sarebbe, peraltro, "rimasto immutato sia all'esito della pubblicazione della sentenza del TAR Lazio qui impugnata, sia all'esito dell'ordinanza cautelare n. 4366/2023" di questo Consiglio di Stato, "sempre prendendo a riferimento i sotto-codici delle singole organizzazioni sindacali, senza alcun riferimento né al codice unico di federazione, né ad atti confermativi dei singoli iscritti"; in altri termini, "l'appellata sentenza del TAR Lazio non ha fatto altro che confermare una prassi ventennale, che continua ad essere applicata dalla stessa amministrazione anche dopo l'ordinanza cautelare n. 4366/2023"; quanto al terzo motivo di appello, concernente l'asserita violazione della disciplina in materia di misurazione della rappresentatività sindacale e la conseguente necessità di una doppia delega da parte del lavoratore, il motivo sarebbe inammissibile oltre che infondato, dal momento che il giudice di prime cure, nel respingere il primo motivo del ricorso di primo grado, ha ritenuto di interpretare la relativa disposizione del D.P.R. n. 57 del 2022 nel senso di escludere la necessità del recesso del lavoratore medesimo dal sindacato federato/affiliato, essendo per contro a tal fine sufficiente la produzione, per ogni delega, di documentazione atta a documentare l'espressa accettazione del patto federativo/aggregativo; proprio alla luce di detta interpretazione, non specificamente impugnata, il T.a.r. avrebbe accolto il secondo motivo dell'originario ricorso, ritenendo che nel caso di aggregazioni non estintive non sia necessario (anche) il formale recesso del lavoratore dal sindacato di appartenenza, di talché sarebbe del tutto naturale che l'Amministrazione versasse il relativo contributo al sindacato al quale il singolo interessato è rimasto iscritto; inoltre, nessuna norma di legge imporrebbe la previsione di un "codice unico" per le aggregazioni sindacali ai fini dell'accertamento della rappresentatività, non essendo a tal fine utilmente individuabile l'art. 43 del D.Lgs. n. 195 del 1995 evocato dalle Amministrazioni appellanti, né il CCNQ del 2017, che come già indicato non sarebbe conferente rispetto alla presente controversia ma che comunque all'art. 25, comma 2, prevede che la rappresentatività si misuri mediante il numero delle trattenute sindacali di cui è titolare il sindacato (e non già la federazione); del pari non conferente sarebbe, inoltre, la recente pronuncia del giudice del lavoro pure evocata dalle appellanti. 

4.3. Con memoria del 5 gennaio 2024 il COISP, di seguito alla costituzione in giudizio del 27 ottobre 2023, richiama in senso adesivo quanto integralmente dedotto e prodotto dalle organizzazioni sindacali M., M. e LES rilevando che l'interpretazione adottata dal giudice di prime cure risulta conforme all'operato della stessa Amministrazione appellante, dal momento che il Ministero dell'interno, con la citata circolare n. 555/VCP/27 del 22 luglio 2022 ha stabilito di applicare in una prima fase ed in via eccezionale il D.P.R. n. 57 del 2022 in conformità a quanto disposto dal parere del Consiglio di Stato n. 74/2010, come confermato dalla documentazione depositata dal M. in data 20 dicembre 2023; del resto, come pure osservato in tale contesto, da oltre un ventennio - vale a dire sin dall'approvazione del D.P.R. n. 164 del 2002 - detto Dicastero procede all'accertamento della rappresentatività delle singole OO.SS. conteggiando le rispettive deleghe e imputando le trattenute sui rispettivi codici meccanografici e non sul "codice unico" di federazione, "così generando un sistema perfettamente coerente"; per contro, la paventata sospensione di tale sistema si rivelerebbe "pregiudizievole per le OO.SS. interessate, generando un sistema contraddittorio e antitetico, nel quale si proseguirebbe con la rilevazione delle deleghe rilasciate alle singole OO.SS., per poi proporre un'inedita imputazione delle trattenute sindacali al codice unico di federazione, con ciò generando un fenomeno sostanzialmente equiparabile ad una 'fusione' dei patrimoni delle OO.SS., formati per l'appunto dalle trattenute sindacali versate medio tempore, 'fusione' di per sé insuscettibile di restitutio ad integrum, attesa la natura dinamica delle associazioni in parola e che dunque procurerebbe una irreversibilità degli effetti" che potrebbe trovare ristoro soltanto in forma risarcitoria. 

4.4. Con memoria del 4 gennaio 2024, di seguito alla costituzione in giudizio formalizzata il 21 ottobre 2023, il S. ed il S. aderiscono alle tesi di parte appellante e chiedono l'accoglimento del gravame ed il ripristino della vigenza dell'art. 35, comma 7, del D.P.R. n. 57 del 2022 con conseguente obbligo di accredito dei contributi sindacali sul codice unico del soggetto aggregante, ritenendo che l'assetto delineato dal nuovo accordo garantirebbe la piena tutela dell'esercizio dei diritti costituzionalmente garantiti, mentre il sistema nella sua pregressa applicazione avrebbe "minato la stabilità dei rapporti tra le oo.ss. e l'Amministrazione" ed avrebbe "facilitato la creazione di OO.SS. improvvisate da pochissimi iscritti (talvolta poche decine) e la proliferazione di aggregazioni posticce, senza l'effettiva condivisione di programmi comuni nell'interesse dei propri associati ma con il solo scopo di accedere alle prerogative sindacali". 

4.5. Alla memoria da ultimo richiamata hanno replicato in data 15 gennaio 2024 i signori C. e A., nonché le organizzazioni sindacali M. e M., confutando le tesi di S. e S. ed insistendo per l'inammissibilità e/o comunque il rigetto dell'appello. 

4.6. Con memoria di replica in data 16 gennaio 2024 S. e S. hanno ulteriormente ribadito le proprie tesi, insistendo per l'accoglimento dell'appello. 

5. Con ordinanza n. 4633/2023 la Sezione ha accolto l'istanza cautelare incidentalmente proposta in sede di appello, ritenendo che la controversia, per la complessità e la novità delle questioni trattate, necessitasse di adeguato approfondimento nella sede di merito e che fosse sufficientemente comprovato il periculum in mora, apparendo in tal senso ragionevoli e convincenti le considerazioni di parte appellante in ordine al grave pregiudizio che ne sarebbe derivato ai fini del sistema di rilevamento delle deleghe, con conseguente rischio di possibili effetti negativi sull'intero sistema delle relazioni sindacali nel delicato comparto dell'ordine e della sicurezza pubblica. 

6. All'udienza pubblica del 6 febbraio 2024 la causa è stata ritualmente discussa e trattenuta in decisione. 

Motivi della decisione 

6. L'appello è infondato. 

7. Le eccezioni di inammissibilità formulate da taluni degli appellati possono essere assorbite stante l'infondatezza del gravame. 

7.1. Con riferimento al primo motivo giova preliminarmente ricordare che il giudice di prime cure ha osservato, sul punto, che "la mera adesione a un sindacato - o a una federazione sindacale - sottoscrittore di un accordo ex artt. 1, 2 e 7, D.Lgs. n. 195 del 1995 non può limitare il diritto del lavoratore (o di un'organizzazione sindacale federata) di gravare atti regolamentari adottati dalla p.a. (nell'esercizio di un potere che, come si è detto, rimane sempre discrezionale) che incidono, pro futuro, sull'esercizio della sua libertà sindacale. E ciò neppure nell'ipotesi in cui tale atto sia stato adottato dalla p.a. con il consenso espresso di una organizzazione sindacale (ovvero, nella vicenda odierna, di una federazione sindacale) alla quale lo stesso risulta aderente. D'altronde, non può sottacersi che proprio la materia oggetto delle disposizioni contestate con il presente giudizio - ovvero la determinazione di regole e criteri per l'accertamento della rappresentatività delle organizzazioni sindacali - è quella in cui può apprezzarsi la sussistenza di un potenziale conflitto di interesse tra il soggetto firmatario e i soggetti dallo stesso rappresentati (lavoratori e organizzazioni affiliate). È evidente, allora, che - proprio per la posizione di conflitto di interesse che può sussistere (e nel caso di specie sussiste) tra federazioni sindacali e organizzazione affiliate in subiecta materia - l'adesione alla federazione firmataria dell'accordo nazionale su cui è fondato il provvedimento gravato non può limitare in alcun modo il diritto delle affiliate di impugnare le disposizioni dell'atto ritenute dalle stesse pregiudizievoli dei propri interessi". 

Con riferimento alla legittimazione attiva delle singole organizzazioni sindacali e delle relative forme aggregative deve in primo luogo rilevarsi come sia rimasta incontestata la circostanza dedotta da taluni degli appellati secondo cui dagli accordi di affiliazione prodotti in giudizio in primo grado dalle stesse Amministrazioni appellanti non risulti, in realtà, alcun mandato con rappresentanza alla sottoscrizione dell'intesa in questione, di talché, con ogni evidenza, non sarebbe stato necessario revocare un mandato che non risulta essere stato a tal fine conferito e del quale in ogni caso l'Amministrazione non ha fornito prova adeguata. 

A ciò deve aggiungersi che è rimasta incontestata anche l'ulteriore considerazione della F. e del relativo Patto affiliativo, le quali sostengono che nel dicembre 2021, all'atto della sottoscrizione dell'accordo propedeutico all'emanazione del D.P.R. n. 57 del 2022, avevano formulato espresse riserve in ordine, tra l'altro, all'art. 30 dell'intesa medesima, che al comma 2, lett. f), ha sostituito l'art. 35 del D.P.R. n. 164 del 2002, oggetto della presente controversia, "cancellando di fatto la possibilità di rappresentatività per le federazioni sindacali" ed avevano contestualmente manifestato l'intendimento di non rinunciare all'azione di tutela della volontà degli associati riservandosi espressamente di "adire ogni altra sede competente". 

Né consente di pervenire a conclusioni di segno diverso il fatto che nessuna organizzazione sindacale "dissenziente" abbia a suo tempo fatto pervenire al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministri che componevano le rispettive delegazioni di parte pubblica le proprie osservazioni entro il termine di cinque giorni dalla sottoscrizione dell'accordo a mente dell'art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 195 del 1995; e ciò, in considerazione del fatto che tale disposizione - anche a voler concedere che la richiamata possibilità di esprimere dissenso si estenda anche alle organizzazioni non rappresentative a livello nazionale, come tali non direttamente intervenute nelle relative trattative a mente dei commi precedenti -, appare finalizzata, stante il margine di discrezionalità che residua in capo all'Amministrazione ai fini dell'adozione del regolamento (ben evidenziato dal giudice di prime cure al capo 2.4. della sentenza gravata), al perfezionamento dell'iter del relativo procedimento; non a caso la norma in questione prevede al successivo comma 11, per l'appunto, il preventivo esame delle osservazioni formulate dalle OO.SS. dissenzienti in modo da garantire, del tutto condivisibilmente, la possibilità di esprimere le proprie considerazioni di segno contrario rispetto alle intese raggiunge in via negoziale anche alle formazioni che non dovessero condividerle in tutto o in parte. 

Deve, infine, sul punto convenirsi con quanto dedotto da taluni appellati secondo cui proprio la riconosciuta situazione di conflitto di interessi tra le organizzazioni firmatarie dell'intesa e quelle originariamente ricorrenti - peraltro in una materia particolarmente rilevante, quale quella patrimoniale - finisce, di fatto, per legittimarne ulteriormente la facoltà di agire in giudizio. 

7.2. Ed in ogni caso, anche a non voler considerare i richiamati profili, resta il fatto - di per sé dirimente - che l'originario ricorso in primo grado era stato presentato, oltre che dalle organizzazioni interessate, anche da singoli appartenenti alla Polizia, circostanza questa non oggetto di contestazione in sede di appello. 

8. Alle medesime conclusioni di infondatezza si perviene in ordine al secondo motivo, con il quale vengono dedotti erronea valutazione degli effetti del novellato art. 35, comma 7, del D.P.R. n. 164 del 2002 ed errata ritenuta violazione del principio di libertà ed autonomia sindacale. 

Deve in primo luogo convenirsi con quanto sostenuto da taluni appellati, secondo cui, a ben vedere, non risulta individuabile nessuna (ulteriore) disposizione normativa - e del resto le Amministrazioni appellanti non ne hanno indicate - che imponga l'adozione di un codice meccanografico unico riferito alle aggregazioni/federazioni ai fini del computo della rappresentatività. 

L'assunto, del resto, come appare sia pure indirettamente confermato dal fatto - documentato da taluni appellati e comunque non oggetto di contestazione - che il Ministero dell'interno abbia continuato per circa un ventennio - ed anche, come innanzi ricordato e non oggetto di contestazione, a seguito della sentenza gravata e nonostante l'ordinanza cautelare n. 4366/2023 della Sezione - ad applicare il sistema dei sotto-codici, garantendo al tempo stesso il computo delle deleghe ai fini della rappresentatività sindacale e l'accreditamento delle trattenute operate in busta paga sui singoli appartenenti alla Polizia di Stato direttamente sui conti correnti delle singole organizzazioni sindacali. 

Se, per un verso, è pur vero, come sostenuto da parte appellante, che le organizzazioni sindacali ben potrebbero, ai sensi del comma 7 dell'art. 35 del D.P.R. n. 57 del 2022, prevedere nel proprio atto costitutivo e nello statuto disposizioni a salvaguardia della propria autonomia anche per la gestione dei contributi dei propri iscritti e che l'adesione alle federazioni è una scelta e non un obbligo delle singole OO.SS., che ben possono negoziare con l'affiliante condizioni e modalità organizzative, non può per altro verso sottacersi che, come condivisibilmente rilevato dal giudice di primo grado, "tale disposizione, nella misura in cui impone alle organizzazioni sindacali di ricorrere obbligatoriamente a forme aggregative che prevedano necessariamente una cassa comune, è illegittima in quanto impone una limitazione irragionevole (e del tutto sproporzionata, se si considerano le finalità proprie della normativa, come si è detto consistenti nella razionalizzazione delle relazioni sindacali) alla libertà statutaria delle associazioni sindacali garantita dagli artt. 18 e 39 Cost., oltreché dall'art. 36 c.c.". 

Come del pari condivisibilmente rilevato dal T.a.r., non può, inoltre, "non evidenziarsi che - così come correttamente notato dai ricorrenti - le trattenute sindacali non rappresentano altro che i contributi associativi che ogni lavoratore versa al proprio sindacato di appartenenza, sicché l'obbligo di versamento della trattenuta all'aggregazione appare irragionevole perché - come si è detto supra sub 5 - nel caso di aggregazioni non estintive il nuovo art. 35, D.P.R. n. 164 del 2002 non obbliga il lavoratore a recedere dal sindacato (federato) di appartenenza per iscriversi alla federazione, sicché è del tutto naturale che la p.a. (in assenza di un diverso accordo statutario proprio dell'aggregazione) versi la trattenuta sindacale del lavoratore al sindacato affiliato/federato al quale lo stesso è rimasto iscritto (…) Ancora, non è idonea a escludere l'illegittimità della disposizione la clausola (di cui al nuovo art. 35, comma 7, D.P.R. n. 164 del 2002) che fa salva la possibilità di accordi di ripartizione tra le sigle federate e la federazione aventi solamente rilevanza interna, atteso che è evidente che già l'esistenza di una cassa comune (giocoforza gestita dagli organi della federazione), in quanto destinata a incidere materialmente nei rapporti di forza interni all'aggregazione sindacale (tra federazione e sigle federate), costituisce una indebita erosione dell'autonomia (patrimoniale ma soprattutto statutaria) delle organizzazioni sindacali". 

Sia, inoltre, consentito, seppur in via del tutto incidentale, rilevare che laddove l'oggetto della presente controversia fosse esclusivamente riconducibile ad un'esigenza tecnico-giuridica dell'Amministrazione di utilizzo di un codice unico meccanografico ai fini della misurazione della rappresentatività dovrebbe essere, per così dire, neutrale la posizione delle principali sigle sindacali innanzi richiamate a fronte di un'istanza finalizzata a garantire l'autonomia finanziaria e patrimoniale delle organizzazioni appellate mediante la gestione separata dei conti correnti sui quali far affluire i contributi associativi dei singoli lavoratori. 

Non sfugge, infatti, che proprio l'autonomia patrimoniale delle singole sigle sindacali riveste per le medesime importanza vitale, come del resto seppur indirettamente confermato da quanto sostenuto nelle proprie memorie e memorie di replica da S. e S., che al contrario insistono per l'accoglimento dell'appello - e, quindi, per il mantenimento di un unico codice meccanografico con conseguente accreditamento delle somme trattenute ai lavoratori su un unico conto corrente facente capo all'organizzazione/federazione affiliante - sostenendo, peraltro senza fornire al riguardo adeguati principi di prova, che l'assetto previgente avrebbe favorito la proliferazione di organizzazioni sindacali "improvvisate da pochissimi iscritti (…) e posticce (…) con il solo scopo di accedere alle prerogative sindacali"; vale, al riguardo, ricordare che la rappresentatività a livello nazionale delle sigle sindacali è riconosciuta, come innanzi descritto, solo nella misura in cui esse dispongano di un numero di deleghe non inferiore al cinque per cento degli aderenti, di talché nulla toglie che le OO.SS. maggiormente rappresentative possano in ipotesi non accettare l'affiliazione o l'aggregazione di associazioni che ritengano non rispondenti ai criteri ed alle finalità a tal fine considerati teleologicamente corretti e adeguati; per contro, laddove una nuova sigla/aggregazione/federazione raggiunga autonomamente la citata soglia del cinque per cento non appare invero sostenibile che la sua unica finalità sia, per l'appunto, quella di accedere alle prerogative sindacali. 

E ciò anche in considerazione del fatto che lo stesso art. 35 D.P.R. n. 164 del 2002 prevede al comma 5 che, "allo scopo di favorire corrette e costruttive relazioni sindacali necessarie alle amministrazioni per il miglior funzionamento, nonché per garantire la certezza e la stabilità delle relazioni sindacali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, qualora nell'ambito di un soggetto rappresentativo si verifichi un mutamento associativo, compreso il cambio di denominazione, il mutamento produce effetti soltanto al successivo periodico accertamento triennale della rappresentatività, fatto salvo il disposto di cui all'articolo 32, comma 3", che disciplina la ripartizione dei permessi sindacali. 

Né, condividendo anche su tale questione le conclusioni del giudice di prime cure, "può essere apprezzata favorevolmente, al fine di escludere l'illegittimità della predetta disciplina la circostanza che "la successiva introduzione del sistema del cedolino unico gestito da N. non è stato più possibile mantenere, per le federazioni, un ulteriore codice in aggiunta a quello delle singole sigle sindacali componenti" (cfr. memoria dell'amministrazione del 15 novembre 2022, pag. 16), ovvero che vi sarebbero difficoltà tecniche legate al sistema utilizzato dall'amministrazione per gestire gli stipendi dei lavoratori che impedirebbero il permanere del meccanismo del doppio codice (che, come si è detto, affiancava al codice della federazione tanti subcodici quante erano le componenti dell'aggregazione) adottato nel vigore della precedente disciplina. Infatti, in disparte la circostanza che fino all'entrata in vigore del D.P.R. n. 57 del 2022 deve desumersi che la p.a. resistente abbia continuato ad applicare il meccanismo del doppio codice (con ciò escludendosi - almeno fino a tale data - la sussistenza di una incompatibilità tecnica tra il sistema N. e il predetto meccanismo), va in ogni caso affermato il dovere dell'amministrazione di adottare soluzioni tecniche idonee a garantire il rispetto dei diritti fondamentali (tra cui rientra senz'altro la libertà sindacale), non potendosi al contrario pretendere di giustificare irragionevoli limitazioni di tale libertà (che appaiono del tutto sproporzionate rispetto alla finalità di razionalizzazione sottesa alla nuova normativa) sulla base di pretese difficoltà tecniche nella gestione degli applicativi informatici". 

E del resto vale su tale aspetto ricordare quanto documentatamente eccepito da taluni appellati, anche in questo caso, come detto, in assenza di contestazione da parte delle Amministrazioni appellanti, secondo cui la prassi del ricorso ai sotto-codici è stata continuativamente adottata da oltre un ventennio ed ha continuato ad essere utilizzata anche dopo la sentenza qui gravata - ed anche a seguito dell'accoglimento dell'istanza cautelare di cui alla richiamata ordinanza n. 4633/2023 -, il che evidentemente conferma l'esistenza (recte: la persistenza) di un sistema organizzativo ben idoneo a garantire la misurazione della rappresentazione sindacale pur non facendo necessariamente ricorso al codice unico meccanografico, non risultando peraltro adeguatamente documentate le dedotte incompatibilità tecniche con il sistema NoiPA, incompatibilità che da quanto emerge non avrebbero sinora impedito il ricorso ai citati sotto-codici e che in ogni caso, ove dovessero manifestarsi, potranno ragionevolmente essere superate dall'Amministrazione mediante i necessari interventi/accorgimenti di natura informatica sui propri sistemi. 

Anche i riferimenti al CCNQ del 2017 in materia di pubblico impiego privatizzato ed alle disposizioni del D.Lgs. n. 165 del 2001 a tal fine invocati da parte appellante non appaiono invero conferenti alla presente controversia se non per il fatto che la rappresentatività sindacale a livello nazionale nel comparto soggiace alla regola generale della percentuale del 5 per cento del dato associativo, di cui si è detto, come pure non appaiono ai presenti fini rilevanti la mancata formulazione di eccezioni da parte della Corte dei conti in sede di controllo preventivo di legittimità ex art. 7, comma 11-bis, del D.Lgs. n. 195 del 1995 ed il decreto in data 24 marzo 2023 del Tribunale di Roma - Sez. Lavoro, che nel decidere su una seppur connessa questione di asserita condotta antisindacale ha ritenuto - evidentemente a quei fini - corretta la disposizione oggetto della presente controversia. 

9. Infondata è anche la terza ed ultima doglianza, secondo la quale la decisione appellata sarebbe, altresì, incorsa nella violazione della normativa in materia di misurazione della rappresentatitivà sindacale. 

Intendendosi qui richiamate le considerazioni già espresse in ordine all'inconferenza dei richiami al CCNQ del 2017, vale rilevare che se, per un verso, è innegabile che il comma 3 del novellato art. 35 fa riferimento al codice unico meccanografico, non può, per altro verso, condividersi l'affermazione delle Amministrazioni appellanti secondo cui l'assetto che deriverebbe dalla conferma della sentenza gravata, imponendo l'adozione di subcodici, ovvero l'imputazione della delega e del relativo contributo attraverso la sommatoria dei subcodici medesimi, sarebbe in contrasto con il presupposto sancito dall'ARAN dell'assoluta inscindibilità della delega dal contributo sindacale e non sarebbe coerente con il nuovo impianto organizzativo. 

Al riguardo non appaiono sussistere controindicazioni di carattere normativo affinché l'Amministrazione interessata possa, in concreto, continuare ad adottare il sistema del codice unico affiancato ai rispettivi sotto-codici che secondo le risultanze in atto sono in uso, come detto, da oltre un ventennio: in tal modo la misurazione della rappresentatività delle federazioni/aggregazioni potrà (continuare a) essere effettuata tenendo esclusivamente conto del codice unico alle medesime riconducibile ma al tempo stesso si potrà consentire sul distinto piano amministrativo/contabile l'accreditamento dei contributi di competenza delle singole sigle/aggregazioni aderenti da individuare mediante l'adozione di un subcodice, così garantendone l'autonomia patrimoniale. 

Del resto, vale ancora ripetere, detto sistema appare del tutto coerente con quello da numerosi anni (e secondo le risultanze in atti tuttora) adottato senza evidentemente compromettere l'efficacia e la precisione della misurazione della rappresentatività medesima, nonché senza incorrere nella violazione del principio sancito dall'ARAN dell'assoluta inscindibilità della delega dal contributo sindacale, che in tal modo - sia consentito rilevare - verrebbe comunque garantito ai fini del calcolo della rappresentatività. 

Vale, in proposito, ricordare quanto anche in questo caso condivisibilmente osservato dal giudice di prime cure, secondo cui "è giustificata non tanto dal tenore letterale dei commi dei commi 1, 2 e 3 del nuovo art. 35, D.P.R. n. 164 del 2002 che richiedono l'imputazione delle deleghe al "codice unico" della federazione - atteso che l'imputabilità a un codice unico era prevista anche dal vecchio testo dell'art. 35 D.P.R. n. 164 del 2002 (che disponeva che la p.a. attribuisse "un codice meccanografico per l'accreditamento delle deleghe per la riscossione dei contributi sindacali", ma durante la vigenza del quale era ammessa la previsione di un doppio codice e, quindi, il versamento delle trattenute alle singole organizzazioni federate) - ma soprattutto da quanto previsto dal comma 7 del nuovo articolo 35 secondo cui "fuori dai casi di fusione o incorporazione, resta ferma la possibilità, per le organizzazioni sindacali componenti di aggregazioni associative, di prevedere, nell'atto costitutivo e nello Statuto, disposizioni a salvaguardia dell'autonomia delle singole organizzazioni sindacali anche sotto il profilo della gestione dei contributi dei propri iscritti, con rilevanza esclusivamente interna all'aggregazione medesima, priva di effetti ai fini della rappresentatività triennale di cui al presente articolo e delle correlate prerogative sindacali". Il dato testuale di tale ultima previsione, infatti, rende inequivoco che la p.a., per valutare la rappresentatività di un'aggregazione sindacale, richiede necessariamente che il versamento delle trattenute sindacali (da parte della p.a., ma per conto dei singoli lavoratori) avvenga solo nei confronti dell'aggregazione medesima, salvi gli ulteriori accordi (a rilevanza solo interna) tra le sigle federate". 

In altri termini, si tratta qui di contemperare due esigenze diverse, entrambe meritevoli di tutela: 

- da un lato, conteggiare le deleghe (e, quindi, la rappresentatività) sulla base dei contributi sindacali attribuiti al codice unico delle aggregazioni/federazioni; 

- dall'altro, (continuare a) consentire - mediante un'operazione informatica di carattere meramente amministrativo-contabile, come tale non suscettibile di incidere sulla misurazione della rappresentatività - il necessario mantenimento dell'autonomia patrimoniale delle singole sigle, da ritenersi meritevole di tutela nel rispetto delle libertà associative garantite dall'art. 39 Cost.. 

Né il delineato assetto organizzativo - che appare in linea con quanto a suo tempo sancito con questo Consiglio di Stato con i pareri espressi nel 2003 e nel 2010, innanzi ricordati - può ritenersi idoneo, come sostenuto da parte appellante, a costituire un eccessivo aggravio per il singolo lavoratore, il quale ben potrà, laddove ritenuto necessario, esprimere un'unica delega, avendo cura di precisare sia il codice unico meccanografico da utilizzare per il calcolo della rappresentatività sindacale, sia il sub-codice da (continuare a) utilizzare unicamente per l'imputazione contabile - e quindi per l'accreditamento sul pertinente conto corrente - del contributo associativo trattenuto sulla sua busta paga. 

Va da sé che tale incombenza non può che gravare sulle singole organizzazioni interessate, che dovranno a tal fine adoperarsi presso i propri aderenti e del resto, come anche in questo caso condivisibilmente rilevato dal T.a.r. nella sentenza gravata sia pure con riferimento ad un diverso profilo, "o il sindacato mantiene un rapporto costante e diretto con i lavoratori che rappresenta (con ciò che ne consegue in termini di prossimità e di continua interlocuzione con gli stessi, e - quindi - di relativa facilità di acquisizione dell'atto di conferma) o semplicemente non è (non assolvendo alla funzione di effettiva rappresentanza per cui la libertà sindacale è tutelata e promossa dalla normativa vigente, a partire dall'art. 39 Cost.), sicché l'adempimento richiesto dalla nuova normativa (non solo è volto a tutelare la libertà dei singoli lavoratori) ma è del tutto ragionevole e sostenibile per le organizzazioni sindacali, tenuto conto della finalità propria del sindacato, che - come si è detto - presuppone la prossimità del sindacato al lavoratore (realizzata anche attraverso le ramificazioni territoriali delle diverse organizzazioni)". 

10. Alla luce di tali complessive considerazioni l'appello deve essere respinto. 

11. In considerazione della novità e della complessità delle questioni trattate sussistono valide ragioni per compensare le spese del secondo grado di giudizio. 

P.Q.M. 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. 

Spese del secondo grado di giudizio compensate. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: 

Dario Simeoli, Presidente FF 

Francesco Guarracino, Consigliere 

Carmelina Addesso, Consigliere 

Giancarlo Carmelo Pezzuto, Consigliere, Estensore 

Maria Stella Boscarino, Consigliere 


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