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giovedì 28 marzo 2013

Internet.Pornografia minorile. Anche se é presente un moderatore l'internatuta pedofilo non può essere scagionato




LIBERTA' INDIVIDUALE (DELITTI CONTRO LA)
Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-07-2011) 02-08-2011, n. 30564
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con   la  sentenza impugnata la Corte di Appello di Bari ha confermato la  dichiarazione di colpevolezza di              (Lpd) in ordine al reato  di  cui  agli artt. 81 cpv. e 600 ter c.p.,  comma  3,  a  lui ascritto  per  avere, reiteratamente, all'interno  di  un  gruppo  di discussione  operante in internet, messo a disposizione di  tutti  gli altri  utenti   alcuni  file  di  contenuto  pedopornografico  ed   in particolare fotografie di minori completamente nudi.
In  sintesi, la Corte territoriale ha rigettato i  motivi  di  gravame con  i  quali l'appellante aveva chiesto di essere assolto dal  reato ascrittogli, deducendo che le fotografie riproducenti  minori nudi non avevano  carattere  pedopornografico, non essendo  stati  ritratti  i minori  nel compimento di attività sessuali. Si contestava, inoltre, quanto alla fotografia di una ragazza esplicitamente coinvolta in  un rapporto  sessuale, la minore età del soggetto ivi  raffigurato.  Si chiedeva,  in subordine, la derubricazione del fatto nell'ipotesi  di reato  di  cui  all'art.  600 ter c.p., comma  4,  deducendo  che  le immagini, inviate attraverso messaggi di posta elettronica,  venivano depositate  in  apposito server  "NNPT" e si rendevano  disponibili  e venivano divulgate solo dopo essere state visionate da un moderatore.
La  Corte territoriale, però, in accoglimento del  subordinato motivo di gravame, ha solo rideterminato la pena inflitta all'imputato nella misura precisata in epigrafe.
Avverso  la  sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.Motivi della decisione
Con  il  primo  mezzo  di  annullamento  il  ricorrente  denuncia  la violazione  ed errata applicazione dell'art. 2 c.p. e  art.  600  ter c.p., comma 3.
In  sintesi,  si deduce che la condotta, per integrare la fattispecie delittuosa   di   cui  alla  contestazione,  deve   raggiungere   una determinata   soglia   di  offensività  per  lo    sviluppo   fisico, psicologico,  spirituale, morale e sociale del minore, che  la  norma mira a tutelare. Sulla base del citato e di altri  rilievi si contesta che possano essere comprese nella fattispecie criminosa le fotografie di  nudi  di  minori che non siano ripresi in attività sessuali.  Si deduce  inoltre  che  secondo  la formulazione  della  norma  vigente all'epoca  del  fatto  occorreva  che il  materiale  pedopornografico venisse  prodotto mediante lo sfruttamento sessuale di minori  e  che sussistesse il dolo specifico dell'imputato e, cioè, che la cessione venisse   effettuata   nella   piena  consapevolezza   del   predetto sfruttamento  sessuale di minori, elementi dei quali si
contesta  la sussistenza nel caso in esame. Si osserva, infine, che la valutazione dei  giudici di merito in ordine al carattere sessuale delle immagini è fondata solo su una interpretazione soggettivistica.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia mancanza o manifesta illogicità  della motivazione in relazione all'art.   600  ter  c.p., comma 3.
Si  deduce  che  la sentenza impugnata ha affermato  che  la  ragazza ritratta  in scene di sesso esplicito era minore degli anni diciotto, fondando  tale assunto su elementi di valutazione privi di  qualsiasi valore scientifico e richiamando le argomentazioni della sentenza  di primo  grado,  mentre è stato disatteso, senza adeguata motivazione, l'elaborato  tecnico prodotto dalla difesa dell'imputato  sul  punto, che escludeva la minore età del soggetto raffigurato.
Con  l'ultimo mezzo di annullamento si denuncia mancanza o  manifesta illogicità  della motivazione in relazione all'art.  600  ter  c.p., comma 4.
Si  osserva che l'imputato inviava le immagini attraverso messaggi di posta  elettronica, i quali depositati in appositi server "NNTP",  si rendevano   disponibili  solo  dopo  essere   stati   visionati   dal moderatore. Si deduce, quindi, che in effetti l'imputato  inviava  le foto  ad  una persona determinata con la conseguente configurabilità della fattispecie di cui al quarto comma dell'art. 600 ter c.p..
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il  ricorrente  si limita a riproporre questioni già  dedotte  nella sede  di  merito,  delle quali è stata affermata l'infondatezza  con motivazione giuridicamente corretta ed esaustiva per  quanto  riguarda i rilievi di natura fattuale.
La sentenza impugnata, invero, ha già correttamente osservato che la condotta  ascritta all'imputato integra la fattispecie  criminosa  di cui  all'art.  600  ter  c.p. anche se posta in  essere  prima  nella novella  di  cui  alla  L. n. 38 del 2006,  in quanto  compresa  nella nozione  di  divulgazione  menzionata ab origine  dalla  disposizione incriminatrice (cfr. giurisprudenza citata dalla sentenza).
Va  aggiunto  che  l'ulteriore questione  afferente  al  concetto  di "sfruttamento",  utilizzato nella previgente   formulazione  dell'art. 600  ter c.p., è anche essa manifestamente infondata, avendo  questa Corte  già  precisato  che  con il termine  citato  deve  intendersi qualsiasi ipotesi di coinvolgimento di minori degli anni diciotto per la  realizzazione  di materiale pornografico (sez.  3,  28.5.2009  n. 26256, Malena e altri, RV 244440).
Deve  essere, poi, rilevato, che il carattere pornografico o meno  di immagini   ritraenti  minori  costituisce  apprezzamento   di   fatto demandato al giudice di merito, in quanto tale sottratto al sindacato di legittimità, se sorretto da una motivazione immune da vizi logici e giuridici, (sez. 3, 3.3.2010 n. 21392, G., RV 247599).
Orbene,   sul   punto   della  natura  pornografica   del   materiale sequestrato, coinvolgente minori degli anni diciotto, la sentenza  è motivata in termini assolutamente esaustivi e giuridicamente corretti mediante  i puntuali riferimento alla giurisprudenza di questa  Corte (cfr.  sez.  3, 4.3.2010 n. 10981, Khan, RV 246351) ed al  Protocollo Opzionale alla Convenzione sui diritti dell'infanzia..., stipulato  a New  York il 6.9.2000 e ratificato dall'Italia con L. n. 46 del 2002,  secondo  i  quali rientra nella nozione di pedopornografia  anche  la esibizione lasciva dei genitali e della regione pubica dei minori.
Costituisce, altresì, questione di fatto, non deducibile in sede  di legittimità,   la  valutazione  della  minore  età  della   ragazza coinvolta in esplicite attività sessuali; valutazione che ha formato oggetto di motivazione adeguata ed esaustiva,  essendo state esaminate e  confutate  con argomentazioni immuni da vizi  logici  le  deduzioni dell'appellante sul punto.
La  sentenza,  infine, ha puntualmente osservato che  l'attività  di cessione  di  materiale pedopornografico da parte del       G.  non rientra  nell'ambito della connessione privata,  stante  la  messa  a disposizione di un numero indeterminato di utenti, e  che la  presenza del  cosiddetto  moderatore è del tutto irrilevante, non  escludendo affatto   la   responsabilità  dell'imputato,  ma   potendo   semmai ipotizzarsi il suo concorso con quest'ultimo.
Il  ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai  sensi dell'art. 606 c.p.p.,  u.c., con le conseguenze di legge, tra  cui  la preclusione   per  questa  Corte  della  possibilità   di   rilevare l'esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..P.Q.M.
La   Corte  dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al  pagamento  delle  spese processuali, nonchè al  pagamento  della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.


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