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giovedì 28 marzo 2013

I piazzali di autolavaggio devono essere muniti obbligatoriamente di estintori





INFORTUNI SUL LAVORO
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-06-2011) 07-09-2011, n. 33294
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
(Lpd)  ricorre in cassazione avverso la sentenza, in data 22.09.2010, della Corte d'Appello di Catanzaro che, in riforma  della sentenza  di  condanna  emessa nei suoi confronti  dal  Tribunale  di Cosenza il 30.06.2008 in ordine ai reati di cui al D.Lgs. n.  22  del 1997,  art. 51, comma 2, (capo B), art. 674 c.p., (capo C), art.  437 c.p.,  (capo  D), art. 451 c.p., (capo E), art. 624  c.p.,  art.  625 c.p.,  n. 2 (capo F) e D.Lgs. n. 95 del 1992, art. 3, comma 2,  lett. b),  (capo G), lo ha assolto dai reati di cui ai capi D) ed F) perchè il  fatto  non costituisce reato, ha dichiarato non doversi procedere in  ordine  ai  reati di cui ai capi B),C) e G) perchè  estinti  per intervenuta  prescrizione ed ha rideterminato la pena  in  ordine  al reato  di  cui al capo E). Con un unico motivo si denuncia  vizio  di motivazione e violazione di legge in ordine all'art. 451 c.p..
Si  premette che, con riferimento al citato capo E) dell'imputazione, nella  parte in cui si contesta all'imputato il reato di cui all'art. 451  c.p.,   perchè nella qualità di titolare della  ditta  "Servizi ecologici  di               (Lpd),  ometteva  di  collocare   idonei dispositivi  antincendio", con i motivi di appello si era evidenziato come   dall'istruttoria   dibattimentale   fosse   emerso   in   modo inconfutabile che presso gli uffici dell'autolavaggio, nonchè presso i  limitrofi locali ristorante, erano presenti un numero adeguato dei previsti dispositivi antincendio. Tali dispositivi mancavano solo nel piazzale  all'aperto dove veniva effettuato il lavaggio dei  mezzi  e dove certamente non venivano trattati materiali e/o oggetti a rischio di   incendio.  Il denunciato vizio di motivazione si concretizza  nel fatto  che  la Corte d'Appello ha ritenuto la violazione
della  norma contestata   solo  basandosi  sulla  omessa  adozione   dei   presidi antincendi  non rilevando, però, che, nel caso di specie,  la  norma non   può  trovare applicazione proprio per la mancanza  del  rischio incendi.  Si  argomenta che, stante la natura di  reato  di  pericolo della  fattispecie penale in questione, sul piano  oggettivo  è  pur sempre necessario che sussista la situazione di pericolo che la norma è destinata a prevenire, sia che si argomenti in termini di pericolo astratto  o  di  pericolo concreto; è pur sempre necessario  che  la situazione oggettivamente esistente possa configurare detto  pericolo e ciò anche e soprattutto per individuare il profilo soggettivo atto a  distinguere,  per  esempio, la sussistenza  del  delitto  previsto dall'art.  437  c.p.,  rispetto a quello punito dall'art.  451  c.p.,  puniti l'uno a titolo di dolo e l'altro a
titolo di colpa. Dunque, si conclude,  considerando che l'omessa predisposizione  di  dispositivi antincendio  ha  riguardato  non  l'intero  complesso  aziendale   ma soltanto  una  zona  specifica dello stesso e  più  precisamente  il piazzale destinato all'attività di autolavaggio e dotato, quindi, di attrezzature quali pompe capaci di sprigionare con potenza abbondanti getti   d'acqua  e  più  in  generale  tali  da  creare   una   zona completamente  umida  e  bagnata, nel caso  contestato  non  si  può configurare  alcuna  rappresentazione  di  un  pericolo  determinato, ovvero generico, di incendio.Motivi della decisione
Il  motivo  esposto  è  infondato sicchè il ricorso  va  rigettato.
Questa  Corte  ha affermato che, in materia di omissione  colposa  di cautele  o  difese contro disastri o infortuni sul lavoro  (art.  451 c.p.)   -  mirando la norma a limitare i danni derivanti da  incendio, disastro o infortuni sul lavoro nelle ipotesi in cui detti eventi  si dovessero  verificare - la condotta punibile è quella  soltanto  che consiste  nella  omessa collocazione ovvero nella  rimozione,  ovvero ancora  nella  resa inidoneità allo scopo degli apparecchi  e  degli altri  mezzi  predisposti  alla estinzione dell'incendio  nonchè  al salvataggio  o  al  soccorso delle persone. Ne consegue  che  non  si richiede anche che si verifichi in concreto uno degli eventi,  i  cui ulteriori  danni  la norma mira ad impedire o, comunque,  a  limitare (Cass. 6^ 12 dicembre 1995, Vendrame, CP 1997, 1008).
Orbene,  la deduzione di fatto circa la mancata adozione dei  presidi antincendio  in  una  zona in cui non sussisterebbe  il  pericolo  di incendio   correttamente  non  è  stata  considerata   dalla   Corte distrettuale,  essendo del tutto evidente che, se per l'esercizio  di una certa attività come quella di cui è titolare il ricorrente,  la legge   prescrive   l'adozione,   per   la   pericolosità   in   sè dell'attività  esercitata, di determinate misure   antinfortunistiche in  tutti  i luoghi dell'azienda ed in ogni parte di essa  ove  viene svolta  l'attività,  non  può  essere  rimessa  alla   discrezionale volontà  del gestore individuare le zone ove il pericolo  di incendio sussiste  e quelle ove non sussiste. E', infatti, opinabile   asserire che,  laddove  sussiste  una situazione di  umidità  o  di  bagnato, l'incendio  non  potrebbe  mai  verificarsi  e  che,
quindi,   manca l'elemento  del  pericolo  richiesto dalla norma  incriminatrice,   in quanto  è scientificamente dimostrato che liquidi infiammabili  (nel caso di specie veniva effettuata anche l'attività di lavaggio rapido di  automezzi  pesanti  e  leggeri con la possibilità  che  da  essi potessero  fuoriuscire  carburanti), pur  mischiandosi  con  l'acqua, mantengono la loro capacità incendiaria. La scelta eventuale di   non ritenere sussistente il pericolo di incendio in un determinato  luogo dell'azienda  ove  viene svolta un'attività che richiede  l'adozione delle misure antincendio, può essere rimessa solo all'organo tecnico deputato  al  controllo ed al rilascio delle relative autorizzazioni, ma non certo, alla parte interessata.
Al  rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle  spese processuali.

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