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giovedì 13 giugno 2013

Cassazione: Divieto di stadio e "firma" multipla per l'ultrà che sbandiera l'effigie di Mussolini




Divieto di stadio e "firma" multipla per l'ultrà che sbandiera l'effigie di Mussolini
Respinto il ricorso di un tifoso giallorosso
contro la diffida triennale imposta dal Gip di Roma. Sussiste infatti,
a detta dei giudici di piazza Cavour, la violazione del divieto d'uso
di "simboli propri delle organizzazioni razziste o nazionaliste" 

(Sezione terza, sentenza n.9793/07; depositata l'8 marzo)

Cass. pen.
Sez. III, (ud. 29-11-2006) 08-03-2007, n. 9793


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE
TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA
Enrico - Presidente

Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere

Dott.
TERESI Alfredo - Consigliere

Dott. MARMO Margherita - Consigliere

Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

...omissisvld..., nato a (OMISSIS);

avverso la
ordinanza resa il 12.2.2006 dal g.i.p. del tribunale di Roma;

Visto il
provvedimento denunciato e il ricorso;

Udita la relazione svolta in
Camera di consiglio dal Consigliere Dott. Pierluigi Onorato;

Letta la
requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. D'AMBROSIO Vito, che ha concluso chiedendo
il rigetto del ricorso.

Osserva:


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Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1 - Con ordinanza del
12.2.2006 il g.i.p. del tribunale di Roma ha convalidato il
provvedimento emesso dal questore romano in data 6.2.2006, nella parte
in cui, ai sensi della L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6 imponeva a L.
G. di comparire personalmente innanzi al Commissariato PS di Tivoli
trenta minuti dopo l'inizio del primo tempo, trenta minuti dopo
l'inizio del secondo tempo e venti minuti dopo il termine di ogni
incontro di calcio disputato dalla squadra della Roma per la durata di
tre anni (così ridotta la durata di cinque anni stabilita nel
provvedimento questorile).

In particolare, il giudice ha osservato che
- secondo gli atti trasmessi al suo ufficio - il L. era stato
denunciato nel corso degli ultimi cinque anni (e precisamente il
3.2.2006) per il reato di cui alla L. 22 maggio 1975, n. 152, art. 5
(uso in luogo pubblico o aperto al pubblico di caschi protettivi e di
qualsiasi altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento
della persona) e per quello di cui alla L. 25 giugno 1993, n. 205, art.
2, comma 2, (uso di simboli propri delle organizzazioni razziste o
nazionaliste), perchè aveva assistito alla partita di calcio disputata
il 29.1.2006 tra le squadre di Roma e Livorno, parzialmente travisato
ed esponendo una bandiera con l'effige di Benito Mussolini e col fascio
littorio.

2 - Il difensore di L. ha proposto ricorso per cassazione,
deducendo tre motivi a sostegno.

In particolare, lamenta:

2.1 -
violazione del diritto di difesa, giacchè l'interessato aveva avuto a
disposizione un lasso di tempo troppo ristretto per poterlo esercitare.

Infatti, il provvedimento questorile gli era stato notificato il
giorno 10.2.2006 alle ore 11,30, il pubblico ministero ne aveva chiesto
la convalida il giorno 11.2.2006 e il g.i.p. aveva provveduto il giorno
12.2.2006 (domenica), senza far certificare l'ora del deposito, che
peraltro era anteriore alle 15,26 (ora in cui era stato spedito alla
questura il fax per la notifica del provvedimento stesso);

2.2 -
violazione e falsa applicazione della L. 25 giugno 1993, n. 205, art.
2, comma 2, perchè il reato previsto in questa norma - secondo la
giurisprudenza - presuppone che chi fa uso degli emblemi e simboli
vietati appartenga concretamente a un'organizzazione dedita allo
incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali.
Poichè questo presupposto non emergeva dal fascicolo, il giudice non
poteva convalidare la misura di prevenzione;

2.3 - violazione della L.
n. 401 del 1989, art. 6, commi 1 e 2.

Sostiene il difensore che
l'obbligo di presentarsi all'autorità di PS:

a) è illegittimo perchè,
facendo riferimento anche alle partite amichevoli giocate dalla Roma,
manca del necessario requisito di specificità, posto che non esiste un
calendario ufficiale delle partite amichevoli;

b) è inoltre
eccessivamente vessatorio laddove impone un "triplo" obbligo di firma
(cioè durante il primo tempo, durante il secondo e dopo la fine della
partita) anche per le partite giocate dalla Roma fuori sede.

Motivi
della decisione
3 - In ordine alla prima censura (n. 2.1), va osservato
che il provvedimento questorile era stato effettivamente notificato
alle ore 11,30 del 10.2.2006 e che l'ordinanza di convalida è stata
emessa verosimilmente nelle ore antimeridiane del 12.2.2006, comunque
molto oltre il termine di 24 ore, che la costante giurisprudenza di
questa corte ritiene ormai sufficiente per consentire all'interessato
l'esercizio del diritto di difesa.

La censura è quindi infondata.

4 -
Neppure la seconda doglianza (n. 2.2) può essere accolta.

Premesso che
un presupposto della misura di prevenzione di cui trattasi è la
denuncia o la condanna per uno dei reati elencati nella L. n. 401 del
1989, art. 6, comma 1, tra i quali è compreso sia il reato previsto
dalla L. 22 maggio 1975, n. 152, art. 5 sia il reato previsto dalla L.
25 giugno 1993, n. 205, art. 2, comma 2, è evidente che basta la
denuncia o la condanna per uno di questi ultimi reati per giustificare
la misura stessa.

Orbene, neppure il difensore ricorrente contesta che
il L. sia stata denunciato per il reato di uso in luogo pubblico o
aperto al pubblico di caschi protettivi e di qualsiasi altro mezzo atto
a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona (L. n. 152 del
1975, art. 5 cit.). Sotto questo profilo, quindi, la misura
prevenzionale è indubbiamente legittima. Si può però aggiungere che,
secondo una interpretazione corretta della L. n. 205 del 1993, art. 2
cit., comma 2, il reato ivi previsto sussiste quando chi accede ai
luoghi dove si svolgono manifestazione agonistiche reca con se emblemi
o simboli di gruppi o associazioni razziste, nazionaliste e simili,
anche se non è iscritto a tali gruppi o associazioni, perchè anche in
quest'ultimo caso ricorre evidentemente la lesione del bene penalmente
tutelato.

5 - Va infine disatteso l'ultimo motivo di ricorso (n. 2.3).

Citando una pronuncia di questa corte (Sez. 3^, n. 680 del 18.5.2005,
Sernicoli) il ricorrente sostiene che quando il questore vieta
l'accesso alle partite di calcio e prescrive l'obbligo di presentarsi
all'autorità di P.S. in concomitanza con dette partite, queste devono
essere specificamente indicate (L. n. 401 del 1989, ex art. 6, comma 1,
ultimo periodo,), ma non sono specificate se il questore fa riferimento
a tutte le partite amichevoli, posto che in tal caso esse sono decise
dalle stesse società calcistiche e non dalla F.I.G.C..

Conviene quindi
tener presente l'argomentazione adottata sul punto dalla sentenza
Sernicoli, la quale ha osservato quanto segue:

"Al riguardo, occorre
premettere che quando la norma di legge fa riferimento alle
manifestazioni sportive "specificamente indicate" intende richiedere
che queste siano non tanto individuate nominatim (cosa normalmente
impossibile) quanto piuttosto determinabili dal destinatario in modo
certo sulla base degli elementi di identificazione forniti nel
provvedimento e di elementi di fatto esterni al provvedimento ma
generalmente noti, quali ad esempio i calendari ufficiali dei
campionati e dei tornei.

In tal modo infatti è ugualmente garantito lo
scopo del legislatore, che è quello di rendere determinato il divieto
comportamentale per non esporre il destinatario a divieti indeterminati
che non sarebbe in grado di rispettare.

Alla luce di questo principio,
si deve concludere che nel provvedimento questorile de quo è
legittimamente specificata l'indicazione delle manifestazioni sportive
laddove queste sono individuate negli incontri di calcio disputate (in
Italia o all'estero) dalle squadre della Roma e della Lazio nell'ambito
dei campionati e tornei nazionali e internazionali.

Manca invece una
idonea specificazione laddove il provvedimento richiama anche gli
incontri di calcio amichevoli delle due squadre, giacchè in tal caso i
destinatari dell'obbligo, pur essendo "tifosi" appassionati e
informati, possono non essere a conoscenza di tutti gli incontri
amichevoli disputati dalla squadra del cuore.

Sottolinea
sintomaticamente il ricorrente che "il tribunale di Roma è intasato di
sentenze di assoluzione perchè i sottoposti all'obbligo non si
presentano a firmare in occasione delle competizioni estive,
organizzate all'ultimo istante contro sconosciute rappresentative di
categoria".

Insomma, per gli incontri amichevoli, genericamente
indicati, manca il requisito della sicura determinabilità da parte del
destinatario dell'obbligo; come anche fa difetto quella esigibilità
dell'obbligo, che la menzionata sentenza n. 512/2002 della Corte
Costituzionale impone al giudice di controllare in sede di convalida
del provvedimento questorile".

Orbene, re melius perpensa, osserva il
collegio che:

a) va sicuramente confermato il principio secondo cui la
specifica indicazione delle manifestazioni sportive deve essere intesa
come sicura determinabilità della stesse;

b) il requisito della
determinabilità delle manifestazioni vietate, tuttavia, va verificato
in concreto, caso per caso, e non può essere valutato aprioristicamente
in astratto.

Ciò significa che il divieto di accedere alle
manifestazioni sportive, e soprattutto l'obbligo strumentale (che
interessa in questa sede) di presentarsi a un ufficio di pubblica
sicurezza in concomitanza con tali manifestazioni, resta valido anche
per le manifestazioni sportive amichevoli, quando queste siano
preventivamente e adeguatamente pubblicizzate, ferma sempre la
possibilità che nel processo di merito per la violazione dell'obbligo,
prevista come delitto dalla L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 6,
risulti che la manifestazione sportiva amichevole non era concretamente
conosciuta e conoscibile dall'interessato, con la conseguente mancanza
di responsabilità per difetto di dolo.

In questo senso, il controllo
sulla "esigibilità" dell'obbligo di presentazione, menzionato dalla
Consulta nelle sentenze 136/1998 e 512/2002, e affidato al giudice
della convalida, si traduce in un controllo sulla "conoscibilità"
dell'obbligo, in relazione alla concreta manifestazione sportiva
amichevole, affidato al giudice del merito.

In conclusione, anche le
manifestazioni amichevoli sono predeterminabili, a meno che si
effettuino senza adeguata pubblicità e restino perciò ignote alla sfera
della tifoseria locale alla quale generalmente appartiene il
destinatario della misura di prevenzione.

Per conseguenza, il
provvedimento restrittivo della libertà emesso nei confronti del L.
deve ritenersi legittimo anche sotto questo profilo.

6 - La ulteriore
doglianza circa il carattere eccessivamente vessatorio del triplo
obbligo di presentazione e di firma per ogni partita di calcio, attiene
alla cennata esigibilità dell'obbligo.

Ma deve essere disattesa,
giacchè è la stessa legge, con il citato art. 6. Comma 2, a prevedere
l'obbligo di comparire personalmente "una o più volte negli orari
indicati" in relazione allo svolgimento della manifestazione sportiva.
Evidentemente il legislatore ha avuto presente la necessità di evitare
facili elusioni del divieto di accesso alle manifestazioni sportive,
dove si può esprimere la pericolosità del destinatario della misura,
prevenendo la possibilità che l'obbligo di presentazione, che è
strumentale a quel divieto, possa essere plurimo al fine di assicurare
il raggiungimento del suo scopo.

7 - In conclusione, il ricorso deve
essere respinto.

Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., consegue la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Considerato il
contenuto del ricorso, non si ritiene di irrogare la sanzione
pecuniaria che detta norma consente.

P.Q.M.
La Corte Suprema di
Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2006.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2007


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L. 13/12/1989 n. 401, art. 6
D.L. 26/04/1993 n. 122, art. 2
L.
25/06/1993 n. 205, epigrafe


 

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