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Somme indebitamente erogate ai dipendenti pubblici: la buona fede del lavoratore non può ostacolare il recupero |
Palazzo Spada conferma: riavere gli emolumenti che non spettavano al dipendente è un atto dovuto da parte dell'ente, sia pure usando la misura atta a non incidere troppo sulle esigenze di vita del debitore |
N.2651/2007
Reg. Dec.
N. 3619
Reg. Ric.
Anno 2000
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello iscritto al NRG. 3619 dell’anno 2000 proposto da ...omissisvld... ...omissisvld..., rappresentato
e difeso dall’avv. Marco Giannini, con il quale è elettivamente
domiciliato in Roma, via delle Medaglie d’Oro, n. 419 G (presso lo
studio dell’avv. Giorgio Martellino);
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in
persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sezione prima, n. 164 del 1° aprile 1999;.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 20 marzo 2007, il Consigliere Carlo Saltelli;
Uditi per le parti l’Avvocato dello Stato Ventrella;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Con
nota prot. 39604 del 3 febbraio 1998 la Direzione Provinciale del
Tesoro di La Spezia disponeva in danno del signor ...omissisvld...
...omissisvld..., funzionario tributario in servizio presso l’Ufficio
Distrettuale delle Imposte Dirette di La Spezia, il recupero
dell’importo di £. 9.646.243, a titolo di somme indebitamente percepite
per il periodo dal 1° gennaio 1987 al 30 settembre 1997, mediante
ritenute mensili di £. 160.065 (dal 1° gennaio 1998 al 30 novembre
2002), allegando un prospetto analitico circa l’applicazione del D.M. 20
febbraio 1995 (di rideterminazione del trattamento economico dal 1°
luglio 1978).
Di
detta nota e del richiamato D.M. 20 febbraio 1995 l’interessato
chiedeva l’annullamento al Tribunale amministrativo regionale della
Liguria, deducendone l’illegittimità alla stregua di tre articolati
motivi di censura con cui contestava la violazione degli artt. 7 e 8
della legge 7 agosto 1990, n. 241 (asserendo di non aver mai ricevuto
alcuna comunicazione di avvio del procedimento di rideterminazione del
trattamento economico da cui era derivato il debito erariale), la
violazione del principio di affidamento e/o dei principi in tema di
recupero di somme indebitamente percepite (in quanto non poteva negarsi
il suo stato di buona fede, né era stata svolta alcuna puntuale
motivazione circa l’effettiva esistenza dell’interesse pubblico al
recupero delle somme indebitamente corrisposte), nonché la violazione
dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed eccesso di potere per
difetto di motivazione (essendo del tutto incomprensibili le ragioni del
presunto debito, a tanto non potendo supplire la mera elencazione di
somme indicate come riscosse o dovute).
L’adito
Tribunale, nella resistenza dell’intimata amministrazione statale, con
la sentenza segnata in epigrafe, respingeva il ricorso, ritenendo
infondate tutte le censure proposte.
Con
atto notificato il 3 aprile 2000 il sig. ...omissisvld...
...omissisvld... ha chiesto la riforma di tale pronuncia, riproponendo
in sostanza soltanto il secondo motivo di censura di cui al ricorso
introduttivo del giudizio di primo grado, concernente la violazione del
principio di affidamento e/o dei principi in tema di recupero somme
indebitamente percepite, insistendo sul fatto che non poteva dubitarsi
del suo stato di buona fede, inopinatamente escluso dai primi giudici
sulla base di una pretesa distinzione tra trattamento economico
provvisorio e trattamento economico definitivo, il primo risalente al
1978 ed il secondo al D.M. 20 febbraio 1995; ciò senza contare che la
ritenuta mensile operata dall’Amministrazione non era affatto esigua,
come erroneamente affermato dai primi giudici.
L’Amministrazione appellata ha resistito al gravame, depositando il fascicolo di produzione del primo grado di giudizio.
D I R I T T O
L’appello è infondato e deve essere respinto.
Costituisce jus receptum il
principio secondo cui il recupero di somme indebitamente erogate dalla
Pubblica Amministrazione ai propri dipendenti ha carattere di doverosità
e costituisce esercizio, ai sensi dell’articolo 2033 del codice civile,
di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non
rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di
pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme
indebitamente erogate (Cons. Giust. Ammin. Sicilia, sez. giurisd., 15
gennaio 2002, n. 8; C.d.S., sez. IV, 17 dicembre 2003, n. 8274; sez. VI,
12 dicembre 2002, n. 6787; 20 dicembre 2005, n. 7221).
In
relazione al requisito dell’interesse pubblico specifico che deve
caratterizzare detto provvedimento di recupero, è stato evidenziato che
la motivazione deve ritenersi insita nell’acclaramento della non
spettanza degli emolumenti percepiti dal dipendente, così che i
provvedimenti di recupero non richiedono comparazione alcuna tra gli
interessi coinvolti (quello pubblico e quello del privato), non
vertendosi in ipotesi di interessi sacrificati (tale configurandosi
semmai il solo interesse al buon andamento della P.A., sicuramente
compresso dall’aver essa anticipato emolumenti non dovuti), se non sotto
il limitato aspetto delle esigenze di vita del debitore.
Del
resto, proprio la doverosità del recupero esclude che l’amministrazione
sia tenuta a fornire una specifica motivazione, essendo invece
sufficiente che vengano indicate le ragioni per le quali il percipiente
non aveva diritto alle somme corrisposte (C.d.S., sez. IV, 22 ottobre
2001, n. 5540; 22 settembre 2005, n. 4983; sez. VI, 20 giugno 2003, n.
3674; 10 gennaio 2003, n. 43).
In
ordine al profilo della rilevanza della buona fede del debitore, è
stato più volte precisato che essa non può rappresentare un ostacolo
all’esercizio da parte dell’amministrazione del recupero dell’indebito (ex pluribus, C.d.S.,
sez. IV, 12 maggio 2006, n. 2679; VI, 12 luglio 2004, n. 5067; 3
dicembre 2003, n. 7953; 7 luglio 2003, n. 4012; 17 ottobre 2005, n.
5813), neppure quando intervenga a lunga distanza di tempo
dall’erogazione delle somme, comportando in capo all’Amministrazione
solo l’obbligo di procedere al recupero stesso con modalità tali da non
incidere significativamente sulle esigenze di vita del debitore (Cons.
Giust. Ammin. Sicilia, sez. giurisd., 14 ottobre 1999, n. 517; C.d.S.,
IV, 22 settembre 2005, n. 4964).
Ciò
esclude all’evidenza la fondatezza delle doglianze prospettate
dall’appellante, a nulla rilevando il suo preteso stato di buona fede
soggettiva; d’altra parte, come correttamente sottolineato dai primi
giudici, il trattamento economico goduto dall’interessato prima di
quello stabilito dal D.M. 20 febbraio 1995 (che espressamente “conferma”
il trattamento economico fissato con i provvedimenti di primo
inquadramento precedenti l’attuazione dell’articolo 4, comma 8, della
legge 11 luglio 1980, n. 312) era provvisorio e, come tale, non poteva
obiettivamente ingenerare alcun legittimo affidamento sulla effettiva
spettanza delle somme così percepite.
Quanto
all’entità della ritenuta mensile, è sufficiente rilevare che neppure è
stato provato che, secondo la ricordata giurisprudenza, essa sia tale
da incidere significativamente sulle sue esigenze di vita e, in ogni
caso, la ricorrenza di tale circostanza legittimerebbe solo la richiesta
di una sua eventuale riduzione.
II. In conclusione, l’appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sull’appello
proposto dal signor ...omissisvld... ...omissisvld... avverso la
sentenza n. 164 del 1° aprile 1999 del Tribunale amministrativo
regionale della Liguria, sez. I, lo respinge.
Condanna l’appellante
al pagamento in favore della costituita amministrazione statale delle
spese del presente grado di giudizio che liquida complessivamente in €. 2.500,00 (duemilacinquecento).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma, addì 20 marzo 2007, dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in Camera di consiglio con
l’intervento dei seguenti Magistrati:
Carlo SALTELLI - Presidente f.f., est.Carlo DEODATO - Consigliere
Salvatore CACACE - Consigliere
Sergio DE FELICE - Consigliere
Eugenio MELE - Consigliere
IL PRESIDENTE F.F., est.
Carlo SALTELLI
IL SEGRETARIO
Giacomo MANZO
MASSIMA
Il
recupero di somme indebitamente erogate dalla Pubblica Amministrazione
ai propri dipendenti ha carattere di doverosità e costituisce esercizio,
ai sensi dell’articolo 2033 del codice civile, di un vero e proprio
diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto
correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse,
cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate.
La
motivazione del provvedimento di recupero di somme indebitamente
corrisposte deve ritenersi insita nell’acclaramento della non spettanza
degli emolumenti percepiti dal dipendente, senza che occorra una
comparazione alcuna tra gli interessi coinvolti (quello pubblico e
quello del privato), non vertendosi in ipotesi di interessi sacrificati,
se non sotto il limitato aspetto delle esigenze di vita del debitore.
La
questione della rilevanza della buona fede del debitore non può
rappresentare un ostacolo all’esercizio da parte dell’amministrazione
del recupero dell’indebito, comportando in capo all’Amministrazione solo
l’obbligo di procedere al recupero stesso con modalità tali da non
incidere significativamente sulle esigenze di vita del debitore.
- - N.R.G. 3619/2000
RL
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