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giovedì 13 giugno 2013

Cassazione: La "gara" improvvisata fra auto è reato: l'illecito prescinde dall'organizzazione della competizione




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La "gara" improvvisata fra auto è reato: l'illecito prescinde dall'organizzazione della competizione
È la sfida in sé a essere
perseguita: la condotta punita dal Codice della strada è di natura
dolosa ma da ciò non deriva che il fatto vietato debba essere frutto di
un preliminare accordo tra i conducenti
 (Sezione quarta, sentenza n.
14463/07; depositata il 6 aprile)




Cass. pen. Sez. IV, (ud. 20-02-
2007) 06-04-2007, n. 14463


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco -
Presidente

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere

Dott. LICARI
Carlo - Consigliere

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. BIANCHI
Luisa - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

...omissisvld..., N. IL (OMISSIS);

avverso ORDINANZA del
27/04/2006 TRIB, LIBERTA' di COSENZA;

sentita la relazione fatta dal
Consigliere Dott. BRUSCO CARLO GIUSEPPE;

sentite le conclusioni del P.
G. Dr. BAGLIONE Tindari che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Sentito il difensore del ricorrente Avv. PRINCIGALLI Vincenzo (in
sostituzione dell'Avv. LAGHI Roberto) che ha concluso per
l'accoglimento del ricorso.

La Corte:


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Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
OSSERVA

1) ...omissisvld... ha proposto ricorso contro l'ordinanza 27
aprile 2006 del Tribunale di Cosenza, sezione per il riesame delle
misure cautelari reali, che ha respinto la richiesta di riesame del
decreto di sequestro preventivo di un'autovettura emesso nei suoi
confronti per il reato di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 9 ter per
aver gareggiato in velocità, alla guida di un'autovettura, con il
conducente di altro veicolo a motore.

Il ricorrente, a fondamento del
ricorso, deduce la violazione dell'indicato art. 9 ter nonchè il vizio
di motivazione. Sotto il primo profilo rileva che l'ipotesi di reato in
esame richiede che esista un preventivo accordo tra i conducenti dei
veicoli per l'effettuazione di una "gara"; diversamente può parlarsi
soltanto di "una condotta di guida imprudente ed indisciplinata
adottata singolarmente dai conducenti, senza alcuna volontà di
gareggiare tra di loro". Sotto il secondo profilo (vizio di
motivazione) sarebbe manifestamente illogica la sentenza impugnata per
aver ravvisato la possibilità di gareggiare tra due veicoli dalle
potenzialità assolutamente incompatibili (una Fiat Bravo 1900 cc
turbodiesel e una Fiat 500).

2) Va premesso che la norma
incriminatrice originariamente prevista dal codice della strada (D.Lgs.
n. 285 del 1992, art. 141, comma 9) è stata abrogata dal D.L. 27 giugno
2003, n. 151 convertito nella L. 1 agosto 2003, n. 214 che ha
introdotto analoga fattispecie incriminatrice (D.Lgs. n. 285 del 1992,
art. 9 ter) peraltro più grave di quella precedente non solo perchè la
pena è stata aumentata ma altresì per la trasformazione della
fattispecie da contravvenzione a delitto. E questa fattispecie è
applicabile al caso in esame commesso dopo l'entrata in vigore della
modifica normativa.

Quanto alla confisca del veicolo utilizzato per la
gara si osserva che la vigente normativa (in modo ancor più evidente
rispetto a quella precedente) la prevede obbligatoriamente (non si può
infatti interpretare diversamente l'espressione, sia pure atecnica, "è
punito con l'arresto... nonchè con la confisca del veicolo con il quale
è stata commessa la violazione". E dunque esistono i presupposti
normativi (la cui esistenza peraltro non è contestata) per il sequestro
preventivo del veicolo.

3) Il ricorso è peraltro da ritenere
inammissibile per essere manifestamente infondato il primo motivo di
ricorso e inammissibile nel giudizio di legittimità il secondo motivo.

Quanto all'interpretazione che il ricorrente propone della norma
incriminatrice - secondo cui sarebbe necessario un preventivo accordo
tra i conducenti per effettuare la gara - questa interpretazione è
smentita dalla semplice lettura della norma che, non diversamente dalla
precedente normativa già ricordata, descrive la condotta tipica facendo
esclusivo riferimento al fatto di gareggiare ("chiunque gareggia in
velocità con veicoli a motore") senza alcun riferimento all'accordo tra
i conducenti. E' ovvio che, trattandosi oggi di reato di natura dolosa,
il fatto vietato (il gareggiare) deve essere voluto dall'agente, ma da
ciò non deriva certo che debba essere frutto di un preventivo accordo
con gli altri conducenti.

E' dunque sufficiente che i conducenti dei
veicoli pongano in essere una competizione in velocità tentando di
superarsi e di prevalere perchè possa ritenersi integrata la
fattispecie di reato in esame.

4) Inammissibile è anche il secondo
motivo di ricorso con cui si denunzia la manifesta illogicità della
motivazione con riferimento all'evidente disparità di prestazioni tra i
due veicoli.

Va infatti preliminarmente rilevato che il ricorso in
cassazione contro le ordinanze del tribunale per il riesame, in materia
di misure cautelari reali, è proponibile, per l'espresso disposto
dell'art. 325 c.p.p., comma 1, solo "per violazione di legge". Ciò vale
anche per l'ordinanza del tribunale che si pronunzi sulla richiesta di
riesame del decreto del pubblico ministero che abbia convalidato il
sequestro operato dalla polizia giudiziaria o sulla richiesta di
riesame il sequestro disposto dall'autorità giudiziaria (v. art. 355 c.
p.p., comma 3 e art. 257 c.p.p. che rinviano entrambi all'art. 324 c.p.
p. con la conseguente applicabilità dell'art. 325 c.p.p. in tema di
ricorso in cassazione).

Ciò comporta, in particolare, per quanto
attiene ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, che con il
ricorso in questa materia non sono deducibili tutti i vizi concernenti
la motivazione del medesimo previsti dall'art. 606 c.p.p., comma 1,
lett. e) ma soltanto la mancanza assoluta, o materiale, della
motivazione perchè solo in questo caso può configurarsi la violazione
di legge ed in particolare la violazione dell'art. 125 c.p.p., comma 3
che prescrive, a pena di nullità, l'obbligo di motivazione delle
sentenze e delle ordinanze in attuazione del disposto dei commi 6 e 7
dell'art. 111 Cost..

Tra i casi di mancanza assoluta della motivazione
può certamente ricomprendersi anche il caso di motivazione meramente
apparente o assolutamente inidonea a spiegare le ragioni addotte a
sostegno dell'esistenza o meno dei presupposti per il mantenimento
della cautela. Non possono invece formare oggetto di ricorso in
cassazione le censure dirette ad evidenziare l'insufficienza,
l'incompletezza, l'illogicità o la contraddittorietà della motivazione.
La giurisprudenza di legittimità è univoca nel senso indicato: cfr.

Cass., sez. 3, 13 febbraio 2002 n. 11292, Salerno; sez. 5, 25 settembre
2000 n. 4066, Rapisarda (che ha anche dichiarato manifestamente
infondata la questione di costituzionalità proposta su questa
limitazione); sez. 6, 18 ottobre 1999 n. 3265, Albanese;

sez. 2, 4
giugno 1997 n. 3808, Baisi; sez. 5, 8 maggio 1998 n. 2879, Bonelli).

Alla luce di questo costante orientamento della giurisprudenza di
legittimità (che neppure il ricorrente pone in discussione) le censure
rivolte dal ricorrente all'ordinanza impugnata devono essere ritenute
inammissibili. Ciò, in particolare, per quanto riguarda le riassunte
doglianze relative alla affermata manifesta illogicità per aver
ritenuto ipotizzabile una gara in velocità tra due autovetture dalle
prestazioni così diverse.

Per quanto riguarda poi l'esistenza della
gara tra i conducenti i giudici di merito hanno adeguatamente motivato
il loro convincimento facendo riferimento alle condotte tenute dai
conducenti che sono state descritte nel provvedimento impugnato e la
cui interpretazione si sottrae al vaglio di legittimità riguardando la
ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito.

Irrilevante in
questo giudizio è infine la circostanza che la sanzione amministrativa
applicata al ricorrente sia stata annullata dal giudice di pace come da
sentenza prodotta in giudizio; tra l'altro, da questa sentenza, emerge
che il ministero convenuto neppure si è costituito in giudizio.

5)
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso conseguono le
pronunzie di cui al dispositivo. Con riferimento a quanto statuito
dalla Corte costituzionale nella sentenza 13 giugno 2000 n. 186 si
rileva che non si ravvisano ragioni per escludere la colpa del
ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità ai fini
della condanna al pagamento di una somma a favore della cassa delle
ammende in considerazione della palese violazione delle regole del
giudizio di legittimità.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
Sezione Quarta Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro
1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il
20 febbraio 2007.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2007


 

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