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giovedì 13 giugno 2013

Cassazione: Intimidire il vigile per evitare la multa è resistenza a pubblico ufficiale




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Intimidire il vigile per evitare la multa è resistenza a pubblico ufficiale
È sufficiente la pronuncia di frasi che lasciano intendere
conseguenze negative per l'agente a configurare tale condotta,
escludendo ipotesi meno gravi (sotto il profilo sanzionatorio) quali la
minaccia
 (Sezione sesta, sentenza n. 14659/07; depositata il 12
aprile)



Cass. pen. Sez. VI, (ud. 29-03-2007) 12-04-2007, n. 14659


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:

Dott. DE ROBERTO Giovanni - Presidente

Dott. MANNINO
Saverio - Consigliere

Dott. SERPICO Francesco - Consigliere

Dott.
CORTESE Arturo - Consigliere

Dott. CARCANO Domenico - Consigliere

ha
pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

...omissisvld.... N.
IL (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma in
data 6.4.2006;

visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;

udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott.
SERPICO F.;

Udito il Pubblico Ministero nella persona del SPG Dott.
D'ANGELO G. che ha concluso per:

rigetto del ricorso;

udito il
difensore avv. VALENTINI G. in sost.ne dell'avv. RINTANO G. che ha
concluso per:

accogliersi il ricorso.


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Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
OSSERVA

Sull'appello proposto da ...omissisvld.... avverso la sentenza
del Tribunale monocratica di Velletri in data 9/6/2004 che lo aveva
dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 337 c.p., per avere
usato minacce al vigile urbano B.M. pronunciando al suo indirizzo la
frase "famme la multa e poi te sistemo io a te" al fine di opporsi al
compimento di un atto d'ufficio del p.u., consistente nell'elevazione
di una contravvenzione per violazione del C.d.S., in (OMISSIS) e,
concessegli le attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di
mesi quattro di reclusione, la Corte di Appello di Roma, con sentenza
in data 06/04/2006, confermava il giudizio di 1^ grado, ribadendo il
comprovato riconoscimento dell'imputato da parte del p.u. quale autore
della contestata frase ed il carattere di minaccia di questa, idonea ad
integrare l'oggettività del reato, pacifica essendo la coscienza e
volontà della condotta incriminata.

Avverso tale sentenza l'imputato
ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo a motivi del gravame:

1)
violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. C) per inutilizzabilità del
verbale di individuazione fotografica esperita nel corso delle indagini
preliminari in violazione degli artt. 191, 361,431, 511 e 526 c.p.p.,
trattandosi di indagini ripetibili e come tali non sussumibili nel
fascicolo per il dibattimento ma, su richiesta delle parti, esplicabili
in contraddittorio tra queste;

2) violazione dell'art. 606 c.p.p.,
lett. B) ed E), per violazione di legge in relazione all'art. 337 e 42
c.p. e per manifesta illogicità della motivazione, con travisamento del
fatto ed omessa considerazione di circostanze decisive, potendosi, per
contro alla valutazione dei giudici di merito, ritenere che "la frase
asseritamente proferita dal T. non avesse un contenuto effettivamente
minaccioso e, soprattutto che - in considerazione del contesto in cui
fu pronunciata ... essa fosse espressione di atteggiamento parolaio e
genericamente minaccio senza alcuna finalizzazione ad incidere
sull'attività svolta dal p.u.".

Di qui, ad avviso del ricorrente, la
insussistenza dell'elemento oggettivo del reato, in subordine
qualificabile ex art. 612 c.p., comma 1 e art. 61 c.p., n. 10 non
perseguibile per difetto di querela.

Il ricorso va dichiarato
inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi addotti.

Consegue
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende, così equitativamente
determinatane la misura.

Ed invero, quanto al motivo sub 1), lo stesso
ricorrente finisce per ammettere che il verbale di riconoscimento
fotografico non è stato inserito nel fascicolo del dibattimento in
quanto atto ripetibile e l'individuazione dell'imputato, peraltro non
seriamente contestata da costui, si basa sulle dichiarazioni della B.,
ritualmente assunte in atti e comprensive del riferimento alla foto
dell'imputato, atto di riferimento alla foto dell'imputato, atto di
riferimento di dette dichiarazioni, acquisibile, in ogni caso, ex artt.
506 e 507 c.p.p.. Di qui la piena utilizzabilità di tali dichiarazioni
riferite all'individuazione dell'imputato, peraltro segnalato come
presente al giudizio di 1^ grado, come da richiamo operato in sentenza
sul punto (cfr. foll. 5 sentenza impugnata).

Anche il motivo sub 2) è
manifestamente infondato, posto che la frase incriminata, a prescindere
dai riflessi personali sulla persona del destinatario, ha contenuti
effettivamente idonei a rappresentare una ragione portata
intimidatoria, direttamente collegata al compimento dell'atto di
ufficio o servizio del p.u. e quindi nient'affatto equivocabile in
punto di reale finalità realizzatrice di "condotta positiva" di
resistenza a p.u..

Di qui l'inconfigurabilità di ipotesi meno gradi, a
fronte della corretta originaria qualificazione giuridica del fatto-
reato contestato al ricorrente.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il
ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende.

Così
deciso in Roma, il 29 marzo 2007.

Depositato in Cancelleria il 12
aprile 2007



 

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