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mercoledì 14 agosto 2013

Consiglio di Stato: Pignorabile il credito relativo all'equo indennizzo se il lavoratore è stato condannato a risarcire il danno erariale La compensazione dei crediti del dipendente non deve avvenire necessariamente nella misura di un quinto, soprattutto se l'obbligazione risarcitoria deriva da una grave violazione dei doveri dell'impiegato




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Pignorabile il credito relativo all'equo indennizzo se il lavoratore è stato condannato a risarcire il danno erariale
La compensazione dei crediti del dipendente non deve avvenire necessariamente nella misura di un quinto, soprattutto se l'obbligazione risarcitoria deriva da una grave violazione dei doveri dell'impiegato

N. 5836/2007
Reg. Dec.
N. 3262
Reg. Ric.
Anno 2000
 
R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 3262 del 2000 proposto dal Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge in Roma, Via dei Portoghesi n.12;
contro
...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., rappresentato e difeso dall’Avv. Cosimo D’Alessandro, per legge elettivamente domiciliato – in assenza di elezione in Roma – presso la Segreteria del Consiglio di Stato;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, 29 novembre 1999, n.1205;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione prodotta dall’appellato a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 29 maggio 2007 il Consigliere Vito Carella;
Udito  l’Avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con il provvedimento impugnato in primo grado, il Ministero della Difesa incamerava d’autorità la somma di £ 5.986.300 (spettante al ricorrente originario a titolo di indennizzo per infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio) quale parziale restituzione del danno erariale che l’interessato era stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire.
Il Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe indicato, con la gravata sentenza, ha accolto il ricorso proposto dal reclamante nell’assunto che il credito relativo all’equo indennizzo non rientra tra gli assegni e i cespiti vari contemplati dall’art.1 del RDL n.295/1939, per tutti i quali, oltretutto, viene previsto il rispetto del limite del quinto.
Con l’appello in esame il Ministero della Difesa ha dedotto lerroneità della sentenza di primo grado, evidenziando che apoditticamente il TAR:
  1. – aveva negato la possibilità di autotutela, sostenendo viceversa la necessità di pignoramento;
  2. – aveva confuso l’autotutela amministrativa con l’istituto della compensazione legale ex art. 1243 c.c., concretamente applicata nel caso di specie.
Ha resistito in giudizio l’appellato con la memoria depositata il 9 maggio 2000, rilevando l’impignorabilità dell’equo indennizzo in base allart. 545, comma 2°, c.p.c. o, al massimo, la sua aggredibilità nella misura di un quinto ai sensi del comma 4° di detto articolo, e rilevando che, comunque, la compensazione dovrebbe rispettare i limiti previsti dall’art. 1246, n.3, codice civile.
All’udienza pubblica del 29 maggio 2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – E’ controversa la legittimità del provvedimento di totale incameramento da parte dell’Amministrazione statale – per danno erariale – della somma relativa all’equo indennizzo dovuta al ricorrente di primo grado, anziché almeno nei limiti del quinto del suo ammontare.
Contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici (secondo cui il credito relativo all’equo indennizzo è pignorabile ma nei limiti del quinto perché assegno non indicato dall’art.1 del R.D.L., 19 gennaio 1939, n.295), il Ministero appellante muove dal potere di ritenzione in virtù della disposta compensazione legale tra i due titoli (art. 1243 c.c.).
L’appello va accolto e, quindi la sentenza gravata deve essere riformata.
2. – L’appellato fonda la sua contraria tesi sull’argomento della totale impignorabilità dell’equo indennizzo ex art. 545, comma 2, cpc, (perché afferente a sussidio per infermità) ovvero, in subordine, per la sua parziale pignorabilità nei limiti del quinto, come da art. 545, comma quarto cpc, (perché emolumento indennitario relativo a rapporto di lavoro pubblico), con la conseguenza della non totale aggredibilità di tale provvidenza reintegratoria, concludendo – in caso di diversa interpretazione – per la incostituzionalità del R.D.L. n.295 del 1939 in base alle stesse ragioni enunciate dalla Corte Costituzionale con la sentenza 19.6.1997, n.225.
Con questa decisione la Corte si è pronunciata nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 della L. 8 giugno 1966, n.424 (Abrogazione di norme che prevedono la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato) e dell’art. 21 del DPR 29 dicembre 1973, n.1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato), dichiarandone l’illegittimità nella parte in cui prevedono, per i dipendenti civili e militari dello Stato, la sequestrabilità o pignorabilità delle indennità di fine rapporto di lavoro, anche per i crediti da danno erariale, senza osservare i limiti stabiliti dall’art.545, quarto comma, del codice di procedura civile.
La questione dibattuta riguarda, però, la diversa fattispecie di un credito da delitto opposto in compensazione nell’ambito dello stesso rapporto di lavoro e deve perciò trovare risoluzione in altra  sentenza della Corte Costituzionale, e cioè la  n. 259 del 4 luglio 2006.
3. - Come precisato nella esposizione in fatto, l’appellato è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire l’Amministrazione per fatti da delitto, mentre quest’ultima è a sua volta debitrice dell’equo indennizzo.
Ora, è indiscutibile che l’equo indennizzo abbia natura reintegratoria, non retributiva, e carattere previdenziale: ma la questione non è questa, bensì la rilevanza della condizione di debito-credito vantata dal datore di lavoro (nella specie pubblico) in dipendenza del rapporto di impiego (c.d. compensazione atecnica).
In tema di pignoramento dei crediti del lavoratore, la citata sentenza n.259 del 2006 ha sancito la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1246, comma primo, numero 3 cod.civ. e dell’art.545, comma quarto, cod. proc.civ. che, secondo consolidata interpretazione della Corte di Cassazione, costituente “diritto vivente”, non prevedono che la compensazione dei crediti del lavoratore per stipendio, salario o altre indennità relative al rapporto di lavoro, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, debba avvenire nei limiti della misura di un quinto anche nel caso in cui il credito opposto in compensazione abbia origine dal medesimo rapporto di lavoro (così, ex multis, Cass. 17 aprile 2004, n.7337).
Questo orientamento giurisprudenziale muove dalla premessa in base alla quale “l’istituto della compensazione presuppone l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, autonomia che non sussisterebbe allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto… nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento di dare ed avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza”.
Secondo la Corte Costituzionale, questo orientamento “non può certamente ritenersi confliggente con l’art. 3 della Costituzione nella parte in cui vieta ingiustificate disparità di trattamento (qui, tra creditori)”. La circostanza che il credito del datore di lavoro abbia il fatto costitutivo in un delitto “non è idonea a rendere in toto equiparabile il credito del datore di lavoro a quello di un qualsiasi altro creditore, e quindi a rendere privo  di razionale giustificazione l’orientamento giurisprudenziale che ravvisa la specificità di quel credito nella circostanza che l’obbligazione risarcitoria dell’ex dipendente scaturisce da un comportamento che non solo  ha nell’esistenza del rapporto di lavoro la sua necessaria ed insostituibile occasione, ma che costituisce anche grave violazione dei doveri del prestatore di lavoro verso il datore”.
Non sussiste neppure la violazione dell’art.36 Cost., in relazione all’art.545, comma quarto, cod. proc. Civ., dal momento che “la norma del codice di rito – se è vero che contempera l’interesse del creditore al recupero del proprio credito e quello del lavoratore a non veder vanificata la funzione alimentare del credito retributivo […] – non costituisce una modalità obbligata per realizzare tale contemperamento […] e, tanto meno, per realizzarlo nella misura  ivi prevista nei confronti di qualsiasi credito”.
Consegue da tale pronunciato che le segnalate peculiarità del credito del datore di lavoro nei confronti dell’appellato consentono di opporgli ad integrale compensazione le somme dovute, anche se inerenti ad equo indennizzo, perché contrapposte pretese patrimoniali relative allo stesso ed unico rapporto di impiego.
4. – In conclusione, l’appello va accolto e, per l’effetto, va riformata la sentenza gravata, con rigetto del ricorso di primo grado.
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate per giusti ed equi motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, accoglie l’ appello in epigrafe e, per l’effetto, a riforma della sentenza gravata, rigetta il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 29 maggio 2007 e del 19 ottobre 2007, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio  con l’intervento dei signori:
     Carlo Saltelli          Presidente, f.f.
     Salvatore Cacace         Consigliere
     Sergio De Felice               Consigliere
     Sandro Aureli    Consigliere
     Vito Carella                    Consigliere, rel-est.
     L’ESTENSORE     IL PRESIDENTE, f.f.
Vito Carella       Carlo Saltelli
IL SEGRETARIO
Giacomo Manzo

    Depositata in Segreteria

           Il 16/11/2007
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
           Il Dirigente
Dott. ...omissismsmvld.... Testa
- - 
N.R.G. 3262/2000


RL



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Pignorabile il credito relativo all'equo indennizzo se il lavoratore è stato condannato a risarcire il danno erariale
La compensazione dei crediti del dipendente non deve avvenire necessariamente nella misura di un quinto, soprattutto se l'obbligazione risarcitoria deriva da una grave violazione dei doveri dell'impiegato

N. 5836/2007
Reg. Dec.
N. 3262
Reg. Ric.
Anno 2000
 
R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 3262 del 2000 proposto dal Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge in Roma, Via dei Portoghesi n.12;
contro
...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., rappresentato e difeso dall’Avv. Cosimo D’Alessandro, per legge elettivamente domiciliato – in assenza di elezione in Roma – presso la Segreteria del Consiglio di Stato;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, 29 novembre 1999, n.1205;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione prodotta dall’appellato a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 29 maggio 2007 il Consigliere Vito Carella;
Udito  l’Avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con il provvedimento impugnato in primo grado, il Ministero della Difesa incamerava d’autorità la somma di £ 5.986.300 (spettante al ricorrente originario a titolo di indennizzo per infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio) quale parziale restituzione del danno erariale che l’interessato era stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire.
Il Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe indicato, con la gravata sentenza, ha accolto il ricorso proposto dal reclamante nell’assunto che il credito relativo all’equo indennizzo non rientra tra gli assegni e i cespiti vari contemplati dall’art.1 del RDL n.295/1939, per tutti i quali, oltretutto, viene previsto il rispetto del limite del quinto.
Con l’appello in esame il Ministero della Difesa ha dedotto lerroneità della sentenza di primo grado, evidenziando che apoditticamente il TAR:
  1. – aveva negato la possibilità di autotutela, sostenendo viceversa la necessità di pignoramento;
  2. – aveva confuso l’autotutela amministrativa con l’istituto della compensazione legale ex art. 1243 c.c., concretamente applicata nel caso di specie.
Ha resistito in giudizio l’appellato con la memoria depositata il 9 maggio 2000, rilevando l’impignorabilità dell’equo indennizzo in base allart. 545, comma 2°, c.p.c. o, al massimo, la sua aggredibilità nella misura di un quinto ai sensi del comma 4° di detto articolo, e rilevando che, comunque, la compensazione dovrebbe rispettare i limiti previsti dall’art. 1246, n.3, codice civile.
All’udienza pubblica del 29 maggio 2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – E’ controversa la legittimità del provvedimento di totale incameramento da parte dell’Amministrazione statale – per danno erariale – della somma relativa all’equo indennizzo dovuta al ricorrente di primo grado, anziché almeno nei limiti del quinto del suo ammontare.
Contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici (secondo cui il credito relativo all’equo indennizzo è pignorabile ma nei limiti del quinto perché assegno non indicato dall’art.1 del R.D.L., 19 gennaio 1939, n.295), il Ministero appellante muove dal potere di ritenzione in virtù della disposta compensazione legale tra i due titoli (art. 1243 c.c.).
L’appello va accolto e, quindi la sentenza gravata deve essere riformata.
2. – L’appellato fonda la sua contraria tesi sull’argomento della totale impignorabilità dell’equo indennizzo ex art. 545, comma 2, cpc, (perché afferente a sussidio per infermità) ovvero, in subordine, per la sua parziale pignorabilità nei limiti del quinto, come da art. 545, comma quarto cpc, (perché emolumento indennitario relativo a rapporto di lavoro pubblico), con la conseguenza della non totale aggredibilità di tale provvidenza reintegratoria, concludendo – in caso di diversa interpretazione – per la incostituzionalità del R.D.L. n.295 del 1939 in base alle stesse ragioni enunciate dalla Corte Costituzionale con la sentenza 19.6.1997, n.225.
Con questa decisione la Corte si è pronunciata nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 della L. 8 giugno 1966, n.424 (Abrogazione di norme che prevedono la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato) e dell’art. 21 del DPR 29 dicembre 1973, n.1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato), dichiarandone l’illegittimità nella parte in cui prevedono, per i dipendenti civili e militari dello Stato, la sequestrabilità o pignorabilità delle indennità di fine rapporto di lavoro, anche per i crediti da danno erariale, senza osservare i limiti stabiliti dall’art.545, quarto comma, del codice di procedura civile.
La questione dibattuta riguarda, però, la diversa fattispecie di un credito da delitto opposto in compensazione nell’ambito dello stesso rapporto di lavoro e deve perciò trovare risoluzione in altra  sentenza della Corte Costituzionale, e cioè la  n. 259 del 4 luglio 2006.
3. - Come precisato nella esposizione in fatto, l’appellato è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire l’Amministrazione per fatti da delitto, mentre quest’ultima è a sua volta debitrice dell’equo indennizzo.
Ora, è indiscutibile che l’equo indennizzo abbia natura reintegratoria, non retributiva, e carattere previdenziale: ma la questione non è questa, bensì la rilevanza della condizione di debito-credito vantata dal datore di lavoro (nella specie pubblico) in dipendenza del rapporto di impiego (c.d. compensazione atecnica).
In tema di pignoramento dei crediti del lavoratore, la citata sentenza n.259 del 2006 ha sancito la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1246, comma primo, numero 3 cod.civ. e dell’art.545, comma quarto, cod. proc.civ. che, secondo consolidata interpretazione della Corte di Cassazione, costituente “diritto vivente”, non prevedono che la compensazione dei crediti del lavoratore per stipendio, salario o altre indennità relative al rapporto di lavoro, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, debba avvenire nei limiti della misura di un quinto anche nel caso in cui il credito opposto in compensazione abbia origine dal medesimo rapporto di lavoro (così, ex multis, Cass. 17 aprile 2004, n.7337).
Questo orientamento giurisprudenziale muove dalla premessa in base alla quale “l’istituto della compensazione presuppone l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, autonomia che non sussisterebbe allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto… nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento di dare ed avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza”.
Secondo la Corte Costituzionale, questo orientamento “non può certamente ritenersi confliggente con l’art. 3 della Costituzione nella parte in cui vieta ingiustificate disparità di trattamento (qui, tra creditori)”. La circostanza che il credito del datore di lavoro abbia il fatto costitutivo in un delitto “non è idonea a rendere in toto equiparabile il credito del datore di lavoro a quello di un qualsiasi altro creditore, e quindi a rendere privo  di razionale giustificazione l’orientamento giurisprudenziale che ravvisa la specificità di quel credito nella circostanza che l’obbligazione risarcitoria dell’ex dipendente scaturisce da un comportamento che non solo  ha nell’esistenza del rapporto di lavoro la sua necessaria ed insostituibile occasione, ma che costituisce anche grave violazione dei doveri del prestatore di lavoro verso il datore”.
Non sussiste neppure la violazione dell’art.36 Cost., in relazione all’art.545, comma quarto, cod. proc. Civ., dal momento che “la norma del codice di rito – se è vero che contempera l’interesse del creditore al recupero del proprio credito e quello del lavoratore a non veder vanificata la funzione alimentare del credito retributivo […] – non costituisce una modalità obbligata per realizzare tale contemperamento […] e, tanto meno, per realizzarlo nella misura  ivi prevista nei confronti di qualsiasi credito”.
Consegue da tale pronunciato che le segnalate peculiarità del credito del datore di lavoro nei confronti dell’appellato consentono di opporgli ad integrale compensazione le somme dovute, anche se inerenti ad equo indennizzo, perché contrapposte pretese patrimoniali relative allo stesso ed unico rapporto di impiego.
4. – In conclusione, l’appello va accolto e, per l’effetto, va riformata la sentenza gravata, con rigetto del ricorso di primo grado.
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate per giusti ed equi motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, accoglie l’ appello in epigrafe e, per l’effetto, a riforma della sentenza gravata, rigetta il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 29 maggio 2007 e del 19 ottobre 2007, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio  con l’intervento dei signori:
     Carlo Saltelli          Presidente, f.f.
     Salvatore Cacace         Consigliere
     Sergio De Felice               Consigliere
     Sandro Aureli    Consigliere
     Vito Carella                    Consigliere, rel-est.
     L’ESTENSORE     IL PRESIDENTE, f.f.
Vito Carella       Carlo Saltelli
IL SEGRETARIO
Giacomo Manzo

    Depositata in Segreteria

           Il 16/11/2007
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
           Il Dirigente
Dott. ...omissismsmvld.... Testa
- - 
N.R.G. 3262/2000


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