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Cass. civ. Sez. lavoro, 24-04-2008, n. 10706
Svolgimento del processo
Con
sentenza depositata il 22 dicembre 2004, la Corte d'appello di Milano,
quale Giudice del lavoro, su appello di C.F., in parziale riforma della
sentenza del locale Tribunale depositata il 3 giugno 2003, ha annullato
il licenziamento per giusta causa intimato al ricorrente dalla propria
datrice di lavoro Draco Italiana s.p.a. con comunicazione scritta in
data 5 settembre 2000 - per avere svolto in un periodo di assenza dal
lavoro per malattia, attività lavorativa presso terzi, con le
conseguenze tutte di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, come sostituito dalla L. 11 maggio 1990 n. 108, art. 1.
La
Corte territoriale ha invece confermato la decisione di primo grado di
rigetto delle domande di riconoscimento della categoria di quadro dal 1
marzo 1993, di pagamento di alcuni premi aziendali asseritamene maturati
nel corso del rapporto di lavoro, di riconoscimento dell'indennità di
maneggio denaro, di rimborso delle spese fatte nell'interesse della
società, di accertamento della pretesa attribuzione di stok options
nonchè di risarcimento di danni biologici, all'immagine e alla
professionalità.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la Draco Italiana s.p.a., sviluppando due motivi di ricorso.
Resiste alle domande il C. con un proprio controricorso.
Motivi della decisione
1
- Col primo motivo, la società ricorrente denuncia la violazione
dell'art. 18 S.L., il vizio di motivazione e l'omessa e/o
contraddittoria valutazione delle risultanze istruttorie.
In
proposito, la Corte d'appello di Milano aveva richiamato i principi più
volte affermati da questa Corte in materia, secondo i quali lo
svolgimento da parte del dipendente di una attività lavorativa in
proprio o presso terzi durante il periodo di assenza dal lavoro per
malattia costituisce inadempimento contrattuale nei confronti del datore
di lavoro solo allorchè tale attività riveli l'inesistenza della
malattia stessa nonchè quando essa possa ritardare o pregiudicare la
guarigione e quindi il rientro in servizio del lavoratore.
Nell'applicare
tali principi al caso in esame, la Corte territoriale aveva peraltro
valutato che il comportamento del C., di svolgimento di una attività
lavorativa nel periodo di assenza dal lavoro per malattia dal 30 giugno
al 30 luglio 2000, non realizzasse un grave inadempimento agli obblighi
contrattuali, in ragione del fatto che si era trattato di un tirocinio
presso una farmacia, iniziato già nel 1999, svolto prevalentemente nelle
ore serali, come tale non valutabile come pregiudizievole per la
guarigione o incompatibile con la malattia denunciata ("astenia psico -
fisica" come certificato e confermato in giudizio dal suo medico).
La
società contesta tale valutazione, anche sotto il profilo del vizio di
motivazione, deducendo sostanzialmente che lo stato di prostrazione
fisico e psichico, diagnosticato al dipendente, così come era stato
ritenuto dal medico incompatibile con l'impiego, prevalentemente
sedentario, presso la Draco, avrebbe dovuto logicamente essere valutato
incompatibile anche con l'attività di tirocinio presso una farmacia
della periferia milanese, da ritenere comunque stressante anche perchè
svolta prevalentemente nelle ore serali, quelle in cui maggiore è il
pericolo di rapine, la possibile affluenza di drogati, etc..
2 - Con un secondo gradato motivo, la società Draco deduce la violazione e la falsa applicazione della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, come novellato dalla L. 11 maggio 1990, n. 108, art. 1, e degli artt. 1223, 1227, 2727 c.c., e art. 2729 c.c.,comma 2, nonchè dell'art. 112 c.p.c., in relazione agli artt. 342, 414, 416, 163, 164, 167 e 359 c.p.c..
In
proposito, la ricorrente sostiene che, anche ad ammettere la fondatezza
della domanda di impugnazione del licenziamento, il danno
conseguentemente da risarcire ai sensi dell'art. 18 S.L. avrebbe dovuto
essere accertato dai Giudici in concreto, tenendo conto dell'aliunde
perceptum dal C. nel periodo successivo al licenziamento, come
risultante e comunque desumibile alla stregua degli elementi acquisiti
in giudizio.
Doveva infatti ritenersi che il
C. avesse proseguito nello svolgimento del periodo di tirocinio
regolarmente pagato, divenendo al termine di esso titolare di farmacia,
come del resto oggi risultante avvenuto dal 15 novembre 2001, alla luce
di una recente visura camerale.
Il ricorso è fondato quanto al primo motivo.
In
materia di svolgimento di altra attività lavorativa da parte del
dipendente assente per malattia, la giurisprudenza di questa Corte
suprema è ormai costante nel ritenere che tale comportamento può
giustificare il licenziamento per violazione dei doveri generali di
correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di
diligenza e fedeltà, oltre che nell'ipotesi in cui l'attività esterna
sia di per sè sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia,
anche quando la medesima attività, valutata ex ante in relazione alla
natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o
ritardare la guarigione e con essa il rientro del lavoratore in servizio
(cfr., al riguardo recentemente, Cass. 1 luglio 2005 n. 14046).
Il
Collegio ritiene peraltro che, nell'applicare tale regola al caso in
esame, la Corte territoriale abbia affermato in maniera sostanzialmente
apodittica e prevalentemente sulla base di mere ipotesi, non controllate
anche alla luce delle argomentazioni contrarie della sentenza di primo
grado richiamate dalla società, che il lavoro svolto dal C. negli orari
prevalentemente notturni presso una farmacia della periferia milanese è
compatibile con la situazione di astenia che lo aveva fatto ritenere
temporaneamente inidoneo a svolgere l'attività lavorativa di impiegato
presso la datrice di lavoro Draco Italiana, senza approfondire in
maniera adeguata le cause della malattia, le caratteristiche proprie di
essa, in un passo della sentenza definita depressione, nè le concrete
mansioni svolte dal C. sia presso la Draco che presso la farmacia, tutti
elementi di rilevanza decisiva in direzione del duplice accertamento
prima enunciato.
Concludendo, il ricorso va
accolto quanto al primo motivo, con assorbimento del secondo (in ordine
al quale si ricorda peraltro che secondo questa Corte - cfr., per tutte,
Cass. sez. lav. 28 agosto 2007 n. 18146 - grava sul datore di lavoro la
prova dell'aliquid perceptum dal lavoratore, ai fini della riduzione
del danno accertato come conseguente all'illegittimità del licenziamento
oltre quello rappresentato dalle cinque mensilità di retribuzione).
La
sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio, anche per il
regolamento delle spese, alla Corte d'appello di Brescia, che dovrà
approfondire, anche alla luce di tutti gli elementi di fatto indicati,
di connotazione della fattispecie, la compatibilità o meno del lavoro
espletato dal dipendente presso terzi con lo stato di malattia
denunciato e la sua idoneità o non idoneità a pregiudicare o ritardare,
secondo un valutazione ex ante, la ripresa del servizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Brescia.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2008
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