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Cass. pen. Sez. VI, (ud. 15-04-2008) 21-05-2008, n. 20326
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con
l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Bari, in accoglimento
dell'appello proposto da D.M.M. nei confronti dell'ordinanza del
Tribunale di Trani del 24 aprile 2007, con la quale era stata applicata
al medesimo la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio del
pubblico servizio, revocava l'ordinanza stessa, ritenendo la
insussistenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari.
All'indagato
- dipendente del Comune di Trani - era stato contestato il reato di
peculato perchè si serviva del computer dell'ufficio, cui era collegato
un masterizzatore DVD, per uso personale usufruendo della rete elettrica
e informatica del Comune: navigava in internet su siti non
istituzionali, scaricando su archivi personali dati e immagini non
inerenti alla pubblica funzione - prevalentemente materiale di carattere
pornografico - con danno economico dell'Ente.
Sul
computer in questione e sul sopporto esterno, venivano rinvenuti circa
10.000 documenti di cui solo una minima parte di natura lavorativa.
Il
Tribunale, nel revocare la misura cautelare, osservava che il reato di
peculato tutela il patrimonio della P.A. e che lo stesso non poteva
essere depauperato a seguito dei collegamenti in questione di un
computer "comunque e sempre collegato alla rete elettrica e telefonica
indipendentemente dall'uso e dalla navigazione". Con particolare
riferimento al collegamento alla rete elettrica, non si era "indicato il
danno patrimoniale", atteso che "i computers sono sempre collegati alla
rete elettrica, nè può ritenersi ulteriore consumo di energia elettrica
per il fatto che a un computer siano collegate una o più periferiche".
II
Tribunale disconosceva anche la sussistenza di esigenze cautelari
perchè "pur ritenendo un danno patrimoniale per l'ente per la
navigazione in internet sino al 2003" (il consulente tecnico aveva
accertato che la navigazione in internet si arrestava al giugno 2003)
non era ipotizzabile un pericolo di reiterazione "in considerazione
della sua illibata personalità e dell'atteggiamento pacatamente
esplicativo tenuto in occasione del suo interrogatoria.
Avverso
la predetta ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Bari il quale richiama tutta la
giurisprudenza di questa Corte di cassazione che ritiene che con il
reato di peculato non sia offeso solo il patrimonio dell'ente pubblico,
ma anche il buon andamento degli uffici della pubblica amministrazione
il quale può non essere turbato solo da un uso occasionale della cosa
pubblica, ma non in caso di condotta reiterata e consolidata nel tempo.
Peraltro, non risultava affatto accertato agli atti del processo se il
contratto del Comune con l'ente gestore di internet prevedesse un uso
illimitato del servizio con tariffa fissa, circostanza per nulla
verificata da parte dei giudici di merito, ma solo supposta. Del tutto
inadeguata appariva infine la motivazione sulle esigenze cautelari sopra
riportata.
Premesso che l'ordinanza impugnata sembra quasi trascurare la circostanza che la disposizione dell'art. 314 c.p.,
oltre a tutelare il patrimonio della pubblica amministrazione mira ad
assicurare anche il corretto andamento degli uffici della stessa basato
su un rapporto di fiducia e di lealtà col personale dipendente, secondo
la costante giurisprudenza di questa Corte, il Tribunale del riesame da
per scontato un dato che non emerge affatto dagli atti, cioè che il
computer fosse perennemente collegato alla rete elettrica e telefonica
in modo da comportare costi fissi per la pubblica amministrazione
indipendente dalla navigazione in internet. Ora, a parte il fatto che
tale assunto è errato per ciò che attiene alla energia elettrica, che
viene consumata in quanto l'apparecchio sia acceso, ciò che più conta è
che da nessun dato si ricava che il tipo di convenzione con il provider
prevedesse un accesso costante al web a un costo fisso anzichè un
accesso di volta in volta consentito solo previo contatto telefonico,
non occorrendo spendere parole per dimostrare come in questo secondo
caso l'indagato si sarebbe appropriato anche delle energie appartenenti
all'ente sotto forma di telefonate di volta in volta eseguite per la
navigazione in internet per finalità totalmente estranee alla pubblica
funzione (masterizzazione di DVD audio e scaricamento di immagini e di
film).
L'ordinanza impugnata da la prima
ipotersi come appartenente al notorio ma ciò è del tutto arbitrario,
specie in considerazione che tale tipo di convenzione si è diffusa
recentemente, mentre i fatti di cui è causa risalgono all'anno 2003,
onde la questione avrebbe dovuto formare oggetto di dimostrazione
precisa. L'ordinanza va quindi annullata in punto di gravi indizi di
colpevolezza con rinvio al Tribunale di Bari perchè spieghi non solo per
quali motivi ha ritenuto la insussistenza dei gravi indizi del reato
solo in relazione al danno cagionato (asseritamene mancante), ma anche
da quali dati probatori concreti relativi al caso di specie abbia
desunto l'esistenza di un certo tipo di convenzione con l'ente gestore
del servizio telefonico.
Ma l'ordinanza
impugnata va annullata anche in punto di esigenze cautelari perchè la
incensuratezza, considerato il tipo e la reiterazione del reato di
specie, non ha un significato decisivo;
significato
men che meno attribuibile all'"atteggiamento esplicativo" avuto
dall'indagato in sede di interrogatorio. Il Tribunale dovrà motivare se
sussista un pericolo di reiterazione, tenuto conto del fatto che sono
stati trovati sull'apparecchio in questione e sul disco esterno ben
10.000 files, di cui solo una modestissima parte di natura attinente
alle funzioni esercitate.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Bari per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2008.
Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2008
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