Translate

venerdì 20 settembre 2024

Atto Camera Ordine del Giorno 9/01660-A/055 presentato da ZARATTI Filiberto testo di Mercoledì 18 settembre 2024, seduta n. 349   La Camera, premesso che: il disegno di legge all'esame dell'Aula reca: «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario»; gli articoli 26 e 27 del provvedimento mirano, nelle intenzioni del Governo, a rafforzare l'ordine pubblico e la sicurezza negli istituti penitenziari e nei centri di permanenza temporanea, le conseguenze invece saranno l'ingestibilità di strutture già piegate dal sovraffollamento;

 

            ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/01660-A/055

Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 19
Seduta di annuncio: 349 del 18/09/2024

Firmatari
Primo firmatario: ZARATTI FILIBERTO
Gruppo: ALLEANZA VERDI E SINISTRA
Data firma: 18/09/2024
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DORI DEVIS ALLEANZA VERDI E SINISTRA 18/09/2024
ZANELLA LUANA ALLEANZA VERDI E SINISTRA 18/09/2024
BONELLI ANGELO ALLEANZA VERDI E SINISTRA 18/09/2024
BORRELLI FRANCESCO EMILIO ALLEANZA VERDI E SINISTRA 18/09/2024
FRATOIANNI NICOLA ALLEANZA VERDI E SINISTRA 18/09/2024
GHIRRA FRANCESCA ALLEANZA VERDI E SINISTRA 18/09/2024
GRIMALDI MARCO ALLEANZA VERDI E SINISTRA 18/09/2024
MARI FRANCESCO ALLEANZA VERDI E SINISTRA 18/09/2024
PICCOLOTTI ELISABETTA ALLEANZA VERDI E SINISTRA 18/09/2024


Stato iter:
18/09/2024
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 18/09/2024
MOLTENI NICOLA SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INTERNO)
 
DICHIARAZIONE VOTO 18/09/2024
Resoconto ZARATTI FILIBERTO ALLEANZA VERDI E SINISTRA
Fasi iter:

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 18/09/2024

NON ACCOLTO IL 18/09/2024

PARERE GOVERNO IL 18/09/2024

DISCUSSIONE IL 18/09/2024

RESPINTO IL 18/09/2024

CONCLUSO IL 18/09/2024

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/01660-A/055
presentato da
ZARATTI Filiberto
testo di
Mercoledì 18 settembre 2024, seduta n. 349

  La Camera,

premesso che:

il disegno di legge all'esame dell'Aula reca: «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario»;

gli articoli 26 e 27 del provvedimento mirano, nelle intenzioni del Governo, a rafforzare l'ordine pubblico e la sicurezza negli istituti penitenziari e nei centri di permanenza temporanea, le conseguenze invece saranno l'ingestibilità di strutture già piegate dal sovraffollamento;

ad avviso dei firmatari, questo disegno di legge mostra con chiarezza, come molti altri provvedimenti prima di questo, le ossessioni, le ristrettezze di vedute e i diktat ideologici e propagandistici che sottendono le politiche di questo Esecutivo e lo rendono incapace di governare la realtà dei fatti. Come al solito, si risponde al disagio e alle disuguaglianze economiche e sociali con la repressione, aumentando sanzioni e pene in una logica unicamente repressiva e securitaria;

è un provvedimento affetto da ipertrofia penalistica, con norme che si pongono in evidente contrasto con una serie di principi costituzionali nel campo del diritto penale, del diritto sociale, del diritto dell'immigrazione e del diritto penitenziario. Persino l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, l'OSCE, in un suo documento di analisi di questo specifico provvedimento, afferma che la maggior parte delle disposizioni ha il potenziale di minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello Stato di diritto;

interessante è stato notare che il termine sicurezza compare nel testo ben 48 volte, con una reiterazione ossessiva di un concetto declinato esclusivamente in termini di proibizioni e punizioni, privo di ogni azione di prevenzione, assolutamente inefficace a realizzare quella sicurezza sociale, ambientale, lavorativa e umana, finalizzata a garantire benessere e uguaglianza di condizioni a cittadine e cittadini del nostro Paese;

nell'insieme del provvedimento ci troviamo di fronte a un complesso di misure che danno luogo a un'idea di giustizia e sicurezza che riteniamo non solo inefficace, ma proprio sbagliata. Infatti, è inefficace qualunque azione di giustizia e sicurezza che si affidi esclusivamente al carcere, in particolare al carcere così com'è oggi nella sua realtà. Sappiamo bene che le carceri italiane scoppiano, che il tasso di affollamento è del 130,6 per cento e che sono detenute circa 14.000 persone in più rispetto ai posti regolamentari;

sappiamo bene che oltre 60.000 persone affollano i nostri istituti penitenziari, al caldo insopportabile d'estate, al freddo in inverno; spesso senza acqua, circondate da cimici, blatte e topi; spesso in condizioni psicologiche e psichiatriche del tutto incompatibili con la permanenza dietro le sbarre. Sappiamo bene che 17,4 detenuti su 100 commettono atti di autolesionismo e che il numero di suicidi è già a quota 70 quest'anno;

sappiamo bene che gli agenti della Polizia penitenziaria lavorano in condizioni drammatiche: 6 di loro, solo quest'anno, hanno deciso di togliersi la vita. Sappiamo bene che il diritto alla salute, a partire da quella psichica, non è affatto garantita, posto che le carceri si stanno trasformando in nuovi manicomi. Ma, nonostante questo, nulla si fa per rendere le carceri meno disumane;

la tesi che le donne incinte o, soprattutto, con bambini piccoli, possano trovare maggiore conforto chiuse in prigione ci fa riflettere sulla vostra reale idea di carcere, sulla tutela dei minori e sulle politiche di inclusione;

il nuovo impegno che riservate alle condizioni di vita all'interno delle carceri è l'introduzione del delitto di rivolta carceraria: un'arma di ricatto che richiama il regolamento fascista del 1931 e che, violando l'esercizio di un diritto fondamentale, mira a ottenere silenzio e disciplina, senza far nulla per prevenire e per risolvere le principali problematiche delle carceri: ad esempio, spazi di dimensioni e qualità adeguata; aumento dell'organico della Polizia penitenziaria; tutela della salute dei detenuti, a partire dalle condizioni igieniche. Niente di tutto questo è contenuto nel provvedimento in esame;

se poi chi osa manifestare il proprio dissenso per le condizioni della propria detenzione è straniero e si trova malauguratamente all'interno di un CPR, allora dal meschino passiamo proprio al sadico: piuttosto che abolire questi brutali lager e cercare di trovare una soluzione al fenomeno migratorio, prospettando una vita degna per chi spesso fugge da fame e miseria, introducete un nuovo reato, con la pena da uno a sei anni, per chi, anche con la resistenza passiva, promuova una rivolta in un CPR. E questo, nonostante la situazione nei centri italiani di permanenza per i rimpatri sia stata più volte dichiarata in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e chiunque ne abbia visitato anche solo uno non possa che aver constatato la brutalità di questi luoghi;

l'introduzione di queste nuove pene rappresenta, in maniera plastica, la voglia di alimentare odio e razzismo: due sentimenti che cozzano con qualsiasi logica di sicurezza ma, anzi, rendono insicuro ogni ambiente in cui si ritrovino, oltre a rappresentare la massima contravvenzione ai doveri di solidarietà previsti dall'articolo 2 della nostra Costituzione;

l'articolo 26 prevede, anzitutto, la modifica dell'articolo 415 del codice penale che come noto contempla, nell'ambito dei delitti contro l'ordine pubblico, la fattispecie di istigazione a disubbidire alle leggi. A tale disposizione viene ora aggiunto un comma che prevede «la pena è aumentata se il fatto è commesso all'interno di un istituto penitenziario»;

l'articolo 27 introduce una disciplina similare all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per coloro che realizzino all'interno di uno dei centri per migranti, «mediante atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all'esecuzione degli ordini impartiti ovvero mediante tentativi di evasione, commessi in tre o più persone riunite, promuove, organizza o dirige una rivolta»;

stiamo assistendo a una criminalizzazione di qualsiasi tipo di dissenso che arriva a punire anche quelle che in carcere o nei CPR sono, molto spesso, semplici manifestazioni di insofferenza, non rivolte. Non ha alcuna funzione rieducativa condannare fino a 8 anni di reclusione ad esempio, un detenuto, che batte sulle sbarre per richiamare l'attenzione, sulle sue condizioni di carcerazione o la resistenza passiva, che può essere anche il semplice sciopero della fame;

di fatto qualsiasi atto di disobbedienza o di critica anche di modesto valore quali, ad esempio, la mancata pulizia della cella, la mancata assunzione del pasto o di medicinali, se realizzata contemporaneamente da tre o più persone potrà essere qualificata come rivolta e, quindi, punita ai sensi dell'articolo 415-bis del codice penale senza che sia possibile predeterminare quali siano le condotte che effettivamente sono idonee a recare offesa al bene giuridico dell'ordine pubblico;

paradossalmente, se un detenuto rimane seduto sul proprio letto, rifiutandosi di obbedire ad un ordine, rischia ulteriori otto anni di reclusione, dimenticandoci che la resistenza passiva è stata sdoganata dal Mahatma Gandhi il quale ha dimostrato come in tal modo si possa arrivare a cambiare il mondo;

le norme si prestano a fungere da pericoloso strumento di gestione arbitraria dell'ordine pubblico in contesti dove le relazioni di forza sono necessariamente a senso unico;

nella vita carceraria di tutti i giorni, questa norma sarà un'arma di ricatto per indurre alla disciplina e al silenzio i detenuti che non avranno la possibilità di dissentire, protestare ovvero opporsi a qualsiasi ordine carcerario. La norma rischia di produrre l'annichilimento dei detenuti che saranno così definitivamente esclusi da qualsiasi dimensione di vita autonoma e responsabile: è la trasformazione del detenuto e del clandestino, in una persona docile che deve solo obbedire, impone un ritorno al passato, quando i detenuti dovevano camminare in carcere a testa bassa e lungo i muri;

questi nuovi reati sono in contrasto con un modello di carcere basato sulla responsabilità e sull'autonomia: le Regole delle Nazioni Unite per il trattamento delle detenute e i provvedimenti non detentivi per le autrici di reati, cosiddette «Regole di Mandela», alla Regola 5, in particolare si stabilisce che «Il regime carcerario deve sforzarsi di ridurre al minimo le differenze tra la vita carceraria e la vita privata»,

impegna il Governo:

a garantire, anzitutto, la sicurezza di spazi di vivibilità interna sia per i detenuti che per il personale dell'amministrazione penitenziaria, rendendo più umane le condizioni detentive, garantendo efficacemente l'accesso ai trattamenti sanitari e la comunicazione telefonica con l'esterno, e aprendo tali strutture al controllo della società civile;

a garantire ai detenuti e agli internati, quando non ostino ragioni di sicurezza o di opportunità, visite con le persone autorizzate ai colloqui al fine di poter avere anche relazioni affettive intime, senza il controllo a vista o da remoto da parte del personale di custodia.
9/1660-A/55. Zaratti, Dori, Zanella, Bonelli, Borrelli, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

protezione del consumatore

violazione del diritto comunitario

detenuto

Nessun commento: