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DIRITTO PEN. MILITARE
Cass. pen. Sez. I, (ud. 07-03-2006) 05-04-2006,
n. 12159
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.
ri Magistrati:
Dott. FAZZIOLI Edoardo - Presidente
Dott. GIORDANO
Umberto - Consigliere
Dott. VANCHERI Angelo - Consigliere
Dott.
GRANERO Francantonio - Consigliere
Dott. PEPINO Livio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
...OMISSISVLD..., N. IL
(OMISSIS);
avverso SENTENZA del 17/06/2005 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in
PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIORDANO
UMBERTO;
udito il Procuratore Generale militare in persona del Dott.
GENTILE che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza
impugnata.
Udito il difensore Avv. TARANTOLA in sostituzione dell'avv.
(Ndr:
testo originale non comprensibile).
--------------------------------------------------------------------------------
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
OSSERVA
Con sentenza in data 27/05/2004 il Tribunale
militare della Spezia ha dichiarato ...OMISSISVLD... colpevole di diserzione
propria ai sensi dell'art. 148 c.p.m.p., n. 1, così riqualificato il
fatto di cui al capo F) originariamente rubricato come diserzione
impropria ai sensi del n. 2 dello stesso articolo, per essersi il
(OMISSIS) allontanato senza autorizzazione dall'ospedale militare di
(OMISSIS) ove era sottoposto ad accertamenti sanitari, non ancora
conclusi, sulla sua idoneità psicofisica all'impiego e per non essersi
poi più ripresentato, malgrado vari inviti, per completare detti
accertamenti e per tale reato, con le attenuanti generiche ritenute
prevalenti sulle aggravanti del grado di cui all'art. 47, n. 2 e della
durata dell'assenza di cui all'art. 154 c.p.m.p., n. 1, lo ha
condannato a 8 mesi di reclusione militare con il beneficio della non
menzione; lo ha invece assolto dalla concorrente imputazione di
disobbedienza continuata aggravata ai sensi dell'art. 173 c.p.m.p.,
contestata nei capi da A ad E, perchè ritenuta assorbita nel reato di
diserzione propria.
La decisione è stata confermata dalla Corte
militare di appello con sentenza in data 17/06/2005 che ha respinto il
gravame dell'imputato e quello del P.M..
Contro la parte sfavorevole
di quest'ultima sentenza il difensore del C. ha proposto ricorso per
Cassazione con il quale deduce: la carenza di giurisdizione
dell'autorità giudiziaria militare sull'assunto che il suo assistito al
momento del fatto non si poteva considerare "in servizio alle armi"
come richiesto dall'art. 148 c.p.m.p., n. 1; la nullità assoluta del
decreto dispositivo del giudizio e degli atti successivi quanto a due
degli episodi di disobbedienza, quelli contestati ai capi D) ed E),
perchè non compresi nella richiesta di rinvio a giudizio e inseriti nel
capo di imputazione senza espresso consenso dell'imputato ai sensi
dell'art. 423 c.p.p., comma 2; la violazione dell'art. 521 c.p.p. per
essere l'imputato stato condannato, con radicale trasformazione del
fatto, per diserzione propria mentre gli era stata contestata quella
impropria; violazione di legge e vizio di motivazione in ordine
all'affermazione di responsabilità per inesistenza degli estremi
oggettivi e soggettivi del ritenuto reato di diserzione propria;
l'eccessività della pena stante l'incensuratezza del suo assistito;
l'illegittimità, per violazione del divieto di reformatio in peius,
della statuizione della rimozione dal grado che non era stata disposta
dal Tribunale; la mancanza di idonea giustificazione del diniego della
sospensione condizionale.
Nessuna di queste doglianze, tranne
l'ultima, merita accoglimento.
E' infondata anzitutto la questione con
cui si è sostenuta la carenza di giurisdizione dell'Autorità
giudiziaria militare poichè al momento del fatto, come ampiamente
evidenziato con puntuali riferimenti dal giudice di secondo grado, in
seguito alla riammissione del C. in servizio nell'Arma dei Carabinieri
(disposta il 25/06/1997 dopo che il T.A.R. della Liguria aveva su
ricorso dello stesso annullato il provvedimento di congedo assoluto
emesso nel 1994 per persistente stato ansioso) era stato pienamente
ripristinato a tutti gli effetti, anche economici, il rapporto di
pubblico impiego che ricollocava l'imputato nella posizione giuridica
di militare in servizio permanente e restava solo da verificare, come
condizione per poterlo utilizzare operativamente, la sua idoneità
psicofisica allo svolgimento delle varie mansioni ai sensi della L. 18
giugno 1961 n. 1168, art. 6.
La contestazione degli episodi di
disobbedienza di cui ai capi D ed E, per i quali peraltro si è già
detto essere intervenuta in primo grado pronuncia assolutoria, è stata
accettata senza alcuna obiezione dall'imputato presente all'udienza
preliminare con l'assistenza del difensore di fiducia.
Quanto alla
eccepita violazione del principio di correlazione tra imputazione
contestata e sentenza, occorre ricordare che secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte - avallata anche delle Sezioni unite con
la pronuncia 19/06/1996, Di Francesco - la nullità prevista dagli artt.
521 e 522 c.p.p. sussiste solo se vi è stato un reale pregiudizio dei
diritti della difesa, il che deve escludersi quando l'imputato
attraverso l'iter del processo si sia venuto comunque a trovare nella
condizione di potersi compiutamente difendere sul fatto costitutivo del
reato ritenuto in sentenza.
Situazione quest'ultima che nel caso di
specie si è senz'altro realizzata, poichè la condotta del C. che il
Tribunale militare ha qualificato come diserzione propria risulta
esaurientemente descritta - a cominciare dall'arbitrario allontanamento
in data (OMISSIS), di cui si fa espressa menzione sub A, dall'ospedale
militare di (OMISSIS) - nei capi di imputazione riguardanti il reato di
disobbedienza.
Del tutto correttamente, per quanto già si è detto a
proposito della questione sulla giurisdizione, è stato ritenuto che
l'imputato fosse al momento dell'allontanamento militare in servizio e
le altre doglianze con cui viene messa in discussione l'esistenza degli
estremi del reato di cui all'art. 148 c.p.m.p., n. 1 investono solo,
inammissibilmente in questa sede, aspetti di fatto e il merito della
valutazione, sorretta da adeguato apparato argomentativo immune da vizi
di logicità, con cui il giudice di secondo grado ha ritenuto che il C.
si sia volontariamente sottratto ad accertamenti, ai quali dopo la
riammissione in servizio era tenuto a sottoporsi ai sensi della citata
L. n. 1168 del 1961, che erano ancora in corso e non spettava certo a
lui stabilire quando dovessero avere termine.
Di puro merito è anche
la doglianza che attiene alla entità non minima, peraltro contenuta,
della pena che la Corte militare di appello ha ritenuto equa in
considerazione della lunga durata dell'assenza ed ineccepibilmente è
stato dalla Corte medesima esplicitato che il C. doveva in conseguenza
della condanna essere rimosso dal grado ai sensi dell'art. 156 c.p.m.
p., trattandosi di pena accessoria rientrante tra le conseguenze di
legge già richiamate nel dispositivo della sentenza del Tribunale
militare.
E' fondata invece la doglianza che attiene al diniego della
sospensione condizionale della pena, richiesta dalla difesa per
l'incensuratezza dell'imputato, risultando a questo proposito la
motivazione della sentenza impugnata (a parte il non corretto
riferimento, in termini di mera verosimiglianza, alla commissione da
parte del C. di un ulteriore reato di diserzione che non risulta
oggetto di accertamento giudiziale) carente nella disamina degli
aspetti soggettivi del caso, che da quanto esposto nella sentenza
medesima appaiono piuttosto particolari.
Si impone dunque, per questa
limitata parte della pronuncia, una soluzione di annullamento con
rinvio per nuovo più approfondito esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza
impugnata limitatamente al diniego della sospensione condizionale
dell'esecuzione della pena e invia per nuovo giudizio sul punto ad
altra sezione della Corte militare di appello.
Rigetta nel resto il
ricorso.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2006.
Depositato in
Cancelleria il 5 aprile 2006
Cass. pen. Sez. I, (ud. 07-03-2006) 05-04-2006,
n. 12159
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.
ri Magistrati:
Dott. FAZZIOLI Edoardo - Presidente
Dott. GIORDANO
Umberto - Consigliere
Dott. VANCHERI Angelo - Consigliere
Dott.
GRANERO Francantonio - Consigliere
Dott. PEPINO Livio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
...OMISSISVLD..., N. IL
(OMISSIS);
avverso SENTENZA del 17/06/2005 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in
PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIORDANO
UMBERTO;
udito il Procuratore Generale militare in persona del Dott.
GENTILE che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza
impugnata.
Udito il difensore Avv. TARANTOLA in sostituzione dell'avv.
(Ndr:
testo originale non comprensibile).
--------------------------------------------------------------------------------
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della
decisione
OSSERVA
Con sentenza in data 27/05/2004 il Tribunale
militare della Spezia ha dichiarato ...OMISSISVLD... colpevole di diserzione
propria ai sensi dell'art. 148 c.p.m.p., n. 1, così riqualificato il
fatto di cui al capo F) originariamente rubricato come diserzione
impropria ai sensi del n. 2 dello stesso articolo, per essersi il
(OMISSIS) allontanato senza autorizzazione dall'ospedale militare di
(OMISSIS) ove era sottoposto ad accertamenti sanitari, non ancora
conclusi, sulla sua idoneità psicofisica all'impiego e per non essersi
poi più ripresentato, malgrado vari inviti, per completare detti
accertamenti e per tale reato, con le attenuanti generiche ritenute
prevalenti sulle aggravanti del grado di cui all'art. 47, n. 2 e della
durata dell'assenza di cui all'art. 154 c.p.m.p., n. 1, lo ha
condannato a 8 mesi di reclusione militare con il beneficio della non
menzione; lo ha invece assolto dalla concorrente imputazione di
disobbedienza continuata aggravata ai sensi dell'art. 173 c.p.m.p.,
contestata nei capi da A ad E, perchè ritenuta assorbita nel reato di
diserzione propria.
La decisione è stata confermata dalla Corte
militare di appello con sentenza in data 17/06/2005 che ha respinto il
gravame dell'imputato e quello del P.M..
Contro la parte sfavorevole
di quest'ultima sentenza il difensore del C. ha proposto ricorso per
Cassazione con il quale deduce: la carenza di giurisdizione
dell'autorità giudiziaria militare sull'assunto che il suo assistito al
momento del fatto non si poteva considerare "in servizio alle armi"
come richiesto dall'art. 148 c.p.m.p., n. 1; la nullità assoluta del
decreto dispositivo del giudizio e degli atti successivi quanto a due
degli episodi di disobbedienza, quelli contestati ai capi D) ed E),
perchè non compresi nella richiesta di rinvio a giudizio e inseriti nel
capo di imputazione senza espresso consenso dell'imputato ai sensi
dell'art. 423 c.p.p., comma 2; la violazione dell'art. 521 c.p.p. per
essere l'imputato stato condannato, con radicale trasformazione del
fatto, per diserzione propria mentre gli era stata contestata quella
impropria; violazione di legge e vizio di motivazione in ordine
all'affermazione di responsabilità per inesistenza degli estremi
oggettivi e soggettivi del ritenuto reato di diserzione propria;
l'eccessività della pena stante l'incensuratezza del suo assistito;
l'illegittimità, per violazione del divieto di reformatio in peius,
della statuizione della rimozione dal grado che non era stata disposta
dal Tribunale; la mancanza di idonea giustificazione del diniego della
sospensione condizionale.
Nessuna di queste doglianze, tranne
l'ultima, merita accoglimento.
E' infondata anzitutto la questione con
cui si è sostenuta la carenza di giurisdizione dell'Autorità
giudiziaria militare poichè al momento del fatto, come ampiamente
evidenziato con puntuali riferimenti dal giudice di secondo grado, in
seguito alla riammissione del C. in servizio nell'Arma dei Carabinieri
(disposta il 25/06/1997 dopo che il T.A.R. della Liguria aveva su
ricorso dello stesso annullato il provvedimento di congedo assoluto
emesso nel 1994 per persistente stato ansioso) era stato pienamente
ripristinato a tutti gli effetti, anche economici, il rapporto di
pubblico impiego che ricollocava l'imputato nella posizione giuridica
di militare in servizio permanente e restava solo da verificare, come
condizione per poterlo utilizzare operativamente, la sua idoneità
psicofisica allo svolgimento delle varie mansioni ai sensi della L. 18
giugno 1961 n. 1168, art. 6.
La contestazione degli episodi di
disobbedienza di cui ai capi D ed E, per i quali peraltro si è già
detto essere intervenuta in primo grado pronuncia assolutoria, è stata
accettata senza alcuna obiezione dall'imputato presente all'udienza
preliminare con l'assistenza del difensore di fiducia.
Quanto alla
eccepita violazione del principio di correlazione tra imputazione
contestata e sentenza, occorre ricordare che secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte - avallata anche delle Sezioni unite con
la pronuncia 19/06/1996, Di Francesco - la nullità prevista dagli artt.
521 e 522 c.p.p. sussiste solo se vi è stato un reale pregiudizio dei
diritti della difesa, il che deve escludersi quando l'imputato
attraverso l'iter del processo si sia venuto comunque a trovare nella
condizione di potersi compiutamente difendere sul fatto costitutivo del
reato ritenuto in sentenza.
Situazione quest'ultima che nel caso di
specie si è senz'altro realizzata, poichè la condotta del C. che il
Tribunale militare ha qualificato come diserzione propria risulta
esaurientemente descritta - a cominciare dall'arbitrario allontanamento
in data (OMISSIS), di cui si fa espressa menzione sub A, dall'ospedale
militare di (OMISSIS) - nei capi di imputazione riguardanti il reato di
disobbedienza.
Del tutto correttamente, per quanto già si è detto a
proposito della questione sulla giurisdizione, è stato ritenuto che
l'imputato fosse al momento dell'allontanamento militare in servizio e
le altre doglianze con cui viene messa in discussione l'esistenza degli
estremi del reato di cui all'art. 148 c.p.m.p., n. 1 investono solo,
inammissibilmente in questa sede, aspetti di fatto e il merito della
valutazione, sorretta da adeguato apparato argomentativo immune da vizi
di logicità, con cui il giudice di secondo grado ha ritenuto che il C.
si sia volontariamente sottratto ad accertamenti, ai quali dopo la
riammissione in servizio era tenuto a sottoporsi ai sensi della citata
L. n. 1168 del 1961, che erano ancora in corso e non spettava certo a
lui stabilire quando dovessero avere termine.
Di puro merito è anche
la doglianza che attiene alla entità non minima, peraltro contenuta,
della pena che la Corte militare di appello ha ritenuto equa in
considerazione della lunga durata dell'assenza ed ineccepibilmente è
stato dalla Corte medesima esplicitato che il C. doveva in conseguenza
della condanna essere rimosso dal grado ai sensi dell'art. 156 c.p.m.
p., trattandosi di pena accessoria rientrante tra le conseguenze di
legge già richiamate nel dispositivo della sentenza del Tribunale
militare.
E' fondata invece la doglianza che attiene al diniego della
sospensione condizionale della pena, richiesta dalla difesa per
l'incensuratezza dell'imputato, risultando a questo proposito la
motivazione della sentenza impugnata (a parte il non corretto
riferimento, in termini di mera verosimiglianza, alla commissione da
parte del C. di un ulteriore reato di diserzione che non risulta
oggetto di accertamento giudiziale) carente nella disamina degli
aspetti soggettivi del caso, che da quanto esposto nella sentenza
medesima appaiono piuttosto particolari.
Si impone dunque, per questa
limitata parte della pronuncia, una soluzione di annullamento con
rinvio per nuovo più approfondito esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza
impugnata limitatamente al diniego della sospensione condizionale
dell'esecuzione della pena e invia per nuovo giudizio sul punto ad
altra sezione della Corte militare di appello.
Rigetta nel resto il
ricorso.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2006.
Depositato in
Cancelleria il 5 aprile 2006
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